Sa Defenza solidarizza con il parlamentare sardo Mauro Pili , e condivide la sua determinazione nel rivelare cose di ordine e salute pubblica che stante anche alla loro costituzione dovrebbero essere di libera trattazione , per la libertà di pensiero e di stampa oltre che per la salvaguardia della salute pubblica.
l'Art 21 della loro Costituzione recita quanto segue:
l'Art 21 della loro Costituzione recita quanto segue:
« Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.[...] »
MAURO PILI Deputato sardo di UNIDOS: NON MI FACCIO INTIMIDIRE
di Mauro Pili
Unidos
Dunque, alla fine mi hanno denunciato. Violazione di segreto di Stato e, perché no, anche procurato allarme.
L'accusa è quella di aver pubblicato immagini (foto) di un deposito di materiale radioattivo nel bel mezzo di una base militare (Teulada).
Per l'accusa di rivelazione di segreti d'ufficio la pena va da sei mesi a tre anni di carcere. Per il procurato allarme appena sei mesi. Me ne farò una ragione.
Un dato è certo, però: siamo dinanzi alla più bieca intimidazione di Stato.
Se con questo ennesimo atto di arroganza e tracotanza il ministro della Difesa pensa di intimidirmi sappia sin d'ora che questa insensata denuncia è stimolo ulteriore a non cedere nemmeno di un millimetro.
Vado avanti, come ho sempre fatto, ben consapevole di aver agito nel rispetto delle norme, ma sopratutto di aver fatto ciò che la coscienza mi imponeva di fare!
Quella stessa coscienza che scompare in chi nega morti di Stato, nega militari e civili caduti sotto il fuoco di uranio e torio, di chi deve proteggere interessi più grandi a scapito di quelli più deboli.
Quelle immagini non le ho pubblicate io, ma la mia coscienza.
Le ha pubblicate la mia rabbia, quella di chi ha assistito al più infantile tentativo di imbrogliare me e i sardi.
I fatti che cercherò brevemente di ripercorrere avrebbero meritato ben altra attenzione, dai media e non solo, non per me, ma per la gravità dei fatti denunciati.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.[...] »
MAURO PILI Deputato sardo di UNIDOS: NON MI FACCIO INTIMIDIRE
di Mauro Pili
Unidos
questa una delle foto contestate al Deputato sardo di Unidos Mauro Pili |
Dunque, alla fine mi hanno denunciato. Violazione di segreto di Stato e, perché no, anche procurato allarme.
L'accusa è quella di aver pubblicato immagini (foto) di un deposito di materiale radioattivo nel bel mezzo di una base militare (Teulada).
Per l'accusa di rivelazione di segreti d'ufficio la pena va da sei mesi a tre anni di carcere. Per il procurato allarme appena sei mesi. Me ne farò una ragione.
Un dato è certo, però: siamo dinanzi alla più bieca intimidazione di Stato.
Se con questo ennesimo atto di arroganza e tracotanza il ministro della Difesa pensa di intimidirmi sappia sin d'ora che questa insensata denuncia è stimolo ulteriore a non cedere nemmeno di un millimetro.
Vado avanti, come ho sempre fatto, ben consapevole di aver agito nel rispetto delle norme, ma sopratutto di aver fatto ciò che la coscienza mi imponeva di fare!
Quella stessa coscienza che scompare in chi nega morti di Stato, nega militari e civili caduti sotto il fuoco di uranio e torio, di chi deve proteggere interessi più grandi a scapito di quelli più deboli.
Quelle immagini non le ho pubblicate io, ma la mia coscienza.
Le ha pubblicate la mia rabbia, quella di chi ha assistito al più infantile tentativo di imbrogliare me e i sardi.
I fatti che cercherò brevemente di ripercorrere avrebbero meritato ben altra attenzione, dai media e non solo, non per me, ma per la gravità dei fatti denunciati.
Fatti gravi, preclusi e nascosti a chiunque. Scoperti per caso. Quando ferragosto era ormai prossimo.
Il 3 agosto la Camera dei deputati aveva già sciolto le righe. Il magazzino delle valigie si era già svuotato. Treni e aerei già pieni di deputati in rientro.
Al secondo piano del palazzo delle commissioni d'inchiesta (una commissione non si nega a nessuno) va di scena l'ennesima audizione della commissione Uranio impoverito.
Audito prevacanziero il responsabile dell'Arpas Sardegna, Massimo Cappai. Quella che doveva essere una normale audizione si trasforma in un attimo in qualcosa di più. Il faccia a faccia è serrato.
Chiedo che fine abbiano fatto i missili Milan, quelli che uccidono con il torio e non solo. Quale sia il bilancio delle scorie di quei missili. Dove siano stati rinvenuti.
Il dirigente dell'Arpas a domanda esplicita comunica alla commissione che parla come delegato della procura, braccio tecnico della magistratura.
E risponde senza tergiversare: "Abbiamo trovato residui radioattivi di missili Milan oltre che nella zona Delta anche in altre tre aree. Tutto il materiale che è stato recuperato è depositato all’interno del comando del poligono di Teulada in un’area riservata, nella quale si applicano le norme di radioprotezione".
La traduzione del significato di "area riservata dove si applicano le norme di radioprotezione" è semplice: deposito temporaneo di rifiuti o materiali radioattivi, o meglio nucleari.
Nel procurato allarme, dunque, non sarei né primo né solo. La notizia divulgata in commissione d'inchiesta poteva essere sottoposta a segreto di stato, ma nessuno lo ha chiesto.
Un normalissimo deputato dinanzi ad una tale affermazione ha due scelte: ombrellone o visita ispettiva.
Alle 8.34 del giorno dopo, siamo a giovedì 4 agosto, recapito con la velocità digitale una richiesta urgente di visita ispettiva al poligono di Teulada, comunicando che, come prevede la norma, dopo 24 ore sarei stato intenzionato a svolgere il sopralluogo.
La risposta è capziosa e introduce un dettaglio: la visita potrà essere svolta solo nelle aree non classificate, ovvero sottoposte a segreto di stato.
Per visitare le aree classificate occorre un permesso speciale del ministro.
Avevo visitato altre volte Teulada e ogni volta avevo documentato tutto, foto, video e audio.
Mai mi era stato fatto cenno ad aree sottoposte a segreto di stato.
Questa volta sì. Precisazione, quella del Ministero, che lasciava intendere che qualcosa da nascondere ci fosse.
Non me ne dolgo più di tanto. L'indomani, primissimo pomeriggio di venerdì 5 agosto, sono sul posto. Solito noioso breafing lava cervelli. E poi si arriva al dunque.
Non me ne dolgo più di tanto. L'indomani, primissimo pomeriggio di venerdì 5 agosto, sono sul posto. Solito noioso breafing lava cervelli. E poi si arriva al dunque.
Chiedo di sapere quali sono le aree classificate, o meglio sottoposte a segreto di stato. Mi risponde il comandante che schiva la domanda: mi dica quello che vuole vedere e cercheremo di accontentarla.
Lo guardo, come per dirgli: com'è buono lei. Esplicito le richieste: voglio vedere il deposito di materiali radioattivi, il deposito carburanti, area lavaggi mezzi meccanici, aree ritrovamento pezzi missili radioattivi, penisola delta e foce su cala Zafferano.
La risposta è chiara: può vedere tutto. Una sola aggiunta: non si possono fare immagini. Replico: guardi che le immagini si possono fare ovunque in una visita ispettiva, fatte salve le aree soggette a segreto di stato.
Dunque, se non sono classificate è un abuso impedirmi di documentare la visita ispettiva. Protesto e chiedo di segnalare ai superiori che si tratta di una violazione delle norme.
Sono solo, in quella base. Loro sanno che la "mia" verità senza un solo fotogramma sarà smentibile in un attimo. Non ho nemmeno un testimone e la tecnica è studiata a tavolino.
Fategli vedere quello che vuole, qualsiasi cosa dirà lo smentiremo.
Non è un caso che sino a tarda sera gli uffici stampa dell'esercito monitoravano con telefonate e non solo le redazioni di agenzie e affini.
Volevano chiarissimamente e subito smentire tutto. Per continuare a nascondere. Ma non sempre il diavolo fa le pentole con i coperchi.
Giunti sul luogo del deposito, il tentativo è fin troppo evidente, direi goffo: qui è tutto in regola, mi raccontano, stabile perfetto, garanzia assoluta di sicurezza.
Se il mio tablet non avesse da qualche minuto iniziato a registrare inavvertitamente tutto quanto mi avrebbero smentito all'istante e nessuno avrebbe mai creduto ad un deposito di scorie nucleari in un vecchio magazzino abbandonato a se stesso con porte in cartone, vetri divelti, muri devastati dall'incuria. Registra tutto quel marchingegno.
Non si lascia sfuggire nemmeno una parola di quel che dicono su quel luogo da negare a tutti. E l'affermazione del tecnico è chiara: questo è un deposito temporaneo di materiali radioattivi.
Del resto era stato chiaro il ministro: impeditegli in ogni modo di documentare la situazione. Ora scopro che mi hanno denunciato.
Accusa esplicita di violazione di segreto di stato e procurato allarme.
Accuse ridicole, quanto intimidatorie.
- Forse di quelle aree non esistono altre immagini girate apertamente con tanto di generali al seguito?
- Non ho forse consegnato personalmente le immagini girate un anno fa dentro la base di Teulada alla Procura della Repubblica che mi sentì per ore sul disastro rinvenuto in quelle aree?
- Perchè allora le immagini furono consentite e oggi no?
- Per quale motivo quando ci fu l'incendio a Capo Frasca la visita fu documentata con video e immagini dallo stesso comando dell'aeronautica oltre che dal sottoscritto?
La realtà è solo una: tentano in tutti i modi di spegnere la voce di un rappresentante della propria terra che prova a sollevare il velo su questi misfatti di Stato che si consumano dentro le basi militari.
Certo non posso dire di essere sostenuto dai media più importanti, me ne dolgo, ma non posso farci niente.
Mi affido alla mia coscienza, alla ricerca di verità, e a quei tanti Sardi che non accettano di subire tutto.
Mi affido alla mia coscienza, alla ricerca di verità, e a quei tanti Sardi che non accettano di subire tutto.
Questa ennesima denuncia da parte di un ministro della guerra, rappresentante in capo delle logiche delle lobby delle armi, non mi turba. Mi amareggia, questo sì.
Non è un gesto contro di me, semmai contro la libertà, contro la trasparenza, contro la verità.
Da che mondo è mondo le immagini sono l'unica prova della verità. Ed è per questo motivo che non rinuncerò per alcun motivo al mondo a pubblicare quel video che il mio tablet ha impressionato come prova dei fatti.
Il mio racconto poteva essere smentito, quelle immagini, quelle verità impressionate nel tablet No.
Denunciarmi è l'ultimo vile attentato alla libertà di chi si batte, e si continuerà a battere, contro chi pensa di poter trasformare la Sardegna in una discarica di Stato.
Dunque, pubblicherò tutto, compreso quel video "vietato", affinché l'eventuale processo si compia sino in fondo.
A schiena dritta e testa alta.