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venerdì 10 dicembre 2010

Gli studenti bloccano il paese

Migliaia di persone hanno manifestato il 30 novembre contro la riforma dell’università. Il testo è passato alla camera, ma il governo sembra sempre più in difficoltà


Mariangela Paone e Lucia Magi,

El País, Spagna

Prima è stata la volta della Francia, poi della Gran Bretagna e adesso dell’Italia. Come è già successo a Parigi e a Londra, il malessere sociale che attraversa l’Europa a causa delle riforme e dei tagli promossi dai governi dei paesi colpiti dalla crisi economica è sfociato il 30 novembre a Roma nella più grande protesta studentesca degli ultimi anni. Migliaia di studenti sono scesi in piazza nelle principali città italiane contro la riforma del sistema universitario voluta dal ministro della pubblica istruzione Mariastella Gelmini e per ribellarsi alle politiche del governo Berlusconi.


Nelle settimane precedenti la protesta ha raggiunto i monumenti che simboleggiano la cultura italiana: gli studenti hanno occupato pacificamente il Colosseo e la Torre di Pisa. Il 30 novembre, invece, hanno bloccato il traffico sulle strade e occupato i binari di diverse stazioni ferroviarie.

Secondo l’Unione degli universitari, alle proteste hanno partecipato 400mila persone. Da Torino a Palermo, da Venezia a Napoli, le manifestazioni hanno mandato in tilt molte città italiane. A Bologna ci sono stati degli scontri tra la polizia e gli studenti all’ingresso della stazione. A Milano tre stazioni della metropolitana sono rimaste chiuse per alcune ore.


“Blocchiamo il paese”, era lo slogan urlato dagli studenti mentre in parlamento si discuteva della riforma. Il disegno di legge è anche un nuovo banco di prova per la stabilità del governo, che non gode più dell’ampia maggioranza ottenuta alle politiche del 2008. La decisione del presidente della camera Gianfranco Fini di uscire dal Popolo della libertà – che aveva fondato insieme a Silvio Berlusconi – per formare il gruppo autonomo Futuro e libertà (Fli), ha messo in difficoltà il governo alla camera, dove il 14 dicembre sarà votata la siducia contro il premier. Lo stesso giorno in senato si voterà una mozione di fiducia.


Roma militarizzata

La riforma, che prevede tagli alle borse di studio e alla ricerca nelle università pubbliche, è stata approvata nella tarda serata del 30 novembre con 307 voti a favore e 252 contro. Ora deve essere approvata dal senato. I sostenitori di Fini avevano annunciato che avrebbero sostenuto il disegno di legge, ma la debolezza della maggioranza è sembrata evidente quando il governo è stato battuto su due emendamenti, approvati con i voti di Fli.


E mentre la riforma universitaria si trasformava in una prova generale per misurare le forze dei diversi gruppi parlamentari, fuori gli studenti si scontravano con la polizia, che aveva creato un cordone di sicurezza intorno a piazza Montecitorio. In via del Corso, una delle strade centrali della capitale, la polizia ha caricato gli studenti che lanciavano pietre e bottiglie. L’intervento delle forze dell’ordine è stato duramente criticato dall’opposizione. “La stragrande maggioranza degli studenti e dei ricercatori si è mossa in modo pacifico”, ha detto Pier Luigi Bersani, leader del Partito democratico. “Non ho mai visto Roma così. Se si è arrivati a livelli così alti di tensione è per l’irresponsabilità del governo”.


Il governatore della Puglia e presidente di Sinistra ecologia libertà, Nichi Vendola, si è spinto oltre e ha parlato di clima “cileno”. Il ministro dell’interno, Roberto Maroni, ha giustificato le misure di sicurezza (bisognava “garantire l’ordine pubblico”) e ha accusato l’opposizione di strumentalizzare la protesta. Berlusconi, dal canto suo, ha risposto così ai giovani che stavano protestando contro la riforma: “Gli studenti veri sono a casa a studiare, quelli che protestano sono dei centri sociali o fuori corso”. Gli studenti si sono dati appuntamento attraverso Facebook e Twitter, usati per organizzare le proteste in tutte le città. “Paralizziamo il paese per paralizzare questo progetto che toglie soldi all’istruzione pubblica”, era lo slogan che rimbalzava in dalla mattina presto dal Duomo di Milano alle piazze di Napoli, ancora sporche per l’ennesima emergenza riiuti. u sb