IL GRAFOLOGO parte terza
Quando ripartiamo, rifocillati, incontriamo ancora salite, ancora qualche discesa, neve dappertutto, una temperatura che invoglia a stare svegli. Si intravvedono, lungo le vallate, un’infinità di rigagnoli, seminascosti da alberi altissimi, di un’altezza così rilevante che supera di gran lunga gli alberi più grandi che ho visto nella mia terra che, se venissero accostati a loro, sembrerebbero poco più che arbusti. Qualche raro casolare lungo la strada stride tra il verde intenso di quella vegetazione incontaminata e fitta all’inverosimile, qua e là incontriamo qualche grande mucchio di legname pronto per essere trasportato a valle. Un paesaggio praticamente deserto, le poche auto che abbiamo incrociato sembravano uscite dal nulla, e dobbiamo ringraziare la perizia del nostro autista se non si sono verificati incidenti in quella strada troppo irta e troppo stretta.
Ma finalmente le grandi montagne terminano d’incanto, di fronte a noi possiamo intravvedere spazi più liberi alla vista, le grandi colline hanno preso il posto delle montagne, e il verde quello del bianco accecante della neve. Sembra di essere usciti da un ambiente inospitale, e la vista che quegli spazi sempre più aperti ci regalano, ci danno l’impressione che il grande viaggio sia quasi al termine, ma così non è, io sono diretto verso la cittadina di fermo, e fin quando non vedrò il mare in lontananza, non potrò dire di essere vicino alla destinazione finale. Le enormi colline, divengono sempre più piccole, e assumono una curiosa caratteristica mai notata da nessun’altra parte, la loro disposizione, prima disordinata e casuale, ora si indirizza verso una parvenza di disposizione geometrica sempre più lineare che risponde a qualche ordine imposto da chissà chi, col procedere della strada si indirizzano tutte verso la stessa direzione, disegnando fila rettilinee e parallele tra loro, come dei covoni verdi disposti da un contadino in vena di perfezionismo. E tra quelle fila di colline, in ciascuna vallata scorre un fiume, a volte di grandi dimensioni, più spesso simile ad un ruscello, ma con una caratteristica comune: sono tutti indirizzati parallelamente verso la stessa direzione, che non può essere che il mare.
Tra me penso che l’avventura non preventivata che mi ha costretto ad affrontare un viaggio così lungo e faticoso, volga al termine, forse avrei fatto meglio ad utilizzare il treno, ma ancora una volta mi accorgo che la meta è lontana, e la sofferenza di quella posizione scomoda che non mi consente di muovere le gambe per via della disposizione troppo ravvicinata dei sedili, dovrà essere sopportata ancora per molto tempo. Ma almeno gli occhi riescono a godere di paesaggi più rilassanti e vari, in cima alle colline, sempre più spesso, si notano piccoli borghi, poi sempre più numerosi e di dimensioni maggiori, il verde delle colline ora si mischia ad altri colori, determinati dal lavoro dei contadini, pian piano aumentano le aree di colore giallo, in lontananza non riesco a capire di quali coltivazioni si tratti, presumo siano coltivazioni di girasoli; si affacciano alla mia vista aree piantumate, forse da alberi da frutto e qualche raro vigneto. Poi mi si presentano di fronte disastrose visioni di intere colline sventrate da non so cosa, il compagno di viaggio che ho al mio fianco mi informa che quegli scherzi non sono stati causati dall’uomo, ma dalla natura, si chiamano calanche e sono caratteristiche di questa regione.