domenica 5 marzo 2017

Farfalleetrincee: La mafia corsa in Laos, storie di oppio ed aeroplani

La mafia corsa in Laos, storie di oppio ed aeroplani

Piotr 
farfalleetrincee

Phonsavan – La Piana delle giare

Qualunque appassionato di Storia sa che i piaceri più grandi sono nel dettaglio. A volte dalle righe di un libro possono emergere personaggi sconosciuti, la cui vita è stata un’incredibile avventura ormai dimenticata: amanti che cercano nell’Islam la possibilità di essere felici, mercenari portoghesi che si autoproclamano sovrani, missionari nei luoghi più sperduti del mondo. Quella che segue è una storia che si svolge nel sudest asiatico, terra di avventure ed avventurieri: clan marsigliesi, generali corrotti, assi del volo ed un traffico di droga, sullo sfondo lo splendido Laos remoto ed isolato.

Siamo nel 1954, la Francia è sconfitta dalle armate nazionaliste del Vieth Minh guidate dal comandante Giap. La battaglia di Dien Bien Phu significa il ritiro francese dal sudest asiatico e l’accettazione della divisione del Vietnam in due parti: a nord del 17° parallelo la Repubblica democratica del Vietnam guidati dai comunisti di Ho Chi Minh, a sud la Repubblica del Vietnam con a capo Ngo Dinh Diem, uomo forte appoggiato da militari e minoranze cattoliche, che governa il paese come un feudo personale alienandosi sempre più le masse contadine delle campagne.

La sconfitta significò anche il rimpatrio dei coloni francesi da lungo tempo stabiliti in Cocincina, la zona più meridionale del Vientam, che dovettero abbandonare tutto e tornare nella patria d’origine per ricostruirsi una vita. Eppure non tutti partirono, diversi veterani, coloni e criminali si spostarono in Laos, tra questi una nutrita colonia di malviventi cors che, prendendo il posto lasciato dalle linee aree francesi, allestirono una serie di compagnie note con il nome collettivo di “Air Opium”, sviluppando una rete di traffici tra le coltivazioni laotiane di oppio e Saigon.

Nel nord del Laos, soprattutto tra le minoranze di montagna, la coltivazione dell’oppio era diffusa. Da piste improvvisate nei pressi di Sam Neua, Phongsaly, Muang Sing, Luang Namtha, Sayaboury e Bokeo iniziarono quindi a partire carichi di droga, acquistata da intermediari cinesi, alla volta delle piste più grandi di Phonsavan e Vientiane. La preziosa merce veniva quindi spedita a Saigon, nel resto del sudest asiatico o verso i laboratori italiani, tedeschi o francesi. I legami con i marsigliesi permettevano infatti di gestire buona parte dell’eroina che veniva smerciata in Europa.

Tra i più famosi di questi criminali vi era Gerard Labenski che gestiva lo Snow Leopard Inn a Phonsavan, Rene “Babal” Enjabal ex-ufficale di volo francese e Roger Zoile alleato di un altro importante corso, Paul Louis Levet, stanziato a Bangkok. Ma il più importante di tutti fu Bonaventure “Rock” Francisci che con la sua Air Laos Commerciale e la sua spregiudicatezza nell’eliminare gli avversari divenne il leader dei traffici d’oppio nella regione. La sua arma segreta e potentissima era tuttavia la stretta connivenza con Ngo Dinh Nhu, potente politico del Vietnam del sud.

La seconda metà degli anni ’50 fu un susseguirsi di imprese incredibili da parte di questi criminali, al limite della leggenda. Il sudest asiatico fu il teatro delle loro scorrerie e nemmeno gli americani, sempre più coinvolti nelle politiche della regione, riuscirono ad arrestare i traffici di droga (che li videro in seguito coinvolti durante la Guerra del Vietnam). Quello che non poterono gli statunitensti poterono i corrotti generali laotiani che progressivamente arrivarono, nel 1965, a nazionalizzare il commercio di oppio. Nel frattempo la guerra avanzava ed il contesto cambiava radicalmente.

Il traffico di droga perse quelle figure almeno un po’ romantiche che lo avevano caratterizzato sinora, diventando una delle principali risorse per comprare armamenti e complicità, mentre il sudest asiatico sprofondava nella guerra fredda, dove asettici calcoli cancellavano quel sapore di avventura che aveva accompagnato anche criminali del calibro di Francisci, era davvero la fine di un’epoca.

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