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venerdì 16 dicembre 2022

Impariamo dagli immigrati


 


Ho sempre pensato che le migrazioni di esseri umani siano per lo più frutto di scelte oligarchiche per devastare territori, e creare terreno fertile altrove per sfruttare la gente in ambiti lavorativi, si parla tanto di integrazione, ma non si capisce che le fetenzie intendono integrare gli invasi, alla cultura degli "invasori"
Tutto questa devastazione che sta succedendo è rivolta soprattutto ai popoli che accolgono.
I cosiddetti migranti sono uno strumento per mettere in difficoltà intere nazioni, che hanno trovato col tempo, chi più chi meno, i loro justi equilibri.
Ci insegnano che si può lavorare per un'ora, e pagarsi a malapena mezzo chilo di pane, ci insegnano che per ora farebbero lavori "che gli occidentali non vogliono fare", questa, per chi ha occhi per vedere, è una balla pazzesca.
La differenza è solo nel fatto che noi abbiamo capito che non ci si deve svendere, che la dignità di ogni essere umano è sacra. 
Gli immigrati ci insegnano un'altra cosa. 

martedì 17 luglio 2018

Le ONG, la finanza e i migranti. Il caso Jacques Attali.

Le ONG, la finanza e i migranti. Il caso Jacques Attali.
Sa Defenza 




Conosciuto come l’eminenza grigia della politica francese dai tempi di Mitterand e noto per il suo ultraeuropeismo, Jacques Attali è l’uomo che ha scoperto Macron, presentandolo al presidente Hollande del quale è diventato consigliere. A lui viene attribuita la paternità di una frase molto esplicativa sul sentimento elitarista : “Ma cosa crede, la plebaglia europea: che l’euro l’abbiamo creato per la loro felicità?”. Meno nota è invece un’altra affermazione dell’illustre economista, professore, finanziere e a lungo consigliere di fiducia dell’Eliseo: “La forma di egoismo più intelligente è l’altruismo”.

La filantropia, questo vezzo umanitarista che sembra contagiare gli uomini di maggiore successo, non ha risparmiato Jacques Attali, che nel 1998 fonda l’associazione no profit Planet Finance. Certo, il nome tradisce un po’ da subito quello che dovrebbe essere il fine umanitario di questa organizzazione che opera in 60 Paesi e offre servizi e consulenze di tipo finanziario, microfinanza per l’esattezza. Finita nell’occhio del ciclone per il trattamento economico “schiavistico” riservato agli stagisti cui si richiedevano requisiti di prim’ordine, la società cambia nome e diventa Positive Planet, evocando nel nome la positività del modello economico di cui si fa portatrice.

Tra i suoi obiettivi ci sono “l’inclusione economica, sociale e ambientale in tutto il mondo in modo sostenibile ed equo.” Come? Rendendo possibile l’accesso ai servizi finanziari da parte dei Paesi più poveri. La sua mission è infatti quella di “combattere la povertà attraverso lo sviluppo della microfinanza.” Per realizzarla si serve di otto unità specializzate, compresa un’agenzia di rating di microfinanza. L’organizzazione è così efficiente da aver ricevuto un premio per l’80a migliore ONG del mondo secondo il Global Journal nel 2013. Nello stesso anno ha realizzato un fatturato (chiffre d’affaires) di 2 251 000,00 €.

Gli organi societari annoverano nomi di grande peso sul piano politico ed economico mondiale. Da Jacques Delors al ministro degli Affari esteri dell’Oman, passando per partner di colossi della consulenza come Ernst&Young e Bain, fino al presidente di Microsoft International.

Dulcis in fundo, il cofondatore di questa ramificatissima ONG è il bengalese Muhammad Yunus, il padre del microcredito moderno. Grazie all’appoggio di illustri sostenitori, come i Clinton e Bill Gates e con il sostegno della stessa Banca mondiale, nei primi anni Ottanta creò in Bangladesh la Grameen Bank, un istituto finanziario che concedeva denaro alle persone più indigenti, impossibilitate ad avere accesso al credito. Come già riscontrato in uno studio condotto sulla Cambogia, in cui analizzando la frequenza e le modalità di emigrazione della popolazione è emersa una correlazione diretta tra espansione del microcredito e aumento dei flussi migratori verso l’estero, anche qui i prestiti concessi si tramutarono in un incentivo all’emigrazione per la popolazione locale. Il Bangladesh è infatti paese di origine di circa un decimo dei migranti che ogni anno arrivano in Italia (oltre 10 mila nel solo 2017). Ed è proprio qui che è nato il business dei cosiddetti “migration loans”, i prestiti per finanziare i viaggi dei migranti, gestiti dalla BRAC (Bangladesh Rural Advancement Commitee), leader nel settore e la più grande ONG al mondo, che opera anche in Asia e in Africa.



Microcredito e finanziarizzazione della disperazione: il caso BRAC



Una commistione molto fruttuosa quella tra ONG, migranti e finanza, un vaso di Pandora ancora da scoperchiare del tutto e che ci riserverà incredibili sorprese.

http://sadefenza.blogspot.com/2018/07/le-ong-la-finanza-e-i-migranti-il-caso.html

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