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martedì 28 giugno 2011

SOLIDARIETA’ ALLE COMUNITA’ IN LOTTA DELLA VAL DI SUSA

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Il progetto TAV per la Val di Susa è una delle creature predilette del neoliberismo europeo; la sua ragione dichiarata, collegare l’Ucraina ai porti atlantici attraverso l’Italia, rivela una concezione predatoria dell’economia e un diritto speciale di devastazione geografica; il costo enorme della sua realizzazione, preventivato nella fase euforica dell’unificazione monetaria, viene rilanciato fino alla lievitazione astronomica di 20 miliardi di euro, nonostante tutta l’economia europea sia oggi circondata dal baratro e l’economia italiana in caduta strutturale si appresti a varare una finanziaria di 50 miliardi di euro.
La mappa continentale della mobilità e la privatizzazione delle ferrovie hanno causato nel sistema ferroviario italiano lo spostamento della storica ripartizione tra prima classe e seconda classe dalle carrozze direttamente agli assi ferroviari: per consentire a pochi di viaggiare su “linee” di primissima classe si sottopongono valli, falde e montagne ad una ingegneria brutale e si costringe la maggioranza dei cittadini a linee ottocentesche, percorsi insicuri e vagoni indecenti. Cosa c’entrino l’Ucraina e la portualità atlantica non si capisce affatto, né si capisce la favola del traffico commerciale su TAV, ma quanto costi alle aree di colonizzazione interna e in primo luogo alla Sardegna questa riduzione propagandistica della mobilità territoriale è noto a chiunque debba prendere una nave o un treno.
Il movimento NO TAV, da dieci anni nemico pubblico comune di tutto lo schieramento politico di centrodestra e di quasi tutto il centrosinistra in Italia, si è imposto come il più radicato e duraturo movimento popolare di resistenza alla marcia continentale del neoliberismo europeo e delle sue devastazioni territoriali; per questo rappresenta non solo un esempio di lotta ma anche il fronte avanzato di una opposizione tra cittadini e stato e tra popoli e oligarchie che inevitabilmente è destinata a ripetersi. Per questo NO TAV significa anche NO NUKE, NO PONTE, NO BASI, NO RADAR: perché le partite più torbide orchestrate in seno alla Commissione europea e affidate ai terminali governativi dei singoli stati e di qui agli squali dell’economia aprono inevitabilmente nuovi fronti di lotta popolare organizzata.
I referendum italiani del 12 giugno si sono svolti nell’orizzonte continentale di una emergenza sociale che spazia da Lisbona, a Madrid e ad Atene; il senso politico dei referendum italiani è il riscontro istituzionale di quelle che in tutto il fronte meridionale dell’Europa sono oggi le prove inconfutabili di fallimento delle politiche di speculazione finanziaria e di privatizzazioni. Ma due sole settimane di tempo trascorse da quel risultato sono state un sufficiente intervallo per consentire agli opportunisti politici di quella vicenda di tornare alla vecchia orchestra; PD e Lega, SEL e PDL hanno aperto sul fronte TAV una danza macabra delle cui conseguenze mostrano di non tener conto: è lo spettacolo di uno schieramento militare costituito da ruspe accompagnate da truppe. E questa è una novità assolutamente pericolosa: chi sono i violenti?
Il movimento popolare di lotta al nucleare costituito un anno fa in Sardegna è una componente attenta a questi avvenimenti; la sua battaglia non si è conclusa col referendum regionale di maggio né coi referendum italiani del 12 giugno: la sua vera battaglia comincia ora. Riprende dalla resistenza del popolo sardo all’occupazione militare, ai poligoni sperimentali e in questi stessi giorni al piano di installazione dei radar costieri, finanziati dalla Commissione Europea, con la scusa del programma di contrasto all’immigrazione extracomunitaria, ma chiaramente integrati nel complesso industriale-militare.
PER UN’EUROPA DEI POPOLI, ECOLOGICA, DEMOCRATICA E SOLIDALE
SOLIDARIETA’ AL MOVIMENTO POPOLARE DELLA VAL DI SUSA
PIENO SOSTEGNO ALLA RESISTENZA NO TAV
NO AI RADAR IN SARDEGNA

Comitato Si.no.nucle