domenica 1 agosto 2010

I sindacati sardi e il nuovo Statuto

MANIFESTO PER UN NUOVO STATUTO DELLA SARDEGNA

http://www.gianfrancopintore.net

16 luglio 2010

Al Popolo della Sardegna e alle sue istituzioni

Noi, cittadini, uomini e donne della cultura, del sociale, della politica e delle istituzioni della nostra amata terra, provenienti da tutte le parti dell'Isola e partecipanti di differenti espressioni politiche, diversi orientamenti culturali, molteplici ruoli politici e sociali riuniti nei pressi del Nuraghe Losa, in Abbasanta per riflettere sulle condizioni, i progetti e i doveri verso il nostro difficile presente e in vista di un migliore comune futuro, consapevoli dei tanti motivi che fino ad ora ci hanno visto spesso differenziati e posti reciprocamente in conflitto negli indirizzi istituzionali e in quelli politici decisi però a lavorare insieme attraverso ciò che ci unisce, ci rafforza e ci rende liberi, partecipando dei migliori valori del nostro popolo, nell'intento di costruire le risposte alle odierne necessità e alle positive prospettive della nostra gente, abbiamo congiuntamente deciso di porre all'attenzione del nostro Popolo i principi ispiratori che fondano il nostro impegno nella costruzione dei nuovi istituti autogoverno.
Sono i seguenti:

Primo. – La Sardegna è una nazione.
Il riconoscimento della soggettività del popolo sardo e del suo essere nazione rimanda a un’entità collettiva, a un popolo che trova, appunto, nel codice identitario (storia, lingua, tradizioni, stato geoterritoriale), non solo la vocazione, ma la fonte della titolarità dell’autogoverno.


Secondo.- La Sardegna sviluppa e mantiene una posizione singolare per quanto si riferisce alla lingua, alla cultura, al diritto civile ed all'organizzazione territoriale.
Il lavoro e i diritti, sas libertades, sono l’epicentro di questi obiettivi.


Terzo.- La Sardegna è un’isola ricca di territorio e di biodiversità anche se povera di popolazione. Tale originalità la definisce e la potrebbe arricchire rafforzandola per i tempi che verranno.
La comunità dei Sardi si identifica con i diritti internazionalmente riconosciuti agli individui e ai popoli, sul versante soprattutto delle libertà, dello sviluppo economico e sociale e dei diritti inerenti al lavoro, alla salute e all’istruzione. La comunità dei Sardi li promuove attraverso la formazione dei sui cittadini, il funzionamento delle sue istituzioni, il rispetto delle leggi, l’attuazione dei principi di solidarietà e sussidiarietà e, nelle relazioni con gli altri, sulla base del mutuo rispetto e della pace fra i popoli.
In questa direzione si tratta di riconoscere alla Sardegna, da parte dell’Italia e dell’Europa, lo status di insularità. Inoltre, la comunità dei sardi ritiene di avere il diritto di decidere, anche oltre il patto di stabilità, e il federalismo fiscale, sui diritti essenziali e fondamentali, sulla scuola, sulla sanità, sulla mobilità delle persone e delle merci, sul sostegno alle imprese, sull’imposizione fiscale, sulle risorse utili a finanziare il lavoro e lo sviluppo, su quanto della ricchezza prodotta deve restare in Sardegna.


Quarto. - La Sardegna
Allo Stato italiano le istituzioni della Sardegna sono legate da un patto costituzionale i cui contenuti, i metodi e le condizioni intendono sottoporre a verifica secondo i propri diritti storici, le convenienze e le mutate condizioni della storia.
E’ dunque sulla base del riconoscimento del popolo-nazione, della nuova architettura costituzionale, del federalismo e del modello di partecipazione democratica che si deve avviare la fase della negoziazione con lo Stato per la definizione del Nuovo Patto Costituzionale.
Il federalismo interno, cooperativo e solidale rappresenta la scelta indispensabile per costruire un
nuovo sistema delle istituzioni sarde.
I principi di riferimento sono la sussidiarietà, la differenziazione e l’adeguatezza dei soggetti
costitutivi, nel rispetto delle peculiari identità storicoculturali e delle varianti linguistiche nei territori dell’Isola.


Quinto.- La Sardegna convive fraternamente ed è solidale con gli altri popoli del mondo.
La Sardegna si sente infatti partecipe dei destini del mondo. Essa si impegna, per quanto di sua possibilità, a difendere lo stare bene di tutte le comunità, perché i popoli ne fruiscano nella giustizia e perché la cittadinanza si estenda ad ogni essere umano.


Sesto.- La Sardegna, forte di una tradizione politica democratica, sottolinea l'importanza dei diritti e dei doveri, del sapere, dell'educazione, della coesione sociale e dell'eguaglianza.
Il nuovo modello di democrazia che riconosca e valorizzi il pluralismo delle “ISTITUZIONI”, sia politiche che sociali, nella formazione della volontà pubblica.
E’ questa la dimensione democratica e sociale fondamentale per contribuire a governare e risolvere la complessità dei problemi di una società in cui la rappresentanza elettorale non esaurisce la molteplicità dei bisogni e delle deleghe della persona.


Settimo.-La Sardegna partecipa con propri rappresentanti, progetti e programmi all'Unione Europea, in coerenza con i valori e il modello di benessere e di progresso europei.
La Sardegna, per la sua vocazione europea, partecipa con propri rappresentanti, progetti e programmi all’Unione Europea, in coerenza con i valori e il modello di benessere e di progresso per l’Europa. Offre amichevole collaborazione alle comunità e alle regioni vicine per formare, a partire dal Mediterraneo, un Euroregione per il progresso di interessi comuni.


Per fedeltà ai suddetti principi e per realizzare il diritto inalienabile della Sardegna all'autogoverno e al federalismo, è indispensabile, avviare un processo costituente, valorizzando tutte le proposte oggi in campo, è individuando un comune denominatore, in primo luogo tra le forze politiche ed istituzionali, e con il coinvolgimento di quelle economiche e sociali, avendo come riferimento temporale la durata di questa legislatura.


Questo manifesto per lo Statuto della Sardegna che congiuntamente individuiamo quale ‘il Manifesto del 16 luglio 2010 rappresenta l'ambizioso punto di riferimento che, a partire da oggi proponiamo all'attenzione e al confronto di tutti i cittadini della Sardegna, quale indirizzo alla riflessione e all'azione e quale promessa di impegno.









Il mondo mette al bando le bombe a grappolo (CLUSTER BOMBS) ma l'Italia no. Le produce

Alessandra Potenza
ilmanifesto.it

BOMBE A GRAPPOLO Entra in vigore oggi la Convenzione che le vieta
Il mondo le mette al bando ma l'Italia no. Le produce


Breve filmato ch
e documenta gli effetti letali dell'uso di munizioni a grappolo in tutto il mondo, con commenti, le nuove statistiche e analisi da esperti militari di Human Rights Watch. Video mostra come le munizioni a grappolo hanno messo in pericolo la popolazione civile dell'epoca in Vietnam, attraverso conflitti in Iraq e in Libano. Durante i tre ultimi giorni della guerra in Libano, Israele ha sparato fino a 4.000.000 di submunizioni cluster, secondo stime delle Nazioni Unite - il doppio dell'importo utilizzati dagli Stati Uniti durante l'attacco all'Iraq nel 2003.


Dopo anni di discussioni e negoziati, entra oggi in vigore la Convenzione sulle munizioni cluster (Ccm), un trattato internazionale che mette al bando le cosiddette «cluster bombs», le bombe a grappolo che hanno fatto migliaia di vittime civili negli ultimi anni. Una grande vittoria per la comunità internazionale e le vittime di queste armi disumane.

La convenzione, di cui si cominciò a discutere nel febbraio 2007 a Oslo, è stata già firmata da 107 paesi e ratificata da 38. Aperta alle firme il 3 dicembre 2008 a Oslo, grazie agli sforzi della Cluster munition coalition (Cmc) e altre associazioni umanitarie nel febbraio 2010 erano state raggiunte le 30 ratifiche necessarie perché la convenzione entrasse in vigore.

Fra gli obblighi vincolanti per gli stati aderenti vi sono: la distruzione entro 8 anni degli stock di bombe a grappolo, l'assistenza alle comunità e alle vittime delle bombe per un reinserimento nella società, l'identificazione e la bonifica entro 10 anni delle zone inquinate da bombe a grappolo, e l'assistenza ai paesi che necessitano aiuto per la distruzione degli stock e la bonifica dei terreni. Naturalmente, sotto la convenzione, le nazioni aderenti non potranno più usare né produrre questo tipo di bomba, considerata anche più letale delle mine anti-uomo.

Le cluster, infatti, quando vengono sganciate, rilasciano tanti ordigni più piccoli che si sparpagliano sul terreno e vi rimangono per anni, anche dopo la fine dei conflitti. Poiché tecnicamente non rientrano nella categoria di mine anti-uomo, le bombe a grappolo furono escluse dal trattato internazionale di Ottawa, che metteva al bando appunto le mine, entrato in vigore nel marzo 1999. Tuttavia gli effetti delle bombe a grappolo sono gli stessi. Spesso quando vengono sganciati, gli ordigni più piccoli rilasciati dalla bomba rimangono inesplosi, andando così a costituire una minaccia ancora più grave dopo la fine dei conflitti, in particolare per i civili.

In Libano, per esempio, più di 200 persone sono morte dopo la fine degli scontri con le truppe israeliane nell'agosto 2006. Questo perché l'esercito d'Israele, dopo il cessate il fuoco, sganciò migliaia di bombe grappolo sui campi libanesi. Come è intuibile, non esistono mappe che indichino l'ubicazione delle bombe, a differenza delle mine anti-uomo, e questo rende il processo di bonifica ancora più difficile e pericoloso. Inoltre le bombe cluster, per la loro forma e il colore, sono spesso scambiate dai bambini per giocattoli: il risultato è che fra le vittime civili almeno un terzo sono minori, secondo quanto riportato dalla Cluster munition coalition (Cmc).

Di fronte a questi fatti, va da sé l'importanza dell'entrata in vigore della Convenzione sulle munizioni cluster. Eppure i principali paesi produttori e utilizzatori (Stati uniti, Cina, Russia, Israele, India e Pakistan) non hanno aderito, rendendo meno efficaci i benefici della convenzione. Da buon paese civile, pronto sempre a dichiararsi contro le brutalità della guerra, neanche l'Italia ha aderito in pieno: nel senso che ha firmato, ma la ratifica da parte del parlamento non c'è ancora.

Perché il nostro paese indugia a fare il passo decisivo nei confronti di un documento così importante dal punto di vista umanitario? Prima di tutto perché noi le bombe cluster le produciamo e le conserviamo nei nostri arsenali militari (anche se la quantità degli ordigni non è conosciuta). Poi, perché la convenzione richiede agli stati aderenti delle responsabilità concrete: ad esempio la distruzione degli stock e l'assistenza umanitaria alle vittime, compiti onerosi che, a quanto pare, il governo non si vuole assumere e non si può (vuole) permettere.

A sollevare il caso sono stati alcuni senatori del Pd, che il 28 luglio hanno presentato un'interrogazione parlamentare al presidente del Consiglio e ai ministri degli esteri e della difesa, affermando che sarebbe «inaccettabile» se la mancata ratifica fosse «da ascrivere alle esigenze dei bilanci ministeriali, anteposti ai diritti umani e al diritto internazionale».

La petizione «Stop cluster» attivata dalla Campagna italiana contro le mine ha già superato le 60mila adesioni e oggi, sul litorale romano, i volontari dell'associazione distribuiranno volantini, raccoglieranno firme e invieranno delle lettere ai parlamentari incitandoli a ratificare la convenzione.

sabato 31 luglio 2010

La pulizia etnica nel Negev israeliano

tradutzioni de Sayli Vaturu

http://www.guardian.co.uk/world/video/2010/jul/28/palestinian-territories-israel


Neve Gordon
http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2010/jul/28/ethnic-cleansing-israeli-negev

La demolizione di un villaggio beduino da parte della polizia israeliana dimostra quanto lo Stato andrà a conseguire l'obiettivo di giudaizzare la regione del Negev

Un convoglio minaccioso dei bulldozer stava tornando a Be'er Sheva mentre guidavo verso l'al-Arakib, un villaggio beduino situato non più di 10 minuti dalla città. Una volta entrato nella strada sterrata che conduce al villaggio ho visto decine di furgoni di poliziotti pesantemente armati preparati a partire. La loro missione, a quanto pare, era stata già compiuta.

I segni di distruzione sono immediatamente evidenti. Ho notato le galline e le oche massacerate di pressi di una casa demolita, e poi ha visto un'altra casa e poi un altra, tutte le macerie.

Alcuni bambini stavano cercando di trovare un posto ombreggiato per nascondersi dal sole cocente del deserto, mentre alle loro spalle un flusso di fumo nero si alza dal fieno in fiamme. Le pecore, le capre e il bestiame erano in una posizione nascosta - forse perché la polizia li aveva confiscati.

Decine di uomini beduini erano in piedi su una collina gialla, condividendo le loro esperienze alle prime ore del mattino, mentre tutto intorno a loro gli alberi di ulivo erano sradicati e giacevano a terra. Un intero villaggio composto tra il 40 e 45 case sono state completamente rase al suolo in meno di tre ore.

All'improvviso ho avuto un déjà vu: una immagine di me stesso in piedi tra le macerie di un villaggio distrutto da qualche parte in una periferia della città libanese di Sidone. E 'accaduto oltre 25 anni fa, durante il mio servizio militare nei paracadutisti israeliani.

In Libano, i residenti erano tutti fuggiti prima che il mio plotone fosse arrivato, e noi semplicemente abbiamo camminato tra le macerie. C'era un qualcosa surreale in quella l'esperienza, e mi ha impedito di comprendere appieno il suo significato per molti anni. Al momento, ripensandoci, mi sembrava di camminare sulla Luna.

Questa volta l'impatto della distruzione ha dimostrato la capacità di distruzione immediata. Forse perché, quando sono arrivato, le 300 persone che risiedevano in al-Arakib, compresi i loro figli, erano seduti sotto le macerie, e la loro angoscia era più che evidente, o forse perché il paese è vicino al mio e si trova a soli 10 minuti da casa mia, a Be'er Sheva .

Io son passato tempo addietro in quei luoghi quando andavo a Tel Aviv o, a Gerusalemme, forse perché i beduini sono cittadini israeliani, ho improvvisamente capito quanto lo Stato d'Israele sia disponibile a raggiungere il suo obiettivo di giudaizzare la regione del Negev;

Quello che ho visto è stato, dopo tutto, un atto di pulizia etnica.

Dicono che l'intifada successivo sarà l'intifada beduino. Ci sono 155 mila beduini nel Negev, e più della metà di loro vive in villaggi non riconosciuti, senza elettricità o acqua corrente. Non so cosa potrebbero fare, ma 300 persone senza tetto, 200 dei quali bambini, Israele è sicuramente il drago che semina per il futuro solo morte e disperazione.





Ornella Demuru: il coraggio dell'indipendenza.

di Gabriella Saba
http://periodici.repubblica.it/d/

È l’unica donna segretario nazionale di un partito: Indipendèntzia Repùbrica de Sardigna. Un movimento giovane, moderno, indipendentista, non violento. Sicuro di farcela (senza fretta) senza l’Italia.

Che sia sarda, lo capisci prima ancora che parli. Perché ha quella combinazione di caratteristiche (estetico-cromatiche, di atteggiamento), tipicamente sarde. Occhi e capelli scuri, modi decisi, il sorriso luminoso. E lo sguardo gentile, diretto. Ma niente spocchia: Ornella Demuru a 38 anni (adesso ne ha 39) è diventata l’unica donna segretario nazionale di un partito. Di Indipendèntzia Repùbrica de Sardigna, partito fondato da un gruppo di ventenni sette anni fa, per reclamare l’indipendenza dell’isola. Ornella s’è avvicinata a quel movimento due anni fa, quando ancora lavorava a Tiscali nella comunicazione web. Di formazione, però, è medievalista. E nella recente campagna per le elezioni provinciali e comunali, ha scelto come simbolo i tulipani. Centinaia di tulipani addobbavano i banchetti di Irs e decoravano i manifesti.

Perché i tulipani, che poi non sono nemmeno un fiore sardo?

“Non sono sardi, è vero, ma hanno un valore simbolico universale: nelle culture asiatiche, per esempio, rappresentano la non violenza, uno dei punti cardine del nostro programma. Inoltre, dovrebbero evocare l’idea di una primavera indipendentista. Ma nessuno qui ha capito che quei fiori avevano un significato: pensavano che li usassi per dare un tocco romantico, femminile alla campagna di iRS”.

A proposito, è vero che quando i suoi compagni la presentano come “il nostro segretario donna?”, lei si rivolge alle signore del pubblico dicendo: “Come tutte sapete, noi donne siamo esseri umani come tutti gli altri”?.
“Certo. Trovo sottilmente discriminatorio che si puntualizzi il fatto che sono una donna. Di un segretario maschio nessuno si sognerebbe mai di specificare il sesso”.

Probabilmente perché lo sono tutti. Tranne lei. Si sente un esempio del matriarcato sardo? Ma è poi vera questa storia del matriarcato?
“Ma no, affatto. Dove sarebbero le donne di spicco, in Sardegna? Direi piuttosto che la società sarda è matrocentrica, ruota intorno alle donne. Qui c’è sempre stato rispetto, le donne sarde non sono sottomesse, né dipendenti. Basti pensare che in Sardegna non è mai esistito il delitto d’onore e che la Carta Delogu, la costituzione sarda dei tempi dei Giudicati, ammetteva il divorzio e puniva duramente qualunque forma di violenza contro le donne. Da qui a parlare di matriarcato, però, ce ne corre”.

Torniamo a iRS: vi definite indipendentisti, pragmatici e moderni. In pratica?
“Tanto per cominciare, crediamo che la Sardegna abbia i requisiti per diventare una repubblica indipendente. La nostra storia non si identifi- ca con quella italiana e la nostra cul- tura ha un’altra origine. I sardi hanno un’identità definita, che risale all’età nuragica. Hanno sempre preso le distanze dalle dominazioni e hanno avuto ben quattro secoli di autonomia con la civiltà dei Giudicati. E alla fine del Settecento erano anche sul punto di ottenere l’indipendenza. Perché l’esigenza di affrancarsi si propone periodicamente. Una specie di ruota di corsi e ricorsi”.

Ma la prima condizione per essere indipendenti è l’autosufficienza economica. Cioè mantenersi senza i finanziamenti statali: la Sardegna sarebbe davvero in grado di cavarsela?
“Naturalmente, ma deve prima affrancarsi dalle sue paure. Il resto viene di conseguenza, anche se non è certo facile”.

Vuole dire che i sardi hanno un problema di autostima?
“Esatto. Abbiamo sempre vissuto in attesa del salvatore, si trattasse di Soru, Cappellacci o Berlusconi. Qualcuno a cui delegare, comunque. Ma quell’impostazione va cambiata. Bisogna convincere i sardi che la politica la dobbiamo fare tutti, smettendola finalmente di aspettare una guida che risolva i problemi al posto nostro”.

In ogni caso, non siete rivendicativi, non ce l’avete con l’Italia.
“No, a differenza dai sardisti. Loro dicono: “All’Italia abbiamo dato l’anima, abbiamo sacrificato i nostri soldati per combattere accanto a loro, e adesso l’Italia ci deve dare i soldi, ci deve aiutare, salvare”. È il concetto della nazione abortiva, che porta sul piano economico all’assistenzialismo, e su quello psicologico alla totale mancanza di fiducia in noi stessi”.

Ma lei non si sente nemmeno un po’ italiana?
“No. Mi sento sarda. E vorrei relazionarmi da sarda con gli altri paesi, a cominciare dall’Italia”.

Anche Renato Soru si sente sardo, però ha dichiarato che la sua storia è anche quella della Resistenza, della Costituzione e delle lotte sindacali.
“Per quel che ci riguarda, riteniamo che il nostro debito (mi riferisco alla Resistenza) sia chiuso. Abbiamo fatto un po’ di strada insieme, noi e l’Italia, però è finita. Non vogliamo cancellare parti importanti della nostra storia, che consideriamo un arricchimento, non una rinuncia”.

E della Lega cosa pensa?
“Fa una politica poco pluralista e poco inclusiva che non condividiamo. Detto questo, la loro presenza nell’isola ci lascia indifferenti”.

Torniamo alla Repùbrica de Sardigna. Ammesso che ci si arrivi, come la immagina?
“Una nazione moderna e centrata sull’uomo, solidale, inclusiva”.

Siete anche non violenti. Quindi, niente esercito?
“Niente esercito”.

E la “limba sarda” come lingua nazionale?
“Anche, ma insieme a molte altre, come l’italiano e l’inglese. Siamo a favore del plurilinguismo. Ripeto, vorremmo diventare una nazione moderna”.

E come si manterrebbe questa Repùbrica?
“Dovremmo rimpostare l’economia. Puntare sulle piccole e medie aziende, soprattutto agroalimentari e artigianali. E si dovrebbero creare le condizioni perché siano più sostenibili.
In altre parole, siamo a favore di una defiscalizzazione mirata. Un’altra risorsa importante sarebbe la rivitalizzazione dei centri storici, con una politica che favorisca gli artigiani che ci lavorano e la gente che va ad abitarci”.

E il turismo non potrebbe servire?
“Il vero problema è che attualmente ai sardi, degli introiti del turismo non resta granché: il 70% va ai trasporti, che non sono nostri, e circa l’80% dei prodotti che vengono acquistati dai turisti sono importati. Per esempio il pesce arriva in gran parte da fuori. Ecco, tutto questo bisognerebbe reimpostarlo a favore dei sardi”.

Facile a dirsi, ma…
“Chiaro, ci vogliono pazienza e tempo”.

E poi ci sono alcune caratteristiche sarde che non aiutano: cosa pensa di quell’antica definizione datavi dagli spagnoli: “pocos, locos y mal unidos”?
“è solo un luogo comune”.

Però i sardi sembrano avere grandi difficoltà ad associarsi, non creano cooperative…
“Guardi, la Sardegna è tra le regioni italiane con il maggior numero di associazioni di volontariato. Quindi il problema non è che i sardi non vogliono associarsi. È vero che abbiamo poche cooperative, ma queste nascono quando c’è una politica che le incentiva e dà indicazioni chiare, e una struttura che permette di comunicare e promuovere il proprio lavoro”.

Qual è la dote più evidente della Sardegna di oggi?
“La creatività. Non c’è paesino, anche il più sperduto, che non abbia il suo pittore, il suo cantante, il suo scultore. Peccato però che poi la cultura da noi sia considerata un hobby, e non venga contemplato il suo sviluppo”.

Alle elezioni provinciali del 2010 l’Irs ha ottenuto quasi il 4% dei voti, in totale circa 30mila. Siete un movimento giovane, non fate una politica facile. La domanda è: come ci siete riusciti?
“Con un paziente e capillare lavoro di comunicazione. Abbiamo cercato di convincere i nostri compatrioti che hanno tutti gli strumenti per farcela da soli”.

E adesso?
“Abbiamo “guadagnato” tre consiglieri in altrettante province, quindi cominceremo a lavorare in maniera più capillare, per poter incidere sulle istituzioni. La prima iniziativa sarà quella del “Palazzo Trasparente”".

Ovvero?
“Chiediamo ai nostri consiglieri di raccontare le attività dei rispettivi consigli. Le informazioni saranno poi pubblicate sul nostro portale. Più a breve termine, stiamo preparando la Festa Manna, una tre giorni di workshop e convegni aperta a tutta la società civile”.

Ma alla fine cosa manca davvero ai sardi? La consapevolezza?
“Ci manca una narrazione di noi stessi, la consapevolezza che il nostro sapere è importante. È da lì che si parte. Se manca quella, manca tutto, non si può nemmeno cominciare”.

È per questo che ha fondato una casa editrice dedicata alla produzione sarda?
“Sì, è una cooperativa che ha l’obiettivo di recuperare quella narrazione”.

Legge molti autori sardi?
“Leggo di tutto, dai saggi di Obama alle poesie di Pietro Mura”.

Nella campagna per le amministrative del 2005, il vostro slogan era “Si podi fai”. Traduzione in inglese, “Yes, we can”.
“Esatto. Obama ci ha copiato :)”.


mercoledì 28 luglio 2010

Emissioni di gas serra da energia nucleare superiori alle rinnovabili

folliaquotidiana

Uno studio [1] ha esaminato un centinaio di analisi sulle emissioni di gas serra da energia nucleare. E i risultati sono clamorosi: l’energia nucleare non solo produce emissioni di gas serra, ma esse sono superiori a qualunque fonte di energia rinnovabile. Gli studi analizzati forniscono un valore medio di emissioni complessive [2] di 66 gCO2/kWh, contro i 9-10 dell’eolico, gli 11 del biogas, i 13 del solare termico, i 32 del solare fotovoltaico, i 30-40 della biomassa e i 38 del geotermico.

Dico clamorosi perché smentiscono uno dei miti dell’energia nucleare, quello di essere a zero emissioni. Naturalmente tali emissioni sono molto inferiori (più di un ordine di grandezza) rispetto alle tradizionali fonti fossili. La tabella che riassume le emissioni di gas serra dalle varie fonti è la seguente:

Tecnologia Capacità Configurazione Combustibile Emissioni (gCO2/kWh)
Eolico
Offshore
9
Idroelettrico
Bacino Idrico
10
Eolico


10
Biogas


11
Idroelettrico
Ad acqua fluente
13
Solare termico
Specchi parabolici
13
Biomassa
Co-combustione con antracite (hard coal) Legno 14
Biomassa
Turbina a vapore Legno 22
Biomassa
Co-combustione con antracite (hard coal) Cedui da Biomassa (Short Rotation Forestry) 23
Biomassa
Motore a pistoni Legno 27
Biomassa
Turbina a vapore Legno 31
Solare FV
Silicone Policristallino
32
Biomassa
Turbina a vapore Cedui da Biomassa (Short Rotation Forestry) 35
Geotermico


38
Biomassa
Motore a pistoni Cedui da Biomassa (Short Rotation Forestry) 41
Nucleare


66
Gas naturale
Turbina a ciclo combinato
443
Celle a combustibile

Idrogeno da gas naturale 664
Diesel


778
Petrolio


778
Carbone “pulito”


960
Carbone


1050

Nel caso del nucleare, le emissioni sono dovute a molti fattori relativi alle varie fasi di vita della centrale e del combustibile.

  1. Frontend: estrazione e fabbricazione del combustibile (25,09 gCO2/kWh)
  2. Costruzione: costruzione della centrale (8,2 gCO2/kWh)
  3. Operazioni: operatività delle centrale (11,58 gCO2/kWh)
  4. Backend: smaltimento scorie (9,2 gCO2/kWh)
  5. Decommissioning: smantellamento della centrale (12 gCO2/kWh)

La fase di Frontend è quella più costosa, in termini di emissioni. Infatti la procedura di estrazione e fabbricazione del combustibile nucleare e lunga e complessa, tanto da essere suddivisa in ulteriori sotto-fasi.

  1. Mining: nei giacimenti “ricchi”, con una percentuale di uranio di 0,2% o nei giacimenti “poveri” con percentuali di 0,01% o inferiori, le rocce vengono estratte e frantumate ottenendo una fanghiglia.
  2. Milling: Il minerale viene estratto da essa con l’ausilio di acido solforico, che si lega in una soluzione. Da tale soluzione viene estratto l’ossido di uranio U3O8, che viene fatto solidificare in una polvere giallastra chiamata in modo informale “yellocake”.
  3. Conversion: Lo yellowcake viene convertito in esafluoruro di uranio UF6
  4. Enrichment: L’esafluoruro di uranio viene riscaldato e trasformato in forma gassosa. Gli isotopi di U-235 e U-238 sono separati con alcune tecniche (centrifughe o membrane) in modo da arricchire la miscela di isotopi U-235, portandoli da una concentrazione naturale dello 0,7% ad una concentrazione attorno al 3% (l’esatto valore dipende dal tipo di reattore)
  5. Fuel fabrication: Una volta arricchito, viene trasformato in ossido d’uranio UO2, inserito in sfere ceramiche contenute in tubi in lega di zirconio. Vari tubi sono assemblati assieme per formare le barre di combustibile

Oltre all’energia necessaria per effettuare tutte queste lavorazioni, è necessario considerare i viaggi che il materiale deve compiere per essere spostato dalla miniera ai vari impianti di lavorazione.

La fase di costruzione riguarda la centrale. In un reattore medio da 1000 MW, in media, sono necessarie 170 mila tonnellate di cemento, 32 mila tonnellate di acciaio, 1362 tonnellate di rame e 205 mila tonnellate di altri materiali.

La fase operativa è una di quelle con meno emissioni, poiché queste sono legate alle operazioni di manutenzione.

La fase di Backend riguarda la gestione del carburante esaurito, che può essere riprocessato in apposite strutture per recuperare l’U-238 che non è stato utilizzato dal reattore (ciclo chiuso) oppure essere smaltito come scorie (ciclo aperto).

La fase di Decommissioning riguarda lo smantellamento della centrale e lo smaltimento dei componenti divenuti radioattivi. Per maggiori approfondimenti su questa fase, si può consultare un mio precedente articolo.

Riferimenti:

[1] Sovacool, Benjamin K., Valuing the greenhouse gas emissions from nuclear power: A critical survey, Energy Policy, Volume 36, Issue 8, August 2008, Pages 2950-2963, ISSN 0301-4215, DOI: 10.1016/j.enpol.2008.04.017. Disponibile: http://www.nirs.org/climate/background/sovacool_nuclear_ghg.pdf
[2] Le emissioni complessive sono dovute all’intero processo di costruzione della centrale, smantellamento della centrale, estrazione/fabbricazione combustibile, emissioni dirette, ecc.


Energia Nucleare: Dibattito-Spot a “TeleCamere”

I produttori devono pubblicizzare il bene o il servizio prodotto per poter convincere l’utente (o consumatore) ad acquistarli. E la pubblicità non è una informazione completa, poiché tende a sopravvalutare i lati positivi del bene o del servizio e minimizzare i lati negativi. Qualche giorno fa, nella puntata di TeleCamere, si è assistito ad un esempio di pubblicità sull’energia nucleare, nel quale hanno partecipato Matteo Collaninno (PD), il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo e l’AD ENEL Fulvio Conti. Per quale motivo? Tutti e tre, conduttrice compresa erano a favore dell’energia nucleare. Quello che sulla carta era un dibattito si è trasformato in una gara a chi magnificava maggiormente questa fonte di energia. Che, secondo il mio noto parere, non è la panacea per tutti i problemi energetici del mondo.

Poiché nessun ospite della trasmissione ha presentato delle vere contro-argomentazioni, tenterò di farlo io per separare la pubblicità della realtà.

Fulvio Conti: “La tecnologia attuale consente di guardare con tranquillità con sicurezza degli impianti, che lavorano da Chernobyl in poi da 13 mila anni consecutivi senza nessuna interruzione, senza nessun incidente, senza nessuna preoccupazione

FALSO. Ecco un esempio di pubblicità ingannevole: l’AD di Enel afferma che i reattori nucleari funzionano da 13 mila anni consecutivi, anche se in realtà è corretto parlare di anni-reattore. Il numero roboante dovrebbe risultare dal prodotto tra il numero di anni trascorsi dall’incidente di Chernobyl e il numero di centrali funzionanti. Pur sbagliato, questo numero (24 anni moltiplicato circa 440 reattori fa circa 10 mila anni) è ingannevole, principalmente per il fatto che ci sono stati incidenti, piuttosto preoccupanti, anche dopo Chernobyl. Nel 1999 sono accaduti due incidenti in Giappone, uno alla centrale Shika che ha causato per 15 minuti una reazione incontrollata nel reattore 1, evento insabbiato dall’azienda proprietaria del reattore per ben 8 anni. Il secondo all’impianto di riprocessamento di Tokaimura dove per errore in una vasca si è accumulata una quantità di nitrato d’uranile sufficiente ad avviare una reazione spontanea che ha contaminato tre lavoratori, di cui due persero la vita. Altri quattro incidenti con perdite di sostanze radioattive sono avvenute tra il 2003 e il 2006.

Fulvio Conti: “Il costo è più basso del 20-30% rispetto a qualunque altro tipo di produzione

FALSO. Altro mito da sfatare. I costi della generazione dell’elettricità possono essere suddivisi in due categorie:

  1. Il costo “overnight”, che è quello necessario per costruire la centrale, calcolato per KW di potenza della centrale.
  2. Il costo “Operation&Maintenance” che comprendono i costi della manutenzione (generalmente fissi) e del combustibile (variabili). Sono calcolati in kWh di energia prodotta

Dopo l’investimento iniziale, ovvero il costo overnight (per la costruzione della centrale), la produzione dell’energia elettrica dipende dai costi del combustibile e dalla manutenzione della centrale. Secondo un calcolo del dipartimento dell’energia statunitense (http://www.eia.doe.gov/oiaf/aeo/assumption/pdf/electricity.pdf), i dati relativi alle diverse fonti energetiche sono i seguenti:


Overnight Costs in 2009 ($/kW) Variable O&M ($/MWh) Fixed O&M ($/MWh) Total O&M ($/MWh)
FV 6171 0 11,94 11,94
Ciclo Comb. Av 968 2,04 11,96 14
Ciclo comb. Trad 984 2,11 12,76 14,87
Idroelettrico 2291 2,49 13,93 16,42
Gen. Distribuita 1400 7,28 16,39 23,67
Eolico 1966 0 30,98 30,98
Solare Termico 5132 0 58,05 58,05
Biomassa 3849 6,86 65,89 72,75
Eolico Offshore 3937 0 86,92 86,92
Nucleare 3820 0,51 92,04 92,55
Geotermico 1749 0 168,33 168,33

Si può vedere che non solo il nucleare ha un costo overnight elevato (peggiore è solo il solare termico e il fotovoltaico), ma anche elevati costi di O&M fissi, dovuti alla manutenzione. Che è maledettamente importante in una centrale nucleare. Il prezzo del combustibile è invece molto basso rispetto alla quantità di energia prodotta. Se sommiamo i costi O&M fissi e variabili possiamo ottenere i valori di O&M totali, nell’ultima colonna. Si può notare che i costi del nucleare per la fase O&M sono tra i più elevati, inferiori solo al geotermico.

Veronesi (intervistato): “Il nucleare non ha emissioni di nessun tipo […] Non c’è rischio in termini di normale funzionalità come l’energia idroelettrica, solare, eolica. Le scorie non sono più un rischio. Una centrale nucleare produce 1-2 metri cubi di scorie all’anno.

FALSO. Il mito delle emissioni zero è ingannevole. Mi stupisce che uno scienziato affermi che non ci sono emissioni “di nessun tipo”. La frase corretta è invece: “non ha emissioni durante il funzionamento”. Le emissioni sarebbero nulle se si potesse ottenere il combustibile nucleare con una bacchetta magica. In assenza di quest’ultima, l’uranio deve essere estratto da rocce che ne possiedono in quantità molto limitata da 0,01-0,25% per i giacimenti più poveri allo 0,1% per i giacimenti più ricchi (in Australia, dove è presente quasi un quarto delle riserve mondiali, la maggior parte dei giacimenti ha concentrazioni inferiori allo 0,06% e nel Kazakhstan che possiede il 17% delle riserve mondiali, i giacimenti hanno concentrazioni inferiori allo 0,1%). Quindi, un kg di uranio naturale deve essere estratto da almeno 1000 kg di minerale grezzo. Una volta estratto, deve essere sottoposto all’arricchimento, che comporta una trasformazione, una separazione degli isotopi attraverso le centrifughe e la ricombinazione in concentrazioni più ricche di uranio-235. Tutto ciò comporta una quantità di energia non trascurabile, che attualmente viene generata con combustibili fossili.
Per quanto riguarda la quantità di scorie prodotte (considerando solo quelle ad alto livello, ovvero il combustibile esaurito), i numeri della IAEA sono un po’ diversi: un reattore da 1000 MW produce circa 30 tonnellate di scorie annue pari a 10 metri cubi. Quelli della World Nuclear Association stimano 20 metri cubi annui. Un ordine di grandezza superiore alle stime di Veronesi. Per completezza, si dovrebbe aggiungere che esistono anche le scorie a medio livello (comunque pericolose) che ammontano a 350-450 tonnellate annue.

Fulvio Conti: “Una centrale nucleare non solo non emette inquinanti, ma non scoppia. Non è una bomba atomica

FALSO. Conti dimentica la presenza delle scorie, che naturalmente sono inquinanti. Si parla molto di mantenere il dibattito lontano da posizioni ideologiche, ma questa è una affermazione puramente ideologica e slegata dalla realtà dei fatti. Se seguissimo questo ragionamento e si incanalassero i gas prodotti dalla combustione del petrolio per portarli altrove, si potrebbe giungere alla conclusione che anche il petrolio non emette inquinanti quando viene bruciato. L’altra questione riguarda il paragone con la bomba atomica: è certamente vero che il combustibile nucleare non può generare una reazione di fissione a catena come negli ordigni nucleari, ma in caso di incidente una centrale nucleare può scoppiare. Ogni impianto dove sono presenti materiali o fluidi ad alta pressione ed alta temperatura o infiammabili può “scoppiare”. Si pensi alla piattaforma petrolifera nel golfo del Messico che è esplosa, si pensi al drammatico incidente alle acciaierie ThyssenKrupp di Torino dove un incendio causò un’esplosione. La stessa centrale di Chernobyl non è esplosa per una reazione incontrollata (come avverrebbe in una bomba nucleare), ma per un aumento eccessivo di calore nel nocciolo del reattore, il quale ha prodotto una pressione tale da spaccare letteralmente l’edificio del reattore numero 4. Una centrale nucleare, come una centrale termoelettrica o una centrale a gas è sostanzialmente una pentola a pressione, dove proprio la pressione del vapore acqueo è necessaria per far muovere le turbine dei generatori elettrici. Che succede ad una pentola a pressione sui fornelli se le valvole non funzionano?


martedì 27 luglio 2010

IL COMITATO PROMOTORE REFERENDUM CONSULTIVO SUL NUCLEARE IN SARDEGNA INCONTRA IL PARTEOLLA A DOLIANOVA




Sayli Vaturu

Siamo nel piazzale dell'oleificio Locci, il "tempio dell'olio" come si legge sull'edificio del museo attiguo all'oleificio.

In questo luogo ogni anno, nel periodo che va da ottobre a gennaio, si pratica un rito antico quanto l'uomo sardo, che, coinvolge migliaia di persone assorte nel loro lavoro di raccoglitori dell'oro verde, qual'è l'olio d'oliva, un olio questo del parteolla di una fragranza che pare invadere i tuoi nari e ti porta nel tempo di un giorno lontano fissato nella memoria ancestarle sarda ...
dicitura Templi Secretum Olii

Prima dell'evento a cui daremo vita da lì a poche ore , nel piazzale si svolge un mercatino , si possono degustare gli ottimi vini della cantina sociale di Dolianova, la birra fatta in loco "sa birra", presente anche un produttore di liquori e acuavite di Sinnai, oltre ai bellissimi libri delle grafiche del parteolla, con tutti i titoli di volumi molto interessanti e determinati nella ricerca delle tradizioni e archieo oltre che di stupendi racconti e poesia sarda.



MOVIMENTARSI PER NON SUBIRE
... AGIRE PER NON MORIRE!

NO NUKE! UNA RISATA SARDONICA VIU SEPPELLIRA'

Alle 20,30 nel piazzale dell'oleificio prende inizio l'evento antinucleare , molto partecipato sia dagli imprenditori presenti che da una folta folla del parteolla e dintorni, l'argomento è spinoso ma molto sentito nella popolazione sarda, infatti la sindaca di Dolianova ne ribadisce sia l'orgoglio di essere donna sarda che la sua ferma opposizione a questo insensato progetto governativo.



La sindaca di Dolianova Rosanna Laconi, su invito del comitato promotore del referendum per voce di Aurora Pigliapochi dà il suo benvenuto a nome dell'amministrazione e suo personale.



Il patron di casa Francesco Locci imprenditore olivario da il suo benvenuto e la sua ferma solidarietà e sostegno al comitato , contro il nucleare in Sardegna.



Bustianu Cunpostu espone quanto il comitato sta promuovendo contro il nucleare tramite slide correlate ed esplicative dell'argomento produzione energia , confronto sulla non necessità di una centrale nucleare in Sardegna.



Valter Erriu alias "Sayli Vaturu" portavoce del comitato "NO NUKE una risata sardonica vi seppellirà", copromotore del comitato referendum consultivo sul nucleare, avanza un discorso sulla sensibilità ambientalista e del cuore che muove il popolo sardo ad essere promotore di vita e non di morte come invece sono il governo italiota ed i suoi lacchè.



Anche i giovani sono stati partecipi oltre che molto attivi sia nella raccolta firme per il referendum sia nelle variemanifestazioni che si succedono in tutta l'isola Sarda, Alberto Denotti per Sperantzia de Libertadi, un movimento di giovani indipendentisti di SNI, ha dato un forte impulso all'amore perla la nostra Natzione.



Sayli a fine serata invita la sindaca Rosanna Laconi a prendere posizione con iniziativa antinuke dell'aministrazione comunale, assieme in conversazione con Bustianu abbiamo convenuto una iniziativa istituzionale, sarà infatti chiamato a votare una delibera comunale contro la presenza di centrali e depositi scorie in Sardinia, inoltre sempre contro il nucleare a Dolianova e dintorni la sindaca ha dato il suo impegno a coinvolgere più sindaci possibili sulle stesse tematiche dell'assemblea organizzata dal Comitato promotore per il referendum contro il Nucleare.

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la situazione in Arborea prima e dopo la costruzione della centrale nucleare a "Cirras" OR

domenica 25 luglio 2010

MEDITERRANEO La Bp conferma le «prossime» trivellazioni al largo della Libia e della Sicilia La linea nera Messico-Sirte

ilmanfesto.it
Accordo fra la compagnia petrolifera BP e la Libia, 900 milioni di dollari
(S.D.R.)
Si allunga sul Mediterraneo l'incubo di una nuova marea nera. Un incubo che le parole un po' sfottenti del capo della compagnia petrolifera libica non servono certo a cancellare («Uno non smette di volare solo perchè ci sono gli incidenti aerei»).
La British Petroleum - messa alla gogna negli Usa per la gigantesca chiazza di petrolio che infesta dallo scorso 20 aprile le acque del golfo del Messico - comincerà presto nuove
perforazioni nel cuore del Mediterraneo e più precisamente nel golfo libico della Sirte, a poco più di 500 chilometri dalle coste siciliane e ancor meno dalle isole di Lampedusa, Pantelleria, Linosa. La notizia, anticipata dal Financial Times di Londra, è stata confermata ieri da un portavoce della compagnia britannica: «Entro le prossime settimane», ha precisato David Nicholas -, la Bp darà il via alla prima delle 5 trivellazioni previste da un accordo da 900 milioni di dollari stipulato nel 2007 con la Libia di Muammar Gheddafi e sbloccato di recente. Passando così all'incasso, secondo il giudizio di qualche analista (e di alcuni senatori del senato Usa), dopo il pressing esercitato l'anno scorso dalla Bp sulle autorità britanniche per la liberazione di Abdelbaset al-Megrahi, il libico condannato per la strage di Lockerbie del 1988 in cui morirono 259 persone, in gran parte americani. Sulla vicenda della liberazione, ufficialmente per ragioni di salute, di al-Meghrai, sta indagando la Commissione esteri del senato Usa, che ha convocato per il prossimo 29 luglio l'amministratore delegato della Bp Tony Hayward per far luce sulla questione.

Al largo delle coste libiche le perforazioni avranno luogo ad una profondità di circa 5.700 piedi (1.700 metri), 200 metri più giù rispetto a quelle della Deepwater Horizon, la piattaforma situata al largo della Louisiana la cui esplosione lo scorso 20 aprile ha scatenato la gigantesca marea nera che inquina il golfo del Messico e l'ondata di polemiche che ha investito la compagnia britannica. E anche se la Bp ha assicurato che farà tesoro della nefasta esperienza, c'è - tra gli ambientalisti e non solo - chi pensa al peggio. Come il presidente della Commissione ambiente del senato italiano Antonio D'Alì (siciliano) che, citato dall'Ft, si dice «preoccupatissimo» per i piani della compagnia britannica, «considerato che stiamo parlando di uno dei mari già più inquinati dal petrolio di tutto il mondo, le conseguenze di un disastro potrebbero essere irreversibili». La Bp mette le mani avanti, e ha già fatto sapere che nella remota eventualità di un nuovo disastro, ha già in cantiere «dettagliati piani d'emergenza»: come quelli che non hanno funzionato e non sono ancora riusciti a fermare il disastro del golfo del Messico?

Un «no secco» al progetto è venuto dalla Regione Sicilia per bocca dell'assessore regionale all'ambiente Giovanni Roberto Di Mauro che ha già presentato la sua opposizione al governo italiano.
Contrarissimi anche i Verdi. «È necessaria una immediata moratoria alle trivellazioni, onde evitare che anche il Mediterraneo possa rischiare un disastro ambientale come quello del golfo del Messico», ha detto il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli. Bonelli ha auspicato che «il governo italiano chieda immediatamente a quello libico di fermare le trivellazioni che la Bp intende avviare a largo della Libia: se accadesse un incidente come quello degli Stati uniti nel bacino mediterraneo le conseguenze sarebbero enormemente più gravi». La macchia petrolifera del golfo del Messico, secondo i dati dell'Agenzia federale statunitense per gli oceani e l'atmosfera, il Noaa, è grande come il centro Italia e «una tale perdita di petrolio sancirebbe la morte definitiva del Mediterraneo. Il golfo del Messico, infatti, ha un ricambio d'acqua che è prodotto dalla potente Corrente del Golfo, mentre nel Mediterraneo il ricambio delle acque verso l'oceano Atlantico attraverso lo stretto di Gibilterra impiega 150 anni».

venerdì 23 luglio 2010

NO NUKE! Decommissioning Nucleare e Domande più frequenti sul Nucleare

DA folliaquotidiana.net

Decommissioning Nucleare

La questione del decommissioning delle centrali nucleari è spesso ignorata, ma è particolarmente importante. Per decommissioning si intende lo smantellamento di un sito nucleare (tipicamente una centrale) e il ripristino dello stesso. Questa operazione, che è composta di varie fasi è molto lunga e molto costosa.

Le fasi principali sono le seguenti:

1.Cessazione della generazione di elettricità
2.Rimozione combustibile nucleare, svuotamento dei sistemi idraulici, sorveglianza e monitoraggio
3.Decommissioning: invio materiali radioattivi ai depositi, demolizione edifici non contenenti materiali radioattivi, sorveglianza e monitoraggio
4.Ripristino del sito: termine della fase di sorveglianza e monitoraggio, il sito perde ogni restrizione e limitazione e torna ad essere disponibile
Le fasi possono essere diverse da nazione a nazione, e possono essere chiamate con termini diversi, ma sostanzialmente le procedure sono quelle indicate. Le fasi avvengono in un arco di tempo pari a circa 100 anni. Non è uno scherzo. Dalla chiusura dell’impianto al ripristino del sito trascorre un secolo. Per quale motivo? Per varie cause, tra cui il decadimento radioattivo di alcuni elementi e la possibilità di affrontare meglio i costi.

Per avere un’idea di questi ultimi, negli Stati Uniti ogni operatore che costruisce un reattore nucleare deve garantire una certa somma per la fase di decommissioning (Minimal Financial Assurance). Questa somma dipende dalla potenza del reattore in costruzione, e varia da 1,2 a 3,4 miliardi di dollari del 1986, che corrispondono a 2,5 – 6,6 miliardi di dollari del 2009. [1]

Smantellare una centrale nucleare dove è presente combustibile nucleare altamente radioattivo, dove i materiali che compongono il nocciolo del reattore (cemento, acciaio, ecc.) sono anch’essi altamente radioattivi e dove sono presenti molti altri materiali con livelli inferiori di radioattività, è molto complesso e costoso. Deve essere svolto in sicurezza per i lavoratori e per l’ambiente circostante.

Negli Stati Uniti sono presenti 13 reattori in fase di decommissioning. La NRC ha definito tre procedure per lo smantellamento che possono essere impiegate singolarmente o combinate assieme:

•DECON: l’equipaggiamento, le strutture e le porzioni del sito che contengono elementi radioattivi sono rimosse o decontaminate ad un livello tale da permettere la bonifica del sito.
•SAFSTOR: il sito è posto in una condizione sicura e stabile fino a quando può essere decontaminato e smantellato. Durante questa procedura il sito viene lasciato intatto o parzialmente smantellato. Il combustibile deve essere rimosso assieme ai liquidi radioattivi.
•ENTOMB: le strutture, i sistemi e i componenti sono sepolti nel cemento. Procedura sconsigliata e valutata caso per caso dalla NRC.
I costi possono variare in base al tipo di reattore, ma una stima ufficiale della NRC [2] effettuata nel 2004 calcola che lo smantellamento di un reattore di tipo PWR (Pressurized Water Reactor, uno dei tipi più diffusi) varia da 233 milioni di dollari (procedura DECON) a 364 milioni di dollari (procedura SAFSTOR), mentre lo smantellamento di un reattore di tipo BWR (Boiling Water Reactor) varia da 341 milioni di dollari (DECON) a 522 milioni di dollari (SAFSTOR).

Ma i costi possono variare, anche parecchio, a causa delle peculiarità dei siti. Ad esempio, l’unità 2 della centrale di Three Mile Island, tristemente famosa per un grave incidente avvenuto nel 1979 (parziale fusione nel nocciolo e rilascio di radioattività), ha completato la rimozione del combustibile nucleare nel 1990, e da allora è in fase di decontaminazione a lungo periodo. I costi sono stimati in 831 milioni di dollari, e attualmente (2009) ne sono disponibili solo 484. Nel Regno Unito, il grande complesso di Sellafield rappresenta un sito difficile da bonificare, in parte a causa delle sue dimensioni e della sua complessità, poiché è adibito al riprocessamento del combustibile esaurito, e in parte a causa della contaminazione del terreno circostante dovuta negli anni a perdite di materiali radioattivi (le stime ufficiali parlano di 20 milioni di metri cubi di terreno contaminato [3]). I costi di decommissioning di Sellafield saranno pari a 24 miliardi di euro e la bonifica completa del sito sarà terminata nel 2120.

L’NDA britannica stima che lo smantellamento delle 19 centrali nucleari obsolete costerà 73 miliardi di sterline (pari a 82 miliardi di euro) nell’arco di 100 anni. Quindi, l’eredità nucleare peserà nel Regno Unito circa 820 milioni di euro l’anno per un secolo. Il budget dell’NDA per l’anno 2010/11 è di 3,2 miliardi di euro, di cui circa 1,7 miliardi saranno destinati al sito di Sellafield.

Il decommissioning è strettamente legato al problema dei rifiuti nucleari. In particolare, la NDA afferma che attualmente non esiste alcuna soluzione a lungo termine [4] per la gestione dei rifiuti ad alto (High Level Waste – HLW) ed intermedio livello radioattivo (Intermediate Level Waste – ILW): questi tipi di materiali verranno quindi gestiti temporaneamente all’interno dei siti dell’NDA. Ma anche i rifiuti a basso livello (Low Level Waste – LLW) prodotti dal decommissioning potrebbero eccedere la capacità del deposito per rifiuti a basso livello presente nel Regno Unito [5], che possiede una capacità di 700 mila metri cubi.

Riferimenti:
[1] Sito web utilizzato per il calcolo dell’inflazione
[2] U.S. Nuclear Regulatory Commission, Office of Nuclear Reactor Regulation, “Standard Review Plan for Decommissioning Cost Estimates for Nuclear Power Reactors”, 2004, disponibile: http://www.nrc.gov/reading-rm/doc-collections/nuregs/staff/sr1713/sr1713.pdf
[3] National Decommissioning Authority Strategy, “At Sellafield, it has been estimated that there may be as many as 20 million cubic metres of contaminated land, caused mainly by leaks from legacy and disposal facilities.“, pag. 24
[4] National Decommissioning Authority Strategy, “There are currently no national long-term arrangements for the management of High Level Waste (HLW) or Intermediate Level Waste (ILW). This means that waste needs to be managed on an interim basis on the NDA sites, possibly for several decades.” pag. 31
[5] National Decommissioning Authority Strategy, ”However, current estimates suggest that there would still be insufficient capacity at the LLW Repository for the anticipated arisings of LLW generated by decommissioning and clean-up.” pag. 40


Domande più frequenti

1. Cosa si intende per energia nucleare? 2. Come funziona una centrale nucleare? 3. Quali e quante tecnologie esistono? 4. Cosa si intende per “uranio arricchito”? 5. Perché si dice che quella nucleare è un’energia pulita? Lo è veramente? 6. Cosa si intende con “nucleare pulito” e perché viene chiamato così? 7. Come si può utilizzare il Torio per la produzione di energia? 8. Quante centrali nucleari sono in funzione nel mondo? 9. Cosa sono le scorie nucleari? Quante se ne producono? 10. Qual è la pericolosità delle scorie nucleari? 11. Come si smaltiscono le scorie? 12. Quanto costa la costruzione di una centrale nucleare? 13. Quante centrali dovrebbero essere costruite in Italia? 14. Quanto uranio è disponibile? C’è uranio sufficiente nei graniti? e nell’acqua del mare? 15. Esistono centrali molto vicine ai confini italiani, quindi si corrono rischi comunque. 16. Che correlazione c’è tra energia nucleare e armi nucleari? 17. Quali erano i quesiti del referendum sul nucleare? 18. Quali furono le conseguenze del voto? 19. Come si sta reintroducendo il nucleare in Italia?



1.Cosa si intende per energia nucleare?
Nell’uso comune del termine, per energia nucleare si intende la generazione di energia tramite la trasformazione dei nuclei atomici. Attualmente, la produzione di energia elettrica avviene attraverso un processo di fissione nucleare. Tuttavia, è in fase di studio anche la produzione di energia mediante un processo di fusione nucleare. A grandi linee, il principio della fissione consiste nel bombardare con un neutrone l’atomo di un certo materiale. L’atomo, dopo aver assorbito il neutrone, entra in uno stato instabile e decade generando due atomi, dei neutroni e dell’energia. La massa totale dei due atomi e dei neutroni è inferiore alla massa di partenza: la massa mancante viene infatti trasformata in energia. I neutroni prodotti dalla fissione possono collidere e provocare la fissione a loro volta. Questo meccanismo è detto reazione a catena.
I materiali che possono sostenere una reazione a catena di questo tipo sono gli isotopi dell’uranio U-235, U-233 e l’isotopo del plutonio Pu-239. Essi sono detti fissili. Altri materiali possono subire la fissione nucleare ma non possono sostenere una reazione a catena: tra essi, l’isotopo dell’uranio U-238 e del plutonio Pu-240.
2. Come funziona una centrale nucleare?
Nelle centrali nucleari i nuclei che sono sottoposti a fissione sono generalmente appartenenti all’isotopo dell’uranio chiamato Uranio-235. La reazione nucleare è la seguente: un nucleo di U-235 assorbe un neutrone, subisce la fissione dividendosi in due altri atomi, liberando alcuni neutroni (2 o 3) ed energia. Sono possibili più reazioni diverse, ma una classica reazione di fissione è la seguente:
U-235 + n -> Cs-140 + Rb-93 + 3n + energia
I materiali in grado di sostenere una reazione a catena sono detti fissili, mentre quelli che possono subire un processo di fissione sono detti fissionabili. Il combustibile nucleare è composto da una piccola percentuale (3-5% circa) [8] di U-235, mentre il resto è costituito da Uranio-238. L’U-235 è fissile, mentre l’U-238 è fissionabile, ed è difficile che effettui la fissione. I neutroni prodotti dalla fissione possiedono un’energia molto elevata, e sono detti neutroni veloci. La fissione dell’U-235 tuttavia avviene più facilmente con neutroni a bassa energia, detti neutroni lenti o neutroni termici (poiché la loro energia è paragonabile all’energia termica del materiale circostante). Per questo motivo, nelle centrali nucleari tradizionali è presente un materiale detto moderatore, che “rallenta” i neutroni in modo da aumentare le possibilità di fissione. Tuttavia, l’U-238 può catturare un neutrone veloce e trasformarsi in un isotopo del plutonio, il Pu-239. Quest’ultimo è fissile, ed è in grado di sostenere la reazione a catena.
In base a quest’ultima trasmutazione dell’uranio in plutonio, sono stati progettati reattori detti autofertilizzanti, che utilizzano l’U-238. Esso viene trasmutato in plutonio e quest’ultimo effettua la fissione. Questo significa che l’U-238 non può essere impiegato da solo per sostenere una reazione a catena. Tuttavia esso contribuisce alla generazione di energia, quando trasmuta in plutonio.
L’energia prodotta, sotto forma di calore, viene impiegata per riscaldare dell’acqua e trasformarla in vapore ad alta pressione, il quale fa ruotare delle turbine dal cui movimento viene generata energia elettrica.
3.Quali e quante tecnologie esistono?
La tecnologia nucleare, come molte altre, si è evoluta nel corso dei decenni a partire dagli anni ’50. Attualmente si parla di 3 generazioni di reattori nucleari. Con il termine “nucleare di nuova generazione” si intende la generazione “III+”, una evoluzione della III generazione, e la più avanzata attualmente disponibile. Nei laboratori e nei centri di ricerca oggigiorno è allo studio la IV generazione, che non è ancora pronta per essere impiegata in centrali nucleari.
* I generazione (fino a metà anni’60): primi prototipi di reattori
* II generazione (da metà anni’60 a metà anni’90): Pressurized Water Reactor (PWR), Boiling Water Reactor (BWR),Pressurized Heavy Water Reactor (PHWR e CANDU), Advanced Gas-cooled Reactor (AGR), Reaktor Bolshoy Moshchnosti Kanalniy (RBMK)
* III generazione (da metà anni’90 al 2010): Advanced Boiling Water Reactor (ABWR), European Pressurized Reactor (EPR)
* III+ generazione (dal 2010 al 2030): Economic Simplified Boiling Water Reactor (ESBWR), Advanced CANDU Reactor (ACR)
* IV generazione (sperimentale: oltre il 2030): Very-High-Temperature Reactor (VHTR), Supercritical-Water-Cooled Reactor (SCWR), Molten Salt Reactor (MSR), Gas-Cooled Fast Reactor (GFR), Sodium-Cooled Fast Reactor (SFR), Lead-Cooled Fast Reactor (LFR)
4.Cosa si intende per “uranio arricchito”?
In natura l’uranio è presente in vari isotopi: il più comune, che compone il 99,3% della quantità totale del minerale estratto è l’Uranio-238 [8]. Gli altri isotopi sono l’Uranio-235 (0,7%) e l’Uranio-234 (meno dello 0,01%) [8].


Con il termine di uranio arricchito si intende una miscela di isotopi di uranio dove l’Uranio-235 è presente in concentrazioni maggiori e che viene impiegato nelle centrali nucleari. Il combustibile nucleare è composto da un percentuale di U-235 attorno al 3-5% [8]. Per questo motivo, è necessario separare gli isotopi U-238 da quelli U-235 in una procedura chiamata arricchimento dell’uranio. In pratica viene prodotta una miscela di uranio con una percentuale di U-235 maggiore rispetto a quella in natura. Il minerale di uranio, estratto sotto forma di ossido U3O8 e chiamato anche “yellowcake”, viene purificato e processato per essere combinato con il fluoro ed ottenere l’esafloruro di uranio (UF6). Quest’ultimo, in forma gassosa, viene inserito in centrifughe che riescono a separare le molecole con l’isotopo U-238, più pesanti, dal resto [8, 9].

5. Perché si dice che quella nucleare è un’energia pulita? Lo è veramente?
Il nucleare è stato indicato da più parti come un’energia “pulita” poiché la produzione di energia non comporta emissioni di anidride carbonica o di altri gas ad effetto serra. Infatti il calore non proviene dalla combustione, ma dalle reazioni degli atomi. Ci sono tuttavia altri aspetti relativi all’ecologia che devono essere considerati: ad esempio la gestione delle scorie altamente radioattive. Per questo motivo il nucleare non è una fonte energetica completamente “pulita”, ma viene considerata tale solo in relazione all’assenza di emissioni di gas serra durante la generazione dell’energia. Ma la questione non è così semplice: infatti esistono emissioni di anidride carbonica generate dall’estrazione del minerale e dalla fabbricazione del combustibile.

6. Cosa si intende con “nucleare pulito” e perché viene chiamato così?
Con “nucleare pulito” si intende la produzione di energia nucleare tramite centrali di IV generazione. Tali centrali dovrebbero, sulla carta, migliorare le prestazioni delle centrali tradizionali, tra cui la produzione di una maggiore quantità di energia, la capacità di produrre una minore quantità di scorie, con tempi di dimezzamento inferiori. Sono proposti 3 tipi di reattori termici o tradizionali (Very-high-temperature reactor – VHTR, Supercritical-water-cooled reactor – SCWR e Molten-salt reactor – MSR) e 3 tipi di reattori “veloci” (Gas-cooled fast reactor – GFR, Sodium-cooled fast reactor – SFR, Lead-cooled fast reactor – LFR).
Nelle centrali tradizionali è presente un materiale detto moderatore, che ha la caratteristica di “rallentare” i neutroni. Infatti, i neutroni prodotti dalla fissione possiedono un’energia elevata, ed hanno poche possibilità di interagire con i nuclei. Rallentando i neutroni si aumenta la possibilità che essi possano provocare la fissione di altri nuclei. Sono stati studiati dei reattori “veloci” che sfruttano questi neutroni veloci per trasmutare l’U-238 in Pu-239. Quest’ultimo è fissile, quindi è possibile utilizzarlo per la fissione, analogamente all’U-235. Questi reattori sono detti autofertilizzanti, poiché rendono un elemento fertile come U-238 in fissile, come il Pu-239. Per questo motivo questi reattori, detti fast breeder reactor, generano più materiale fissile di quello presente nel combustibile nucleare. Essi producono una minore quantità di scorie, e non impiegano un moderatore. Questo tipo di tecnologia tuttavia presenta delle problematiche, in particolare riguardanti la scelta del fluido di raffreddamento: non si possono impiegare dei fluidi tradizionali in quanto possiedono proprietà di moderazione dei neutroni. Per questo motivo in questi reattori viene impiegato il sodio, che tuttavia può esplodere o incendiarsi se entra in contatto con acqua o con aria [23]. Il sodio è particolarmente corrosivo, e ha causato diversi incidenti nella centrale francese Superphénix. Sono stati proposti sistemi di raffreddamento a piombo o a gas, nelle centrali di 4° generazione, che presentano problematiche analoghe. Il piombo o una lega di piombo-bismuto, proposti come liquidi di raffreddamento, si sono rivelati altamente corrosivi [27].

7. Come si può utilizzare il Torio per la produzione di energia?
Il torio può essere impiegato nelle centrali nucleari, poiché esso può assorbire un neutrone lento e trasmutare in U-233, un isotopo fissile dell’uranio. A differenza dell’uranio, è il torio è presente in natura quasi completamente sotto forma di Th-232, che può essere utilizzato. Si stima che le riserve di torio siano quattro volte quelle dell’uranio. Tuttavia, sono state calcolate nel 2007 [22] circa 4,4 milioni di tonnellate di torio, di cui 2,5 milioni di tonnellate estraibili a costi accettabili (80 $/kg). L’impiego del torio presenta diverse problematiche tecnologiche da risolvere, tra cui la fabbricazione e il riciclo del combustibile nucleare maggiormente impegnative, la produzione di un isotopo che ostacola la reazione che trasforma il torio in uranio fissile U-235 e aumenta la presenza di scorie nel combustibile esaurito.
Attualmente (2010), solo in India sono presenti centrali nucleari che impiegano torio, principalmente in via sperimentale.

8. Quante centrali nucleari sono in funzione nel mondo?
Al 31 dicembre 2007, erano in funzione un totale di 439 centrali nucleari [11], di cui 265 di tipo Pressurized Water Reactor PWR, 94 Boiling Water Reactor BWR, 44 Pressurized Heavy Water Reactor PHWR, 18 Gas Cooled, Graphite Moderated Reactor GCR, 16 Light Water Cooled, Graphite Moderated Reactor LWGR e 2 di tipo Fast Breeder Reactor (FBR) [11]. Esse producevano 372 GW di potenza elettrica netta [11].

9. Cosa sono le scorie nucleari? Quante se ne producono?
Le scorie nucleari si suddividono in varie categorie: le scorie a basse emissioni (low level waste) e le scorie ad alte emissioni (high level waste). Le prime sono materiali che sono stati esposti e contaminati dalle radiazioni, mentre le seconde provengono dal combustibile nucleare esausto o da altre fonti. Il combustibile nucleare è in genere l’uranio, e la fissione produce vari elementi detti “prodotti di fissione”. Alcuni di essi sono più leggeri, mentre altri sono più pesanti dell’uranio. Questi elementi decadono producendo radiazioni ionizzanti. In fisica si definisce tempo di dimezzamento o emivita il periodo di tempo trascorso il quale la metà degli atomi di un particolare elemento sono decaduti in altri elementi. Anche questi ultimi possono essere soggetti al decadimento, e formare una catena di decadimento in cui un materiale attraversa vari stadi intermedi prima di giungere ad un elemento stabile finale. In una centrale a fissione, le scorie nucleari contengono [3] isotopi radioattivi con tempi di dimezzamento “medi” (come il Cesio-37 e lo Stronzio-90, attorno ai 30 anni) e tempi di dimezzamento lunghi (Plutonio-239 di circa 24000 anni). Il decadimento è l’unico processo attraverso il quale i materiali radioattivi cessano di essere pericolosi. In Italia i rifiuti radioattivi sono suddivisi in tre categorie [24, 25]. La categoria I comprende materiali a bassa emissione, è costituita da rifiuti che decadono in pochi mesi (massimo alcuni anni). La categoria II a media emissione, è costituita da materiali con tempi di decadimento variabili da qualche decina fino ad alcune centinaia di anni, con modesta emissione di calore. La categoria III, ad alta emissione, è costituita da materiali con tempi di decadimento dell’ordine di migliaia di anni ed oltre, con elevata generazione di calore e di radioattività. Un reattore di media potenza (1000 MW) produce in un anno circa 200 – 350 m3 di scorie a basse e medie emissioni [5], e 20 m3 (27 tonnellate) di scorie ad alte emissioni, che occupano un volume di 75 m3 nel caso vengano allocate in appositi contenitori [5].

10. Qual è la pericolosità delle scorie nucleari?
Le scorie nucleari ad alte emissioni sono estremamente radioattive: tipicamente emettono in un’ora quantità di radiazioni superiori a 10000 rem di radiazione [3]. Il livello letale di radiazioni (assorbite non in modo cumulativo) una persona è circa 500 rem [3]. A parte la radioattività, le scorie non possono tuttavia esplodere, incendiarsi o innescare una reazione di fissione nucleare [4].




11. Come si smaltiscono le scorie?
Le scorie possono essere riprocessate per estrarre parte di materiale che può essere nuovamente utilizzato come combustibile nucleare. Il resto del materiale viene allocato in appositi contenitori. Attualmente l’unica soluzione fattibile tra quelle ipotizzate dagli esperti consiste nel seppellire i contenitori [4]. Prima di seppellirli, i contenitori devono essere immersi per circa 10 anni in acqua, per dissipare il calore generato dalla radioattività. Negli Stati Uniti non esiste ad oggi un sito permanente per stoccare i contenitori, e nel 1987 il Congresso ha selezionato da una lista l’impiego di un sito nei pressi della Yucca Mountain [7] in Nevada. I costi sono stimati ad agosto 2008 in 79,3 miliardi di dollari [6] (valore del dollaro del 2001), che a causa dell’inflazione sono stati ricalcolati in 96,18 miliardi di dollari [6] (valore del dollaro del 2007). Sono sorte alcune preoccupazioni sui flussi dell’acqua che attraversano la montagna, che hanno mostrato di essere più veloci del previsto [20]. L’amministrazione Obama ha tuttavia tagliato la maggior parte dei finanziamenti per il sito, come aveva promesso in campagna elettorale [20]. Attualmente (2009), la possibilità di utilizzare il sito dovrebbe essere stabilita dalle udienze della Nuclear Regulatory Commission. Il governo statunitense ha garantito i fondi solamente per soddisfare le udienze della NRC.

12. Quanto costa la costruzione di una centrale nucleare?
È stato stimato [13] che in media una centrale nucleare avanzata ha un costo di costruzione e manutenzione pari a 2475 $ al kW (in dollari del 2006, che salgono a 2607 $ del 2008). In uno studio aggiornato [16a], il costo viene stimato in 4000 $/kW. Quindi il costo di un reattore tipico di 1000 MW si aggira tra 2,4 e 4 miliardi di dollari.

13. Quante centrali dovrebbero essere costruite in Italia?
Si parla di quattro centrali nucleari di tipo EPR (European Pressurizer Reactor) di generazione 3+, con potenza complessiva di 6,6 GW. In Italia la produzione di energia elettrica è attualmente (anno 2007) suddivisa nel modo seguente [18]: fonti termoelettriche 65,183 GW (73,31%) di cui combustibili fossili 64,512 GW (72,56%), fonti idroelettriche 20,929 GW (23,53%), fonti rinnovabili 2,788 GW (3,12%). La potenza totale netta è pari a 88,9 GW [18], e le centrali rappresenterebbero il 7,42% della capacità totale. L’energia totale consumata in Italia nel 2008 era di 353 TWh, e le centrali dovrebbero produrne (considerando 8000 ore di funzionamento annue) circa 52,8 TWh, pari al 14,95%. Considerando valori standard [5], il costo si aggirerebbe tra 16 e 26 miliardi di euro. Il combustibile nucleare richiesto sarebbe di 178 tonnellate annuo, con una produzione di altrettante tonnellate di scorie.
Se si volesse generare il 25% della potenza totale italiana da fonte nucleare sarebbe necessario costruire circa 22 reattori da 1000 MW con un costo variabile tra 55 e 88 miliardi di dollari. Questi reattori richiederebbero (considerando dei valori standard [5]) circa 550 tonnellate di combustibile nucleare (uranio arricchito) e produrrebbero altrettante tonnellate di scorie ad elevati livelli di emissione ogni anno. Se si volesse generare il 25% dell’energia sarebbe necessario costruire circa 11 reattori da 1000 MW.

14. Quanto uranio è disponibile?
Si stima che le riserve mondiali di uranio siano attorno alle 3,3 milioni di tonnellate [16, 21]. I reattori attualmente funzionanti richiedono 65 000 tonnellate di uranio grezzo all’anno (circa 200 tonnellate di uranio grezzo annue per GW) [19]. Queste riserve sarebbero sufficienti per 50 anni, se non venissero costruite altre centrali. In caso di impiego su larga scala di centrali nucleari, ad esempio 1500 reattori da 1000 MW ciascuno per un totale di 1500 GW di potenza elettrica prodotta, è stato stimato [16] che essi consumerebbero 306 000 tonnellate di uranio grezzo all’anno (utilizzando un arricchimento del 4,5%). In questo caso le riserve scenderebbero a 11 anni.
È necessario notare che le riserve economicamente sfruttabili dipendono dal prezzo dell’uranio: un maggiore prezzo comporta la possibilità di sfruttare miniere più povere di minerale. In uno studio aggiornato [16a], si stima che le riserve possano salire a 5,4 milioni di tonnellate (con un prezzo di 130 $/kg), che potrebbero far funzionare 1500 reattori da 1000 MW per 18 anni.

C’è uranio sufficiente nei graniti?
In via teorica si potrebbe estrarre l’uranio presente nei graniti, ma è necessario considerare il bilancio energetico, ovvero la quantità di energia necessaria per estrarre l’uranio e quella prodotta dall’uranio stesso in un reattore. Il bilancio energetico è positivo (si ottiene più energia di quella impiegata) per graniti con concentrazioni di uranio superiori allo 0.02%. Tuttavia, in media il granito contiene lo 0.0004% di uranio, ovvero 4 grammi di uranio per tonnellata di granito [28]. Da questi dati si deduce che non è possibile lavorare genericamente il granito per ottenere combustibile nucleare, poiché il bilancio energetico è negativo. Il funzionamento di un reattore da 1 GW di potenza richiederebbe la lavorazione di 100 milioni di tonnellate di granito all’anno, con un costo di 650 PJ di energia [28]. Il reattore produrrebbe invece 26 PJ di energia. L’energia richiesta è circa 25 volte quella prodotta.

C’è uranio sufficiente nell’acqua del mare?
Si è stimato che in media l’acqua del mare contiene 3 ug di uranio per metro cubo. Anche in questo caso è necessario comprendere il bilancio energetico del processo. Per l’estrazione si è ipotizzato l’impiego di materiali come l’idrossido di titanio o alcuni polimeri che attraggono gli ioni di uranio. Questi materiali dovrebbero essere inseriti in strutture lunghe diversi chilometri, in luoghi dove c’è corrente per far fluire l’acqua e con una temperatura di almeno 20°C. La lavorazione prosegue separando gli ioni di uranio dai materiali, purificando il minerale, concentrandolo e utilizzando un solvente.
Sono necessari 2 km cubi di mare per ottenere 1 tonnellata di combustibile nucleare pronto per essere utilizzato, che produce circa 160 TJ di energia. Ma l’energia richiesta per questo processo varia da 195 a 250 TJ [28], quindi il bilancio energetico è negativo.

15. Esistono centrali molto vicine ai confini italiani, quindi si corrono rischi comunque.
Sicuramente un grave incidente ad una centrale nucleare francese, tedesca o comunque nell’Europa avrebbe conseguenze anche in Italia. Ma non temo eventuali incidenti. La questione nucleare e i diversi problemi irrisolti (gestione combustibile e scorie, proliferazione, costi) riguardano le decisioni prese dai governi francese e/o tedesco e/o di altri paesi europei che producono energia dal nucleare. Se fossi un cittadino di quelle nazioni, chiederei al mio governo una riflessione sull’energia nucleare.
L’Italia è un paese con moltissimi pregi e ottime qualità, ma la gestione dell’energia nucleare richiede elevatissimi standard di sicurezza. Il nostro paese, indipendentemente dal colore politico del governo, non è riuscito a sanare alcune gravi problematiche, come la gestione dei rifiuti (normali) e la questione delle navi dei veleni. Faccio un piccolo esempio: a Castelmauro, in provincia di Campobasso, dei bidoni contenenti rifiuti radioattivi sono stati situati in uno scantinato. L’8 ottobre 1987 la Direzione della sicurezza nucleare dell’Enea evidenziava che nel deposito di rifiuti «erano accatastati in maniera incontrollabile circa 4 mila fusti privi delle dovute indicazioni» e denunciava il titolare del deposito per mancanza di autorizzazione. Al 2009 i bidoni erano ancora lì, anche se il territorio sia stato dichiarato nel 2003 a rischio sismico medio-alto.
Anche questa è l’Italia. Questo tipo di situazioni non devono accadere. Mai. Ma avvengono, per burocrazia, per incuria, per un qualche motivo.

16. Che correlazione c’è tra energia nucleare e armi nucleari?
L’impiego di centrali nucleari permette ad una nazione di ottenere i materiali necessari per sviluppare armi nucleari. Le bombe nucleari infatti impiegano come materiale fissile l’uranio arricchito (una miscela di U-235 ad elevatissime concentrazioni) o il plutonio. L’uranio arricchito può essere prodotto con la stessa tecnologia con la quale si produce le barre di combustibile da utilizzare nelle centrali, mentre il plutonio viene prodotto dal reattore nucleare stesso. Per questo motivo, la tecnologia nucleare è detta “dual use”, ovvero a doppio utilizzo (civile per l’energia elettrica e miliare per gli armamenti). La bomba sganciata su Hiroshima, “Little Boy”, conteneva 64,15 kg di uranio arricchito all’80% [10], quindi vennero impiegati circa 51 kg di U-235. L’ordigno impiegato su Nagasaki, “Fat Man”, conteneva 6,2 kg di una lega plutonio/gallio e circa 108 kg di uranio-238 [10].

17. Quali erano i quesiti del referendum sul nucleare?
I tre quesiti del cosiddetto “referendum sul nucleare” erano:
1. “Volete che venga abrogata la norma che consente al Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) di decidere sulla localizzazione delle centrali nel caso in cui gli enti locali non decidono entro tempi stabiliti?”
2. “Volete che venga abrogato il compenso ai comuni che ospitano centrali nucleari o a carbone?”
3. “Volete che venga abrogata la norma che consente all’ENEL (Ente Nazionale Energia Elettrica) di partecipare ad accordi internazionali per la costruzione e la gestione di centrali nucleari all’estero?”

La popolazione andò a votare con una percentuale di affluenza ai seggi rispettivamente del 62,16%, 62,07% e 66,07%, e il risultato della consultazione fu la vittoria del “si” con 78,70%, 78,38% e 68,14%.

18. Quali furono le conseguenze del voto?
I referendum, che possono essere solo abrogativo, tecnicamente non vietarono la produzione di energia elettrica tramite il nucleare, tuttavia riuscirono a rendere la costruzione di nuove centrali più difficile. Infatti tramite il quesito (1), il governo non poteva più decidere contro la volontà di un comune di installare una centrale nucleare nel territorio dello stesso e tramite il quesito (2), non potevano più essere forniti degli incentivi ai comuni che accettavano invece la costruzione di una centrale. Infatti, se alcune amministrazioni potevano rifiutare per motivi ideologici o pratici, altre invece potevano, grazie a quell’articolo, essere “ricompensate” da una serie di incentivi che coprivano gli eventuali rischi e il disagio della popolazione. In questo modo invece, la costruzione di una centrale diventava “gratuita” poiché non c’erano incentivi o bonus e se il comune non lo voleva il governo non poteva scavalcarlo. Poiché la popolazione era preoccupata dai pericoli del nucleare, nessuna amministrazione avrebbe perso consensi gratuitamente ed accettato di installare una centrale. Sebbene in linea teorica poteva accadere, l’opinione pubblica agì come un “veto” e convinse il governo e quelli che lo seguirono di rinunciare definitivamente a questo tipo di energia.
Per questo motivo non è stata abrogata una legge che affermava l’uso dell’energia nucleare per generare elettricità, ma sono stati abrogati articoli che la rendevano l’adozione del nucleare più “semplice”.

19. Come si sta reintroducendo il nucleare in Italia?
Il primo passo è stato effettuato con l’approvazione della legge 23 luglio 2009, n.99 “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia” [26]. L’art. 25 della legge delega al Governo la formulazione di decreti legislativi per la localizzazione di siti (centrali, impianti e deposito). A dicembre 2009 il consiglio dei ministri ha pubblicato il decreto legislativo “Localizzazione ed esercizio di impianti di produzione di energia elettrica e nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio, nonché misure compensative e campagne informative, a norma dell’articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99.”. In tale decreto si sono delineati i ruoli della nuova Agenzia per la Sicurezza Nucleare e le procedure per autorizzare un sito. Nonostante sia prevista una conferenza unificata tra stato, regione, provincia e comuni interessati, l’ultima parola sull’autorizzazione di un sito resta al Governo. Diverse regioni hanno fatto ricorso alla corte costituzional

[1] "Chernobyl: the true scale of the accident". Joint News Release WHO/IAEA/UNDP. World Health Organization. [Online]. (Sett. 2005) Disponibile: http://www.who.int/mediacentre/news/releases/2005/pr38/en/index.html
[2] "Revisiting Chernobyl 20 years later". International Atomic Energy Agency. [Online]. Disponibile: http://www.iaea.org/NewsCenter/Focus/Chernobyl/
[3] "Backgrounder on Radioactive Waste". United States Nuclear Regulatory Commission. [Online]. Disponibile: http://www.nrc.gov/reading-rm/doc-collections/fact-sheets/radwaste.html
[4] "What are spent nuclear fuel and high-level radioactive waste?". Office of Civilian Radioactive Waste Management, United States Department Of Energy. [Online]. Disponibile: http://www.ocrwm.doe.gov/factsheets/doeymp0338.shtml
[5] "Waste Management in Nuclear fuel cycle". World Nuclear Association. [Online]. Disponibile: http://www.world-nuclear.org/info/inf04.html
[6] "Yucca Mountain cost estimate rises to $96 billion". World Nuclear News. [Online]. Disponibile: http://www.world-nuclear-news.org/WR-Yucca_Mountain_cost_estimate_rises_to_96_billion_dollars-0608085.html
[7] "Total System Life Cycle Cost Report". Office of Civilian Radioactive Waste Management, United States Department Of Energy. [Online]. Disponibile: http://www.ocrwm.doe.gov/about/budget/pdf/TSLCC_2007_8_05_08.pdf
[8] "Uranium Enrichment". United States Nuclear Regulatory Commission. [Online]. Disponibile: http://www.nrc.gov/materials/fuel-cycle-fac/ur-enrichment.html
[9] "Uranium Enrichment. Depleted UF6 Management Program Information Network. [Online]. Disponibile: http://web.ead.anl.gov/uranium/guide/depletedu/enrich/index.cfm
[10] Carey Sublette. "Nuclear Weapons Frequently Asked Questions". Section 8.0 The First Nuclear Weapons. [Online]. Disponibile: http://nuclearweaponarchive.org/Nwfaq/Nfaq8.html
[11] "Nuclear Power Reactors in the World" in Reference Data Series n°2, 2008 edition. International Atomic Energy Agency. [Online]. Disponibile: http://www-pub.iaea.org/MTCD/publications/PDF/RDS2-28_web.pdf
[12] "The Cost of New Generating Capacity in Perspective (white paper)". Nuclear Energy Institute. [Online]. Disponibile: http://www.nei.org/filefolder/The_Cost_of_New_Generating_Capacity_in_Perspective.pdf
[13] "Energy Market Module". Energy Information Administration. [Online]. Disponibile: http://www.eia.doe.gov/oiaf/aeo/assumption/pdf/electricity.pdf [14] "Chernobyl’s Legacy: Health, Environmental and Socio-Economic Impacts". The Chernobyl Forum. [Online]. Disponibile: http://www.iaea.org/Publications/Booklets/Chernobyl/chernobyl.pdf
[15] "Shelter implementation plan". Chernobyl Shelter Found. [Online]. Disponibile: http://www.iaea.org/NewsCenter/Features/Chernobyl-15/shelter-fund.pdf
[16] "The future of Nuclear Power". Massachusetts Institute of Technology. (2003) [Online]. Disponibile: http://web.mit.edu/nuclearpower/
[16a] “Update of the MIT 2003 Future of Nuclear Power Study”. Massachusetts Institute of Technology. (2009) [Online]. Disponibile: http://web.mit.edu/nuclearpower/pdf/nuclearpower-update2009.pdf
[17] "2007 Survey of Energy Resources". World Energy Council. [Online]. Disponibile: http://www.worldenergy.org/documents/ser2007_executive_summary_final_18082008.pdf
[18] "Dati statistici 2007". Terna S.p.A. [Online]. Disponibile: http://www.terna.it/Default.aspx?tabid=418
[19] "Supply of Uranium". World Nuclear Association. [Online]. (Giugno 2008). Disponibile: http://www.world-nuclear.org/info/inf75.html
[20] “Future Dim for Nuclear Waste Repository”. The New York Times. [Online]. (Marzo 2009). Disponibile: http://www.nytimes.com/2009/03/06/science/earth/06yucca.html?_r=1
[21] “Survey of Energy Resources 2007”, World Energy Council. Disponibile: http://www.worldenergy.org/publications/survey_of_energy_resources_2007/uranium/673.asp
[22] World Nuclear Association, Thorium. Febbraio 2009. Disponibile: http://www.world-nuclear.org/info/inf62.html
[23] J. Guidez, L. Martin, “Review of the Experience with Worldwide Fast Sodium Reactor Operation and Application to Future Reactor Design”, IAEA, Disponibile: http://www-pub.iaea.org/MTCD/publications/PDF/P1360_ICRR_2007_CD/Papers/J.%20Guidez.pdf
[24] E. Bemporad, M. Mariani e C. Zicari, Classificazione e tecniche procedurali per la gestione dei rifiuti radioattivi, ISPSEL. Sito web: http://www.ispesl.it/urp/documenti/AS-2007-13-BEMPORAD.pdf
[25] ANPA, Gestione dei rifiuti radioattivi, Guida Tecnica n.26. Sito web: http://extranet.regione.piemonte.it/ambiente/simin/normativa/dwd/altro/n1.pdf
[26] Legge 23 luglio 2009, n. 99 "Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia". Versione HTML, PDF
[27] Alan Maulana, Zaki Su’ud, Hermawan K.D., and Khairurrijal, “Corrosion Study of Steels In Liquid Lead-Bismuth Cooled Nuclear Reactors by Computer Simulation using Moldy Code”, Indonesian Journal of Physics, Vol 18 No. 2, April 2007, Sito web:
http://ijp.fi.itb.ac.id/index.php/ijp/article/viewFile/19/13
[28] David Fleming, "The Lean Guide to Nuclear Energy: A Life-Cycle in Trouble", 2007, ISBN 0-9550849-2-8, Disponibile: http://www.theleaneconomyconnection.net/nuclear/Nuclear.pdf

Fonte: folliaquotidiana.

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