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mercoledì 30 marzo 2016

Body Hacking Movement : spingere il transumanesimo verso nuovi e inquietanti limiti

Body Hacking Movement : spingere il transumanesimo verso nuovi e inquietanti limiti

Neovitruvian's blog
disinformazione


Justin Worst, Marlo Webber e Jes Waldrip fanno vedere un impianto LED. La Grindhouse Wetware lo chiama il Northstar.

Il “body hacking movement” propone a gran voce l’applicazione di impianti tecnologici al corpo umano, come chip RFID, videocamere e luci al LED. Bypassando ogni questione etica associata al transumanesimo, questo “body hacking movement” propone nuove e inquietanti situazioni.

Come indicato nei miei precedenti articoli sul tema, il transumanesimo è stato fortemente promosso nei mass media negli ultimi anni, attraverso film, video musicali, videogiochi e documentari. La parola “transumanesimo” è ancora poco conosciuta dal pubblico. Il vero significato della parola ci viene abilmente nascosto, mostrandoci, invece, come un miglioramento robotico del corpo umano ci renda più cool, vendendo facilmente l’idea alla fascia di pubblico più fragile – i giovani.

Un sottoprodotto di questa tendenza è il “body hacking”, un movimento che rinuncia alle questioni etiche e filosofiche associate al transumanismo innestando direttamente parti robotiche nel corpo umano. Mentre molti di noi temono il giorno in cui gli impianti microchip saranno un requisito fondamentale in una società distopica, alcune persone già pagano per avere questo “privilegio”.

Ecco un articolo interessante sul movimento da parte di NPR.

Una folla curiosa indugiava intorno ad Amal Graafstra mentre spacchettava con attenzione un paio di guanti, una piccola coperta sterile e un ago enorme. Una lunga fila di persone facevano la fila per ottenere minuscoli chip impiantati nelle loro mani.

Graafstra ha aperto un negozio nel mezzo di una sala espositiva all’Austin Convention Center in Texas ‘, dove il mese scorso si è incontrato con diverse centinaia di altre persone che si definiscono “hacker del corpo” – individui che spingono i confini della tecnologia impiantabile per migliorare il corpo umano.
Il movimento evoca reazioni viscerali, sembra concentrarsi sulla sicurezza e sulle preoccupazioni etiche per poi rapidamente virare su domande fantascientifiche circa il confine tra umano e cyborg.
Graafstra è un pioniere del settore. Utilizzando il proprio corpo come cavia, ha progettato magneti sicuri dal punto di vista biologico e pure il microchip impiantato nella mano di A.J. Butt.


A.J. Butt ha un microchip RFID impiantato nella mano destra.

I chip RFID impiantabili possiedono informazioni cifrate e i loro numeri ID univoci possono essere utilizzati per aprire porte o sbloccare lo smartphone del proprietario, ovvero ciò che voleva fare Butt.
Butt fece un respiro profondo. L’ago immerso nella pelle alla base del pollice, e un chip più grande di un chicco di riso che si faceva strada appena sotto la superficie.

Dall’altra parte, Sasha Rose, che gestiva uno stand sulla meditazione alla convention, osservava la fila di persone che aspettava di essere “chippata”.
Scosse la testa: Era la cosa più folle che avesse mai visto. Si chiese quali fossero le credenziali di Graafstra. Si trattava comunque di una procedura medica, siamo sicuri che il suddetto fosse un medico? I suoi clienti conoscono le potenziali conseguenze di trasportare informazioni personali su un dispositivo all’interno della loro pelle?
La cosa più folle, in realtà, è che sono le persone a volerlo. Ecco perché è pazzesco per me “, ha detto Rose.
Di notte, molti dei congressisti si ritrovano in un club sulla Sixth Street ad Austin.

Graafstra era in compagnia di Ryan O’Shea, la cui compagnia Grindhouse Wetware, fece contorcere il popolo di internet quando all’inizio di quest’anno, pubblicò un video in cui vediamo l’operazione di innesto di uno dei suoi impianti chiamato Northstar. In esso, un uomo riceve una piccola incisione nella mano, la pelle viene poi sollevata con uno strumento metallico per produrre una cavità in cui è collocato un impianto sottocutaneo rotondo con cinque luci LED.

Il risultato appare distopico – l’incisione è cucita con filo nero, e le luci a LED fanno si che la pelle che ricopre il LED sia illuminata di rosso.
Gli hacker del corpo, tuttavia, vedono il mondo in modo diverso. Essi credono che la tecnologia abbia raggiunto un punto in cui può essere utilizzata per migliorare il corpo invece che semplicemente sistemarlo.
Un paziente, un giorno, potrebbe chiedere al proprio medico: ‘I miei occhi funzionano bene, ma voglio un occhio che possa vedere a infrarossi. E voglio un occhio con lo zoom” ha detto Graafstra.
Quel tipo di futuro – in cui il corpo umano è migliorato grazie all’uso di tecnologia – è l’obiettivo di molti di questi esperimenti.

O’Shea ha detto che la Grindhouse Wetware sta usando il suo dispositivo a LED per verificare quanto tempo un dispositivo del genere possa rimanere attivo all’interno di un corpo.

Graafstra sostiene che il suo chip RFID è un piccolo tentativo di fondere l’identità digitale con l’identità fisica.

All’interno del club, un drone si librava sopra la pista da ballo. L’acciaio lucido e la musica dance elettronica hanno dato un tocco futuristico.

In piedi vicino al bar era Tony Salvador, che studia i valori sociali e come influenzano la tecnologia alla Intel. Era li per capire quando e se il “body hacking” sarebbe stato accettato pubblicamente.

A volte, ha detto, la tecnologia si muove troppo velocemente e supera di gran lunga i confini sociali accettati – per non parlare delle leggi. Ha sostenuto inoltre che ciò è parte del motivo per cui i primi utilizzatori dei Google Glass vennero chiamati “glassholes.” 
Ha creato un equivoco sociale”, ha detto Salvador. “Non sapevano cosa stava succedendo.
I filosofi, ci hanno lasciato a noi stessi.

Alva Noë, un filosofo presso l’Università della California, Berkeley e un collaboratore del blog NPR 13,7: Cosmos and Culture, ha scritto molto su quello che lui chiama “naturalità cyborghiana”. Non è d’accordo che i filosofi moderni non si interessino all’argomento, dicendo che e` necessario porsi 2 domande:

Va bene fare a pezzi il corpo per questo tipo di esperimenti?


Quanta tolleranza deve disporre la società per migliorare artificialmente il corpo?
Alla prima domanda, Noë ha affermato di considerare il “body hacking” “eticamente preoccupante.
La seconda domanda è più complicata.
Noi non condanniamo le persone che utilizzano gli occhiali per vedere meglio,” ha detto. “Ma pensiamo sia discutibile assumere speed per lavorare in maniera più efficiente.”
Poiché questo tipo di giudizi sono una questione etica, tracciare una linea di tolleranza può non sempre essere facile, ha detto.
Possiamo raggiungere consensi e poi perderli”, ha detto Noë. “Proprio come una volta c’era un consenso dove era accettato fumare per essere più produttivi ed efficaci, ora si tende a considerarla una pratica dannosa.
Se c’è una rock star nel movimento del body-hacking, è Neil Harbisson, un artista daltonico di Barcellona che ha convinto un medico ad impiantargli una fotocamera nella parte posteriore della sua testa.

L’antenna, come la chiama lui, sostanzialmente, permette a Harbisson di ascoltare i colori rilevando il colore dominante di fronte a lui per poi tradurlo in note musicali.


Neil Harbisson, un artista di Barcellona, ​​ha una fotocamera impiantata nella parte posteriore della sua testa, che, dice, gli permette di ascoltare i colori

Secondo la sua versione, un comitato di etica medica in Europa avrebbe rifiutato di autorizzare l’operazione, ma un medico ha accettato di eseguire l’intervento chirurgico in forma anonima. Harbisson si è ritrovato con una telecamera collegata ad un dispositivo sulla parte posteriore del cranio..
Mentre camminava per le strade di Austin, descrisse come percepiva il mondo: il semaforo rosso suonava come una A (Do); l’erba verde sembrava un F (La).
Nel suo discorso alla conferenza, Harbisson ha detto che la prima volta che sentì quei colori nel sonno, si è sentito veramente un cyborg. Ora, non è più identifico come umano, ma come “organismo cibernetico”.
Se ci definiamo come organismi, improvvisamente il nostro gruppo è più ampio”, afferma. “Siamo allo stesso livello di un insetto, o di un gatto, o di una pianta.
Harbisson è ben consapevole di come il mondo lo percepisce.

Si è trasferito da Barcellona a New York in cerca di “pace” con un altra amica del movimento transumanista, Moon Ribas. La Ribas ha un dispositivo elettronico nel braccio che vibrerebbe quando c’e` un terremoto nel mondo.

In più di una occasione, le persone hanno cercato di strappargli l’antenna, ha detto Harbisson.

E’, in parte, anche per questo, che e` co-fondatore della Fondazione Cyborg a sostegno dei “diritti cyborg”.

Quando gli è stato chiesto se avesse mai pensato di togliersi l’antenna, Harbisson obiettò.
Per me, è molto più forte, il desiderio di percepire ciò che è intorno a me, piuttosto che dare retta a certe persone” aggiungendo che forse, in futuro, anche lui sarà considerato normale.


SARDINYA: SEMPRE PIÙ COLONIA CON LA SERVITÙ GASIERA

SEMPRE PIÙ COLONIA CON LA SERVITÙ GASIERA

Mario Carboni


Ho scritto altre volte su questo argomento ma la decisione da parte della Giunta Pigliaru e della sua maggioranza di puntare su due depositi di Gnl-gas naturale liquefatto in Sardegna, rinunciando al metanodotto Piombino Porto Torres previsto nel primo piano di metanizzazione del Mezzogiorno per la Sardegna negli anni '80 e interamente finanziato dal CIPE, non solo è un errore ma costituisce un delitto di autocolonizzazione pari alla industrializzazione petrolchimica di nefasta memoria.
La Sardegna forse avrà il metano liquefatto ma sarà scollegata ,con un atto di autoseparatismo politico prima che economico, dalla rete metaniera italiana ed europea, con riflessi molto negativi ed anche imprevedibili rispetto a vicende geopolitiche nei paesi produttori e per i costi più alti che assumeranno una dinamica diversa da quella della penisola.
Non verrà realizzata una rete distributiva sarda ma si avrà una circolazione non sostenibile di centinaia di autocisterne piene di gas liquefatto sulle strade della Sardegna con costi rilevanti ed aggiuntivi e col pericolo reale di gravissimi incidenti.

La logica è quella della costruzione di due grandi poli di stoccaggio e rigassificazione a nord e a sud dell'isola più altri piccoli impianti similari in Ogliastra, Oristanese e Sulcis, creando una ciambella lungo le coste , una cintura di impianti ad altissimo rischio, con intorno aree vaste di sicurezza e di rispetto dove non potranno esserci altre attività e con rilevantissime controindicazioni ecologiche che si ripercuoteranno dai porti alle zone prospicienti dovute alla necessità di rendere gassoso il Gnl liquefatto.

Si tratterà di rigassificare la grande quantità di metano liquido con enormi produzioni di frigorie, cioè di freddo che verrà assorbito dall'aria e dalle acque marine con cambiamenti climatici rilevantissimi e negativi.

Il progetto non è nuovo, circola dagli anni '80 come alternativo al metanodotto dal continente alla Sardegna e la lobby che lo sosteneva è in gran parte responsabile della mancata metanizzazione della Sardegna.

Infatti il progetto lungi da avere come fine la metanizzazione della Sardegna ne aveva e continua ad averne uno non dichiarato pubblicamente ma conosciuto negli ambienti politici ed economici ben informati e che consisteva nel costruire a Porto Torres un grandissimo impianto di stoccaggio e rigassificazione, rifiutato in Italia da tutti, il più grande del Mediterraneo, per poi inviare il gas con un metanodotto collegato con la rete metaniera italiana.

Bisogna sapere che quando si fanno grandi contratti di importazione di petrolio con paesi non collegabili con metanodotti , come la Nigeria ad esempio, dove bisogna acquistare una quota aggiuntiva di gas che è trasportabile solo comprimendolo e raffreddandolo sino a renderlo liquido e trasportabile con navi metaniere.

Non potendolo ricevere perché non ci sono rigassificatori e quindi non potendolo trasportare, viene bruciato in atmosfera .

Il progetto fatto proprio dalla Giunta Pigliaru avrà come epilogo anche una nuova servitù coloniale, la servitù gasiera.
I rigassificatori che non vogliono in Italia si faranno in Sardegna e magari per non farci mancare nulla anche il deposito di scorie nucleari.
Uscita dalla porta la servitù gasiera del GALSI, sta entrando dalla finestra la servitù gasiera dei depositi di gas naturale liquido e da rigassificare per interessi esterni ai danni della Sardegna.
Il gasdotto Sardegna Italia che non si vuol fare per portarci il metano al quale abbiamo diritto si potrà fare anche dopo in pochi mesi per servire l'Italia.
Prende corpo il disegno coloniale ed auto colonialistico della Sardegna 'piattaforma energetica' prevista in precedenti piani energetici ad uso e consumo di poteri ed interessi esterni favoriti da una borghesia compradora dei subappalti miserabili, dal sistema cooperativo biancorosso, che sperano di elemosinare dai grandi gruppi internazionali di impiantistica e commercializzazione che già stanno spartendosi la torta , progettando e dettando la linea ai politici, prevedendo anche le percentuali dovute per partiti e politici compiacenti e clientelari.

La soluzione migliore sarebbe sempre il tubo Italia-Sardegna, come realizzato dalla Spagna per le Baleari e che permetterebbe anche di portare il gas metano pure in Corsica che col rigassificatore ne rimarrebbe esclusa.
Secondo la Giunta Pigliaru per fare avere il metano ai sardi, che sono sempre un milione e mezzo bisogna costruire impianti di liquefazione dove viene estratto, varare navi gasiere che percorreranno migliaia di miglia marine per trasportarlo, costruire in Sardegna depositi e impianti di rigassificazione, attrezzare i porti, far costruire fuori dalla Sardegna per poi comprare ed importare nell'isola centinaia di autobotti refrigerate e assumere autisti, operai, tecnici, pompieri ed impiegati.
Ma non è sorto il sospetto che il metano liquefatto e non invece trasportato da un tubo già pronto per l'uso per la colonia sarda costerebbe troppo e sarebbe fuori mercato?
Comunque non è difficile prevedere che col basso corso attuale dei prezzi del gas e con le nubi all'orizzonte di guerra, malgrado tutto questo complottare colonialistico, anche questa volta la Sardegna non avrà il metano.

Metano che tutti hanno mentre da noi si vuole anche una supercentrale a carbone che potremmo, se servisse veramente, invece alimentare a metano solo se ci fosse un tubo che ci colleghi alla rete europea.
Probabilmente solo un governo sardo indipendentista o almeno nazionalista potrà far realizzare con denari europei, il collegamento Sardegna-Corsica Continente per fare avere anche a noi il metano esattamente come è stato fatto anche con le nostre tasse per il resto dei cittadini europei.
Ma noi non lo siamo, siamo indigeni coloniali, con la sveglia al collo, espropriati delle nostre banche, senza ferrovia elettrificata, senza autostrada, senza continuità territoriale, con fanghi rossi alti come colline, con laghetti di cianuro per la bufala dell'estrazione dell'oro colloidale, raffinando i velenosissimi fumi d'acciaieria di mezzo mondo, con il 90 per cento delle servitù militari italiane, con i poligoni dove si spara ed esplode di tutto, con l'emigrazione alle stelle, dove ci scaricano mandandoli in Sardegna centinaia di immigrati che qui non ci vogliono stare, col più alto tasso di abbandono scolastico, senza la nostra lingua e identità , e ancora senza metano e soprattutto senza dignità di nazione e senza libertà perché disuniti e sgovernati da un ceto politico che mai se ne è visto di tanto scarso e servile ai poteri romani.


NOTE di SD:


  • Qual è l’impatto ambientale del rigassificatore? Oltre alla relazione dell’OGS – Dipartimento Oceanografia Biologica sugli effetti diretti del cloro, altre pubblicazioni dell’allora Laboratorio di Biologia Marina mettono in luce la delicatezza degli equilibri ambientali (marini)...vedi articolo http://bora.la/2009/11/13/intervista-partecipata-sul-rigassificatore-le-risposte-alle-domande-ambientali/   


  • I rigassificatori: il “circuito aperto” ed altre tecnologie L'impiego di acqua di mare negli impianti di rigassificazione - solitamente proposti nella configurazione “a circuito aperto” - ne comporta una sterilizzazione quasi totale. Si preleva acqua di mare per sottrarle il calore che serve a riportare allo stato gassoso il GNL (arrivato via nave in forma liquida, a -162°C), restituendola poi al mare più fredda e clorata. Si tratta di volumi notevoli, dell'ordine dei 636.000 m3 al giorno per singolo impianto (della capacità di 8 Mld m3 /anno), sottoposti a shock meccanico e termico [a questi sono da imputare la formazione di schiume] e che vengono trattati con cloro attivo e conseguente rilascio di sostanze tossiche, i cloro-derivati organici.
  • La mistificazione, che tutti gli Studi d'Impatto Ambientale vanno proponendo sulla partita dei rigas sificatori in Italia, è quella di considerare come po tenziale danno ambientale i soli effetti del cloro attivo residuo presente allo scarico, limitato per legge a non più di 0,2 mg/litro. E' una concentrazione non pericolosa [comunque capace di sviluppare effetti biologici], uguale a quella dell'acqua di acquedotto potabile a norma di legge. Quindi lo scarico del rigassificatore è in apparenza innocuo “come bere un bicchier d'acqua”. Però si omette di considerare la perdita di larve, la formazione di schiume, ecc.   Invece il cloro è utilizzato in quantità massiccia all'interno dell'impianto, sino a concentrazioni di 2 mg/litro, e reagisce con la sostanza organica formando alo-derivati organici. Prima di venir restituito all'ambiente, si provvede ad abbatterlo per via chimica al fine di rientrare nei parametri di legge. La differenza tra le 2 acque – pur con lo stesso tenore di cloro attivo – è che l'acqua in uscita dall'impianto è carica di sostanza organica degradata combinata chimicamente al cloro. Questo perché già in ingresso è ricca di per sé di sostanza organica da neutralizzare, contrariamente all'acqua di acquedotto, prelevata da sorgente, che possiamo bere a volontà ed in cui il cloro è aggiunto a basso dosaggio solo per un'azione preventiva antibatterica. E' risaputo da ormai più di 30 anni che “...the toxicity of chlorinated seawater effluent is due primarily to various oxidant residuals produced by chlorination, rather than to residual chlorine itself” (Sung et al. 1978, in Shaw e Baggett 2006) http://wwftrieste.altervista.org/rigassificatore/rigassificatori.pdf