Home
mercoledì 18 marzo 2009
NO AL NUCLEARE
Sa defenza sotziali ribadisce il NO forte duro e deciso al nucleare.
Invitiamo tutti i cittadini Sardi a prendere una decisa presa di posizione contro il progetto nucleare di questo stato padrone e colonizzatore con istinto assassino che come un rullo compressore schiaccia i diritti dei popoli alla loro autodeterminazione e le scelte politiche economiche sociali alternative.
Questo stato italiota che dimostra che l'unica ragione a cui son soggetti a piegarsi è quella del rapporto di forza, avremo NOI l'ardire di contarci su queste basi?
Proprio per questo motivo dobbiamo affrancarci gli uni con gli altri ed essere pronti e determinati a respingere un attacco che non avveniva ormai da molto tempo.
E' evidente che non bisogna assopirsi lasciando che questi soggetti prendano campo con queste idee aberranti, diceva il buon Gesù, poichè "il ladro arriva nell'ora meno attesa" manteniamoci desti ed organizzati a respingere con determinata consapevolezza l'intento di questo nuovo attacco contro la nostra natzione e il futuro dei figli dei nostri figli.
A foras sos colonialistas a foras sas bases militares et nuclearis!
Aderiamo al Coordinamento Antinucleare “salute-ambiente-energia” costruendo anche qui un comitato per affrontare decisamente la mobilitazione dei nuclearisti e modernisti antisociali dello stato italiano.
Il sistema capitalistico cerca di uscire indenne dal crack provocato dal suo modello di produzione e consumi, scaricandone i costi e i danni sui lavoratori e i ceti popolari,sulla salute e l’ambiente.
La crisi generalizzata già pesa sui meno abbienti in termine di disoccupazione e perdita di diritti, di precarizzazione e impoverimento dell’esistenza, mentre il governo continua a regalare soldi pubblici ai banchieri,padroni e speculatori che l’hanno prodotta.
Invece di cambiare sistema sostenendo l’energia solare e le rinnovabili, il riassetto idrogeologico,i beni comuni e le infrastrutture sociali,l’alimentazione biologica a filiera corta, si continuano a finanziare progetti e opere devastanti come la TAV,il Ponte sullo Stretto,i rigassificatori,gli inceneritori e la riproposizione del nucleare in nome di una falsa autonomia energetica, ovvero le lobbies che lucrano e vivono di appalti pubblici e sovvenzioni statali.
Seveso-Bhopal , Acna-Farmoplant , Marghera-Priolo , Garigliano-Cernobyl - i rifiuti tossici sotterrati in particolare nell’agro campano o scaricati in mare - con il loro carico di inquinamento irreversibile,di malattie mortali,di innumerevoli lutti, dovrebbero far riflettere sui disastri sanitari e ambientali già procurati.
Invece si continua peggio di prima, attraverso ulteriori strumenti coercitivi e autoritari, quali la militarizzazione dei siti e l’esautoramento dei poteri di intervento dei cittadini e degli enti locali :le scorie radioattive ammassate nella discarica di Pitelli, i depositi nucleari di Saluggia e Rotondella-Trisaia , sono li a testimoniarlo !
A 22 anni dal referendum vincente che mise al bando le centrali nucleari , il governo Berlusconi si prepara a reintrodurre l’atomo nel nostro paese. Lo fa con un protocollo siglato il 24 febbraio 2009 a Roma con il presidente Sarkosy e sottoscritto da Enel e Edf , ponendo le basi per la costruzione di 4 centrali di terza generazione, per la prevedibile entrata in produzione a partire dal 2020 !
NON C’E’ TEMPO DA PERDERE !
Nonostante il nucleare sia anacronistico,dispendioso,ultrainquinante e che dispone in se una visione di società gerarchica e aggressiva. Stante la crisi , la scelta nucleare è oltremodo fuorviante e deprime le risorse da destinare alle emergenze sociali , alle innovazioni, al risanamento ambientale.
Abbiamo a che fare con una lobby trasversale al centrodestra e centrosinistra. Con questi boss non ci sono ragioni , riconoscono solo i rapporti di forza !
E’ L’ORA DI TORNARE A LOTTARE CONTRO IL NUCLEARE E L’ENERGIA PADRONA.
Dopo le assemblee e gli incontri tenuti in più regioni , che già vedono la nascita di comitati territoriali con l’adesione di scienziati – tecnici – lavoratori del settore e la condivisione di molteplici vertenze/resistenze ambientali e sociali , si è dato vita ad un organismo semplice,aperto,agile, il Coordinamento Antinucleare “salute-ambiente-energia”, in grado di affrontare immediatamente la battaglia comunicativa e di contribuire con iniziative via via più incisive alla rinascita di un movimento antinucleare , capace di fronteggiare e vincere questa altra sfida dell’energia padrona .
Coordinamento Antinucleare “salute-ambiente-energia”
sabato 14 marzo 2009
La sovranità alimentare: dichiarazione di guerra al neoliberismo
AUTORI: Reinhard KORADI
Tradutzioni dae Ada De Micheli
Rapporto sull’agricoltura mondiale, pubblicato nell’agosto 2008, smaschera la menzogna neoliberale e dimostra che bisogna agire subito. Rivela le lacune scandalose del sistema economico mondiale che rende enormi profitti a una piccola minoranza di gente senza scrupoli. Gli autori del Rapporto chiedono un cambiamento sostanziale della politica e delle economie agricole e mettono in primo piano la sovranità alimentare per tutti i popoli e tutte le nazioni.
Sa defenza Sotziali che ha a cuore la difesa del territorio sardo dai predoni: Le multinazionali .E' per la libertà autoctona e contro la sudditanza del nostro popolo dalle multinazionali dello sfruttamento delle nostre risorse. Proponiamo per questo l'articolo che segue dopo l'esposizione di Patel sul libro i I padroni del cibo......
Raj Patel è l'autore di I padroni del cibo (Feltrinelli, 2008, €16,00). Nel primo capitolo introduttivo del libro, Patel mostra con un grafico quale sia l'area economica che sta sulla linea di distribuzione che unisce i campi alla tavola e nella quale si concentra l'oligopolio più ristretto (e quindi maggiore) dell'economia alimentare.
Se disegnassimo un paio di grafici che evidenzino i punti in cui è concentrato il potere laddove il cibo viene coltivato e venduto, il risultato sarebbe la figura ...
Il grafico mostra i dati relativi a Olanda, Germania, Francia, Regno Unito, Austria e Belgio.
Per quanto riguarda il potere, il dato chiave è il collo di bottiglia. Non si sa come, eppure siamo finiti in un mondo con pochi venditori e acquirenti aziendali.
La procedura di spedizione, lavorazione e consegna a lunga distanza richiede enormi capitali, insomma devi essere ricco se vuoi entrare in ballo. E' anche un gioco di economie di scala, ovvero più grande è un'azienda e più muove trasporti e logistica, meno costoso le risulterà rimanere sul mercato.
Del resto, non esistono distributori internazionali a conduzione familiare. I pesci piccoli saranno divorati dai colossi della distribuzione.
Quando il numero di aziende che controllano i passaggi dal produttore al consumatore è ridotto, le imprese hanno un potere di mercato sia sulle persone che coltivano e allevano il cibo, sia sulle persone che lo mangiano.
Quello alimentare non è il solo settore dell'economia in cui un oligopolio sia riuscito a creare un collo di bottiglia, cioè abbia fatto cartello in violazione di un principio cardine del liberismo mercantile: la concorrenza commerciale.
La concorrenza dovrebbe tendere al miglioramento della qualità del prodotto, diminuendone al contempo il prezzo.
Questa è la pietra d'inciampo della teoria liberista, perché laddove non vi sia un potere statale che intervenga ad impedire concentrazioni oligopolistiche (o monopolistiche) la logica del profitto determinerà inevitabilmente tali concentrazioni di potere economico, che si riverberano poi su tutta la filiera, anche senza un monopolio diretto ed esplicito.
La globalizzazione selvaggia del capitalismo mercantile occidentale ha comportato la deregolamentazione dei mercati inter- e sovra-nazionali, nonché il neocolonialismo delle multinazionali in grado di corrompere le autorità dei paesi più deboli.
Solidarietà e responsabilità individuale
per ammortizzare i colpi
Da secoli, i Paesi ricchi avanzano economicamente sfruttando i Paesi «meno sviluppati». Da un lato la sovrabbondanza, dall’altro la povertà. Facciamo penare gli altri, li lasciamo soffrire di fame e cadere nella miseria per creare le nostre oasi di benessere, i nostri paradisi di divertimenti e la nostra società di servizi e d’informazione priva di valori. E’ drammatico che in molti Paesi industrializzati molte persone non si rendano conto che un giorno si troveranno anche loro dalla parte dei perdenti di un nuovo ordine sociale, a meno che i cittadini non comincino ad opporsi all’ingiustizia. Per il momento, noi ci troviamo in una «buona posizione», benché già nella fase in cui sta venendo meno la nostra sicurezza esistenziale. Lottiamo individualmente per salvare ciò che può essere salvato, nonostante già da molto tempo si renda indispensabile unire le nostre forze per combattere l’ingiustizia, la contrazione delle risorse messa in atto da un élite rapace e avida di potere. Se da un lato proviamo pena nell’accettare che coloro che vivono nel sud del mondo soffrano in gran parte di povertà e fame, dall’altro accettiamo che, nei Paesi industrializzati dell’Occidente, vengano meno i principi di protezione sociale.
Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale (FMI). Si tratta di far capire a tutti che le negoziazioni e le discussioni in materia economica non conformi all’ideologia del mercato devono essere vietate. Il «consenso di Washington» rilancia la strategia della restrizione delle democrazie. Ne fa parte prima di tutto l’eliminazione della rivendicazione liberale di sovranità, il più grande ostacolo nella crociata a favore di un sistema economico globale neoliberale conforme alla Scuola di Chicago.
Su questo argomento, le richieste avanzate nel Vertice di Berlino convocato dal cancelliere tedesco Angela Merkel in vista della preparazione del G20, che si terrà il 2 aprile prossimo a Londra, sono particolarmente allarmanti. Grazie ad una nuova «architettura dei mercati finanziari», gli Stati sovrani dovranno sottoporsi ad un organo di controllo globale e il FMI, la Banca mondiale e l’OMC devono essere abilitati a punire, attraverso delle sanzioni, gli Stati «recalcitranti» ad una regolamentazione globale. La democrazia – intesa come partecipazione dei cittadini responsabili alle decisioni, il riparo più efficace contro il dilagare del mercato liberalizzato – va definitivamente distrutta. Mai più niente deve ostacolare la sete di potere e di profitto dell’alta finanza, così come la mercificazione distruttrice dei valori e la destabilizzazione di tutte le economie.
Dobbiamo contrastare questa strategia di potentati globali attraverso un’associazione solidale per la difesa della nostra libertà. D’accordo con il motto «Uno per tutti, tutti per uno», dobbiamo impedire che la sicurezza del lavoro, le istituzioni sociali, i sistemi sanitari ed educativi efficienti, le infrastrutture dei trasporti e di approvvigionamento finiscano in modo definitivo nel caos prodotto dagli sbandamenti neoliberali.
L’esplosione delle bolle
annienta le economie nazionali
Le bolle del sistema finanziario ed economico globale liberale sono scoppiate, o meglio, sono state fatte scoppiare. Il divario tra l’economia reale e quella finanziaria ha determinato un crollo colossale che trascina nell’abisso le economie mondiali già traballanti. Le ricchezze nazionali accumulate nel corso di generazioni devono ora essere sacrificate ai «vitelli d’oro» neoliberali. Miliardi e miliardi di dollari, euro e franchi vengono immessi in un sistema malato senza salvare un solo posto di lavoro. Ma c’è di peggio: le imprese sostenute dagli aiuti statali presentano dei «piani di risanamento» che faranno perdere migliaia di posti di lavoro. L’Europa prevede un tasso di disoccupazione di almeno un 10%, ma questo dovrebbe essere un pronostico «ottimista». Aiutando finanziariamente le industrie e le banche in difficoltà, i Paesi europei rischiano la bancarotta. Certamente, uno Stato non potrà mai fallire; tuttavia, le finanze pubbliche spogliate e le perdite colossali degli istituti sociali e di previdenza, dovute alla speculazione, costituiscono un’ottima ragione per obbligare la popolazione a rinunciare «volontariamente» ai propri diritti, ai propri risparmi e alla previdenza sociale. Il punto fondamentale è di sapere in che misura la situazione disastrosa dovuta alla perdita di occupazione, all’affondamento dei sistemi economici e finanziari e ai Paesi insolventi, sia stata indotta per risolvere il problema del blocco delle riforme.
Non c’è bisogno di osare tanto. Invece di rimanere passivi, angosciati dalle minacce che pesano sulle nostre basi esistenziali, dobbiamo superare lo choc e organizzare la resistenza. E questo concentrandoci sull’essenziale, assumendoci le nostre responsabilità e, fedeli alle tradizioni democratiche, unendoci nell’azione. Il sostegno all’autonomia è un altro elemento della democrazia autentica e dell’autodeterminazione.
La solidarietà, congiuntamente al fatto di considerare la sicurezza dei mezzi di sussistenza e di sforzarsi nell’individuare questi stessi mezzi, rappresenta la forza determinante che rende possibile l’indipendenza, necessaria per proteggere la comunità internazionale e noi stessi dalla potenza distruttrice della dottrina neoliberale del libero scambio.
Annientare la dittatura economica globale attraverso la sovranità alimentare
Per i popoli, la possibilità di poter decidere essi stessi cosa coltivare, raccogliere, stoccare per poi giungere sulle tavole delle famiglie, rappresenta il mezzo diretto attraverso cui affrancarsi dalla dominazione dell’economia globale. Una volta che i popoli avranno riconquistato la sovranità nel settore dell’alimentazione e quindi della politica agricola e del commercio di prodotti alimentari, anche altri settori riusciranno a sfuggire al sistema economico globale. La priorità è tuttavia quella di riuscire ad assicurare i mezzi di sussistenza grazie ad alimenti quantitativamente sufficienti e di ottima qualità. Questa priorità sarà raggiunta nel momento in cui le famiglie, le comunità di villaggi, le regioni e gli Stati disporranno di risorse alimentari in grado di garantire che nessuno soffrirà la fame, che nessuno si ammalerà o morirà per aver ingerito alimenti o bevande avariati. Per fare questo, è necessario rispettare la diversità delle condizioni climatiche, geografiche, culturali ed economiche e permettere soluzioni rispondenti ai bisogni della popolazione.
Riconquistiamo la sovranità alimentare. Questo concetto è stato creato da La Via campesina, un gruppo mondiale che riunisce varie organizzazioni di piccoli contadini e braccianti agricoli. È nata in seguito all’insoddisfazione crescente dei contadini nei confronti della globalizzazione che ha raggiunto anche il settore agricolo. La Via campesina sostiene che un’economia agricola di tipo globale serve unicamente gli interessi delle grandi nazioni industrializzate esportatrici e l’agrobusiness mondiale. Teme invece che gli interessi delle popolazioni rurali e la sicurezza alimentare vengano schiacciate dal rullo compressore dell’OMC. Vorrebbe evitare che l’agricoltura venisse sacrificata e che venisse meno la sovranità dell’approvvigionamento. L’associazione è impegnata sul fronte del miglioramento delle condizioni di lavoro dei piccoli contadini e dei braccianti agricoli attraverso un commercio equo-solidale, una maggiore giustizia sociale e la creazione di un’economia durevole in tutto il mondo. Già all’epoca del Vertice mondiale dell’alimentazione tenutosi nel 1996, La Via campesina chiedeva la sovranità alimentare di tutti i popoli. Da allora, questa rivendicazione è stata sostenuta in modo inequivoco da un numero sempre crescente di associazioni contadine e di ONG, ed ora anche dagli autori del Rapporto sull’agricoltura mondiale.
Gli uomini devono imparare a vivere dei prodotti offerti dal loro territorio. Bisogna creare un equilibrio tra uomo e natura su un territorio limitato, un ciclo naturale di produzione e di consumo in uno spazio ristretto, senza spreco né distruzione delle condizioni di produzione e di vita naturali. Attraverso questo equilibrio, ci affrancheremo dalle dipendenze e riprenderemo in mano, poco a poco, la questione alimentare.
Metodi per realizzare la sovranità alimentare
Un elemento deve essere chiaro. Oggi, la sovranità alimentare non è una missione ad esclusivo appannaggio dei Paesi poveri ma anche di quelli ricchi, Svizzera inclusa. Ogni Paese è chiamato a risolvere il problema a modo suo, nell’interesse della lotta mondiale contro la fame. Si tratta di un atto di solidarietà che non ha niente a che vedere con il protezionismo. Benché i guru del commercio mondiale avranno un bel da fare a protestare e i governi a mantenere ostinatamente il loro punto di vista, la popolazione ha il diritto di esigere la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare.
Il diritto di decidere circa la produzione, la trasformazione, lo stoccaggio e la distribuzione dei prodotti alimentari, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo ed ecologico, dipende da numerosi parametri essenziali. Ciascun Paese deve essere attento a:
- risparmiare accuratamente le risorse naturali e sfruttare in modo da assicurarsi il più alto livello possibile di autosufficienza nel lungo termine, ossia per le generazioni future;
- rispettare il patrimonio culturale e i valori contadini, al di là del folclore;
- assicurare agli agricoltori, indipendentemente dalla dimensione della terra coltivata, il libero accesso alle terre agricole, alle sementi, all’acqua, al sapere e ad eventuali misure protezionistiche;
- dare la priorità, nell’ambito della promozione statale, alla produzione di alimenti sani e di ottima qualità che si adattino alle specificità climatiche, culturali ed economiche;
- orientare la produzione soprattutto verso i bisogni locali e il mercato nazionale e fornire alla popolazione alimenti naturali e sani in quantità sufficienti;
- fare in modo che le strutture di produzione, trasformazione e logistica, parallelamente all’aspetto che concerne i pascoli e la misura delle coltivazioni, offrano condizioni iniziali ottimali per l’approvvigionamento locale della popolazione e garantiscano, anche in periodi di crisi, la più grande sicurezza di approvvigionamento possibile grazie alla flessibilità e alla condivisione dei rischi;
- integrare le strutture situate a monte e a valle nell’approvvigionamento alimentare concepito su piccole unità;
- pagare ai contadini prezzi adeguati permettendo loro di vivere dignitosamente;
- preparare e applicare, a seconda delle situazioni, delle misure adeguate per impedire produzioni eccedenti;
- dare la possibilità di applicare delle misure protezionistiche nei confronti dell’importazione dei cosiddetti «prodotti a basso costo» e sostenere in modo efficace la produzione di alimenti base (per es. con prezzi più alti);
- vietare nel modo più assoluto gli aiuti all’esportazione e le misure interne di sostegno all’esportazione a prezzi inferiori ai costi di produzione.
Originale: La souveraineté alimentaire: déclaration de guerre au néolibéralisme
URL di questo articolo su Tlaxcala: http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=7215&lg=it
lunedì 9 marzo 2009
Arrestati in Tibet 100 monaci. Fermati per 3 ore due reporter italiani
Piu' di 100 monaci del monastero di An Tuo sono stati arrestati dopo una
manifestazione per il Capodanno tibetano. Lo hanno affermato oggi alcuni monaci, parlando con il corrispondente dell'ANSA e quello di Sky Tg24, che subito dopo sono stati fermati dalla polizia per tre ore. Gli arresti sono stati 109.
Stanno bene e sono in costante contatto con l'ambasciata italiana di Pechino, i due giornalisti italiani fermati dalla polizia cinese e interrogati per circa 3 ore prima di essere rilasciati a Xining, capoluogo della provincia cinese di Qinghai, limitrofa al Tibet. Lo riferiscono fonti della Farnesina.
Il corrispondente dell'Ansa a Pechino, Beniamino Natale, e quello di SkyTg24 Gabriele Barbati erano andati in un monastero per alcune interviste quando, all'uscita, sono stati fermati dalle forze dell'ordine per essere interrogati. Le fonti del ministero degli Esteri fanno sapere che i reporter hanno gia' raggiu nto i loro alberghi e che "controlli di questo tipo stanno aumentando" alla vigilia del 50esimo anniversario della fallita rivolta dei tibetani contro Pechino.
Truppe aggiuntive sono state schierate alle frontiere, lungo le arterie principali, a Lhasa e nelle altre citta' piu' importanti del Tibet. A Dharamsala, la citta' indiana dove ha sede il governo tibetano in esilio, per domani e' in programma una manifestazione di 10mila attivisti pro-Tibet nonostante gli appelli alla moderazione del Dalai Lama che ha invitato a pregare e placare i toni.
In questo periodo ci sono altre due date che rivestono un'importanza particolare per i tibetani. Il 14 marzo e' il primo anniversario dei moti di Lhasa nel corso dei quali, per la prima volta, giovani tibetani attaccarono gli immigrati cinesi. Il 28 marzo e' invece il giorno in cui il governo di Pechino ha istituito una festa per celebrare la "liberazione (del Tibet) dalla schiavitu'", cioe' la formalizzazione dell'annessione della regione alla Repubblica Popolare.