venerdì 12 marzo 2010

I CINQUE ‘STATI NUCLEARI NON DICHIARATI’

DEL PROF. MICHEL CHOSSUDOVSKY
Global Research

Turchia, Germania, Belgio, Olanda e Italia sono Potenze Nucleari?

Secondo una recente relazione, l’ex Segretario Generale della NATO George Robertson ha confermato che la Turchia possiede da 40 a 90 armi nucleari “Made in USA” nella base militare di Incirlik. (en.trend.az/)

Significa che la Turchia è una potenza nucleare?

“Lungi dal rendere l’Europa un posto più sicuro e dal creare un’Europa meno dipendente dal nucleare, [la strategia] potrebbe tranquillamente avere come risultato quello di introdurre più armi nucleari nel continente europeo, frustrando così alcuni dei tentativi che si stanno compiendo per ottenere un disarmo nucleare multilaterale” (citazione dall’ex Segretario Generale della NATO George Robertson su “Global Security” del 10 febbraio 2010).

“L’Italia è in grado di sferrare un attacco termonucleare?…

Sarebbero in grado Belgio e Olanda di sganciare bombe a idrogeno sul bersaglio nemico?…

Le forze aeree tedesche non potrebbero forse essere istruite per gettare bombe 13 volte più potenti rispetto a quella che ha distrutto Hiroshima?

Le bombe nucleari vengono conservate in basi aeree dislocate in Italia, Belgio, Germania e Olanda – e gli aerei di ciascuno di questi paesi sono in grado di trasportarle” ("Cosa Fare in merito alle Testate Nucleari Segrete dell’Europa”[1], Times Magazine, 2 dicembre 2010)


Gli Stati Nucleari “Ufficiali”

Cinque Paesi, ovvero America, Inghilterra, Francia, Cina e Russia, sono considerati “stati nucleari” (NWS), “uno status riconosciuto a livello internazionale e attribuito dal Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP)”. Altri tre Paesi “non-TNP” (ovvero non firmatari del TNP) cioè India, Pakistan e Corea del Nord, hanno ammesso di possedere armi nucleari.

Israele: "Stato Nucleare Non Dichiarato"

Israele è definito come “stato nucleare non dichiarato”. Produce e dispiega testate nucleari puntate contro bersagli militari e civili nel Medio Oriente, Teheran compresa.

Iran

Giravano diverse voci, supportate da prove poco consistenti, sul fatto che l’Iran potesse in futuro diventare uno stato nucleare. Di conseguenza, un attacco nucleare preventivo a scopo difensivo sull’Iran finalizzato a distruggere il suo programma di armi nucleari inesistenti potrebbe davvero essere preso in considerazione “per rendere il mondo un posto più sicuro”. I principali mezzi di comunicazione abbondano di opinioni improvvisate sulla minaccia nucleare iraniana.

E allora anche i cinque “stati nucleari non dichiarati” europei, ovvero Belgio, Germania, Turchia, Olanda e Italia possono rappresentare una minaccia?

Belgio, Germania, Olanda, Italia e Turchia: “Stati Nucleari Non Dichiarati”

Se la capacità in termini di armi nucleari dell’Iran non è confermata, quella di questi cinque stati, comprese le procedure di distribuzione, sono ufficialmente risapute.

Gli Stati Uniti hanno fornito circa 480 bombe termonucleari B61 a cinque cosiddetti “stati non nucleari”, compresi Belgio, Germania, Italia, Olanda e Turchia. Casualmente ignorata dal Comitato di Supervisione Tecnica delle Nazioni Unite, con sede a Vienna (IAEA), l’America ha contribuito attivamente alla proliferazione delle armi nucleari nell’Europa occidentale.

Come parte di questa riserva europea la Turchia, che è inserita assieme a Israele nella coalizione capitanata dall’America contro l’Iran, possiede circa 90 bombe termonucleari B61 bunker buster [2], conservate presso la base aerea nucleare di Incirlik (National Resources Defense Council, Nuclear Weapons in Europe , Febbraio 2005)

Secondo la definizione ufficialmente riconosciuta, queste cinque nazioni sono "stati nucleari non dichiarati".

La riserva e l’uso dei missili tattici B61 in questi cinque “stati non nucleari” sono concepiti per bersagli localizzati in Medio Oriente. Inoltre, secondo i “piani d’attacco della NATO”, queste bombe termonucleari B61 bunker buster (conservate dagli “stati non nucleari”) potrebbero essere lanciate “contro bersagli che si trovano in Russia o in paesi del Medio Oriente, come Siria o Iran” (tratto da National Resources Defense Council, Nuclear Weapons in Europe, febbraio 2005)

Forse questo significa che l’Iran o la Russia, che sono dei bersagli potenziali di un attacco nucleare da parte dei cosiddetti stati non nucleari, dovrebbero prendere in considerazione una tattica difensiva fatta di attacchi nucleari preventivi contro la Germania, l’Italia, il Belgio, l’Olanda e la Turchia? La risposta è ovviamente no.

Mentre questi ‘stati nucleari non dichiarati’ accusano senza troppi problemi Teheran di progettare armi nucleari, senza alcuna prova documentale, essi stessi sono nelle condizioni di poter sganciare testate nucleari che hanno come bersaglio l’Iran. Dire che questo è un chiaro esempio di “doppio standard” da parte dell’IAEA e della “comunità internazionale” è sarcastico.


Le riserve di armi sono composte da bombe termonucleari B61. Tutte le armi sono bombe di gravità del tipo B61 –3, -4 e –10.

Queste valutazioni si basano su affermazioni private e pubbliche rese da una serie di fonti governative e su ipotesi riguardanti la capacità di stoccaggio di armi nucleari di ciascuna base. (National Resources Defense Council, Nuclear Weapons in Europe, Febbraio 2005)

Germania: Produttore di Armi Nucleari

Dei cinque ‘stati nucleari non dichiarati’ la “Germania è il paese più fortemente nuclearizzato, con tre basi nucleari (due delle quali pienamente operative) e una capacità di stoccaggio di almeno 150 [bombe B61 bunker buster]” (Ibid.). Secondo i "piani d’attacco della NATO" sopra citati, queste armi nucleari tattiche hanno anch’esse come bersaglio il Medio Oriente.

Se la Germania non è ufficialmente catalogata come potenza nucleare, d’altro canto essa produce testate nucleari per la marina francese. Conserva testate nucleari (prodotte in America) e ha la capacità di sganciare armi nucleari. Inoltre, la ‘European Aeronautic Defense and Space Company - EADS’, una joint venture franco-tedesco-spagnola, controllata dalla Deutsche Aerospace e dal potente Gruppo Daimler, è la seconda produttrice di materiale militare in Europa, fornendo i missili nucleari M51 alla Francia.

La Germania importa e distribuisce armi nucleari dagli Stati Uniti. Produce inoltre delle testate nucleari che vengono esportate in Francia. Tuttavia, è classificata come stato non nucleare.

Articoli Correlati: Rick Rozoff, NATO's Secret Transatlantic Bond: Nuclear Weapons In Europe, Global Research, 4 dicembre 2009.

NOTE

[1] Titolo originale “What to Do About Europe’s Secret Nukes”, NdT.

[2] Per dettagli, si rimanda a http://it.wikipedia.org/wiki/Robust_Nuclear_Earth_Penetrator (NdT)

Titolo originale: "Europe's Five "Undeclared Nuclear Weapons States" Are Turkey, Germany, Belgium, The Netherlands and Italy Nuclear Powers? "


Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di RACHELE MATERASSI



http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=17550

lunedì 8 marzo 2010

Il popolo della Sardegna Manifesta contro il nucleare a Cirras luogo scelto dal governo italiota per la centrale nucleare a Santa Giusta OR

Sayli Vaturu
sa defenza

La giornata si è aperta con un'aria molto frizzante e fredda alternata a sole e nuvole a pecorelle, si temeva una scroscio d'acqua che non si è manifestato se non per poche gocce lenitive della giornata ghiacciata.

I preparativi si avvicendano c'è chi sta scavando una buca per metterci il palo d'acciaio su cui è collocato un bronzetto nuragico che rappresenta il capo tribù e la guardia del territorio , oltre che la sovranità.

Altri patrioti stendono gli striscioni del comitato anti nuke e dei movimenti indipendentisti e non, e dicono : "NO NUKE UNA RISATA SARDONICA VI SEPPELLIRA', poi A CIRRAS COME A PRATOBELLO, NO al NUCLEARE, NO BASI NO SCORIE NO BASI MILITARI ! ".

Poi tante bandiere sarde con i quattro mori , e le bandiere di Sardigna Natzione e degli ambientalisti del social forum gialle con scritto no centrali e no scorie, le bandiere rosse di A_Manca, i quattro mori bendati dei sardisti eppoi i rossomori, i rifondaroli e tanta gente ambientalista...

La manifestazione è iniziata con la presentazione del filo conduttore anti nuke esposta dal leader di Sardigna Natzione Indipendentzia Bustianu Cumpostu, si è anche dato via alla posa in terra, del bronzetto nuragico, rappresentante nell'immaginario collettivo il guardiano del territorio contro il nucleare, l'antico Capo Nuragico.

E' intervenuto il sindaco Antonello Figus di Santa Giusta, ed, ha esposto la sua contrarietà e quella della giunta comunale al progetto del sito nucleare sul suo territorio a Cirras, poi, ha continuato l'intervento sulla stessa onda filosofica il sindaco Ennio Cabiddu di Samassi, già impegnato nella marcia mondiale della pace, a seguito il portavoce del comitato anti nuke Valter Erriu che ha posto l'accento sulla sovranità e la impossibilità di porre base ad una centrale che pone a rischio il futuro delle prossime generazioni.


Tra gli altri son intervenuti uomini e donne del movimento ambientalista sardo e dei partiti indipendentisti come A Manca e PSdAz, SNI, molte le donne attive Aurora Pigliapochi di SNI tra le altre Mariella Cao di Gettiamo le Basi, e Rosalba del socialforum di CA, Paola Alcioni la poetessa, il leader indipendentista storico Giampiero Marras detto "Zampa" del CSS Il sindacato etnico sardo, i giovani del movimento SNI di Sperantzia de Libertadi con l'intervento di Alberto Denotti inoltre Michelangelo Puliga di Solebentu, il grande Giovanni Fara coordinatore di SNI a SS..


Il discorso è politico e di sovranità, la non accettazione di imposizioni del governo italico è per noi sardi di importanza vitale, poi, per primo ne và della nostra produzione agroalimentare e dei nostri allevamenti; secondo pensiamo che il solo fatto che possa aleggiare o sfiorare l'idea dell'immaginario collettivo di un possibile inquinamento dei nostri prodotti alimentari con irradiamento nucleare può produrre danni economici per molti anni avvenire e mandare in rovina tutta la nostra natzione, per non parlare del turismo che anch'esso avrebbe un tracollo inimmaginabile, e noi non possiamo permetterlo.

Questi sono solo i motivi economici per cui non ci permette di accettare un discorso nucleare, ma la motivazione che ci impedisce di accettare una tale questione è idealmente molto più alta , e ci spinge ad una ferma opposizione è: la salute pubblica di oggi e del futuro dei figli che ancora devono nascere! Se ci cercano con questi argomenti assurdi per la nostra terra ci troveranno pronti ad una risposta forte determinata e popolare, se non avete rispetto per la nostra terra ed il nostro popolo e la nostra natzione, non aspettatevi che ne avremo noi con Voi, lotta dura senza paura!!




Dall'Italia si vocifera e si agisce:
Dopo l’approvazione del decreto che disciplina la realizzazione di nuove centrali nucleari in Italia, il governo Italiota dovrà anche approvare entro 3 mesi, la «Strategia nucleare». Previsto invece dopo le elezioni regionali - meglio lasciare l’annuncio a tempi politicamente meno caldi - la scelta dei criteri dettagliati di localizzazione dei siti e delle sedi designate.

Del nuovo nucleare molti paventano un’impresa faraonica con approccio all’italiana, a fronte tutto sommato di una soluzione parziale del rifornimento energetico, questo perché:
Primo, “i rapporti delle agenzie del mondo che certificano il continuo ridimensionamento del contributo, già oggi ben modesto (meno del 6%), dell’energia nucleare al fabbisogno energetico” oltre ai problemi irrisolti: disponibilità dell’uranio 235, rilasci di radiazioni in condizioni di routine, sicurezza, scorie, proliferazione militare e, soprattutto, costo del kWh”.

Secondo, perché già tre regioni si sono apertamente tirate fuori (Puglia, Campania e Basilicata), mentre Formigoni, Zaia e Cota che si sono dichiarati favorevoli, ma non vogliono impianti in Piemonte, Lombardia e Veneto.

E se il ministro Scajola tuona che si farà come dice il governo, Vendola ha già annunciato: "Noi saremo la Regione più disobbediente d’Italia e continueremo a dire no al nucleare. Visto i problemi che crea la Tav, per costruire centrali nucleari in Italia ci vorrà l’esercito".

Berlusconi ne è talmente consapevole che comincia a guardare all’Albania e ad altri paesi fuori dall’Unione che per povertà strutturali sarebbero disponibili a tutto.

A remare contro il nucleare anche il gap tecnologico dell’Italia che avendo abbandonato dopo il referendum del 1987 la partita, è abbastanza fuori gioco, anche se Enel collabora con il settore in Francia.

Sul piano poi delle nuove strategie mondiali, comincia ad affacciarsi l’ipotesi che il gigantismo, il monopolio, le grandi concentrazioni, abbiano fatto il loro tempo, non siano più foriere di crescita e di sviluppo, ma vestali di sventura, come è emerso platealmente con la crisi economica.









domenica 28 febbraio 2010

Manifest/Azione antinucleare 7 MARZO 2010 a CIRRAS ORISTANO

NON PERMETTIAMO DI RENDERE INVIVIBILE LA TERRA DEI NOSTRI FIGLI CHE DEVONO ANCORA NASCERE!!




il bronzetto che verrà posto in loco a Cirras

Vi invitiamo a partecipare domenica 7 Marzo 2010 a Cirras OR nella zona sportiva, alle ore 10,30, al sit-in e alla posa di una statuetta nuragica del capo tribù.

Per dire no alla centrale nucleare che li vogliono costruire e rivendicare la sovranità territoriale, e sostenere il referendum consultivo sul nucleare già presentato alla corte d'appello di Cagliari.

Domenica inoltre, daremo vita assieme a tutti i partecipanti del sit-in al comitato antinucleare sardo ..

Non permettiamo, loro, che inquinino rovinando la terra dei bambini che ancora devono nascere!

comitato No Nuke una risata sardonica vi seppellirà




domenica 21 febbraio 2010

AUTODETERMINATZIONE DE SA SARDINIA 25° DE SA CSS: FEDERALISMO PER LA NOSTRA PATRIA!

Sayli Vaturu
sa defenza sotziali

FRANCO MADAU PROCURARE DE MODERARE


Autodeterminatzione da sa Natzione Sarda.

La Confederazione Sindacale Sarda CSS, ha festeggiato il suo 25° anniversario della sua fondazione, a tre mesi della scomprasa del suo primo segretario natzionale Eliseo Spiga, si accinge, per bocca del suo Segretario Genaerale Giacomo Meloni, a dare più forza alla rivendicazione di più diritti del popolo lavoratore sardo chiedendo a gran voce l'autodeterminazione della nazione sarda.

La politica italiana ha evidenziato il suo totale fallimento nel rapporto con le "Regioni", meglio sarebbe dire "Nazioni", a Statuto Speciale.

Ciò che nacque per dare la più larga autonomia alle "regioni autonome", dal centro di potere romano, si è invece rivelata una gabbia che non permette la vera sovranità delle nazioni forzosamente assorbite da una logica spartitoria est-ovest all'interno dello stato Italiano.

Oggi son maturi i tempi per ridare la libertà alle nazioni senza stato , come la Sardegna , la Corsica , l'Euskadi, la Occitania, la Catalunia , la Galizia, la Vallè d'Aoste, il Friul, la Bretagne, Galles, Alba (Scozia), Cornovaglia e tutte le realtà nazionali senza stato che esistono nel mondo pacificato, e non.

Il sindacato sardo CSS ha improntato la sua politica sindacale sulla linea culturale etnica, oltre alla difesa del diritto al lavoro ha sempre sostenuto la specificità nazionale della nostra terra sarda, come lo fecero a loro tempo uomini di cultura come G.B. TUVERI, G. ASPRONI, E. LUSSU, A. GRAMSCI e A.S. MOSSA.

La questione federale, è di dibattimento ultra secolare in terra sarda.

Il professore Gianfranco Contu scrive delle nazioni senza stato, a cui è stata riconosciuta la identità nazionale come ad esempio le nazioni di influenza "inglese"...rivolgendo l'attenzione alla nazione sarda dice: "....Nulla o quasi di tutto questo è avvenuto in Sardegna. Dai motti angioiani del "triennio rivoluzionario" (1793-1796), alla rovente polemica suscitata dalla "perfetta fusione" con il Piemonte del 1847, alla nascita del primo movimento politico organizzato per l'autonomia dell'isola nel primo dopoguerra (il Movimento dei combattenti sardi e subito dopo Partito Sardo d'Azione), la richiesta d'autonomia non venne mai fondato sul principio dell'esistenza della nazionalità sarda.... Una vera e propria richiesta di indipendenza statuale, non venne avanzata in Sardegna , forse anche per la particolarre e difficile collocazione dell'isola (al centro del Mediterraneo Occidentale) e quindi anche per i delicatio equilibri politici che avrebbe potuto comportare. (La temtica indipendentista è giunta in Sardegna molto più tardi, alla finìce degli anni sessanta del secolo XX, legata alla nascita del movimento neosardista..."

Crediamo che sia ora di riprendere il percorso iniziato nel 1793 da G.M. Angioi e rivendicare il diritto della nostra nazione all'autodeterminazione, all'identità e alla specificità della nostra etnia, la creazione in forma federale della nostra statualità, finalmente sovrana.

SA DEFENZA SOTZIALI

Il segretario della CSS Giacomo Meloni


Guido Corniolo sindacato valtostano SAVT


Il segretario nazionale del PSd'Az Giovanni Colli


Il coordinatore nazionale di SNI Bustianu Cumpostu


il presidente nazionale di iRS Gavino Sale


la poetessa indipendentista Paola Alcioni


professor Mario Pudhu


l'Onorevole Federico Palomba de IdV


Valter Erriu "Sayli Vaturu" portavoce di NO NUKE una risata sardonica vi seppellirà


Roberto Spano Rete Sarda Doposviluppo


Franco Melis Launedhas Franco Madau Ghitarra

domenica 14 febbraio 2010

Nucleare, attenti al referendum



Domanda ai candidati alle regionali: «Farete una centrale, sì o no?»

«Una centrale nucleare nella mia regione sì o no?». E' la domanda - da intendere non come provocatoria, ma del tutto opportuna - che Legambiente rivolge a tutti i candidati alle prossime elezioni regionali. Finora hanno risposto con un secco «no» ben 23 candidati di tutti gli schieramenti politici, dalla Lega al Pd, passando per l'Udc e per il Pdl. Sono nove, invece, i candidati che ancora non si sono espressi e solo 6 quelli che dicono apertamente sì al nucleare (vedi schema accanto, ndr). Tra questi viene giustamente conteggiata anche la posizione «furbetta» di Roberto Formigoni, attuale governatore e candidato al «tris», il quale si dice favorevole al nucleare assicurando però che una centrale non verrà mai costruita in Lombardia. «Quello che è certo finora è che il no al nucleare sembra mettere d'accordo tutti i candidati alle regionali - spiega Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente - il governo deve smetterla di ingannare gli italiani sulle possibilità del nucleare, che rimane una scelta folle da un punto di vista economico ed energetico. Nessuna nuova centrale deve essere realizzata senza il consenso degli italiani».

Mario Agostinelli e Alfiero Grandi

ilmanifesto.it
Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti: questo governo vuole ad ogni costo tornare al nucleare e sottovalutarne l'iniziativa sarebbe un grave errore.
In altri campi quando il governo ha capito che rischiava di restare isolato ha cambiato strada, questa volta no. Eppure la maggioranza delle Regioni (13) ha fatto ricorso alla Corte costituzionale contro la legge 99/2009 che reintroduce il nucleare in Italia. Perfino Zaia afferma che il nucleare si può fare ma non nella Regione in cui si candida Presidente, fingendo di dimenticare di avere contribuito a questa folle scelta come Ministro di questo governo. È uno dei segnali che il gradimento del nucleare nell'opinione pubblica è molto basso e che solo la pressione della lobby affaristica, guidata in Italia dall'Enel e da un corposo settore di Confindustria, per ora mantiene l'argomento all'ordine del giorno.
Il governo punta a consolidare un blocco di interessi molto in sintonia con la sua politica economica, ma si preoccupa anche di cercare consenso nell'opinione pubblica e di non avere intralci alla propria determinazione. Tanto è vero che dopo la richiesta dell'Amministratore delegato dell'Enel di togliere i poteri alle Regioni in materia di energia e nucleare il ministro Scaiola non ha trovato di meglio che affermare la stessa cosa e di denunciare le leggi di «denuclearizzazione» di Puglia, Basilicata e Campania. Intanto emergono episodi inquietanti, come la distribuzione dell'opuscolo «Energia per il futuro» come inserto di alcune pubblicazioni diocesane. Un libretto patinato prodotto da «Sviluppo nucleare Italia» con «accattivanti» citazioni papali e cardinalizie che dovrebbero testimoniare come il magistero della Chiesa sia favorevole al nucleare civile.
Il Governo intanto mente sui conti e sui costi. Come tutti sappiamo, le centrali costano enormemente di più di quanto si dice. Se venissero calcolati anche smantellamento e scorie, come si dovrebbe fare, l'energia elettrica da nucleare risulterebbe anche finanziariamente insostenibile. Il risparmio il governo lo individua nell'unico aspetto che dovrebbe avere risorse adeguate: l'Agenzia per la sicurezza, dove assicura che spenderà poco. In realtà una creatura rachitica perché non deve essere in grado di disturbare le decisioni della lobby nuclearista. Se poi la sicurezza dei cittadini e dell'ambiente ne risentirà pazienza, come prova l'incredibile ruolo assegnato ai privati nella costruzione e nella gestione degli impianti, tutto orientato a trasferire gli aspetti dell'incolumità e della salute dentro la logica del mercato. Del resto fa il paio con una legislazione che taglia fuori le Regioni, gli enti locali e i cittadini, tanto è vero che non solo il governo vuole decidere da solo, ma pretende di imporre la militarizzazione dei siti nucleari prescelti.
Per di più Scaiola non vuole ammettere che il nucleare, per i lunghissimi tempi di approntamento, non permetterà di rispettare gli obiettivi di Kyoto entro il 2012, per cui i cittadini - come avvisa il Kyoto Club - pagheranno un debito accumulato dal 2008 di oltre 3 milioni di euro al giorno, con sicuri riflessi anche sulla loro bolletta della luce. Mentre puntare sulle energie da fonti rinnovabili e all'obiettivo europeo «20/20/20» permetterebbe di iniziare subito a rientrare nei parametri, creerebbe - secondo Cgil e Legambiente - almeno 100.000 posti di lavoro qualificati e non farebbe correre rischi alla salute dei cittadini e dei lavoratori.
Per questo siamo d'accordo con Cogliati Dezza (il manifesto del 4 Febbraio) sulla costituzione da subito di un coordinamento di tutte le forze che sono contro il nucleare. Aggiungiamo che in questa fase preelettorale la scelta contro il nucleare deve caratterizzare le coalizioni che si candidano a governare le Regioni. Nessun voto deve andare a chi è a favore del ritorno del nucleare, o lo appoggia dissimulandone le conseguenze come fanno Formigoni e la Lega in Lombardia.
È importante che anche questa occasione faccia crescere l'informazione e la conseguente opposizione alle centrali e ai depositi, garantendo l'elezione di governi regionali schierati contro l'atomo, ma anche sollecitati allo sviluppo dell'alternativa del sole. È il modo migliore per sostenere i ricorsi che molti consigli regionali hanno fatto alla Corte Costituzionale contro la legge 99/2009.

Resta il problema del referendum abrogativo della legge 99/2009. Certo il referendum non è strumento da prendere alla leggera. Tuttavia non si può ignorare che la decisione di promuoverlo è già in campo. Se l'iniziativa referendaria contro il nucleare si collegasse a quella ormai decisa per l'acqua - il cui esito corre rischi analoghi - in nome di una forte presa dei temi della vita, della sopravvivenza, della giustizia climatica e sociale, è fondamentale chiedere con forza che diventi veramente un'iniziativa larga, tale che possa essere condivisa da tutte le componenti dello schieramento contro il nucleare auspicato da Cogliati Dezza.
Potremmo così accompagnare al «no» sul nucleare un «sì» ad una proposta di legge di iniziativa popolare fondata sulle energie rinnovabili e cercare di unificare il fronte dei beni comuni - acqua, energia, alimentazione - in una narrazione coerente e desiderabile.

martedì 9 febbraio 2010

SARDEGNA PRESENTATO REFERENDUM CONSULTIVO SUL NUCLERE ALLA CORTE D'APPELLO DI CAGLIARI



Stamane mattina di fronte al tribunale di Cagliari in una giornata piovosa e freschina Sardigna Natzione convoca la stampa per presentare ai media la raccolta firme terminata positivamente con una numero superiore di oltre seimiladuecentottantasei firme al minimo di diecimila richieste per legge, e per la sua consegna in mani della Corte d'Appello di Cagliari, il numero significativo di firme significa una grande attenzione del popolo sardo molto sensibile ad un problema che si profila di importanza vitale per la sua terra ed il futuro delle sue generazioni avvenire.

Senza fare terrorismo psicologico, affermiamo con nozione di causa che se dovesse accadere un incidente come quello di Chernobyl nella nostra terra di Sardegna, questo significherebbe la totale scomparsa di un popolo dalla faccia della nostra amata terra Gaia, e Noi?

Noi non siamo disponibili ad accettare un tale scempio ed olocausto in nome del profitto e del modernismo stupido di pochi uomini a discapito di una comunità come la nostra specifica sarda.

Non possiamo permettere ad un governo coloniale, ne ITALIOTA ne di altro luogo, di attuare le stesse politiche di distuzione e di eliminazione fisica dei nostri uomini donne e bambini che in altri luoghi si commettono nostro malgrado e impotenza, ma che condanniamo con forza senza se e senza ma, come avviene per il popolo di Palestina o dei popoli di America nei confronti dei nativi americani, sono attuati e sostenuti senza che nessuna nazione del mondo levi un grido di dolore e di solidarietà a loro difesa.

Noi sapremo difenderci con determinazione ed intento univoco fino alla vittoria!!















domenica 7 febbraio 2010

Manifestatzione 05.02.010 CA per la SOVRANITA' DEL POPOLO SARDO: lavoro ambientalmente pulito per uno sviluppo sostenibile e non invasivo


Mettiamo le interviste che abbiamo girato all'area sindacale indipendentista e sardista della natzione sarda durante la manifestazione del 05 febbraio 2010 a Cagliari , dove son scese in piazza più di 50.000 persone, tra lavoratori , pensionati e persone arrabiate, ovvero tutti coloro che hanno mostrato di esprimere la propria indignazione e disagio per la situazione di sofferenza economica del popolo sardo.

Una Sardegna schiacciata dall'arroganza del governo centrale italiota, mette a dura prova la dignità sempre più vituperata dai colonialisti, che oltre tutto pongono un dictat economico di sofferenza inacettabile dalla coscienza sarda.

SA DEFENZA SOTZIALI






















sabato 6 febbraio 2010

PROPOSTA DELLA FONDAZIONE SARDINIA:"AUTODETERMINAZIONE" E GOVERNO SOVRANO DELLA SARDEGNA

Cagliari, 3 febbraio 2010

All’on. Claudia Lombardo
e agli Onorevoli componenti il Consiglio regionale della Sardegna


Egregio Onorevole,
Le scrivo nella mia qualità di presidente della Fondazione Sardinia, l’associazione culturale che da diciannove anni collabora con le istituzioni e con la comunità sarda al fine di promuovere “la presa di coscienza e il diretto protagonismo dei Sardi verso obiettivi di autoconsapevolezza e di protagonismo economico, sociale, politico e culturale”.


In questa prospettiva, il 2009 è stato dedicato al tema dell’identità: a come l’identità culturale e linguistica si traduca in identità politica ed economica, nella convinzione che le cose si dicono facendole e si fanno dicendole. Un’identità politica che si esprime in precise riforme istituzionali, un’identità economica che vede nella valorizzazione delle risorse locali il dispositivo di crescita e di fiducia nelle proprie intraprese: quanto più un prodotto si caratterizza in senso identitario( formaggio, sughero, granito, agroalimentare, ambiente, turismo, cultura) tanto più entra nel mercato e nella comunicazione mondiale. Sul versante politico-istituzionale, una particolare attenzione è stata rivolta all’Autonomia, al Federalismo, all’Indipendentismo, facendo tesoro di contributi importanti da parte di politici, giuristi, esperti di economia e finanza ma anche di protagonisti delle riforme catalane. Pur nel ventaglio delle differenti convinzioni politiche, è emersa una sostanziale comunità di intenti sui valori di Sovranità e di Autodeterminazione e sul significato identitario di Popolo Sardo e di Nazione Sarda. E’ stato osservato che questi valori non hanno trovato nelle forze politiche e nei singoli partiti una consapevolezza di impegno e di lotta capace di tradurli nelle corrispondenti riforme istituzionali. Perciò è nata l’esigenza di presentare al massimo organismo della Comunità sarda, il Consiglio Regionale, al Presidente e a ciascun Consigliere, il documento, previsto dall’art. 51 dello Statuto Sardo, che ha quale referente storico l’ordine del giorno-voto approvato dal Consiglio regionale il 10 maggio 1966 e prosegue nel solco intrapreso dalla mozione sulla sovranità del Popolo sardo approvata dallo stesso Consiglio il 24 febbraio 1999.
Cordiali saluti
Il Presidente della Fondazione Sardinia
(Bachisio Bandinu)


P.S. Questa lettera viene inviata a ciascun Consigliere regionale perché l’impegno di lotta e la responsabilità politica ed etica non appartengono soltanto all’Istituzione in quanto tale ma a ogni singola persona chiamata a rappresentare il Popolo Sardo.





Ordine del giorno voto al Parlamento
(art. 51 Statuto Sardo)

Il Consiglio regionale della Sardegna

premesso
che la Mozione approvata da questo organismo il 24 febbraio 1999 afferma
-“il diritto del Popolo Sardo di essere padrone del proprio futuro”,
- “il diritto e il dovere del Consiglio regionale di rappresentare l'intero Popolo sardo, ai sensi dell'articolo 24 dello Statuto” ,

premesso
il diritto del Popolo Sardo a difendere e rafforzare l’autogoverno della Sardegna così come si evince dal Patto costituzionale che ha avuto un suo primo riconoscimento nello Statuto del 1948;

constatato
che l’ attuale regime di Autonomia
– non ha realizzato il suo significato più importante, quello dell’autogoverno e dello sviluppo economico,
– non risponde alle richieste dei nuovi problemi creati dai cambiamenti sociali, dalla unificazione europea, dalla globalizzazione,
- mortifica la volontà della Sardegna di attuare quelle scelte che ne garantiscano la libertà e la prosperità,
- acuisce la conflittualità fra Stato e Regione quasi sempre a sfavore della Sardegna;

constatato
che la condizione di dipendenza, anziché ridursi, si è accresciuta nel sistema politico, finanziario, economico, culturale, educativo, sanitario, delle servitù militari, delle risorse energetiche, dei beni culturali e artistici, nonché nella presenza delle multinazionali operanti in Sardegna, nella esclusione dalla rappresentanza nel Parlamento europeo;





considerato
che l’identità storica, geografica, culturale e linguistica esige un’identità politica chiaramente definita e un forte autogoverno;
che mancano interventi risolutori da parte dello Stato nel campo sociale ed economico;
che la crescita di una coscienza e di una fede nel Popolo sardo e nella Nazione sarda, come valori capaci di innescare processi di cambiamento e di sviluppo, può essere progettata e attuata solo attraverso una piena sovranità attribuita alle istituzioni del Popolo Sardo;

riafferma
i principi di sovranità contenuti nella mozione approvata dal Consiglio regionale il 24 febbraio 1999, nonché le sue motivazioni storiche, culturali e politiche, con le quali è stata confermata solennemente “la sovranità del Popolo Sardo sulla Sardegna, sulle isole adiacenti, sul suo mare territoriale e sulla relativa piattaforma marina” , riprendendosi la sovranità a suo tempo frettolosamente abbandonata nelle mani della monarchia Sabauda in cambio della ‘fusione perfetta’ con gli stati della terraferma”,

dichiara
politicamente e istituzionalmente conclusa la vicenda storica susseguente alla rinuncia alla proprie sovrane istituzioni avvenuta nel lontano 29 novembre 1847 e solo parzialmente recuperata nello Statuto del 1948. E, pertanto,

disconosce
la petizione portata avanti dalle Deputazioni delle tre maggiori città dell’Isola “rivolta alla impetrazione per la Sardegna della perfetta fusione con gli Stati R. di terraferma, come vero vincolo di fratellanza, in forza di qual fusione ed unità di interessi si otterrebbero le bramate utili concessioni…” (Deliberazione del Consiglio Generale di Cagliari, del 19 novembre 1847); altresì

denuncia
come non valida la concessione della ‘perfetta fusione’ deliberata dal Re di Sardegna Carlo Alberto, con Regio Biglietto del 20 dicembre 1847, a cui non fece seguito alcuna consultazione popolare attraverso plebiscito – come avverrà nelle altri stati italiani in vista dell’unità del 1861 -, in palese trasgressione con il dettato dei trattati internazionali di Londra del 1720 e, soprattutto, senza il voto dei tre Stamenti sardi, unico organo autorizzato a risolvere una simile questione internazionale. Conseguentemente




chiede
al Parlamento la stipula di un nuovo Patto costituzionale, partecipando con pieno diritto e nel rispetto della rappresentanza del Popolo Sardo al processo di riforma e di revisione della Costituzione italiana;

rivendica
il diritto di partecipare al processo di riforma secondo le forme che la legittima rappresentanza del Popolo Sardo vorrà seguire ,
- nel rispetto della sovranità popolare e della natura “nazionale” del suo popolo,
- nel contemporaneo riconoscimento di una più alta ed efficace forma di autogoverno della Sardegna,
– nella convinzione maturata anche in Italia secondo la quale il Paese è diventato uno stato plurinazionale e pluriculturale nella sostanza ma non ancora nella forma costituzionale,
- nella fiducia che il nuovo Patto costituzionale offrirà anche alla Sardegna la possibilità di convivere fraternamente con i popoli dell’Italia.

Il Consiglio Regionale della Sardegna

ribadisce, infine,
nel rispetto della propria tradizione democratica,
- i valori di coesione economico – sociale e il modello di libertà, di democrazia, di benessere e di progresso tipici delle diverse nazioni presenti in Europa
- l’amichevole collaborazione alle comunità ed agli Stati frontalieri del bacino Mediterraneo per il progresso degli interessi comuni";

dà avvio
alla elaborazione del nuovo Statuto - Costituzione della Sardegna tramite un’assemblea costituente il cui lavoro verrà confermato da questo Consiglio regionale con il voto e dai cittadini sardi tramite referendum.



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