Comitato sardo Gettiamo le Basi
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1 L’UNIONE SARDA (21-09-2010),
il giornalista Paolo Carta intervista il senatore PD Gian Piero Scanu (in allegato)
Per la prima volta un parlamentare sardo denuncia alla stampa il monitoraggio-truffa in corso nel poligono della morte Salto di Quirra, fa sua la priorità, imposta dal buon senso e dalle norme internazionali, di bloccare le stragi in atto, chiudere i poligoni di Quirra/Perdasdefogu, Teulada, Capo Frasca.
Pur non condividendo affatto l’ottimismo del senatore sulla nuova Commissione Parlamentare d’Inchiesta (la terza), pur non scorgendo segnali concreti per far valere l’esigenza prioritaria di fermare i killer, tuttavia, vogliamo interpretare le sue affermazioni come una crepa nel muro di silenzio omertoso sulle indagini infinite sedicenti scientifiche mirate a NON trovare traccia di contaminazione, quindi assolvere e lasciare mano libera ai responsabili dello scempio sanitario e ambientale consentendo persino di eludere le norme che sanciscono il diritto al risarcimento delle vittime.
Auspichiamo che l’on. Scanu porti avanti con coerenza le posizioni espresse nell’intervista giornalistica ricorrendo a tutti gli strumenti istituzionali e politici di sua competenza,contrasti con coraggio il becero coro PD - Pdl, particolarmente forte in Parlamento, blaterante di nuovi aeroporti di guerra, droni e quant’altro, invocante il potenziamento della schiavitù militare inflitta alla Sardegna. Come primo atto di serietà politica e trasparenza ci aspettiamo il suo contributo per fare chiarezza sui troppi chi non hanno voluto utilizzare i fondi per la bonifica stanziati con la prima finanziaria del governo Prodi (grazie all’emendamento Bulgarelli), li hanno lasciati marcire un anno intero fino alla caduta del governo per poi consentire al governo Berlusconi di dirottarli altrove.
2 Scienza di Stato
Il Piano di caratterizzazione-monitoraggio del poligono della morte Salto di Quirra (Pisq) – mirato a “tranquillizzare (cioè sedare, narcotizzare) la popolazione locale nonché il personale del Pisq”, gestito da ministro della Difesa, Forze Armate e Namsa (agenzia Nato) con gran dispendio di pubblico denaro extra budget Difesa - ha appaltato la ricerca delle nano particelle alla ditta SGS una partecipata FIAT, l’inquilina fissa da mezzo secolo del Pisq, presumibile corresponsabile del disastro sanitario e ambientale. La SGS cerca le nanoparticelle, come da contratto, con microscopi che non sono in grado di vederle ( ingrandiscono fino a 8.000, non scendono agli 80.000/120.000 necessari per individuarle), per di più si concentra su campioni di suolo e acque.La richiesta avanzata da alcuni enti territoriali e soprattutto dal comitato Gettiamo le Basi di analizzare le matrici biologiche, i bioaccumulatori (metodologia di ricerca che finora ha fornito le maggiori informazioni) è stata recepita raggiungendo gli abissi del grottesco: nel poligono più vasto d’Europa – kmq 130 a terra, kmq 28.400 una sola delle aree a mare militarizzate, superficie che supera quella dell’intera Sardegna - si cerca la “verità” sulla sindrome di Quirra in 7 vermi sette, 9 cozze “straniere” portate in villeggiatura per 1/3 mesi nelle acque militari, alcuni agnelli sani, 71 specie vegetali (evviva l’abbondanza!), non sappiamo se autoctone o provenienti da chissà dove come le nove cozze.
3 Scienza sgradita ai potenti
Giro il testo di Stefano Montanari sull’estromissione, per la seconda volta, della dott.ssa M.A. Gatti dall’uso della strumentazione che le ha consentito la scoperta delle nanoparticelle nei tessuti dei malati esposti, sia ai veleni degli inceneritori, sia ai veleni di guerra prodotti nei teatri di guerra e nei poligoni di guerra accollati alla colonia Sardegna. E’ una storia da manuale sul come lisciare e gabbare la società civile più attenta e sul come azzoppare con burocratica neutra dolcezza una ricerca scientifica che individuacause e mandanti delle due diverse, silenziose stragi infinite: l’apparato militar-industriale, il business inceneritori, la nomenclatura politica, gli interessi forti che ruotano sulla libertà d’inquinare. Le potenti lobby non si sporcano le mani, agiscono, coscientemente o incoscientemente, enti e cittadini aldilà da ogni sospetto. Suscita forti perplessità la discrepanza tra la prima e l’attuale fase del ruolo svolto da Beppe Grillo in questa storiaccia, forte impegno ieri,afasia e apatia totale oggi.
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22 agosto 2010-08-22
Stefano Montanari
Nel 2004 la dottoressa Antonietta Gatti (mia moglie) era a capo di un progetto di ricerca europeo comunitario chiamato Nanopathology. Sotto la sua direzione operavano istituzio ni di prestigio tra le quali, per esempio, l’Università di Cambridge. L’argomento era una sua scoperta di qualche anno prima: le polveri di dimensione da qualche micron giù fino a frazioni di micron, polveri prodotte da combustioni e, tra le combustioni, stanno a buon diritto le esplosioni di armamenti, possono essere inalate o ingerite, così entrando nell’organismo senza possibilità di uscita.
La conseguenza è una lunga lista di malattie che Antonietta chiamò “nanopatologie”, dove il prefisso “nano” sta ad indicare che le malattie sono indotte da nanopolveri, vale a dire granelli da pochi micron di diametro giù fino a frazioni di micron. E queste malattie sono vari tipi di cancro, sono ictus, infarto cardiaco, malattie ghiandolari (per esempio tiroiditi e diabete), malformazioni fetali, ecc.
Per la ricerca Antonietta usava come strumento principe un microscopio elettronico acquistato in parte con fondi comunitari e in parte con fondi suoi.
Un giorno l’Università di Modena chiuse di fatto la possibilità di continuare a svolgere la ricerca nel laboratorio universitario di cui Antonietta era, ed è, responsabile, semplicemente impedendo l’uso di una cappa di aspirazione (di proprietà dell’Università stessa) giudicata non a norma di legge.
Mancando appena qualche mese al tempo concesso dalla Commissione Europea per la chiusura della ricerca e rischiando con la chiusura anticipata di non avere i risultati sperati (il che avrebbe comportato, tra l’altro, la restituzione dei fondi concessi), Antonietta ed io aprimmo in fretta e furia un laboratorio nel quale trasferimmo il microscopio, così concludendo, e con grande successo, il progetto.
Terminato il compito, le ricerche non si arrestarono, continuando nel laboratorio che avevamo fondato, stante la perdurante impraticabilità del laboratorio universitario.
Malauguratamente quelle ricerche davano fastidio.
Accademia, politica, grande industria, militari non vedevano certo di buon occhio risultati che, con prove sempre più stringenti, inchiodavano sul banco degl’imputati le polveri prodotte dall’atto del bruciare e, in aggiunta, dimostravano le connivenze tra quelle pratiche e la scienza cosiddetta ufficiale, dove l’aggettivo ufficiale non ha nulla a che spartire con quella che è la verità ma indica solo personaggi nell’ambito universitario disposti a prostituirsi per quattro soldi, negando evidenze scientifiche e pronti ad ostacolarci in ogni maniera, per immorale che questa maniera fosse.
Insomma, con pretesti a dir poco ridicoli, il microscopio fu portato via, imballato e dimenticato in un corridoio.
Fu allora che il comico Beppe Grillo, che io conoscevo da poco più di un anno e ai cui spettacoli avevo qualche volta partecipato, propose di allestire una raccolta popolare di fondi finalizzati a raccogliere i 378.000 Euro necessari per acquistare un microscopio che rimpiazzasse quello sottratto.
Così, per un anno, io occupai più o meno una decina di minuti in parecchi degli spettacoli del comico per illustrare gli effetti delle nanoparticelle e per chiedere che si donassero quattrini per comprare il sospirato apparecchio indispensabile alla continuazione delle nostre ricerche. In aggiunta, nel corso di quell’anno, tenni più di duecento conferenze su e giù per l’Italia, il tutto costantemente volto alla raccolta di fondi.
Per una mia ingenuità imperdonabile, per evitare che si potesse insinuare che Antonietta ed io volessimo impadronirci di un apparecchio tanto costoso, io chiesi che il denaro non arrivasse a noi ma ad una onlus e, per puro caso, scelsi, l’Associazione Onlus Carlo Bortolani di Reggio Emilia presentatami da un giornalista locale che conoscevo.
Il denaro arrivava, ma, a dispetto delle richieste di Antonietta e mie, la Onlus non ci permise mai di controllare i conti e, dunque, non abbiamo idea di quanto effettivamente sia arrivato.
Comunque, i 378.000 Euro si resero disponibili e il microscopio fu acquistato.
Per motivi che ignoro, della Onlus Bortolani non avemmo più notizie, e questo malgrado i tentativi di avere contatti personali, telefonici ed epistolari.
A fine giugno 2009, del tutto a sorpresa, ricevemmo una raccomandata dalla presidentessa della Onlus la quale c’informava di aver “donato” l’apparecchio all’Università di Urbino. Il perché non era dato sapere, ma in seguito il pretesto comunicato pubblicamente fu il mettere a disposizione l’apparecchio di scienziati di altre discipline.
Va da sé che la cosa era moralmente inaccettabile: al di là del fatto che la stragrande maggioranza del lavoro di raccolta l’avevo svolto io del tutto a mia cura e spese e senza che la Onlus facesse nulla, sempre si era dato ad intendere ai donatori che lo scopo era solo quello di fornire il microscopio a mia moglie e a me e mai si era accennato ad altre destinazioni.
Insomma, di fatto, si era usato il mio lavoro e il nostro nome per raggranellare il denaro sufficiente ad acquistare un apparecchio non per i destinatari dichiarati ma per l’Università di Urbino, un ente, sia detto, che mi contrastò quando io mi opposi con successo alla costruzione di un inceneritore a biomasse proprio nei pressi di quella città. Così, chi si era illuso di fornire un’arma per combattere tecnologie pericolose come, tra le altre, l’incenerimento, si ritrovò ad avere armato proprio l’avversario.
Nonostante il nostro impegno per impedire la sottrazione, il 22 gennaio scorso lo strumento fu traslocato ad Urbino e da allora è là, inutilizzato e, nei fatti, inutilizzabile, non essendo mai stato ricalibrato, un’operazione costosa e impegnativa che necessita dei tecnici della casa costruttrice. Ora, imbarazzata, l’Università sta cercando di sbolognare il microscopio alla sede di Pesaro dell’ARPA marchigiana.
Beffardamente, la Onlus Bortolani impose la condizione che noi, Antonietta ed io, potessimo avere accesso “almeno una volta la settimana” al microscopio, condizione non rispettata né rispettabile perché l’apparecchio è spento, non esiste un locale adatto ad ospitare il nostro tipo di ricerca, non ci sono gli strumenti che servono di contorno, né c’è il personale competente che possa supportarci. Se e quando il microscopio finirà a Pesaro, nulla cambierà nelle condizioni.
Al di là della disinvoltura morale, è fin troppo evidente che la manovra ha come unico scopo quello di fermare le nostre ricerche.
L’incenerimento dei rifiuti è un business multimiliardario, l’inquinamento di alimenti e farmaci è cosa di cui è bene il pubblico non sappia, delle malformazioni fetali, dei cancri e di tutte le altre malattie così frequenti nelle zone inquinate, e chi abita in Sardegna ne sa qualcosa, è prudente tacere. Dunque, figuraccia o no, imbavagliarci era una mossa indispensabile.
Ora, dal punto di vista logico, chi ha problemi di salute o di ambiente legato alle polveri dovrebbe rivolgersi all’Università di Urbino, all’Associazione Onlus Carlo Bortolani e, perché no?, al comico Beppe Grillo che, pur non avendo la minima autorità per farlo, per motivi spiegabili solo con gl’interessi che il personaggio difende, ha dato il suo placet alla manovra, sempre sfuggendo ad un confronto, pubblico o privato che sia, con me sull’argomento.
La tentazione di mollare tutto, di mandare tutto al diavolo, per noi è forte. Ma quando ci s’imbatte in ragazzi che schiattano di cancro, in bambini malformati in maniera orrenda, in persone che soffrono senza che si possa imputare loro una colpa, e questo ogni giorno, il coraggio di essere vili, scompare. Quando, poi, non si riesce a non vedere che queste sofferenze sono la conseguenza cinica di avidità di denaro e di potere, ogni dubbio scompare.
Se, però, si chiede il nostro aiuto, una mano ce la si deve dare perché noi due, da soli, non abbiamo speranze.