«Lotta nelle urne per liberare l'Isola»
Referendum, consegnate le firme;
Salvatore Meloni: Sardegna senza padroni con il diritto internazionale
di Stefano Lenza
www.unionesarda.it
Se non il paradiso terrestre, qualcosa di molto simile, la Sardegna indipendente immaginata da Salvatore, Doddore, Meloni. Un'isola padrona di se stessa, libera da vincoli con il resto d'Italia, a cominciare da quelli fiscali. Dove tutto andrà bene e tutti staranno meglio. Per riuscire a centrare l'obiettivo, il presidente della Repubblica di Malu Entu (l'isola di Mal di ventre) indica un percorso nuovo che guarda a ovest invece che ad est: non a Roma, allo Stato, ma a New York, all'Organizzazione delle Nazioni Unite. Ieri mattina, ha depositato alla Regione le firme per richiedere il referendum della liberazione.
Un solo quesito, semplicissimo e scontato, almeno apparentemente: “Sei d'accordo, in base al diritto internazionale delle Nazioni Unite, al raggiungimento della libertà del popolo sardo, con l'indipendenza?”. Prima di recarsi in viale Trento, Doddore e i suoi hanno fatto tappa a Palazzo di Giustizia per la certificazione in Corte d'appello. «Presenteremo - ha spiegato Meloni in una conferenza stampa - 12.999 firme, più la mia, non valida perché lo Stato italiano mi ha condannato all'interdizione perpetua dal diritto di voto».
Questa sorta di ergastolo elettorale non gli è stato inflitto per le sue idee, non per il pensiero ma per l'azione: il 18 maggio del 1985 venne condannato in Assise a nove anni di carcere per quello che fu definito il complotto separatista. Per la sentenza, poi diventata definitiva, lui, ed altri, avevano organizzato un tentativo, seppur rimasto alla fase embrionale, di cospirazione politica che non escludeva il ricorso alla violenza. Storia del secolo scorso. Meloni si è fatto la galera ma negava e nega di aver mai avuto intenzione di ricorrere alle armi. L'indipendenza, invece, la voleva e la vuole ancora. E spera di ottenerla in tempi brevi. «Il referendum si terrà entro la fine dell'anno, o all'inizio del 2013. Per la prima volta, i sardi potranno decidere cosa vogliono fare da grandi. Se dipendere da Roma o diventare finalmente padroni in casa propria».
Resta da capire cosa accadrà dopo il voto. Nel caso venga raggiunto il quorum e con il sì prevalente nelle urne, non è che al Palazzo di Vetro voteranno per inviare i caschi blu a liberare la Sardegna dall'oppressione italiana. «Succederà invece - prevede Salvatore Meloni - che i sardi, tutti quelli che vogliono l'indipendenza e oggi militano in altre forze politiche, non ritenendo affidabili i movimenti indipendentisti, daranno vita al partito referendario di chi vuole una Sardegna libera. Stravincerà alle regionali e dal Consiglio scompariranno tutti quei gruppi e gruppetti che sono lì per questioni di poltrone e pensano solo agli affari loro». Dopo di che non ci saranno più ostacoli alla nascita della Repubblica dei Quattro Mori? «Nessuno, lo dicono le Nazioni Unite. Siamo una minoranza etnica e linguistica e non abbiamo niente a che fare con l'Italia. Da cui, fino a prova contraria ci separano le acque internazionali».
Tutto ciò, a suo parere, dovrebbe bastare all'applicazione del diritto all'autodeterminazione dei popoli sancito dalla carta delle Nazioni Unite recepita dallo stato italiano. Doddore non vede difficoltà alcuna a cominciare dal fatto che l'Onu intende tutelare, almeno in teoria e non sempre in pratica, minoranze oppresse o pesantemente discriminate. In questi casi la comunità internazionale ritiene prevalente il principio della tutela dei diritti umani rispetto a quello della non ingerenza negli affari interni di uno stato sovrano. E interviene, come avvenuto in Kossovo nel 1999 o, recentemente in Libia. Niente ha fatto invece l'Onu per i Paesi Baschi o altre minoranze che rivendicano l'indipendenza.
Qualche difficoltà, per Doddore, si pone anche in casa nostra. Giorgio Napolitano ha ricordato a Bossi e compagni che «non esiste una via democratica ad uno stato lombardo-veneto». Contemporaneamente ha lanciato un monito alle camice e cravatte verdi dentro e fuori dal Parlamento: «Se gli slogan della Lega dovessero diventare altro, lo Stato non esiterebbe a intervenire come già fece, agli albori della democrazia, nei confronti dell'indipendentismo siciliano».
Il messaggio del Quirinale non turba comunque l'autoproclamato presidente di Malu Entu. «Bossi parla di Padania, noi di Sardegna. Tutti si dimenticano un piccolo particolare: nel 1297, il 4 aprile, Bonifacio VIII, fece il regno sardo corso e lo diede a Giacomo II di Aragona. Sapete come? In vassallaggio perpetuo. In teoria, quindi, noi e la Corsica dipendiamo sempre dal Vaticano». Mentre immagina un popolo sardo libero che vive nel benessere e nella concordia, Doddore non cede alla tentazione di lanciare una frecciatina contro altri cugini indipendentisti. «Abbiamo raccolto 27.347 firme ma ne presentiamo 12.999 e tra queste neanche una delle 541 autenticate da Gavino Sale nel suo ruolo di consigliere provinciale. Visto che lui non ha aderito personalmente, non parteciperà all'attuazione del referendum. È una questione di coerenza».
Referendum, consegnate le firme;
Salvatore Meloni: Sardegna senza padroni con il diritto internazionale
www.unionesarda.it
Se non il paradiso terrestre, qualcosa di molto simile, la Sardegna indipendente immaginata da Salvatore, Doddore, Meloni. Un'isola padrona di se stessa, libera da vincoli con il resto d'Italia, a cominciare da quelli fiscali. Dove tutto andrà bene e tutti staranno meglio. Per riuscire a centrare l'obiettivo, il presidente della Repubblica di Malu Entu (l'isola di Mal di ventre) indica un percorso nuovo che guarda a ovest invece che ad est: non a Roma, allo Stato, ma a New York, all'Organizzazione delle Nazioni Unite. Ieri mattina, ha depositato alla Regione le firme per richiedere il referendum della liberazione.
Un solo quesito, semplicissimo e scontato, almeno apparentemente: “Sei d'accordo, in base al diritto internazionale delle Nazioni Unite, al raggiungimento della libertà del popolo sardo, con l'indipendenza?”. Prima di recarsi in viale Trento, Doddore e i suoi hanno fatto tappa a Palazzo di Giustizia per la certificazione in Corte d'appello. «Presenteremo - ha spiegato Meloni in una conferenza stampa - 12.999 firme, più la mia, non valida perché lo Stato italiano mi ha condannato all'interdizione perpetua dal diritto di voto».
Questa sorta di ergastolo elettorale non gli è stato inflitto per le sue idee, non per il pensiero ma per l'azione: il 18 maggio del 1985 venne condannato in Assise a nove anni di carcere per quello che fu definito il complotto separatista. Per la sentenza, poi diventata definitiva, lui, ed altri, avevano organizzato un tentativo, seppur rimasto alla fase embrionale, di cospirazione politica che non escludeva il ricorso alla violenza. Storia del secolo scorso. Meloni si è fatto la galera ma negava e nega di aver mai avuto intenzione di ricorrere alle armi. L'indipendenza, invece, la voleva e la vuole ancora. E spera di ottenerla in tempi brevi. «Il referendum si terrà entro la fine dell'anno, o all'inizio del 2013. Per la prima volta, i sardi potranno decidere cosa vogliono fare da grandi. Se dipendere da Roma o diventare finalmente padroni in casa propria».
Resta da capire cosa accadrà dopo il voto. Nel caso venga raggiunto il quorum e con il sì prevalente nelle urne, non è che al Palazzo di Vetro voteranno per inviare i caschi blu a liberare la Sardegna dall'oppressione italiana. «Succederà invece - prevede Salvatore Meloni - che i sardi, tutti quelli che vogliono l'indipendenza e oggi militano in altre forze politiche, non ritenendo affidabili i movimenti indipendentisti, daranno vita al partito referendario di chi vuole una Sardegna libera. Stravincerà alle regionali e dal Consiglio scompariranno tutti quei gruppi e gruppetti che sono lì per questioni di poltrone e pensano solo agli affari loro». Dopo di che non ci saranno più ostacoli alla nascita della Repubblica dei Quattro Mori? «Nessuno, lo dicono le Nazioni Unite. Siamo una minoranza etnica e linguistica e non abbiamo niente a che fare con l'Italia. Da cui, fino a prova contraria ci separano le acque internazionali».
Tutto ciò, a suo parere, dovrebbe bastare all'applicazione del diritto all'autodeterminazione dei popoli sancito dalla carta delle Nazioni Unite recepita dallo stato italiano. Doddore non vede difficoltà alcuna a cominciare dal fatto che l'Onu intende tutelare, almeno in teoria e non sempre in pratica, minoranze oppresse o pesantemente discriminate. In questi casi la comunità internazionale ritiene prevalente il principio della tutela dei diritti umani rispetto a quello della non ingerenza negli affari interni di uno stato sovrano. E interviene, come avvenuto in Kossovo nel 1999 o, recentemente in Libia. Niente ha fatto invece l'Onu per i Paesi Baschi o altre minoranze che rivendicano l'indipendenza.
Qualche difficoltà, per Doddore, si pone anche in casa nostra. Giorgio Napolitano ha ricordato a Bossi e compagni che «non esiste una via democratica ad uno stato lombardo-veneto». Contemporaneamente ha lanciato un monito alle camice e cravatte verdi dentro e fuori dal Parlamento: «Se gli slogan della Lega dovessero diventare altro, lo Stato non esiterebbe a intervenire come già fece, agli albori della democrazia, nei confronti dell'indipendentismo siciliano».
Il messaggio del Quirinale non turba comunque l'autoproclamato presidente di Malu Entu. «Bossi parla di Padania, noi di Sardegna. Tutti si dimenticano un piccolo particolare: nel 1297, il 4 aprile, Bonifacio VIII, fece il regno sardo corso e lo diede a Giacomo II di Aragona. Sapete come? In vassallaggio perpetuo. In teoria, quindi, noi e la Corsica dipendiamo sempre dal Vaticano». Mentre immagina un popolo sardo libero che vive nel benessere e nella concordia, Doddore non cede alla tentazione di lanciare una frecciatina contro altri cugini indipendentisti. «Abbiamo raccolto 27.347 firme ma ne presentiamo 12.999 e tra queste neanche una delle 541 autenticate da Gavino Sale nel suo ruolo di consigliere provinciale. Visto che lui non ha aderito personalmente, non parteciperà all'attuazione del referendum. È una questione di coerenza».