giovedì 26 giugno 2014

SARDINYA: IL “FRONTE AMPIO DEL DIALOGO”

IL “FRONTE AMPIO DEL DIALOGO”

Anghelu Marras


APRIRE IL DIALOGO
     Per lungo tempo, abbiamo militato in diverse Organizzazioni, spesso adattandoci alle decisioni di “vertici” più o meno abilitati e apprezzati del nostro  Partito, o, talvolta, essendo noi stessi dei dirigenti, in disaccordo con altri dirigenti, che mal si adattavano alla vocazione di lottare per la trasformazione della società … siamo stati “puniti”, con espulsioni (o peggio!), ma infine abbiamo capito che è in “basso”, e non al vertice, il luogo in cui è necessario guardare.Quello sembra il luogo in cui sarebbe melio assumere decisioni.
     Oggi, il movimento indipendentista sardo, ma più in generale il movimento di trasformazione delle condizioni sociali, politiche ed economiche della Sardegna, si trova di fronte una  “oggettiva” necessità : quella di “aprire un dialogo”. Dal “basso”.

IL PRIMO PASSO
     In questi giorni è bastato lanciare l'ipotesi di costituire un "Fronte ampio” che c'è già chi (pur dicendosi d’accordo) dice che trova necessario costruire un “fronte ampio d'opposizione”  e, altri, già sostengono che, si, è necessario costruire un Fronte ma che è necessario che sia un “fronte di classe”; altri, per "Fronte",  intendono “un’azione  internazionale” (legale?); altri, un “processo a tappe” che parta col riconoscimento della specialità linguistica della Sardegna, e ancora, e ancora, e ancora.

     C'è chi vuole privilegiare un percorso rispetto ad un altro e c'è chi vuole subordinare “una cosa” ad “un’altra”. Insomma manca una convergenza sul “primo passo da fare”. ( … e siamo soltanto ad una proposta di “dialogo dal basso”).

     Quando qualcuno dice: “il fronte di classe non è possibile”, intende forse subordinare la costruzione del “fronte di classe” ad un  “fronte ampio di opposizione”? O al “Fronte internazionale”? O a qualcos’altro?
     Queste, secondo me, sarebbero da considerare posizioni politiche precostituite che vanificherebbero in partenza la necessità di un “dialogo dal basso”, di cui in questo momento ognuno dice di voler condividere la necessità … una "Mesa", prima e un “Fronte del Dialogo”, poi, da tutelare prioritariamente!
    
 Altri affermano che “le posizioni del “fronte ampio di opposizione” sono posizioni piccolo-borghesi, oppure socialdemocratiche”, e, ancora, “le dinamiche per il riconoscimento di uno Stato Sardo dall’O.n.u. sarebbero da equiparare a strategie burocratiche o “legaliste” e che, l’esclusione della Classe dal Processo, significherebbe, esclusivamente, la subordinazione della Classe al progetto del “fronte ampio di opposizione” o a quello del "Fronte internazionale”.
     Tutto questo significa che, pur essendo aperti al “Fronte del dialogo”, ogni “soggettività” intende anticipare “uno scontro”, pur sostenendo di guardare con fiducia alla “Mesa del Dialogo”.

     Io direi, anticipatamente, che  è necessario entrare in una nuova dinamica, quella di garantire la sostenibilità di più “Fronti”, che si tratti di due, tre, quattro o cinque processi paralleli e differenti per livello, ma che possono - col sufficiente sostegno - contemporaneamente agli altri, anche se “non necessariamente”.

L’UNITA’  E LA DIVERSITA’
     Sostengo che “unirsi è pure differenziarsi” ... L’unità è ciò che unisce, ma non rende uguali (infatti, “Chentu concas…”), la Diversità è ciò che potrebbe far scoprire ciò che – a nostra insaputa e in assenza di dialogo -  unisce più persone o intere comunità e potrebbe far apprezzare maggiormente - anche - ciò che rende "diverse" le persone, i gruppi o le comunità.

     Quando cerchiamo un “dialogo”, significa che - a priori - condividiamo l’esigenza della discussione, che usiamo - come punto di partenza - sia quello che unisce e sia quello che divide. Significa che riteniamo sbagliato “continuare ad ingannarci sulle differenze”; significa che sappiamo che le differenze possono essere colmate o possono rimanere tali, se la priorità “quel che unisce”.
     Insomma, le differenze non debbono essere subordinate, ma neppure essere lasciate latenti, credo che sia importante non dimenticarle, ma credo che non sia indispensabile premetterle, in quanto “pregiudiziali. 

     Personalmente non sono d’accordo con coloro che affermano che un Fronte si possa creare partendo dalle “rivendicazioni” e neppure con alcuna posizione “pregiudiziale.  Penso, semmai, che ogni percorso abbia la sua validità e che nessun percorso debba essere “esclusivo”. Assolutamente! 

     Per questo io penserei ad un “esercito rosso”, a “genti arrubbia”, a donne e uomini che – e solo in questo momento iniziale – non intendono costituire un Partito, che non intendono candidarsi alle elezioni che non sono “tifose di un Fronte” piuttosto che un altro.

ANDARE AL DIALOGO
     “Andare al dialogo” … non significa creare un generico “ampio fronte” come sommatoria e accordo di partiti, di leader o di personalità …… Se facciamo questo, se cerchiamo un accordo fra “dirigenti”, faremo una riunione, un documento che verrà immediatamente firmato, ma dopo tre giorni sarà – come al solito -  “carta straccia”!

     “Andare al dialogo” significa domandarsi per prima cosa – e banalmente - quale tipo di fronte vogliamo: un fronte che unisca o che separi ulteriormente il movimento indipendentista sardo?  
     Qualcuno dice che gli indipendentisti sono “plurali”, che hanno “chentu concas e chentu berrittas”, che nessuno ha l'egemonia, che l’individualismo è prevalente  … Sfatare questi “luoghi comuni” rappresenta per noi il dato di partenza di un dialogo che deve portare al potenziamento del  “diffuso sentimento di indipendenza”  in prima istanza) e che deve condurre alla formazione di una forza politica “diversa”, in grado di unire i Sardi, sia che militino nel “Partito che non amano”, sia che non abbiano affatto un Partito.

     Se si ritiene che questa premessa possa essere condivisa, allora è possibile affermare la necessità di promuovere “un fronte ampio di dialogo” fra le diverse componenti dell’indipendentismo sardo e delle forze di trasformazione delle condizioni economiche politiche e sociali della nostra Isola. Non si deve aver paura della capacità politica di un Fronte che fonda la propria strategia politica sul “dialogo fra posizioni diverse”.
Già “altri” nel mondo lo hanno fatto. Quindi, appare evidente e vitale chiamare i Sardi a questo “dialogo”.

CREARE UNA RETE DI DIALOGO CENTRALIZZATA E PUBBLICA
     L'esito di questa mobilitazione potrà rimettere  in primo piano tutte le problematiche “storiche” degli indipendentisti sardi e  attrarrà – certamente – l’attenzione di donne e uomini di altri gruppi e partiti politici, di altre forze sociali.

     Sarà necessario darsi un “tempo lungo”,  dove l’aspetto elettorale non potrà inquinare, creando “10, 100, 1000 comitati di dialogo”, in relazione fra loro attraverso gli strumenti che la modernità conferisce a ciascuno di noi e a noi tutti insieme. Creare una rete di dialogo.

DI CHI E’  IL TAVOLO DEL DIALOGO?
     Ritengo che oggi il potere di convocazione di un “tavolo del dialogo” ce l'abbia – esclusivamente - chi non è stato coinvolto nell’ultima “follia” elettorale. Questo non significa che non debbano essere effettuati contatti preliminari con tutti i partecipanti o che qualcuno possa essere prioritariamente “eluso”, o qualcuno possa auto-escludersi senza assumersi la responsabilità della sua rinuncia.
     Il Tavolo, in ogni caso, sarà di tutti coloro che risponderanno alla chiamata: singoli, gruppi, associazioni, partiti, movimenti, comitati e anche di tutti coloro che (singoli, gruppi, associazioni, partiti, movimenti, comitati) riusciranno a mobilitare.

     Queste formazioni o le singole personalità che parteciperanno al Tavolo del Dialogo non dovranno abbandonare il proprio movimento e la propria prospettiva, ma dovranno  (dovrebbero) partecipare costruttivamente al  “Tavolo”  portando con se tutto il bagaglio che il proprio comitato, il proprio circolo o gruppo è capace di trasmettere, nel modo in cui decide di trasmetterlo al numero maggiore di persone.

     Il “Tavolo” non sarà il luogo in cui si trasmette quello che Tizio o Caio, leader del Partito, ha interesse di trasmettere. Il “Tavolo” è il luogo in cui ciascuno porta, “dal basso”, la propria riflessione e il proprio contributo.a
     La “ piattaforma del dialogo” sarà aperta a più gente possibile perché ognuno possa parlare e dire ciò che pensa, perché ciascuno possa correttamente usare nelle proprie battaglie  quello che viene detto, perché ogni parola possa servire a cambiare le condizioni di vita dei Sardi.  Abbiamo imparato la ”lezione” della “politica politicante” e sappiamo che non otterremo nulla che non sia ciò che il nostro sforzo personale sarà in grado di “inventare”. Senza alcuna delega. Senza deroghe.

      Come tutti possono intuire s’intende annunciare un processo lento e difficile … in cui è necessario “inventare” un nuovo concetto di “democrazia” che non potrà coincidere col concetto che ognuno ha maturato, perché il concetto di “democrazia” che “inventeremo” dovrà essere un concetto “originale” che solo  una “sintonia” di intenti potrà  inventare.

ABBIAMO TANTA STORIA DA SCRIVERE
     Abbiamo ancora tanta Storia da scrivere ....  dobbiamo inventare un nuovo sistema sociale, un nuovo sistema politico, un nuovo sistema economico. Non poniamoci orizzonti.

     Nell’immediato vediamo  soltanto vari gruppi che non si sopportano per le loro differenze, oppure donne e uomini amareggiati, disorientati, “arresi” per quanto hanno subìto o per le delusioni che hanno somatizzato …..   però sappiamo che è il filo (l’Indipendenza della Sardigna”) a permettere a tutte le perline colorate di una collana di stare insieme …  e “se qualcuno vuole tagliare quel filo per togliere anche una sola perlina”, perderà – per sempre – l’intera coloratissima collana. Noi non permetteremo a nessuno di cancellare un sogno, né di rubarci un gioiello.

    Siamo abituati ad aspettare: la nostra mente è predisposta per  i “lunghi periodi” di tempo (e non a breve termine o sempre troppo in fretta). Questa è la nostra mentalità. Prendiamoci i nostri tempi.  Un anno, due anni, tre, quattro, cinque. Cosa sono 5 anni! Noi non smetteremo di vivere e lottare aspettando che Il “dialogo” porti i suoi frutti. Noi non perderemo di vista ciò che c’è più avanti … anche oltre la nostra esistenza. Per le nuove generazioni. ...

 e sento il “rumore di tante battaglie” .....
 anghelu marras 

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