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martedì 8 maggio 2012

Quel mistero di Sarsogna

Francesco Cesare Casula 

unionesarda

L'Isola dove tutti dormono e sognano e nessuno sa spiegare il perchè

Nemmeno uno scienziato inviato dall'Onu riesce a coronare la missione

Sogno Lucido
In mezzo a un vasto azzurro mare orlato d'antiche civiltà, insiste a vivere beata sotto il sol dell'avvenir un'isola di sogno, nella quale si dorme e si sogna, si sogna e si dorme, si dorme e si sogna in continuazione. Infatti, per questo, si chiama Sarsogna. 
 
L'ORIGINE
Chi le avesse dato per primo un simile nome, non si sa. I Greci achivi della Grecia e della Magna Grecia, in verità, la chiamavano Enipniona, che, poi, vuol dire sempre “la Dormiente che sogna”. Ma i più informati accademici odierni delle universias studiorum, accaniti latinisti, affermano nelle loro tesi dottorali di Filologia, Glottologia e Laringoiatria romanza che il nome deriva dal latino somnium. E ragionano così: i vecchi naviganti dell'alto mare aperto la conoscevano come ipsa insula somniat (che in italiano vuol dire “quell'isola sogna”…).
Nel corso del tempo secondo i dotti sarebbe caduta la ip e sarebbe rimasta solo la sa (chissà perché). Poi, la parola insula si sarebbe sott'intesa da sola ed eliminata in quanto ovvia.
Indi, dal II secolo a.Cr. in poi le chartae nauticae l'inscrissero col toponimo Sasognat. Ma, questo arbitrio non piaceva ai locali che spontaneamente aggiunsero una “r” eufonica e presero a chiamarla, fra un riposo e l'altro, Sarsognat. In ultimo, alle soglie del Medioevo, senza che nessuno se n'accorgesse (perché tutti dormivano), se n'è andata via quatta quatta la ”t” di coda per sfiducia nelle istituzioni. Ed eccoci giunti, così, a Sarsogna, come tutti oggi la studiano nei libri di geografia e di antropologia.
 
SU GOOGLE EARTH
Proprio così: di geografia e di antropologia; perché l'isola ha in sé una caratteristica unica al mondo, che la fa oggetto di attenti studi e ricerche nel campo delle risorse fisiche e morali umane. Per la parte fisica è presto detto. All'apertura serale di Google Earth risulta posizionata nell'emisfero nord della terra, a mezza strada fra il polo artico e l'equatore, in asse col meridiano londinese di Greenwich, ma un po' più a destra che a sinistra. Ha la forma di un cuscino stazzonato, tutto bozze e incavità al centro, sgualciture e spiegazzamenti ai lati. Contuttociò ha pochi porti, perché gli unici approdi li fecero i romani di passaggio, e ora, benché siano obsoleti e impraticabili (nelle banchine sud ed est), gli indigeni li reputano ancora congeniali, e sono troppo impegnati a dormire per pensare di riattarli coi tubi Innocenti, o, magari, farne uno nuovo in località Santa Pilla, da chiamarsi - potrebb'essere - Porto Alletto. 
 
GLI ABITANTI
Quanti abitanti annoveri, Sarsogna, nessuno lo sa con precisione: chi dice 20.000 chi 200.000 chi addirittura due milioni (pecore incluse). L'incertezza nasce dal fatto che nessun sarsognese è mai stato sveglio così a lungo da riuscire a compilare il formulario del censimento fino in fondo. Ma, di sicuro, quand'anche fossero 20.000, 200.000 o due milioni, essi sono ripartiti in otto, anzi dodici circoscrizioni che aspirano a diventare trentadue, come i denti dell'uomo/donna, in modo da poter masticare il cibo senza sforzo. Le circoscrizioni sono diverse le une dalle altre, e in competizione fra loro. Tutto dipende dalla postura dei dormienti. Nella circoscrizione di mezzo sono posizionati a pancia in su; in quella di sopra a pancia in giù. In quella di sotto dormono rannicchiati; mentre, in quelle di lato sono tutti distesi. E ognuno difende la propria posizione (che chiamano identità), anche a costo della vita.
 
IL MISTERO
Per cercar di capire perché i sarsognesi siano così addormentati tutti gli antropologi dell'orbe terraqueo si buttano a capofitto sull'antropologia culturale. Eppure, anche gli antropologi culturali, che di queste cose se n'intendono e sanno applicare l'olistica come se niente fosse, non riescono a spiegarsi il fenomeno sarsognese: «chi riesce andar via dall'isola dopo un giorno o due si risveglia del tutto e comincia pure a ragionare; chi invece arriva in Sarsogna sveglio e arzillo, pieno di buoni propositi, dopo due o tre giorni si assopisce e s'addormenta profondamente».
Alcuni antropologi, di non so dove, il primo giorno del loro arrivo, frastornati dal russare collettivo, andarono a chiedere lumi al governatore della regione. «Se non le sa lui, queste cose», pensavano, «non a caso sarà stato eletto governatore!».
Lo trovarono addormentato nell'alto scanno della sua autorità con un brutto cappello in testa per ripararsi dalla luce del sole. Cercarono di svegliarlo con cautela, poi scuotendolo leggermente, infine sbatacchiandolo vigorosamente tanto che il cappellaccio gli andò di traverso e rischiò di cadere. «Governatore - gridarono - perché dormite tutti?». Il governatore, di mala voglia, aprì un occhio (due sarebbe stato troppo), si aggiustò le manichette della giacca, quasi a chiedere loro salvifica ispirazione, ingurgitò la domanda, la rimuginò fra sé e sé, e infine trovò la soluzione: «Andate dallo storico di Palazzo, lui conosce senza dubbio la verità», e si riappisolò.
 
PANICO MONDIALE
Neanche lo storico ne cavò piede e anche l'Onu ne fu atterrita. Pensarono, allora, che la causa fosse l'aria («el aire pestilencial» sentenziarono gli ambasciatori di lingua spagnola, che ricordavano la malaria del passato). Tra il vedere e il non vedere, decisero ilico et immediate, all'unanimità, di mandare un drone (aereo senza pilota) per prelevare campioni di atmosfera insulare da analizzare. Niente da fare.
Per farla breve, alla fine diedero la colpa alle mosche (in effetti, la mosca tse-tse provoca il sonno). Chiesero alla comunità scientifica un entomologo che fosse disposto a paracadutarsi al centro dell'isola con tutta la sua attrezzatura (retini, microscopi, reagenti chimici, vettovaglie e tenda da campo) per osservare, catturare e, se del caso, vivisezionare i ditteri sospetti: le noiose mosche domestiche, le schifose mosche cavalline, le rare mosche bianche, le ruzzanti mosche cieche, le reticenti zitt'e mosca; insomma, la famiglia delle musciade al completo (padri, madri e figli).
 
LE MOSCHE
L'eroico scienziato volontario, calato giù dal cielo, perlustrò in lungo e in largo la campagna di Sarsogna sotto il sole cocente dell'estate acchiappando mosche a tutto spiano, tanto che a sera n'ebbe in suo potere un sacco pieno. Dalla contentezza non dormì neppure. Al lume della lampada acetilene si diede ad analizzare, anatomizzare, squartare teste, antenne, addomi, arti superiori ed inferiori delle povere bestiole ronzanti di paura, anelanti alla libertà. Purtroppo, col passar delle ore, si faceva palese l'insuccesso: nessun insetto pareva apportatore di sonno.
L'entomologo era disperato: per lui poteva essere il Nobel, la gloria, l'immortalità; invece, era la sconfitta, la vergogna, l'anonimato eterno. Si deterse il sudore dalla fronte, bevve dell'acqua dalla borraccia con mano tremante e s'apprestò ad escùtere l'ultimo vetrino dov'era spiaccicata la salma di una viscida mosca olearia, meglio conosciuta col nome latino di bactrocera oleae. «Mio Dio - pregò sommesso - fate che sia lei la colpevole». Già gli ciondolava la testa invasa dal torpore pomeridiano (si era al secondo giorno). Bisognava fare in fretta, molto in fretta. Nell'orgasmo dell'urgenza una goccia cadde accanto all'animaletto in osservazione. «Strano, disse l'entomologo, l'acqua che vedo non è del tutto pura…».
Effettivamente, insieme all'H2O il liquido mostrava sospette tracce di un lattice bianchiccio. «Vuoi vedere che…», pensò (non per nulla era un scienziato di fama internazionale!). Spostò il vetrino sul potentissimo microscopio elettronico per avere una scansione più dettagliata, e gli apparvero gli alcaloidi, le proteine, le cellule, l'enzima e gli idrocarburi di una secrezione che Wikipedia individuò proveniente da una pianta acquatica denominata euphorbia dendroides, ovverosia lua.
«La pianta - dice l'enciclopedia - è lattiginosa, con chioma spesso arrotondata, densamente ramificata, ma lassamente fogliosa. Tutta la pianta è tossica (un tempo questa specie veniva utilizzata per la pesca di frodo). Negli uomini, poche stille diluite nell'acqua provocano un sonno profondo». E tutti i bacini dell'isola ne erano invasi….!
 
EPILOGO
«Assassina!!!! - gridò l'entomologo - Ora ti denuncio al mondo intero!!!!". Ma, oramai, era troppo tardi: pure lui aveva bevuto il maledetto liquido, e i tre giorni di veglia erano scaduti. Cadde di schianto sul letto con l'inutile telefonino dell'accusa in mano, che faceva tu, tu, tu, a vuoto. Fu così che nobody in the world, nemmeno la CIA, seppe mai perché a Sarsogna si dorme e si sogna, si sogna e si dorme, si dorme e si sogna in continuazione.
 

Euforbia cespugliosa - portamento