mercoledì 15 giugno 2011

Escalation militare: “fase due” della guerra in Libia

Prof. Michel Chossudovsky, Global Research, 1 giugno 2011


Traduzione di Alessandro Lattanzio

Una nuova fase della guerra sta conducendo al processo di escalation militare che si concluderà con lo sbarco di commandos USA-NATO sulle coste della Libia. Uno spiegamento senza precedenti di potenza navale nel Mediterraneo è in corso. Il 1° giugno, gli Stati membri dell’Alleanza Atlantica (NATO), a Bruxelles hanno deciso di “rinnovare la missione“, vale a dire estendere la guerra alla Libia, “per altri 90 giorni, fino a tutto settembre“.
Dall’inizio della guerra il 19 marzo, più di 10.000 sortite sono state condotte. La NATO riconosce un totale di 9.036 sortite, tra cui 3.443 attacchi, nel corso di di due mesi, (31 marzo 2011-31 maggio 2011). Le operazioni militari non sono più limitate a una campagna di bombardamenti ad alta quota, dove gli obiettivi degli attacchi sono “pre-approvati” e pianificati in anticipo. Il dispiegamento di elicotteri e aerei per le operazioni a bassa quota è già previsto. Questi ultimi supporteranno lo schieramento di commando USA-NATO e le forze ribelli a terra.
Ciò che si sta svolgendo è una escalation delle operazioni militari, che nello stesso tempo sta portando ad una guerra di lunga durata. La Superportaerei USS George H. W. Bush, la nave più avanzata nel arsenale navale statunitense, insieme con il suo gruppo imbarcato e d’attacco, è entrata nel Mediterraneo, per unirsi alla Sesta Flotta a Napoli. La Superportaerei USS George HW Bush (CVN77) è la più grande nave da guerra del mondo: con “quattro ettari e mezzo di spazio sul suo ponte di volo, che la rende in grado di ospitare 90 aerei ed elicotteri. Ha un equipaggio di 5.500 effettivi“. Dotata di sofisticati sistemi di guerra elettronica, è la più grande “base militare mobile” del mondo (Manlio Dinucci, “Stivali sul terreno”: Sarkozy e Cameron preparano lo sbarco in Libia, Global Research, 31 maggio 2011). Il USS George HW Bush Carrier Strike Group è stato inviato per il suo “viaggio inaugurale” nell’area delle operazioni navali della Sesta Flotta, vale a dire il Mediterraneo. E’ stato “certificato pronto per le operazioni di combattimento“, un mese prima dell’inizio della guerra in Libia. (USS George HW Bush Strike Group Certified Combat Ready, 21 febbraio 2011)

Sottomettere totalmente il nemico
Le dimensioni della Superportaerei USS George HW Bush, i suoi avanzati sistemi d’arma, le sue capacità distruttive, per non parlare del suo costo, sono l’espressione pura e semplice delle folli ambizioni imperiali degli USA. Sotto la dottrina “Shock and Awe“, la USS George H. W. Bush è destinato a scioccare e sottomettere totalmente il nemico.

Escalation militare
Dall’inizio della guerra, il 19 marzo, più di 10.000 sortite sono state condotte. La NATO riconosce un totale di 9.036 sortite, tra cui 3.443 attacchi nel corso di due mesi (31 marzo 2011-31 maggio 2011). Con lo schieramento della USS George HW Bush e del suo Carrier Strike Group, insieme ad altri navi da guerra alleate, una nuova fase della guerra si sta aprendo.
Le operazioni militari non sono più limitate a una campagna di bombardamento ad alta quota, dove gli obiettivi degli attacchi erano “pre-approvati” e pianificati in anticipo. Il dispiegamento di elicotteri e aerei le operazioni a bassa quota, è previsto. Questi ultimi supporteranno lo schieramento dei commando USA-NATO e le forze ribelli a terra.
La HMS Ocean inglese, inviata a Cipro, è una portaelicotteri equipaggiata con elicotteri Apache. Gli Apache saranno inviati dalla HMS Ocean, la più grande nave da guerra della Gran Bretagna. A metà maggio, si sono svolte esercitazioni navali al largo della costa di Cipro che coinvolgevano navi da guerra delle marine britannica e olandese, con la HMS Ocean che giocava un ruolo centrale come portaelicotteri. “L’esercitazione includeva la difesa aerea e il tiro dal vivo in mare, con esercitazioni anfibie nelle acque costiere“.
A sua volta, la Francia ha confermato che avrebbe schierato i suoi elicotteri da combattimento Tiger. Possiamo quindi aspettarci, nelle settimane a venire, un importante cambiamento nella natura delle operazioni militari; l’invio di commando in sostegno delle operazioni di terra, con lo schieramento di elicotteri e aerei a bassa quota, giocano un ruolo importante. (Questi voli a bassa quota non saranno limitati ai droni Predator). La natura delle operazioni aeree sarà, pertanto, più mirata. L’obiettivo dichiarato è di “portare la campagna aerea più vicina al terreno“. La Superportaerei USS G. H. W. Bush e il suo gruppo d’attacco giocheranno un ruolo chiave nell’attuazione della fase successiva della guerra.

Simulare il teatro di guerra del Mediterraneo: l’esercitazione “Saxon Warrior
Nella settimana prima del suo “viaggio inaugurale” nel Mediterraneo, la USS G. HW Bush (CVN77) insieme con il suo Carrier Strike Group 2, ha partecipato alle esercitazioni di guerra su vasta scala al largo della costa della Cornovaglia (UK), sotto l’egida della Royal Navy (19-26 maggio 2011). Soprannominato “Exercise Saxon Warrior“, i giochi di guerra sono stato effettuate in un ambiente marittimo, con la partecipazione di navi da guerra inglesi, statunitensi, francesi, tedesche, svedesi e spagnole. Tutto sommato, i giochi di guerra hanno visto la partecipazione di 26 unità navali distinte. (EGFE Movements Exercise Saxon Warrior).
Sul suo significato, la “Saxon Warrior” è tra le più grandi esercitazioni condotte dalla Royal Navy, in stretto collegamento con la Marina degli Stati Uniti, la NATO e il Pentagono:
[Sono] destinate a perfezionare le competenze del Bush Carrier Strike Group… in modo che possa cooperare senza problemi con le forze europee, nel corso della sua implementazione corrente. [Nel Mediterraneo nei confronti della Libia ((MC)]”
“Il George HW Bush Strike Group è ben preparato a questa missione”, ha detto l’ammiraglio Nora Tyson, il comandante della gruppo navale – e la prima donna ammiraglio di una forza portaerei statunitense. “Siamo felici di essere protagonisti di Saxon Warrior. Rappresenta l’occasione ideale per tutte le navi del gruppo per migliorare la nostra capacità di operare, in modo trasparente ed efficace, con le altre unità della NATO.” (George Bush bound for Portsmouth after war games with Royal Navy, navynews.co.uk)
I giochi di guerra hanno una relazione diretta con la “guerra vera“. Saxon Warrior ha simulato sia la struttura di comando multi-nazionale, nonché la configurazione della guerra navale condotta dalla NATO nel Mediterraneo, ossia in termini di eventuali operazioni della marina e dell’aviazione, dello schieramento di elicotteri e di possibili forze di terra. I 5500 marinai a bordo della USS George HW Bush sono destinati ad essere utilizzati in caso di sbarco commando in territorio nemico:
[Saxon Warrior è] “un’esercitazione per sviluppare specifiche competenze di combattimento di teatro, ma anche a rafforzare la cooperazione tra le forze multi-nazionali e le agenzie governative… Saxon Warrior presenta una miriade di sfide, per la forza multi-nazionale e multi-piattaforma, poste dalla creazione di un ambiente di guerra vario e imprevedibile basato su di scenari geo-politici e militari fittizi.” (George HW Bush Strike Group Participates in Saxon Warrior.)
Mentre viene condotta sotto l’egida della Marina britannica, esercitazioni di aeromobili militari che volano a bassa quota e di elicotteri sono state effettuate anche nel Sud Ovest dell’Inghilterra e nel Galles, simulando le condizioni di un fittizio paese nemico. L’attenzione sugli elicotteri e le operazioni di volo a bassa quota è pienamente coerente con la fase successiva della guerra in Libia (come detto in precedenza).
L’esercitazione “Saxon Warrior” è vista dai militari USA volta a fornire “un’opportunità, come forza dispiegata, ad integrare i partner della coalizione nella nostra struttura di comando, cosa che viene effettuata per la prima volta“, (capitano Patrick O. Shea, Ufficiale Comandante della USS Gettysburg. Military News: Gettysburg Participates in Saxon Warrior, 24 maggio 2011). Mentre la Royal Navy ha coordinato i giochi di guerra, la forza navale statunitense, in termini di schieramento militare e di “strutture di comando simulate” era di gran lunga il giocatore chiave. L’esercitazione di otto giorni ha coinvolto scenari di “singole missioni” in solitario “che comprendevano combattimenti di superficie, sottomarini e aerei.” L’ultimo giorno, il 26 maggio, è culminato “con una guerra simulata” in un ambiente marittimo.
Mentre sulla base di “finti” scenari geopolitici e militari, i partecipanti a “Saxon Warrior” erano profondamente consapevoli che si stavano addestrando per la guerra in Libia:
Ci stiamo addestrando in una operazione di sbarco, in modo da migliorare la nostra disponibilità, se dovremo essere coinvolti in operazioni reali”. (Ibid.)
Saxon Warrior presenta l’opportunità di affrontare una varietà di situazioni geopolitiche che cambiano di giorno in giorno…
“Saxon Warrior ci offre un ambiente stimolante in cui utilizzare le nostre abilità di combattere una guerra”. “Dobbiamo pensare in fretta al di fuori della scatola. Più agili siamo, più saremo pronti per qualsiasi missione che si presenterà durante lo sbarco. Questa è la bellezza di Saxon Warrior”.
“La bellezza di operare con i partner della coalizione è che facciamo pratica con loro, impariamo i loro punti di forza e, quindi, leghiamo questi punti di forza insieme per avere la più potente coalizione di forze possibile.” (George HW Bush Strike Group participates in Saxon Warrior 11. Norfolknavyflagship.com, 26 maggio 2011)

L’asse militare anglo-statunitense
Questi giochi di guerra sono parte di un quadro di una avanzate cooperazione militare tra Londra e Washington, che prevede l’integrazione di fatto delle strutture di comando britannica e statunitense. I giochi di guerra sono stati pianificati per coincidere con la visita di Stato ufficiale del presidente Barack Obama nel Regno Unito, per evidenziare la “Special Relationship” tra Gran Bretagna e America. Significativo, le riunioni ad alto livello tra il presidente Barack Obama e il primo ministro David Cameron, hanno portato alla costituzione formale di un comune National Security Board, con il compito di coordinare il processo decisionale militare, nonché la politica estera. Guidato dai consiglieri di sicurezza nazionale degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, l’articolazione dell’Ufficio della Sicurezza Nazionale è intesa a consolidare ulteriormente l’asse militare anglo-statunitense.

La prossima fase della guerra in Libia
Ciò che si sta svolgendo è una escalation delle operazioni militari, che nello stesso tempo sta portando ad una guerra di lunga durata. Questo cambiamento nella direzione delle operazioni militari, orientata al sostegno aereo e elicottero dei commandos degli “scarponi sul terreno“, non porterà necessariamente ad una invasione totale, almeno nel futuro prevedibile.
L’USS G. HW Bush e il suo gruppo avranno un ruolo chiave nel sostenere le operazioni di terra attraverso le sortite di elicotteri e aerei a bassa quota.
La portaerei George HW Bush è affiancata da un gruppo di battaglia composto dai cacciatorpediniere lanciamissili Truxtun e Mitscher, dagli incrociatori lanciamissili Gettysburg e Anzio e da otto squadroni aerei, che andranno a rafforzare la Sesta Flotta, il cui comando è a Napoli, assieme ad altre unità, compresi i sottomarini nucleari Providence, Florida e Scranton. Si sono anche aggiunti alla Sesta Flotta uno dei più potenti gruppi di assalto anfibio, guidato dalla USS Bataan, che da sola può sbarcare più di 2.000 marine, dotati di elicotteri e aerei a decollo verticale, artiglieria e carri armati. E’ affiancata da altre due navi d’assalto anfibio, la Mesa Verde e la Whidbey Island, che il 13-18 maggio hanno visitato Taranto, in Italia. La Whidbey Island ha quattro enormi hovercraft da sbarco che sono in grado di inviare 200 uomini, assai rapidamente verso la costa di un paese, entro un raggio di 300 miglia, senza che la nave sia visibile da terra”. (Manlio Dinucci, “Stivali sul terreno”: Sarkozy e Cameron preparano lo sbarco in Libia, Global Research, 31 Maggio 2011)
Le forze speciali sono sul campo, in Libia, dall’inizio della campagna aerea. Anche forze mercenarie a contratto della NATO vi sono schierate. (Cfr. Manlio Dinucci, Un esercito di mercenari per il Medio Oriente e il Nord Africa, Global Research, 24 maggio 2011).

“Shock and Awe”
Come parte della strategia “Shock and Awe“, le bombe anti-bunker BLU-109 da 1000 kg vengono sganciate sulla Libia dai caccia Tornado della RAF della Gran Bretagna. Shock and Awe è parte della “dottrina del dominio rapido” o della “forza decisiva“, utilizzato per intimidire l’avversario fino alla sottomissione, così come a terrorizzare la popolazione civile. (Vedasi video)

Armi nucleari contro la Libia
Vale la pena notare che l’uso di armi nucleari tattiche, nello Shock and Awe contro la Libia, è prevista come parte di questa “guerra umanitaria“. Nel 1996, la Libia è stato il “paese prescelto” del Medio Oriente e Nord Africa per essere preso di mira dalle armi nucleari tattiche B61-11. Quest’ultima è una bomba distruggi-bunker dotata di una testata nucleare.
Il piano per bombardare con armi nucleari la Libia non è mai stato abbandonato. Di massima importanza, poco dopo l’inizio della campagna di bombardamenti del 19 marzo, il Pentagono ha ordinato la verifica della funzionalità delle bombe nucleari B61-11. Questi test sono stati condotti impiegando gli Stealth Bomber B2, della stessa base militare del Missouri utilizzata per coordinare i bombardamenti degli Stealth B2 sulla Libia, all’inizio della guerra, il 19 marzo. (Vedasi Michel Chossudovsky, Dangerous Crossroads: Is America Considering the Use of Nuclear Weapons against Libya? Global Research, 7 aprile 2011)
Questi vari sviluppi puntano ad un pericoloso processo di escalation militare, che potrebbe potenzialmente estendersi oltre i confini della Libia. Le implicazioni economiche e geo-strategiche di questa guerra sono enormi.

NOTA
Il George H.W. Bush Strike Group è composto da:
Carrier Strike Group (CSG) 2
USS George H.W. Bush (CVN 77), Stormo Imbarcato (CVW) 8
Squadrone Cacciatorpediniere (DESRON) 22 componenti
Incrociatori lanciamissili USS Gettysburg (CG 64) e USS Anzio (CG 68),
Cacciatorpediniere lanciamissili USS Truxtun (DDG 103) e USS Mitscher (DDG 57)

martedì 14 giugno 2011

IL NUCLEARE FRANCESE NON E' SICURO...

di Leonardo Martinelli

ilfattoquotidiano.it

Dalla poca protezione degli impianti di fronte a possibili attentati, agli orari di lavoro del personale impiegato nelle centrali, fino al meccanismo dei subappalti nella manutenzione. La poca attenzione alla sicurezza delle autorità di Parigi sta incrinando anche il fronte pro-atomo d'Oltralpe

L'impianto di riprocessamento delle scorie di La Hague

Mentre l’Italia per la seconda volta in meno di 25 anni dice No all’energia prodotta dall’atomo, sul fronte della sicurezza nucleare francese arrivano notizie inquietanti. Soprattutto alla luce del disastro di Fukushima.

La prima. A La Hague, ridente paesino sulla costa della Normandia, esiste il più grosso impianto francese di smaltimento dei residui atomici, gestito da Areva, uno dei colossi (pubblici) del nucleare made in France. Lì arrivano, anche le scorie italiane. Ebbene, quel sito è a rischio.

A rompere il tabù che avvolge la brumosa (di nome e di fatto) La Hague c’è voluto un intraprendente pensionato, Guislain Quetel, 35 anni trascorsi lì dentro come tecnico responsabile della prevenzione contro le irradiazioni. Quetel, nei giorni scorsi, una volta lasciata l’azienda, ha convocato giornalisti, sindacalisti, politici locali per compiere una sorta di “outing”. Criticando “l’insufficiente sicurezza” del sito. Secondo lui, Areva dovrebbe costruire intorno all’impianto “una cattedrale di cemento” a difesa di eventuali atti terroristici e non limitarsi alla protezione metallica attuale. “Se solo venisse lanciato un proiettile esplosivo contro certe sezioni interne del centro, che contengono gli scarti di almeno un centinaio di reattori – ha sottolineato l’ex tecnico -, si provocherebbe una tragedia peggiore di quella di Fukushima”. Da sottolineare: Quetel resta un pro nucleare, niente di più.

Le polemiche non finiscono qui. Passiamo a Edf, l’altro colosso pubblico energetico, che gestisce i 58 reattori nucleari attivi del Paese (e che avrebbe voluto costruirne altri quattro con l’Enel in Italia). Sta pianificando di allungare i turni dei propri operai e tecnici per ridurre le fasi di blocco operativo delle sue centrali, a scapito della sicurezza. La novità sta scatenando un putiferio. E non solo da parte dei soliti “esagerati” militanti ecologisti, ma perfino di esperti del settore e dipendenti di Edf, assolutamente pro nucleare.

E’ stato il quotidiano Le Parisien a scovare una lettera in cui Philippe Druelle, vicedirettore della produzione atomica di Edf, chiede agli ispettori dell’Autorità di sicurezza nucleare delle “deroghe sulla durata massima del lavoro dei nostri dipendenti”. In sostanza l’obiettivo è di portare i turni fino a 12 ore al giorno e il numero di quelle complessivamente lavorate in una settimana a 78 (in Francia ci si ferma, secondo la legge, a 35). Edf vuole ricorrere a questa possibilità nelle fasi in cui i reattori restano fermi per poter svuotarli dal combustibile utilizzato e per compiere i necessari lavori di manutenzione. Insomma, si vogliono restringere i periodi di inattività, nei quali l’azienda non guadagna soldi.

Questo tipo di interventi viene ormai realizzato da imprese subfornitrici. E su questo punto già esistono timori e polemiche. “E’ dalla fine degli anni 80 che si è iniziato progressivamente a coinvolgere le società esterne a Edf, per ridurre i costi – sottolinea Anne Salmon, sociologa, autrice di “Le travail sous haute tension” e specialista del settore energetico – Tutto questo comporta grossi rischi perché ormai siamo alla subfornitura ‘a catena’. Edf stipula un contratto con un’impresa, che sua volta si accorda con un’altra per una parte dei lavori e così via. E per attività estremamente delicate. Ebbene, alla fine Edf non sa neanche chi entra nelle sue centrali”.

Ora, però, a questo problema se ne aggiunge un altro. I dipendenti del gruppo pubblico devono comunque controllare il lavoro dei subfornitori. Ma, spesso, con i turni normali i tempi si allungano (i blocchi durano fra uno e tre mesi). Con la nuova deroga richiesta, invece, estendendo i turni, Edf potrebbe restringere la durata dell’inattività. Va detto che sabato, i vertici di Edf hanno smentito le rivelazioni del Parisien, sottolineando che “in merito è in corso una trattativa con i sindacati”. Che, però, si sono fatti subito sentire (polemicamente) sull’argomento. “Edf si sta organizzando per legalizzare delle derive orarie inaccettabili e pericolose per i dipendenti. E dunque per la sicurezza nucleare”, si legge in un documento della Cgt, la forza più rappresentata all’interno di Edf, equivalente in Francia della Cgil.

Fabrice Guyon, tecnico nucleare del gruppo da 17 anni, spiega che “dal 2004 l’azienda ha cercato di cambiare i ritmi del lavoro. E la nozione del profitto a ogni costo ha iniziato a inserirsi nello spirito dell’impresa. Bisogna ormai garantire la redditività a ogni prezzo”. “Farci lavorare dodici ore di fila – continua – è aberrante. Perché oltre un certo limite di tempo non si ha più il livello d’attenzione necessario”. Guyon crede ancora nel nucleare civile, “ma la migliore garanzia della sicurezza è un personale motivato e che lavori nelle migliori condizioni. Il discorso vale pure per i subfornitori”.

Ultimo aggiornamento dal fronte nucleare francese. A pochi chilometri di La Hague, Edf possiede la più grossa centrale di Francia. E lì sta costruendo, assieme all’italiana Enel, un Epr, reattore potentissimo di terza generazione, del tipo di quelli previsti, e poi bocciati dagli italiani, da Berlusconi in Italia. Sabato scorso, in quel cantiere, è morto un lavoratore di 32 anni, precipitato giù da alcune decine di metri di altezza. Era, ovviamente, il dipendente di un’impresa sufornitrice, la Endel. Un altro, di 37 anni, era deceduto il 24 gennaio scorso, in condizioni simili. Un operaio della Normétal. Altro sufornitore di Edf.

venerdì 10 giugno 2011

La Federal Reserve USA ammette di non possedere oro

di Attilio Folliero, Caracas 08/06/2011

La notizia è di quelle importanti, anche se nei media ufficiali non troveremo traccia. Alvarez Scott, avvocato della Federal Reserve, il banco centrale degli Stati Uniti, lo scorso primo giugno, in un dibattito con il congressista republicano Ron Paul, ha ammesso che la Federal Reserve non possiede oro ed ha spiegato che l’oro ascritto al bilancio del Banco Centrale USA si riferisce a certificati in oro del 1934. Vedasi il video del dibattito in cui l'avvocato Alvarez Scott afferma che la FED non possiede oro dal 1934.







Nel 1934, la legge sulle riserve in oro, obbligò la Federal Reserve, il banco centrale USA a consegnare tutto il suo oro al Ministero del Tesoro, ottenendo in cambio certificati in oro, equivalenti al valore dell’oro consegnato a prezzo del 1934; tale valore è stato rivalutato negli anni successivi, ma attualmente è fermo dal 1973 a 42,22 dollari l’oncia.

A parte la possibilità per la FED di demandare il Tesoro, significa che il dollaro emesso dalla FED dal 1934 in poi non è mai stato supportato dall’oro. Ossia, il valore reale del dollaro è da considerarsi decisamente inferiore a quello che tutti credono proprio perchè non ha nessun supporto in oro.

Il dollaro negli ultimi quarant’anni è stato stampato in quantità enormemente superiore al supporto in oro che si credeva in possesso alla FED; adesso si scopre che la FED non possiede alcun oro, quindi il dollaro è supportatato da un bel niente! Conclusione: vale ancora meno di quanto si potesse immaginare.

In sostanza il dollaro, la moneta USA, nel 1944 era diventata la unica moneta utilizzata negli scambi internazionali in virtù del fatto che con gli accordi di Bretton Woods era diventata l’unica moneta convertibile in oro. Tutti i paesi del mondo per potere operare a livello internazionale si sono riempiti di dollari credendo che fosse supportato dall’oro. Il 15 agosto del 1971 gli USA decretano l’inconvertibilità dell’oro, però di fatto il dollaro non era mai stato convertibile dato che la Federal reserve non possedeva oro e non lo possiede físicamente dal 1934, come ha ammesso oggi!

Il dollaro anche dopo il 1971 continua ad essere usato come moneta internazionale grazie al fatto che il petrolio, il prodotto più importante, è scambiato in dollari, ma di fatto il dollaro è una moneta sopravvalutata e quando crollerà, cosa sempre più prossima ormai, trascinerà nel baratro gli USA e tutto l’occidente (Vedasi nostro articoloDominique Strauss-Kahn, il Fondo Monetario Internazionale, il ruolo egemonico degli Stati Uniti ed il destino di milioni di esseri umani”).

La notizia odierna della conferma ufficale che la FED non possiede oro fisico dal 1934 non fa altro che confermare che il valore del dollaro, praticamente non sopportato da un bel niente, è sopravvalutato ed è destinato a svalutarsi.

Se a ciò, aggiungiamo le voci sempre più diffuse, secondo le quali le riserve in oro degli USA, che dovrebbero ammontare a 8.133,5 tonnellate di proprietà del Tesoro e stivate a Fort Knox, sarebbero state in gran parte vendute in passato e sostituite da oro falso, ovvero tungsteno ricoperto da un leggero strato di oro (vedasi, ad esempio l’articolo di Dan Eden “Fake gold bars! What's next?”) si comprende che la fine del dollaro ed il declino degli USA è molto più vicino di quanto si possa credere.

giovedì 9 giugno 2011

L'ITALIA CON LA SUA COLONIA (SARDEGNA) È UNA POLVERIERA ATOMICA..

Con questo striscione a favore del disarmo alcuni attivisti di Greenpeace hanno partecipato alla parata militare del 2 giugno organizzata per la festa della Repubblica. La richiesta è di ritirare i 90 ordigni nucleari presenti in Italia nelle basi di Aviano e Ghedi Torre.

disarmo italia

DI FEDERICO CENCI
agenziastampaitalia.it

Intervista al Prof. Alberto B. Mariantoni



I prossimi 12 e 13 giugno gli italiani saranno chiamati a esprimersi con un referendum sulla possibilità che il nostro Paese persegua una politica energetica nucleare.

Molte voci si stanno spendendo sul tema, riaprendo un dibattito che si era chiuso nel 1987, quando un altro referendum sancì, di fatto, l’abbandono, da parte dell’Italia, del ricorso al nucleare come forma di approvvigionamento energetico. La questione tornò d’attualità nel 2008, anno il cui il governo Berlusconi decise di iniziare un iter legislativo teso al ripristino della produzione elettronucleare. Il fronte del no al nucleare, trasversale e incalzante, denuncia le potenzialità dannose che avrebbero centrali nucleari situate nel nostro territorio. Tuttavia, non tutti sanno che già attualmente in Italia il rischio di calamità nucleari non è affatto remoto, sebbene non siano attive centrali da quasi venticinque anni. Il professor Alberto Bernardino Mariantoni, esperto di politica estera e relazioni internazionali, per vent’anni inviato speciale in Vicino Oriente e corrispondente permanente presso le Nazioni Unite di Ginevra, ne individua il motivo nella presenza delle basi USA e Nato entro i nostri confini.

Professore, anzitutto ci chiarisca un equivoco. Si è molto dibattuto intorno al numero di basi USA presenti in Italia. Lei è autore di un’inchiesta dalla quale ne emergerebbe un numero che tuttavia molti osservatori hanno ridimensionato. Può spiegarci come stanno le cose dal suo punto di vista?

Cosa hanno “ridimensionato”? Ma sta scherzando? Certo, alcuni “osservatori”, come li chiama lei – e per la maggior parte anonimi… come sottolineo io – ci hanno provato e continuano sistematicamente ed interessatamente a provarci. Purtroppo per loro, con sole chiacchiere, sofismi dialettici o concettuali ed “arrampicamenti vari sugli specchi”… Affermando, ad esempio, che alcune di quelle che io chiamo basi, sarebbero in realtà dei “distaccamenti” o delle “sezioni militari” di “basi madre” più importanti, o semplici caserme italiane dove sarebbero acquartierati considerevoli e qualificati contingenti militari USA, o banali antenne radar, o centri di ascolto del sistema Echelon (sempre sotto controllo USA). Ma, per l’essenziale, la mia ricerca – sostenuta da fatti, prove e documentazioni incontrovertibili ed inoppugnabili – è sempre all’ordine del giorno, per inficiare o sbugiardare certe illazioni o diffamazioni.

Come le venne in mente di impegnarsi a realizzare la sua ricerca?

L’input per cercare di realizzare una ricerca sulle basi e/o le installazioni logistiche e militari Usa/Nato in Italia ed in Europa, ed Usa nel Mediterraneo, mi venne da una classica “soffiata”. In particolare, da un’imbeccata confidenziale di un Alto ufficiale della SETAF (Southern European Task Force) che mi fece avere una lista di basi, allora classificata Top Secret. Siccome, per principio, non mi fido di nessuno – e come sottolinea l’adagio, "Amicus Plato, sed magis amica veritas" = Platone mi è caro, ma la verità mi è ancora di più cara (Aristotele, Etica a Nicomaco, I, 4/1) – presi il coraggio a quattro mani ed andai a verificare de visu quanto mi era stato formalmente indicato. Capisce, quella “lista” poteva pure essere una provocazione, un tentativo di disinformazione o di manipolazione, per screditarmi professionalmente. Insomma, per evitare quel genere di rischi, presi il mio paziente “bastone di pellegrino” e, in sei o sette mesi di intense investigazioni e di sopralluoghi a mie spese, riuscii a realizzare, nel 2003/2004, l’inchiesta di cui stiamo parlando. La sintesi descrittiva di quella mia indagine, apparve, per la prima volta, sul numero 3, Ottobre-Dicembre 2005, della rivista di studi geopolitici, Eurasia. Questo, il link della rivista in questione: http://www.eurasia-rivista.org/cogit_content/numeri/EEkZAuuEEVgwWsJacN.shtml Quella mia ricerca, oltre a numerosissimi siti internet, venne ugualmente e successivamente ripresa, nel 2008, anche da Jura Gentium (rivista di filosofia del diritto internazionale e della politica globale), a questo link: http://www.juragentium.unifi.it/it/surveys/wlgo/marianto.htm Last but not least, nel Maggio 2008, il programma televisivo Matrix (Canale 5 - Mediaset), allora diretto e condotto da Chicco (Enrico) Mentana, vi dedicò addirittura un’intera trasmissione. E con i giornalisti Roberto Pavone e Chiara Cazzanica, cercò parimenti, senza riuscirci, di minimizzare il significato ed il senso della medesima ricerca. Del reportage realizzato da questi ultimi, essendo da tempo inspiegabilmente scomparso dagli archivi video di quella trasmissione, ne troverà una sintesi privata su questo youtube:




Come spiega, allora, che nella sua lista, vi siano comunque alcune basi Usa/Nato che, in realtà, non esistono o sono inesattamente situate o impropriamente riferite?

Vede, pur ribadendo la serietà e l’accuratezza della mia ricerca, non ho nessun problema a confessare che nella lista originale delle basi e/o delle installazioni militari o logistiche USA e/o NATO (sotto controllo USA) da me pubblicata nel 2005, ci siano effettivamente alcuni errori. La ragione è semplice da spiegare: quegli “errori” furono, da me, volontariamente e vistosamente inseriti nella lista, per salvaguardare l’anonimato e l’incolumità del mio informatore iniziale. E, soprattutto, per impedire che Big Brother potesse risalire fino a lui e creargli dei problemi. In ogni caso, per rispondere in blocco a tutte le diverse e variegate “contestazioni” che, fino al 2008, mi erano state sollevate, ed evitare che – da quelle studiate ed interessate insinuazioni e calunnie – potessero scaturire ulteriori ed antipatici qui pro quo, mi decisi a pubblicare una dettagliata messa a punto della mia stessa inchiesta sul sito web del Coordinamento Progetto Eurasia (CPE) che troverà su questo link: http://www.cpeurasia.eu/305/basi-americane-in-italia-una-messa-a-punto Questo, naturalmente, senza contare che è stato il Pentagono stesso – in un suo documento ufficiale del 2007 (Department of Defense - Base structure report fiscal year 2007 baseline) – a confermare indirettamente la validità e la fondatezza della mia ricerca, come ognuno potrà facilmente verificare su questo link: http://www.defenselink.mil/pubs/BSR_2007_Baseline.pdf

Sostiene che in alcune di queste basi vi siano armi atomiche? Se sì, dove e in che quantità?

Non soltanto lo sostengo, ma – fino a prova del contrario – lo confermo e lo ribadisco. In altre parole, al momento della mia ricerca iniziale (2003/2004) e, almeno, fino a tutto il 2008, i Depositi nucleari statunitensi, in Italia, contavano (e contano ancora?) all’incirca 90 bombe, del tipo B-61-3, B-61-4 e B-61-10, (tutte unicamente sganciabili da caccia-bombardieri), con potenza media fra i 45 ed i 107 kilotoni, di cui 50 testate dislocate presso la base di Aviano, in provincia di Pordenone, e 40 in quella di Ghedi-Torre, in provincia di Brescia.

Queste armi possono essere usate dallo Stato italiano?

Ufficialmente, mia conoscenza, no! Il che non esclude che sulla base di uno dei numerosi Accordi segreti che sono stati siglati, dagli anni ’50 ad oggi, dal Servizi segreti Usa e quelli italiani, e mai ratificati dal Parlamento (art. 80 della nostra Costituzione) né dal Presidente della repubblica (art. 87), l’aviazione italiana – come forza militare della Nato e su ordine espresso di Washington – le possa utilizzare.

Reputa il cosiddetto Weapons Storage and Security System (WS3) un sistema efficace a scongiurare i rischi dovuti alla presenza di armi atomiche? Spieghi anzitutto in cosa consiste il WS3…

Come la stessa frase inglese lo indica, si tratta di un sistema di sicurezza per lo stoccaggio (sotterraneo) delle armi (atomiche). Messo a punto già dal 1976 e divenuto operativo nel 1988, il sistema in questione – interamente realizzato dalla ditta statunitense Bechtel International Inc. – permette l’immagazzinamento di testate nucleari, all’interno di tunnel individuali e compartimentati, scavati nel sottosuolo. Quel genere di gallerie sotterranee, nel gergo militare statunitense, posseggono anche un nome: Weapon Storage Vaults (WSV) o Sotterranei (a volta) di stoccaggio di armi. Gli Usa ne posseggono all’incirca 204 in tutta l’Europa, di cui 2 in Italia (Ghedi-Torre e Aviano). Quello di Rimini (il 3° che esisteva in Italia) è stato dimesso nel 1993. Ora, affermare che si tratti di un sistema di sicurezza, sicuro al 100%, a me sembra una scommessa! Chi potrebbe garantirlo, con assoluta certezza? Con il nucleare, come sappiamo, non si è mai sicuri di nulla. Certo, finché non succede niente o non vi sono incidenti o possibili fatalità o disgrazie, il sistema in questione può essere considerato sicuro. Ma, il giorno che dovesse esserci un qualunque problema, tecnico o umano, il numero e la potenzialità di quelle armi stoccate sul nostro territorio potrebbe improvvisamente ed imparabilmente trasformarsi in un’immane e funesta catastrofe generalizzata per l’intero nostro Paese!

E’ vero che anche nel mar Mediterraneo, entro le nostre acque territoriali, vi sono centrali nucleari che approdano nei nostri porti?

La maggior parte delle unità navali statunitensi, appartenenti alla loro 6ª Flotta del Mediterraneo, che sono (permanentemente o saltuariamente) ormeggiate nei nostri porti (Livorno, La Spezia, Gaeta, Napoli, Taranto, Sigonella, etc.) o scorazzano indisturbate all’interno dell’antico Mare nostrum, sono a propulsione nucleare. In modo particolare, l’intera flotta sottomarina Us-Navy che fino a qualche tempo fa era basata a La Maddalena-Santo Stefano (Sassari) e che, essa stessa, è stata costretta ad abbandonare, a causa dell’alto inquinamento che aveva prodotto in quelle acque. Ognuna di quelle imbarcazioni (incrociatori, portaerei e sommergibili), inoltre, è ordinariamente equipaggiata con non meno di 10 o 20 o 30 missili a testata nucleare del tipo Cruise Tomahawk, la cui capacità distruttiva di ognuno, supera largamente di 10 volte le bombe atomiche che furono sganciate dagli Usa, su Hiroshima e Nagasaki, nell’Agosto del 1945. Insomma, l’Italia – che ufficialmente, fino ad oggi, è un Paese denuclearizzato e la maggior parte dei suoi cittadini pensa addirittura, con uno dei referendum del 12 e 13 Giugno prossimi, di continuare a ratificarne la moratoria – è, nell’ignoranza e/o nell’indifferenza di ognuno, una vera e propria polveriera atomica, pronta ad esplodere in qualsiasi momento ed a cancellare definitivamente il nostro Paese dalla faccia della Terra. Questo, ovviamente, senza contare gli innumerevoli pericoli che, in tempi normali, l’eventuale fuga involontaria ed incontrollata di radiazioni potrebbe irrimediabilmente causare per la salute dei cittadini.

Queste unità sono impegnate attualmente in operazioni militari? Se sì, che tipo di pericoli possono derivare da questo fatto?

Molte delle unità navali della 6ª Flotta americana sono al momento impegnate militarmente a ridosso delle coste libiche, nel tentativo, unilaterale, arbitrario ed illegale – e non affatto giustificato, come spesso si tende erroneamente a credere, dalla “Risoluzione 1973” del Consiglio di sicurezza dell’ONU! – di costringere il Leader della Giamahiriya, Gheddafi, ad abbandonare il potere. E questo, nonostante il largo e provato sostegno che quest’ultimo continua a mantenere tra la popolazione del suo Paese, specialmente in Tripolitania. E’ vero che, allo stato attuale, le FF.AA. libiche (o quel che ne resta dopo 3 mesi di intensi e distruttivi bombardamenti Nato) non sembrano avere una qualsiasi capacità offensiva o controffensiva nei confronti della marina statunitense ed alleata (Francia + Gran Bretagna), ma se – per pura ipotesi – un missile o un’improvvisa ed imparabile azione kamikaze riuscisse comunque a centrare una qualunque di quelle navi da guerra con i loro arsenali atomici imbarcati, che succederebbe? Lascio volentieri al lettore, la possibilità di immaginare, a piacimento, l’intensità e l’ampiezza dell’eventuale catastrofe che ne potrebbe derivare, per la maggior parte di Paesi dell’area mediterranea!

A quasi settant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale come si spiega l’occupazione, da parte delle forze militari statunitensi, dei nostri territori?

Si spiega semplicemente con il fatto che l’Italia è uscita sconfitta dalla Seconda guerra mondiale. Quella guerra, infatti, noi Italiani – volens, nolens – l’abbiamo persa tutti. Anche coloro che pensano o credono (ingenuamente) o lasciano furbescamente credere (per la platea) di averla vinta dalla parte degli effettivi vincitori. Anche coloro che, nel 1945, non erano ancora nati. Anche coloro che, oggi – non solo non sono stati ancora concepiti, ma – non sono stati nemmeno immaginati, desiderati o vagheggiati dai loro possibili o probabili genitori! Questa, purtroppo, è la triste realtà… Per cercare di comprendere quanto sto tentando di trasmetterle, mi permetto di segnalarle questo mio vecchio articolo, intitolato: "8 Settembre… Liberiamoci dal tradimento”. Una volta letto e meditato, capirà il motivo per il quale l’Italia continua ad essere considerata da Washington come una sua colonia, ed i nostri soldati – che sono impegnati nelle varie “missioni militari” all’estero, in “guerre per la pace” (sic!) – dei banali Ascari o Meharisti del suo “Impero”.

Alla luce di quanto ci ha spiegato, ritiene che le campagne contro la costruzione di centrali nucleari abbiano un senso?

Non credo abbiano un senso… Al contrario, tendo piuttosto a considerare quelle campagne (ed il resto delle competizioni elettorali che si svolgono nel nostro Paese), il classico e proverbiale “coniglio di pezza” che è fatto ciclicamente e studiatamente “galoppare” davanti ai musi attoniti ed incuriositi dei soliti “levrieri scemi” della nostra svigorita ed ottenebrata società. Questo, per meglio continuare a nascondere o ad occultare, agli occhi dell’uomo della strada, il vero problema irrisolto del nostro tempo: quello, in particolare, dell’assoluto e non negoziabile recupero della nostra Libertà, Indipendenza, Autodeterminazione e Sovranità politica, economica, culturale e militare, sia come Nazione che come Stato. Senza quell’indispensabile, centrale e vitale riscatto – non solo dovremo continuare, in coatta o rassegnata sopportazione, a vivere e ad operare sine die all’interno della medesima “gabbia” che gli Usa ci hanno riservato dal 1945, ma – qualsiasi obiettivo (politico, economico, culturale e militare) che ci potrebbe essere proposto, consigliato o suggerito dai maggiordomi (di destra, di sinistra, di centro, di centro-destra o di centro sinistra) che seguitano a “governarci” per conto terzi, continuerebbe ad essere, come negli ultimi sessantasei anni, praticamente inaccessibile, irraggiungibile o inconseguibile. E nel migliore dei casi, nullo e non avvenuto!


Federico Cenci
Fonte: www.agenziastampaitalia.it/
Link: http://www.agenziastampaitalia.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3861:nucleare-intervista-al-prof-alberto-b-mariantoni-litalia-e-gia-una-polveriera-atomica-&catid=4:politica-nazionale&Itemid=34

mercoledì 8 giugno 2011

La NATO scarica radiazioni con bombe all'uranio impoverito sui civili libici

«I proventi del petrolio Gheddafi li ha usati per sviluppare il Paese: strade, scuole, ospedali, università, case popolari a bassissimo prezzo, inizio di industrializzazione, sviluppo agricolo con l’acqua tirata su nel deserto ad una profondità di 600-800-1.000 metri. Due acquedotti portano l’acqua dal deserto alla costa, 900 km. a nord. Ha mandato le bambine a scuola e le ragazze all’università, ha abolito la poligamia e varato leggi in favore della donna anche nel matrimonio: ad esempio ha proibito di tener chiuse le ragazze e le donne in casa e nel cortile cintato di casa. Ha controllato e tenuto a freno l’estremismo islamico. I 100 mila cristiani, pur con molti limiti, godono di libertà di culto e di riunione. La Caritas libica è un organismo stimato e richiesto di interventi. In Libia ci sono circa 80 suore cattoliche e 10.000 infermiere cattoliche, oltre a molti medici».

E poi, chi ha dato alla Nato il potere di uccidere il tiranno? Può Dio benedire la Nato e i paesi della Nato che portano avanti da mesi una vera guerra contro un popolo, solo per togliere di mezzo un uomo, sia pure un tiranno? L’intervento umanitario iniziale sta assumendo i contorni di un crimine di stato. L’Onu aveva giustificato la “No fly zone”, per impedire che gli aerei libici bombardassero i ribelli della Cirenaica. Ma in pochi giorni le forze aeree della Libia vennero facilmente azzerate. Poi si è passati a bombardare i mezzi militari di terra che avanzavano verso Bengasi e si continua, da più di due mesi, a bombardare le città della Cirenaica, non per proteggere il popolo libico da Gheddafi, ma per la “caccia all’uomo” Gheddafi, il che sta scavando un abisso di odio di vendetta fra le due parti del paese, Tripolitania e Cirenaica, che erano e sono pro o contro il raìs. Mons. Martinelli ha più volte proposto, sostenuto da diversi appelli di Benedetto XVI (che l’ha ancora ricevuto pochi giorni fa), un cessate il fuoco e l’apertura di trattative diplomatiche fra le due parti della Libia. E ancora ultimamente ha denunziato l’Occidente che si è chiaramente schierato con la Cirenaica, quando ha detto che “bisogna tener conto di tutte e due le parti del popolo libico e del paese Libia”.

brevi note tratte da un articolo di padre Gheddo, su Asianews.


http://rolandotelesur.blogspot.com/













Rolando Segura

Fonte:
Gazzetta Avante!
Enviado especial de teleSUR a Libia



Foto: Rolando Segura. L'istruzione di base gli studenti sono in secondo periodo esame semestre.


La NATO ha avviato quasi 3.200 attacchi con bombe all'uranio impoverito contro la popolazione civile in Libia. Questa è la denuncia dell'inviato speciale di Telesur, Rolando Segura. Il numero totale di attacchi aerei lanciati dall'Alleanza Atlantica nei confronti della Libia è già oltre 8.400. Quasi il 40% di questi attachi ha coinvolto l'uso di munizioni all'uranio impoverito, ha rivelato il giornalista televisivo sudamericano nel suo profilo Twitter.

In Iraq, ad esempio, gli aggressori imperialisti usato abbondantemente proiettili contenenti detriti derivanti da un arricchimento del minerale. L'uranio impoverito è molto apprezzato dai militari, dal momento che è quasi due volte più denso del piombo e la capacità di perforazione è aumentata.

Oltre alle conseguenze dirette dei bombardamenti imperialista in Libia, è necessario tener conto del fatto che l'uranio impoverito è una sostanza radioattiva che causa gravi lesioni del tratto digestivo e renale, il cancro nei polmoni e nelle ossa e neuro-degenerative o malformazioni congenite in esseri umani.


L'esplosione di una munizione all'uranio impoverito raggiunge decine di migliaia di gradi centigradi e rilascia polveri altamente tossiche e inquinanti che possono viaggiare per migliaia di chilometri. La dispersione di queste particelle può durare per milioni di anni, quindi i suoi effetti sull'ambiente e gli abitanti delle zone colpite si perpetuano per generazioni.

Nel frattempo, gli attacchi contro Tripoli si intensificano su tutta l'area urbana della capitale. Secondo i dati raccolti dal giornalista di Telesur, dal momento che solo lo scorso Sabato, la forza aerea imperialista ha effettuato 54 attentati in cinque città. Almeno 19 persone sono morte e oltre 130 sono rimaste ferite in una serie di attacchi effettuati nei giorni scorsi.

La continuazione del offensiva si svolge nonostante l'Unione Africana nel suo appello ribadisca di essere a favore e per l'istituzione di un cessate il fuoco nel territorio. Il governo libico sostiene la chiama e insiste sul fatto che le Nazioni Unite, devono promuovere il dialogo e si suppone ne consegua , il far tacere le armi. Il governo guidato da Muammar Gheddafi ha continuato a rilasciare decine di ribelli prigionieri in un processo mediato da capi tribali del paese nordafricano.

Alla fine della settimana scorsa, Barack Obama e Nicolas Sarkozy, Presidenti degli Stati Uniti e Francia, rispettivamente, hanno insistito sul fatto che essi condividono "la stessa analisi, ovvero, che Gheddafi dovrebbe rinunciare al potere", ed a tal fine, la NATO è lì per "finire il lavoro ".


Foto: Rolando Segura. Casa Saif al Arab, figlio minore di Gheddafi. Medici francesi ha confermato la sua morte.


Fondi sovrani libici

"E 'impossibile sapere se c'era un intento economico nell'operazione contro Gheddafi. Quel che è innegabile è che la sua caduta avrebbe dato ottimo modo alle banche occidentali. Sarebbe la malversazione perfetta", ha detto uno specialista americano sentita la notizia a Lusa agency.

L'agenzia di stampa Lusa ha chiesto il parere di diversi esperti per esaminare il flusso di capitali e il riciclaggio di denaro e indagato che cosa sarebbe successo ai fondi sovrani della Libia, se il capo del governo fosse stato rovesciato.

" La conclusione è che le conseguenze sarebbe la scomparsa di somme appartenenti al popolo libico, dal momento che "Gheddafi non era più in condizioni pratiche e politiche di recuperare i fondi e invertire il processo di investimento in Occidente."

Un operatore finanziario direttamente legato alle operazioni di Libyan Investment Authority (LIA, la sigla in inglese), ha affermato l'agenzia "per quanto riguarda i prodotti deviato [finanziari], di grande complessità, la situazione è che nemmeno la fonte degli investimenti sa esattamente ciò che è stato fatto con il loro capitale".

Secondo Lusa, citando un esperto in materia di sanzioni, nel quadro delle transazioni finanziarie, che " I soldi possono andare dopo e fino all'eternità. Non solo alle autorità internazionali, ma anche, naturalmente, al proprietario del denaro".

"Se il proprietario del denaro sparisce, i soldi non reclamati rimangono, per così dire, perché all'origine vi era un investimentoche è stato fatto politicamente in segreto. Questa è la situazione della fase attuale di Gheddafi," ha riassunto la fonte.


Il primo ministro britannico, David Cameron dopo aver ucciso il figlio di Gheddafi e nipoti alla NATO, ha dichiarato: "Sono aid che non sono diretti che a particolari individui" e gli obiettivi sono orientati a evitare la morte di civili¨



sabato 4 giugno 2011

Fukushima, situazione dopo circa 3 mesi dall’incidente

FOLLIAQUOTIDIANA

Un team di tecnici della IAEA si è recato presso la centrale nucleare di Fukushima, danneggiata gravemente dallo tsunami generato dal terremoto dell’11 marzo 2011, per valutare la situazione. In via preliminare è stato pubblicato un riassunto sul rapporto [2]

Cause dell’incidente

A seguito delle scosse sismiche avvenute l’11 marzo, le centrali nucleari giapponesi, tra cui Fukushima, si sono automaticamente spente per l’attivazione delle misure antisismiche presenti nelle centrali. Di seguito, come previsto, si sono attivati i sistemi di generazione elettrica di emergenza, costituiti da motori diesel. Circa 46 minuti dopo l’inizio del sisma le onde dello tsunami causato dal sisma stesso hanno raggiunto le coste. Nei pressi di Fukushima I le onde avevano un’altezza di 14 metri e il complesso della centrale poteva resistere ad onde alte un massimo di 5,7 metri. Le onde hanno sommerso i generatori e sono penetrate in profondità all’interno del complesso, causando l’avaria di tutti i generatori elettrici tranne uno.

Conseguenze

La disattivazione dei generatori esterni ha avuto molteplici conseguenze. Innanzitutto si sono spenti tutti gli strumenti di controllo e monitoraggio dei reattori, assieme alla perdita di comunicazioni interne ed esterne alla centrale. Poiché nelle centrali nucleari le reazioni nucleari continuano anche dopo lo spegnimento, la perdita di energia esterna dai reattori ha comportato l’assenza di sistemi di raffreddamento, che fanno circolare il liquido di raffreddamento attraverso le barre del reattore. Infatti sia il combustibile interno al reattore che il combustibile esaurito devono essere continuamente raffreddati con acqua per contrastare la generazione di calore. Il combustibile esaurito viene estratto dal reattore e inserito in apposite vasche di stoccaggio. bwr_markI

Senza il sistema di raffreddamento che smaltisce il calore generato dal combustibile, il liquido di raffreddamento (acqua) ha iniziato ad aumentare di temperatura, bollire e trasformarsi in vapore. Conseguentemente, la pressione all’interno del reattore è iniziata ad aumentare. Per mantenere la pressione stabile, il vapore viene inviato attraverso una vasca circolare a forma di toro che si trova sulla base del reattore. Quando la vasca raggiunge la saturazione, ovvero non può più assorbire calore, inizia a bollire e aumenta la pressione. Per evitare di raggiungere livelli critici, il vapore può essere fatto fuoriuscire all’esterno attraverso condotti di ventilazione.

Ma la fuoriuscita di vapore causa la fuoriuscita di acqua, il cui livello decresce all’interno del reattore. Se il livello diminuisce troppo le barre di combustibile vengono scoperte e non riescono ad essere raffreddate. Se la temperatura aumenta sopra ad un certo livello, le barre iniziano a danneggiarsi con la fusione del combustibile, il quale si raccoglie nella parte inferiore del reattore. Il combustibile fuso può danneggiare il contenimento del reattore, facendo fuoriuscire acqua radioattiva e anche il combustibile stesso.

Situazione dei reattori

Reattore numero 1

Nei primi giorni dopo l’incidente, le temperature elevate hanno fatto bollire l’acqua aumentando la pressione del vapore. Gli operatori decisero di ventilare il vapore inizialmente nel contenimento primario e successivamente nel contenimento secondario. Ma il rivestimento di zirconio delle barre di combustibile scoperte ha fatto reazione con il vapore acqueo, producendo idrogeno. Quando l’idrogeno ha raggiunto il contenimento secondario si è incendiato con l’ossigeno e ha causato un’ esplosione che ha danneggiato l’edificio, distruggendo il tetto. Nel frattempo il combustibile ha iniziato a fondere nell’arco di qualche giorno ed è precipitato sul fondo del reattore. Attualmente è sommerso dall’acqua, ma potrebbe aver danneggiato la parete del contenitore primario [6]. La TEPCO ha iniziato a iniettare acqua marina per ripristinare il livello. Inoltre, per evitare la formazione di idrogeno è iniziata l’iniezione di azoto [1]. La fusione del combustibile è stata confermata il 12 maggio dalla TEPCO, aggiungendo che un possibile danneggiamento del contenimento del reattore potrebbe aver fatto fuoriuscire acqua altamente radioattiva nel contenimento primario [6]. Se anch’esso è stato danneggiato, l’acqua potrebbe aver raggiunto altre parti dell’edificio. Il 13 maggio la TEPCO ha iniziato l’installazione [1] di una copertura per il reattore 1, in modo da prevenire la dispersione delle sostanze radioattive fino all’implementazione di misure per il medio-lungo periodo.

Reattore numero 2

Nei primi giorni si sono verificati gli stessi fenomeni, ma sono avvenute due esplosioni gravi che hanno coinvolto il contenimento primario. Quando gli operatori tentarono di pompare acqua di mare all’interno del contenitore a pressione, si accorsero che le valvole erano chiuse e bloccate. Questa situazione ha impedito la fuoriuscita del vapore e l’iniezione di acqua di mare. Le barre sono rimaste scoperte per circa sei ore e quasi sicuramente iniziarono una parziale fusione. L’idrogeno si raccolse nella camera toroidale sotto al reattore ed esplose. Il contenimento primario rimase danneggiato. Inoltre il combustibile fuso ha contaminato l’acqua con materiale radioattivo e il danno al contenimento ha permesso all’acqua radioattiva di fuoriuscire.

Reattore numero 3

Anche nel reattore 3 gli eventi si sono succeduti in modo analogo. Tuttavia gli operatori sono riusciti a inserire acqua di mare all’interno del reattore, riducendo la temperatura. Purtroppo la formazione di idrogeno ha causato una esplosione. Dal 16 marzo viene avvistato del fumo bianco, probabilmente proveniente dal contenimento primario e radioattivo. Lo status del contenimento primario non è ancora accertato. Nella vasca di stoccaggio si sono verificati gli stessi problemi del reattore, e si è provveduto a gettare acqua dall’esterno attraverso elicotteri e autocarri.

Il livello inferiore degli edifici delle turbine dei reattori 1 e 3 sono allagati con acqua altamente radioattiva, che viene trasferita in un sistema di trattamento dei rifiuti radioattivi e in vasche di stoccaggio temporanee.

Reattore numero 4

Il reattore numero 4 era spento, ma come per gli altri reattori possiede combustibile esaurito nella vasca di stoccaggio. L’aumento di temperatura in tale vasca ha causato la scopertura del combustibile, il suo danneggiamento con parziale fusione e la formazione di idrogeno. L’idrogeno ha causato in incendio in cui ha preso fuoco dell’olio [6] lubrificante contenuto in macchinari posti nei pressi della vasca.

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Nell’immagine sopra, la situazione dei quattro reattori. Da sinistra il reattore numero 4, numero 3 (con fuoriuscita di fumo bianco), numero 2 e numero 1. Ad eccezione del reattore numero 2, le esplosioni di idrogeno hanno danneggiato gravemente gli edifici.

Misurazioni della radioattività nell’acqua marina

Nei pressi del reattore 2 la radioattività nell’acqua marina [4] dovuta al Cs-134 e Cs-137 è passata da oltre 100 MBq/L a circa 5 kBq/L il 7 maggio, ma è aumentata nuovamente a 20 kBq/L il 16 maggio e a 10 kBq/L il 17 maggio. Successivamente la radioattività è scesa lentamente a 2 kBq/L ma è aumentata a 5 kBq/L il 29 maggio. Le concentrazioni di I-131 sono molto variabili: il 28 e 29 maggio era attorno a 20 kBq/L.

Le ultime misurazioni nei pressi del reattore 2 mostrano che la radioattività è circa 55 volte il limite per il Cs-137 e 500 volte il limite per lo I-131.

La situazione dettagliata dei reattori è riassunta dalla IAEA in base ai 5 parametri seguenti: Controllo della reattività, Ripristino del raffreddamento, Integrità del contenimento, Confinamento del materiale radioattivo, Mitigazione delle fuoriuscite delle radiazioni.


Obiettivi Unità 1 Unità 2 Unità 3 Unità 4
Controllo della reattività Il reattore deve essere in condizione subcritica. Raggiunta Raggiunta Cautela

In via precauzionale viene iniettato acido borico

Cautela

Devono essere compiute ulteriori analisi

Ripristino del raffreddamento La temperatura del liquido di raffreddamento deve essere stabile. Il combustibile deve essere interamente ricoperto dall’acqua. Deve essere disponibile la generazione di energia esterna. Deve essere possibile stabilire un sistema a ciclo chiuso e a lungo termine di raffreddamento. Non raggiunto

Livello d’acqua inferiore al previsto. Confermata la fusione del combustibile all’interno del reattore che si è raccolto nella parte inferiore del contenitore. Generatori diesel in funzione. Iniezione di acqua dall’esterno

Non raggiunto

Generatori diesel in funzione. Iniezione di acqua dall’esterno

Non raggiunto

Generatori diesel in funzione. Iniezione di acqua dall’esterno

Parzialmente raggiunto

Generatori diesel in funzione. Iniezione di acqua dall’esterno

Integrità del contenimento Il contenitore deve essere senza perdite. La pressione deve essere entro i limiti. Le esplosioni di idrogeno devono essere prevenute. Non raggiunto

Iniezione di azoto all’interno del reattore per impedire la combustione dell’idrogeno. La fusione del combustibile potrebbe aver messo in pericolo l’integrità del contenimento.

Non raggiunto

Contenitore del reattore danneggiato. Deve essere verificata la fusione del combustibile. Edificio danneggiato dall’esplosione di idrogeno.

Non raggiunto

Perdita di pressione il 20 marzo per cause sconosciute. Frattura nel contenimento primario con fuoriuscita di vapore


Confinamento del materiale radioattivo Il contenitore del reattore deve essere senza perdite, o le perdite devono essere confinate. Parzialmente raggiunto

Il contenitore del reattore presenta delle perdite. La posizione della perdita non è stata identificata.

È iniziata l’installazione di una copertura del reattore

Non raggiunto

Il contenitore del reattore presenta delle perdite. Deve essere installata una copertura del reattore

Non raggiunto

Il contenitore del reattore presenta delle perdite, La posizione della perdita non è stata identificata.

Cautela

Le barre di combustibile sono completamente immerse nell’acqua, ma è necessario il monitoraggio dei vari parametri

Mitigazione delle fuoriuscite di materiale radioattivo
Parzialmente raggiunto

Sono stati osservati dei rilasci intermittenti di materiale radioattivo. Installato un sistema di filtraggio per il controllo della radioattività nel ventilamento.

Parzialmente raggiunto

Sono stati osservati dei rilasci intermittenti di materiale radioattivo. Continua ad essere emesso del “fumo bianco”. L’acqua radioattiva viene trasferita in appositi siti di trattamento/stoccaggio

Parzialmente raggiunto

Sono stati osservati dei rilasci intermittenti di materiale radioattivo. Continua ad essere emesso del “fumo bianco”.

Cautela

Secondo quanto riferito da TEPCO le barre di combustibile possono essere ipotizzate come intatte, ma è necessario confermare questa situazione

Note:
[1] IAEA, Fukushima Nuclear Accident Update Log
[2] IAEA International fact finding expert mission of the nuclear accident following the great east Japan earthquake and tsunami – Preliminary Summary, 1 june 2011
[3] IAEA Summary of Reactor Status (2 June 2011) http://www.slideshare.net/iaea/summary-of-reactor-unit-status-2-june-2011
[4] Concentrazioni nell’acqua marina limite stabilite dall’OMS: 40 Bq/L per lo I-131 e 90 Bq/L per il Cs-137.
[5] Nuclear Energy Institute, Frequently Asked Questions: Japanese Nuclear Energy Situation (Updated 23 may 2011) http://www.nei.org/filefolder/FAQs_Japanese_Nuclear_Situation_05232011.pdf
[6] IEEE Spectrum, Explainer: What Went Wrong in Japan’s Nuclear Reactors http://spectrum.ieee.org/tech-talk/energy/nuclear/explainer-what-went-wrong-in-japans-nuclear-reactors
[7] Immagine tratta da Reactor Concepts Manual – Boiling Water Reactor pubblicato da NRC all’indirizzo http://www.nrc.gov/reading-rm/basic-ref/teachers/03.pdf. Annotazioni mie.

giovedì 2 giugno 2011

Dalla Germania stop al nucleare

Reiner Metzger,
Die Tageszeitung
Germania

Perché in Germania nessuno festeggia l’abbandono del nucleare deciso dal governo? Tutti i giornali del mondo ne parlano, solo i tedeschi non hanno capito bene cosa succederà ora. Riassumiamo: nove centrali continueranno a funzionare per altri dieci o al massimo undici anni, otto verranno definitivamente chiuse. Non si potranno ritardare i tempi dell’uscita dal nucleare, al massimo si potrà anticiparli.

Un governo di centrodestra, quindi, sta lavorando per dire presto addio al nucleare. Pazzesco, no?
Certo, sarebbe stato meglio se cristianodemocratici e liberali l’avessero fatto prima. Ma il cambio di rotta, a cui Angela Merkel e il suo governo sono stati costretti, avrà comunque importanti conseguenze politiche.

Fino a sei mesi fa, secondo i calcoli del governo Merkel, i reattori nucleari sarebbero dovuti rimanere attivi oltre il 2030. Ora si parla di chiuderli entro il 2022, a metà percorso. Siamo dunque di fronte a una vittoria schiacciante del movimento antinucleare, che ha continuamente tenuto vivo il dibattito e avanzato proposte per imboccare la strada delle energie alternative. Anche se solo dopo la catastrofe di Fukushima in Germania c’è stata una “rivolta” popolare che ha costretto Merkel a cambiare rotta. Ovviamente le industrie del settore proveranno a ottenere ulteriori proroghe. Ma, se venissero accontentate, il prezzo politico di una nuova inversione di marcia sarebbe troppo alto per chiunque.

Dopo l’annuncio della rivoluzione energetica tedesca ci sarà tempo fino al 2020 per creare le condizioni necessarie all’uso intenso di fonti rinnovabili. Ora, con l’addio al nucleare, bisognerà disfarsi anche del carbone, per poi ridurre il consumo di petrolio e gas. La dipendenza dal petrolio e dal suo prezzo ballerino non è solo dannosa per l’ambiente, ma è anche un pericolo per l’economia tedesca e la sicurezza nazionale.

Come con l’energia nucleare in passato, anche per l’uso delle energie rinnovabili su larga scala non si tratta solo di capire che bisogna cambiare, ma anche che bisogna avere il coraggio di farlo e di farlo presto. Avremo ancora bisogno, quindi, dei militanti ambientalisti. Ma intanto è giusto fargli i complimenti per questa grande vittoria.

martedì 31 maggio 2011

Sarkozy e Cameron preparano lo sbarco in Libia

Manlio Dinucci

Fonte: www.ilmanifesto.it

Al termine del G8, il presidente francese Sarkozy ha annunciato che si recherà a Bengasi insieme al premier britannico Cameron, dato che «abbiamo le stesse idee». Essenzialmente una: «Mediare con Gheddafi non è possibile». La stessa idea l’ha espressa il presidente Obama: «Non allenteremo finché il popolo libico non sia protetto e l’ombra della tirannia scomparsa». In parole povere, si stanno preparando a occupare la Libia.

E mentre il G8 chiede a Tripoli «l’immediata cessazione dell’uso della forza», la Nato intensifica le incursioni aeree che, in meno di otto settimane, hanno superato le 8.500. Partono per la maggior parte dalle basi nel meridione d’Italia, rifornite dalle altre. Pisa è continuamente sorvolata da C-130J e altri aerei cargo che, dall’aeroporto militare, trasportano alle basi meridionali le bombe e i missili della base Usa di Camp Darby (prefigurando cosa avverrà quando entrerà in funzione l’Hub aereo nazionale, da cui transiteranno tutti i militari e i materiali diretti ai teatri operativi). Che gli attacchi aerei preparino lo sbarco, lo conferma l’entrata in azione di elicotteri francesi Tigre, probabilmente affiancati da Apache britannici.

Ancora più significativo l’arrivo nel Mediterraneo di un imponente gruppo navale da attacco, guidato dalla più moderna e potente portaerei nucleare della classe Nimitz, battezzata George H.W. Bush, in onore del presidente che nel 1991 fece nel Golfo la prima guerra del dopo guerra fredda (oggi siamo alla quinta). Lunga 333 m e larga 40, ha a bordo 6mila uomini, 56 aerei (che possono decollare a 20 secondi l’uno dall’altro) e 15 elicotteri, ed è dotata dei più sofisticati sistemi di guerra elettronica. E’ quindi una grande base militare mobile. E’ allo stesso tempo una centrale nucleare mobile: ha due reattori ad acqua pressurizzata PWR A4W/A1G, il cui vapore aziona le turbine delle quattro eliche. Una centrale nucleare che, pur avendo a bordo reattori più pericolosi di quelli di Fukushima, entrerà nella baia di Napoli e in altri porti.

La portaerei George H.W. Bush è affiancata da un gruppo di battaglia formato dai cacciatorpediniere lanciamissili Truxtun e Mitscher, dagli incrociatori lanciamissili Gettysburg e Anzio e da otto squadriglie aeree. Va a rafforzare la Sesta flotta, il cui comando è a Napoli, affiancandosi ad altre unità, tra cui i sottomarini nucleari Providence, Florida e Scranton. Si è aggiunto alla Sesta flotta anche uno dei più potenti gruppi da attacco anfibio, guidato dalla Uss Bataan, che da sola può sbarcare oltre 2mila marines, dotati di elicotteri e aerei a decollo veriticale, artiglieria e carrarmati. E’ affiancata da altre due navi da assalto anfibio, la Mesa Verde e la Whidbey Island, che ha effettuato il 13-18 maggio una visita a Taranto. Quest’ultima ha a bordo quattro enormi mezzi da sbarco a cuscino d’aria che, avendo un raggio d’azione di 300 miglia, possono trasportare velocemente fin sopra la costa 200 uomini alla volta, senza che la nave sia in vista. Tutto è pronto, dunque, per lo sbarco «umanitario» in Libia. Agli europei l’onore di sbarcare per primi, sotto le ali protettrici della portaerei Bush.


portaerei USA Bush

domenica 29 maggio 2011

SE L'AFRICA HA IL MAL D'EUROPA


ilfatto.it/

DI MASSIMO FINI

Siamo continuamente sollecitati a versare, anche via sms, un obolo per l’Africa nera, soprattutto per i bambini che non hanno scuole, che non possono usufruire di un’educazione come si deve, che muoiono di malattie da noi curabilissime, come il tifo, o scomparse da tempo come la malaria. Alcune aziende, per accattivarsi i possibili clienti, dichiarano che uno o due euro saranno destinati ad aiutare l’Africa. Quando questi soldi arrivano a destinazione, se vi arrivano, sono maneggiati da ong che, animate dalle migliori intenzioni, li utilizzano per certi progetti in loco.

A queste ‘anime belle’ voglio raccontare la storia di Nana Konadu Yadom, una Ashanti, antichissima tribù dell’Africa nera, regina di un piccolo villaggio, Besoro, immerso nella giungla subtropicale del Ghana.

Quando è ancora principessa Nana parte per l’Italia perché vuole incontrare una suora di cui ha sentito parlare e l’ha affascinata. Al momento di partire è presa da qualche dubbio guardando i volti luminosi, gli occhi limpidi, sereni della sua gente e i mille bambini che scorrazzano allegramente. Ma parte. L’impulso alla conoscenza è più forte. Prima di raggiungere la suora, che dovrebbe stare, secondo vaghe indicazioni, in una città del Nord, si ferma in Sicilia dove, per vivere, si adatta a fare la colf. Quando raggiunge la città della suora, Schio, viene a sapere che è morta da cinquant’anni. Si ferma a Schio, sempre come domestica. Del nostro Paese non ha una percezione negativa, ne ammira le conquiste, anche se nota che tutti hanno sempre una tremenda fretta, vanno di corsa, sono ossessionati da uno strano strumento, l’orologio, tutte cose sconosciute a Besoro, anche perché a Besoro l’orologio non esiste, ci si regola con il levar del sole e quando l’ombra lambisce le radici di un certo baobab.

Nel frattempo a Besoro la regina morente, che è sua zia, l’ha nominata per la successione. Ma Nana rimane ancora un po’ in Italia. Diventa un caso: una regina che fa la sguattera! Finisce sui giornali. Per un pelo non la portano all’Isola dei Famosi. Dopo diciotto anni in Italia, Nana torna al suo villaggio, richiamata dal Consiglio degli Anziani perché adempia ai suoi doveri di regina. Ormai partecipe delle due culture Nana vuole portare qualche innovazione a Besoro, niente di grandioso: una piccola scuola, un piccolo ospedale. Costruito questo il medico, un nero pure lui, le fa notare che l’ospedale è inutile se non si costruisce anche un pozzo in modo che i bambini e gli adulti di Besoro non si abbeverino a un laghetto putrido dove si infettano. Comincia così una nota trafila da cui non si esce più. I bambini si ammalano di meno, ma Nana nota con sorpresa, che gli abitanti sono diventati tristi, non hanno più i volti luminosi, gli occhi limpidi, felici, mentre è comparsa una malattia mai vista a Besoro, l’ipertensione.

Il virus occidentale ha rotto equilibri ancestrali. Il primo a squagliarsela è il cacciatore Coio che torna nella foresta, poi altri, infine anche il tranquillo zio Ofa se ne va, mentre uno che lavora in ospedale le dice con una voce quasi infantile: “Io non posso vivere con l’orario”. L’esperimento è stato fallimentare.

Mi piace concludere questo apologo con le parole di Andrea Pasqualetto, il giornalista che ha raccolto il racconto della regina Nana Konadu Yadom per un libro che uscirà prossimamente da Marsilio: “Chi l’ha detto che l’Africa nera deve essere aiutata? Chi l’ha detto che servono scuole, ospedali, pozzi? Servono a chi? Agli africani o a noi?”.

Massimo Fini
Fonte:
Link: http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/05/29/se-l’africa-ha-il-mal-d’europa-siamo/114309/

sabato 28 maggio 2011

Usa,violati i piani del supercaccia F-35 Lightning II

Unknown hackers have broken into the security networks of Lockheed Martin Corp (LMT.N) and several other U.S. military contractors, a source with direct knowledge of the attacks told Reuters.



"Abbiamo le politiche e le procedure in atto per attenuare le minacce informatiche per il nostro business, e siamo fiduciosi nella integrità del nostro robusto, a più livelli dei sistemi di informazione-sicurezza multi", ha detto il portavoce della Lockheed Jeffery Adams.

Hacker rubano i progetti dai server

I piani del Pentagono per la costruzione del caccia d'attacco F-35 Lightning II, il più costoso progetto mai affrontato dalla Difesa degli Stati Uniti, sono stati violati da misteriosi hacker. I pirati informatici sono riusciti a scaricare diversi dati sul supercaccia (conosciuto anche come JSF, Joint Strike Fighter), ma non hanno avuto accesso ai dati più sensibili. Solo perché questi sono custoditi in computer non collegati a internet.

Secondo il Wall street journal, che riporta la notizia dell'intrusione informatica citando fonti dell'attuale e precedente governo americano, non è chiaro chi siano gli hacker responsabili, anche se alcuni attacchi informatici sembrano provenire dalla Cina (ma ciò non prova nulla, perché si potrebbe trattare di identità mascherate).

Gli attacchi ai server del progetto JSF non sono nuovi: i primi risalgono al 2007, ma si sono intensificati negli ultimi sei mesi. E non tutti sono passati dal Pentagono: il problema della sicurezza, in questo caso, è molto più vasto perché le intrusioni sono avventue, per la maggior parte dei casi, nei sistemi informatici di ditte esterne o di Paesi alleati che collaborano al progetto del nuovo caccia americano (tra i quali c'è anche l'Italia). Uno degli attacchi è passato dalla Turchia, un secondo da un altro Paese che non è stato specificato.

Le nuove intrusioni hanno riportato alla luce un problema noto da tempo: l'assenza di un'agenzia governativa o di un ufficio militare preposti alla sicurezza informatica: proprio per questo l'amministrazione Obama potrebbe presto varare una nuova agenzia di cyber-007.

Il Pentagono smentisce
Il Pentagono e la Lockeed Martin hanno smentito la notizia. L'attacco, hanno di fatto spiegato i portavoce, c'è stato ma i pirati informatici (forse cinesi secondo il giornale) non sono riusciti a rubare nulla. "Non sono informato di alcun tipo di preoccupazione (sul furto)", ha spiegato il portavoce della Difesa Bryan Whitman riferendosi al progetto monstre da 300 miliardi di dollari con cui gli Usa acquisteranno 2.443 F-35.

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