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sabato 26 maggio 2012

Sardinya. Province, l'ultimo anno

Giuseppe Meloni
unionesarda.it
Province, l'ultimo anno

Il Presidente della regione Sarda Cappellacci firma i decreti che ufficializzano l'esito del referendum Enti in vita sino a febbraio. L'Ups verso la segnalazione al Governo
Quella di giovedì notte è solo una soluzione provvisoria. Come il ruotino messo su dopo una foratura: ha un chilometraggio limitato. Poiché i referendum hanno travolto le Province, serviva una legge per governare la transizione. E il Consiglio regionale l'ha approvata appunto due notti fa.
Le provincie sarde nel 2008


LA NUOVA NORMA
 Tiene in vita gli attuali organi provinciali, fino al 28 febbraio 2013; preannuncia però la soppressione di tutti gli otto enti. E avvia un riordino delle autonomie locali basato su Regione, Comuni e unioni di Comuni, che dovrà essere varato entro il 31 ottobre. Entro il 2012, invece, si consulteranno le popolazioni di tutti centri dell'Isola, per collocarli nelle nuove realtà sovracomunali.
Perciò, fatta la norma transitoria, i partiti guardano alla riforma che verrà. La commissione Autonomia è già al lavoro: a giorni il relatore Roberto Capelli (Api) consegnerà un testo.


LA REAZIONE 
Pensano di certo già al futuro i referendari: Pierpaolo Vargiu, pur non avendo votato la leggina, parla di «vittoria, un risultato straordinario». Ma le Province reagiranno ancora: meditano, tra l'altro, di segnalare possibili incostituzionalità del testo al Governo (che può fare ricorso entro due mesi).
Contestano lo scioglimento di organi eletti dal popolo (gli otto Consigli provinciali) prima della scadenza naturale del 2015. E se la norma dice che «le otto Province saranno soppresse», può confliggere con la previsione delle Province nella Costituzione e nello Statuto sardo. I presidenti dell'Ups si vedranno martedì, e in seguito si terrà un'assemblea di tutti i Consigli provinciali. Forse ci sarà anche Giuseppe Castiglione, presidente dell'Unione Province italiane, che girerà una sua segnalazione al Governo.


I REFERENDARI 
Nel frattempo pende sempre il ricorso dell'Ups al tribunale civile di Cagliari, l'udienza dovrebbe tenersi a ottobre. «Continuano a portarci dai giudici con soldi pubblici, per difendere le loro poltrone», ha protestato ieri Efisio Arbau nell'incontro del Movimento referendario. Dal leader della Base anche una stilettata a Ugo Cappellacci: «Doveva essere garante del voto, anche con la sua maggioranza, ma è stato assente».
In generale i promotori hanno voluto sottolineare gli aspetti positivi: «Festeggiamo una vittoria», ha detto Pierpaolo Vargiu, «non solo si aboliranno le nuove Province ma tutte. Abbiamo votato no alla legge perché volevamo una transizione rapida, una riforma entro agosto. E sarebbe stato più in linea con l'esito delle urne affidare le Province a commissari non politici».
Ora però, dice Vargiu affiancato dai cosiddetti garanti del voto, restano da vincere altre tappe: anche per ottenere il rispetto di tutti i dieci referendum. «Ormai in Sardegna - aggiunge - la divisione è tra chi vuole il cambiamento e chi non ci crede». Come «i frenatori che evocavano il caos post-referendario: è bastata una leggina di dieci righe fatta in poche ore, per evitare qualsiasi catastrofe».


COMMENTI 
«È ora di smetterla con le bugie», ribatte il presidente Ups Roberto Deriu: «La legge dimostra appunto che senza un provvedimento sarebbe stato il caos. Il Consiglio è stato costretto a farlo, sotto dettatura dei giuristi, perché atterrito dalle conseguenze da noi previste». Chicco Porcu (Pd) ribadisce «l'ipocrisia dei referendum» e segnala i rischi di nuovo accentramento regionale, dopo che nella scorsa legislatura erano state trasferite alle Province molte funzioni («qualche autorevole esponente anche del Pd sembra dimenticarlo», osserva, forse pensando a Renato Soru).
Per il vicesegretario Idv Salvatore Lai «la soppressione delle Province non può essere rinviata al febbraio 2013», e attacca i Riformatori: il cui leader Michele Cossa ribatte che «noi abbiamo votato contro la legge, che è comunque un passo avanti, l'Idv a favore». Renato Lai (Pdl) auspica una riforma che difenda «l'autonomia amministrativa della Gallura», senza rispolverare «subalternità ad altri territori ormai superate».


LA POLEMICA 
Il più severo, contro la norma votata dal Consiglio, è il sardista Paolo Maninchedda, presidente della commissione Autonomia: «È una gravissima espropriazione del referendum. Tipico gattopardismo italiano, come quando chiamarono Politiche agricole il ministero dell'Agricoltura abolito dagli elettori. Ora è ragionevole pensare che i Consigli provinciali resteranno fino al 2015. E la Provincia di Cagliari, che doveva scadere il 31 maggio, è già prorogata per un anno».

ANALISI Elezioni amministrative italiane 2012, alta astensione e protesta contro l’austerità



Elezioni amministrative italiane 2012: alta astensione e protesta contro l’austerità

Di Marianne Arens
wsws.org

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 9 maggio 2012
Le elezioni amministrative tenutesi lo scorso fine settimana in Italia sono state caratterizzate da un alto livello di astensione. Rispetto alle elezioni amministrative dello scorso anno, l’affluenza alle urne è diminuita mediamente del 7 per cento, scendendo da circa il 74 per cento al 67 per cento. I partiti che sostengono le politiche di austerità del governo Monti hanno perso una grande percentuale dei loro voti. Un aumento di voti è stato registrato per i partiti minori e per la lista di protesta guidata dal comico Beppe Grillo.

Nel primo turno del 6-7 maggio si sono svolte elezioni amministrative a Genova, Palermo, Parma, Verona, Bologna e in centinaia di piccoli comuni; hanno preso luogo anche alcune elezioni provinciali . Un totale di nove milioni di elettori, uno su cinque dell’elettorato italiano, è andato alle urne. Era la prima elezione dall’avvento del governo tecnico di Mario Monti e quindi un importante banco di prova.
I partiti politici tradizionali hanno subito grandi perdite: Il Popolo della Libertà (PdL) di Silvio Berlusconi, come anche la Lega Nord (LN) di Umberto Bossi, dopo lo scandalo per corruzione e le conseguenti dimissioni del fondatore del partito; LN ha toccato i minimi storici di consenso elettorale. Il sindaco di Verona Flavio Tosi, LN, è stato confermato, tuttavia solo dopo aver preso le distanze dalle posizioni di Bossi. In seguito a tali sviluppi, PdL e LN hanno sciolto la loro alleanza.

A Palermo, tradizionale roccaforte del PdL, il partito di Berlusconi non è neanche riuscito a raggiungere il secondo turno. Il vincitore è stato Leoluca Orlando, candidato del partito Italia dei Valori (IdV), che ha ottenuto il 46 per cento dei voti; al secondo turno Orlando è rivale di Fabrizio Ferrandelli, il candidato del Partito Democratico (PD); Ferrandelli aveva ottenuto un’inaspettata vittoria alle primarie contro il candidato favorito dalla dirigenza del partito, Rita Borsellino.

Solo poche settimane prima delle elezioni, IdV ha proposto l’ex sindaco Orlando come proprio candidato. Orlando è uomo di destra ed è stato sindaco di Palermo ben quattro volte, negli anni ’80 e ’90, guadagnandosi la reputazione di avversario della mafia; questa volta, Orlando è riuscito a conquistare il sostegno dei Verdi e di Rifondazione Comunista (RC), ed è emerso dal primo turno come candidato più forte.

A Genova, il professore di economia Marco Doria (discendente del nobile genovese Andrea D’Oria), volto nuovo sulla scena politica, ha vinto le primarie del PD, mentre i candidati ufficiali del partito non hanno ottenuto buoni risultati. Il caso ricorda quello del sindaco di Milano Giuseppe Pisapia, che lo scorso autunno riportò una vittoria contro il leader del centro-sinistra, Doria è riuscito a conquistare il sostegno di alcuni gruppi al di fuori dei partiti tradizionali; con il 48 per cento dei voti entra quindi nel secondo turno come favorito.

Il PD è stato in grado di mantenere la maggior parte dei suoi sindaci, perché vengono percepiti come relativamente indipendenti dalla linea ufficiale del partito. Il PD è il principale successore del Partito Comunista Italiano (PCI) e, insieme al PdL di Berlusconi, appoggia incondizionatamente le politiche di austerità del governo Monti.

I candidati della lista del comico Beppe Grillo, il Movimento Cinque Stelle (MCS), sono stati in grado di ottenere alcuni successi. A Parma, nella sua prima partecipazione alle elezioni, la lista ha ottenuto quasi il 20 per cento dei voti, in competizione contro una coalizione di PD e IdV. MCS ha vinto il 14 per cento e il 9 per cento dei voti a Genova e Verona rispettivamente. In media i candidati di Grillo hanno ottenuto circa l’8 per cento dei voti.

Ciò nonostante il fatto che il comico genovese non offra una reale alternativa politica ai partiti tradizionali e ai politici che sono oggetto delle sue critiche. Grillo dirotta verso destra la diffusa e legittima indignazione dell’opinione pubblica per l’arroganza e la corruzione della classe politica; fedele sostenitore del sistema di libero mercato, chiede uno stop agli sprechi, una politica “pulita”, la promozione di iniziative locali e verdi e l’appoggio a piccole imprese invece di multinazionali e banche internazionali.

Grillo ha recentemente cercato di sfruttare l’ostilità della popolazione contro l’Unione Europea (UE) e ora chiede che l’Italia lasci la zona Euro. L’UE è giustamente vista da molti lavoratori italiani come uno strumento delle banche e forza trainante dietro le brutali misure di austerità.
Grillo sta chiaramente approfittando del vuoto esistente a sinistra. Il crollo dei tradizionali partiti dei lavoratori e dei sindacati, con il loro nazionalismo, il sostegno prestato ai diktat dell’UE e la controrivoluzione sociale perseguita dal governo Monti, spiegano perché un movimento territorialmente sparso ed essenzialmente retrogado come i “Grillini” abbia potuto beneficiare della rabbia crescente di larghi strati sociali.

Queste elezioni si sono svolte nel contesto di una crescente recessione. La produzione industriale, nel primo trimestre del 2012 è scesa del 2,3 per cento e il prodotto interno lordo (PIL) è diminuito dell’1,6 per cento. Molte aziende hanno già messo in atto licenziamenti di massa o chiuso per fallimento.
In un breve periodo di tempo le drastiche misure di austerità introdotte dal governo Monti hanno notevolmente peggiorato la situazione dei lavoratori. I tagli alle pensioni e l’aumento dell’età di pensionamento significano che migliaia di anziani dovranno aspettare più a lungo prima di poter percepire la pensione, rimanendo nel frattempo senza la minima possibilità di trovare un lavoro. Per loro la povertà diventa inevitabile.

Il tasso di suicidio è aumentato drammaticamente; sempre più lavoratori disoccupati e piccoli imprenditori decidono di togliersi la vita a causa della disperata situazione finanziaria. L’Associazione Artigiani, CGIA, segnala che più di mille persone si sono uccise l’anno scorso, il 25 per cento in più rispetto all’anno precedente. Quest’anno è molto probabile che le vittime aumenteranno.
Il numero ufficiale di disoccupati in marzo è stato di due milioni e mezzo; un incremento di mezzo milione di persone, pari a una crescita del 23 per cento rispetto all’anno precedente; e questa tendenza è in aumento. 

Nel solo mese di marzo 2012, il tasso totale di disoccupazione è aumentato del 2,7 per cento rispetto al mese precedente. Dal novembre 2011, dopo l’introduzione delle drastiche misure economiche da parte del governo Monti, la disoccupazione è aumentata vertiginosamente.
Quando nelle statistiche vengono inclusi i cosiddetti “inattivi”, ossia le persone in età lavorativa che non hanno cercato lavoro nel mese precedente, il numero ufficiale di disoccupati sale a 14,5 milioni di persone, pari al 36,7 per cento della popolazione in età lavorativa.

Nel marzo del 2012, 22.900.000 persone risultavano su libro paga, il che rappresenta un tasso di occupazione del solo 57 per cento per le persone tra i 15 ed i 64 anni. Per le donne il tasso di occupazione è inferiore al 50 per cento. Inoltre, il 36 per cento dei giovani fra i 15 e i 24 anni è ufficialmente disoccupato.

Queste cifre dimostrano la crescita di un’enorme tensione sociale sotto la superficie. I risultati delle recenti elezioni sono solo la prima indicazione di imminenti sconvolgimenti politici.