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mercoledì 20 aprile 2016

L’OMICIDIO GIOVA CASUALMENTE AGLI AFFARI

L’OMICIDIO GIOVA CASUALMENTE AGLI AFFARI


Di comidad

Lo scorso anno l’ENI ha scoperto nelle acque territoriali egiziane il maggior giacimento di petrolio e di gas del Mediterraneo. Sicuramente è una pura coincidenza il fatto che l’omicidio Regeni abbia causato una crisi dei rapporti tra Italia ed Egitto che mette a rischio questo affare. Come pure è una mera coincidenza la circostanza che l’omicidio Regeni vada a vantaggio di quelle stesse multinazionali che nel 2011 si erano avvantaggiate a scapito dell’ENI per l’attacco al regime libico di Gheddafi. In particolare ne trae giovamento la britannica BP, che in Egitto è il secondo operatore internazionale, dopo l’ENI che è il primo; così che la BP è spesso costretta ad operare in joint venture con lo stesso ENI. Casualmente Regeni era in Egitto per conto di un’università inglese, Cambridge. Si potrebbe dire che la fortuna aiuta i voraci. 

Non è la prima volta che gli omicidi vanno fortunosamente a sostegno degli interessi di alcuni gruppi affaristici. Nel 2002 l’assassinio del giuslavorista Marco Biagi, autore di un “libro bianco” su una possibile riforma del mercato del lavoro, consentì l’anno dopo al governo di allora di varare un provvedimento di precarizzazione del lavoro (la Legge 30/2003), ponendolo sotto l’icona inviolabile del giuslavorista vittima del terrorismo, tanto che i media adottarono la formula di “Legge Biagi”. 

In effetti vi sono parecchi e fondati dubbi che Biagi possa essere considerato effettivamente l’autore di quei provvedimenti. Nello stesso periodo in Germania un dirigente della Volkswagen, Peter Hartz, era a capo di una commissione che elaborò un piano di riforme del lavoro ispirato agli stessi criteri di precarizzazione. Il risultato di quel nuovo quadro di relazioni industriali era non solo l’abbattimento del costo del lavoro e del potere contrattuale dei lavoratori, ma anche l’apertura di immensi spazi per la finanziarizzazione dei rapporti sociali, con il salario sempre più sostituito dall’indebitamento degli stessi lavoratori per poter accedere ai consumi. C’è da aggiungere inoltre che la precarizzazione ha consentito l’esplosione del business dell’intermediazione parassitaria sul lavoro, con le agenzie di lavoro interinale.

Il piano Hartz fu approvato dal parlamento tedesco nel 2003 e perfezionato negli anni successivi. Lo stesso Hartz, qualche anno dopo, fu coinvolto in uno scandalo che riguardava i metodi con cui la Volkswagen era riuscita ad ottenere il consenso sindacale ai propri piani produttivi: circa due milioni e mezzo di euro elargiti in viaggi e favori sessuali ai dirigenti sindacali. Ovvio che i sindacalisti italiani ammirassero tanto il modello di relazioni industriali della Volkswagen. Hartz ammise le sue responsabilità in tribunale per ottenere uno sconto di pena, anche se in Germania si diffuse il sospetto che non solo le questioni interne alla Volkswagen, ma l’intero piano Hartz di relazioni industriali, fosse stato fatto passare con analoghi metodi di corruzione del sindacato e del partito socialdemocratico allora al governo. Del resto il fatto che un governo socialdemocratico affidasse una riforma del lavoro ad un dirigente industriale, costituiva già di per sé uno scandalo.

Se in Germania l’acquiescenza sindacale era stata ottenuta facendo appello all’etica luterana, in Italia invece fu il sospetto, anzi l’accusa, di connivenza con il terrorismo a paralizzare il sindacato. Il segretario della CGIL di allora, Sergio Cofferati, fu addirittura indicato come il mandante morale dell’omicidio Biagi, ciò per aver definito “limaccioso” il libro bianco di Biagi e, si dice, per non averlo salutato in un’occasione. Un po’ pochino per parlare di responsabilità morale in un omicidio, ma dal 1978 Rossana Rossanda ha fornito alla repressione ed alla provocazione antioperaia la dottrina del cosiddetto “album di famiglia”, in base alla quale non servono più i fatti per accusare, ma è sufficiente la metafisica della colpa. Non c’è da sorprendersi se oggi il segretario della FIOM, Maurizio Landini, abbia di molto attenuato i suoi giudizi sul super-manager della FIAT-Chrysler, Sergio Marchionne. Basterebbe infatti a Marchionne spedirsi una lettera con una pallottola dentro, per consentire ai media di mettere alla gogna Landini come sospetto terrorista.

Da sinistra molti difesero Cofferati sottolineando le responsabilità del ministro degli Interni di allora, Claudio Scajola, il quale non aveva posto Biagi sotto scorta. In effetti Scajola potrebbe accampare un ottimo alibi per non aver dato eccessivo peso al ruolo di Biagi, dato che la cosiddetta “Legge Biagi” era già contenuta nel rapporto, e nei relativi suggerimenti, che l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) aveva elaborato a proposito dell’Italia. L’OCSE è un’emanazione del Fondo Monetario Internazionale, ed è addetta ufficialmente alla diffusione delle quattro virtù cardinali del vangelo fondomonetarista: precarizzazione, privatizzazione, finanziarizzazione, deflazione. I rapporti OCSE, con qualche piccola variazione, sono pressoché identici per tutti i Paesi, quindi né Biagi, né Hartz, possono essere ritenuti davvero gli autori delle riforme che hanno preso il loro nome, che vanno invece ascritte al colonialismo delle organizzazioni sovranazionali.

Vi è una posizione di classismo purodurista che afferma che non vi è differenza per il lavoratore se viene sfruttato da multinazionali straniere o da padroncini locali, e che ogni rivendicazione anticolonialista potrebbe esse tacciata di nazionalismo o “sovranismo”. In realtà il grado che occupa un Paese nella gerarchia coloniale incide gravemente sul grado di sfruttamento del lavoro. In una colonia di seria A come la Germania la riforma del lavoro fu ottenuta con metodi di corruzione e supportata con ammortizzatori sociali finanziati con il deficit del bilancio dello Stato, in spregio ai mitici parametri di Maastricht. In una colonia di serie B (o serie C?) come l’Italia invece si fece, e si fa, ricorso soprattutto al terrorismo dell’antiterrorismo. L’ingerenza di un potere sovranazionale squilibra i rapporti di forza interni tra le classi ed alimenta nei ceti dirigenti un collaborazionismo sempre più zelante, arrogante e sicuro della propria impunità. Quanto maggiore è la pressione coloniale su un Paese, tanto più il collaborazionismo interno assume aspetti feroci e sbrigativi.


CO2 nella produzione di plastica della Bayer: "Eco-imbroglio piuttosto che sostenibilità"

Uso di anidride carbonica  (CO2)  nella produzione di plastica della BAYER

"Eco-imbroglio piuttosto che sostenibilità"

















Il 17 giugno, COVESTRO, una sussidiaria della BAYER, aprirà la cosiddetta "fabbrica sogno" a Dormagen in Germania. L'impianto utilizzerà anidride carbonica per produrre poliuretano. La BAYER descrive questo processo come "un approccio olistico alla sostenibilità". La BAYER ha commissionato alla agenzia di pubbliche relazioni Ketchum Pleon la preparazione di una campagna di marketing e, in una presentazione, si afferma baldanzosamente che la fabbrica sarà "presentata a politici, partner commerciali, dipendenti e pubblico, come un progetto di esemplare sostenibilità".

In contrasto con ciò, vi sono esperti indipendenti che descrivono l'impianto come un eco-imbroglio. Criticano la grande quantità di energia necessaria per attivare l'anidride carbonica e non considerano il progetto come un avanzamento in campo ecologico. Chiedono invece la riduzione del consumo di plastica e passi efficaci per evitare i rifiuti di plastica.

È difficile immaginare una strategia che consumi più energia dell'uso di CO2, la molecola col più basso livello energetico, per produrre sostanze complesse ad alto livello energetico. Non ci sono dunque motivazioni ecologiche per promuovere la CO2 come base per prodotti di sintesi. E' piuttosto soltanto una "mano di verde" sulla propria immagine. Naturalmente l'industria è orgogliosa di poter vantare un procedimento che trasforma la CO2 in sostanze apparentemente utili. Gli strateghi delle pubbliche relazioni della BAYER contano sul fatto che il grande pubblico non si concentri sulla follia energetica di questo processo.
Philipp Mimkes della Coalizione contro i pericoli derivanti dalla BAYER (CBG Germania): "L'eventuale uso di CO2 nella produzione di materie plastiche avrebbe un peso minimo alla luce delle quantità esponenzialmente maggiori che vengono rilasciate dai processi combustivi per produrre l'energia necessaria. Basta dare un'occhiata alle cifre: la BAYER intende produrre 5,000 tonnellate di polyol sulla base di 1,000 tonnellate di CO2, che sono un 5millesimo delle 5 milioni di tonnellate di CO2 emesse annualmente dalla BAYER.”
Circa l'8% del consumo globale di petrolio va nella produzione di materie plastiche. Specialmente la produzione di poliuretano richiede tantissima energia e per ogni tonnellata di prodotto vengono emesse fino a cinque tonnellate di anidride carbonica. Anche aumentando di qualche punto percentuale l'efficienza del processo produttivo esso rimane non sostenibile. Dietro all'eufemistico nome di "fabbrica sogno", c'è la totale non sostenibilità.

Il governo tedesco ha finanziato il progetto con 4 milioni di euro. La Coalizione contro i pericoli derivanti dalla BAYER, chiede che i fondi del governo non siano utilizzati per finanziare l'industria chimica, ma per raggiungere veri progressi ecologici. Le materie plastiche dovrebbero essere sostituite, per quanto possibile, da materiali biodegradabili e il consumo di plastica deve essere drasticamente ridotto. Il resto dovrebbe essere prodotto a partire da materie prime rinnovabili, come alghe, scarti di legno o paglia, che non competo no con la produzione di cibo.

Le schiume di poliuretano si trovano in articoli comuni come tappezzerie, attrezzature sportive e componenti per l'automobile. La BAYER si è separata dal suo settore di produzione di plastica nel 2015, ma detiene il pacchetto di maggioranza della COVESTRO e ne rimane responsabile.


ulteriori informazioni:

=> la Coalizione chiede la messa al bando della microplastica: www.cbgnetwork.org/6096.html

=> Produzione di poliuretani della BAYER: Critiche di gruppi ambientalisti www.cbgnetwork.org/5962.html