martedì 17 aprile 2012

GIOCHI DI GUERRA SULLA PELLE DEI SARDI


Sardegna, unità nucleari Usa.

di Gianni Lannes
Sulla grande isola ad ovest dello Stivale che scruta la penisola iberica nel bel mezzo del Mar Tirreno, ormai da decenni la primavera viene annichilita dall’impronta bellica. Altro che cartolina vacanziera. Anche quest’anno in mare lo scenario infernale non muta. «Esercitazioni a fuoco: lanci di missili e razzi nel mese di marzo, aprile, maggio e giugno 2012». Le ordinanze 41, 43, 48 e 51 dalla Capitaneria di porto diCagliari - a firma del capitano di vascello Vincenzo Di Marco su ordini superiori della Difesa imposte con procedura d’urgenza - ordinano l’interdizione alla navigazione, all’approdo, alla pesca ed ai mestieri affini, entro le acque territoriali comprese nella giurisdizione del circondario marittimo cagliaritano.

Al miglior offerente - In affitto. Il 29 novembre 2006 l’allora Capo di Stato Maggiore dell’aeronautica, Vincenzo Camporini dichiarava in un’audizione alla Camera: «Le elevate potenzialità delle strutture militari della Sardegna, per l’addestramento operativo di forze aeree sono diventate oggetto di interesse di vari Paesi alleati e amici. In particolare di francesi e tedeschi. La Francia è infatti disposta a integrare le strutture già presenti in Corsica. Mentre la Germania è orientata a ottimizzare gli oltre 13 milioni di euro che versa ogni anno all’Italia per l’utilizzo di un’altra base sarda, quella di Decimomannu». Capo Frasca, Capo Teulada e Salto di Quirra sono gli scenari più evidenti di occupazione militare. Solo a Capo Frasca ci sono a disposizione 1.416 ettari. A gestire il poligono è proprio l’aeronautica. E a Capo Frasca insistono un eliporto, impianti radar e basi di sussistenza. “La Difesa ci ridia la baia”: l’amministrazione comunale di Terteniachiede al Poligono di Quirra la restituzione agli usi civili dei quattro ettari in riva al mare dove alloggia la postazione militare di Punta Is Ebbas. La richiesta è stata inoltrata invano, ben 5 anni fa dal sindaco Pisu al ministero della Difesa.

USA.


Terra promessa - Gli ultimi a sbarcare sono stati i militari israeliani, con la stella di Davide in evidenza, per testare armi e munizioni proibite da usare contro ipalestinesi, bambini, pacifisti e giornalisti compresi. Ma in questo feudo dello Stato Maggiore Difesa hanno sperimentato in tanti. Un vergognoso esempio? Lo Stato italiano, segretamente, dopo aver siglato il Trattato internazionale di non proliferazione nucleare, ha seguitato a provare il missile atomico Polaris, in collaborazione con Fiat, Ansaldo e Marina Militare tricolore. Insomma, siamo sbarcati in un centro d’eccellenza dove si sondano nuovi armamenti. I clienti non latitano. Sul poligono piovono nel 2007 soldi aerospaziali: un milione di euro. Dalla ricerca aerospaziale arriva sull’Ogliastra una pioggia di denaro. Un milione e duecentomila euro per tre anni con la possibilità di rinnovare l’accordo per ulteriori dieci anni: questa la somma che il Centro italiano di ricerche aerospaziali (Cira) verserà al ministero della Difesa per l’utilizzo del Poligono Sperimentale Interforze del Salto di Quirra. Lo ha detto, qualche tempo fa, il sottosegretario alla Difesa,Emidio Casula, secondo cui «si tratta di un primo concreto esempio di impiego per scopi civili delle professionalità e delle attrezzature del Pisq che dimostra concretamente di essere una risorsa preziosa per i programmi di sviluppo aerospaziale nazionale».  A Quirra si sprofonda attraverso una strada che solca un inferno in terra. Un pugno di case e nessuna industria. Le persone giungono qui a raccogliere i funghi e a fare qualche bagno nel mare proibito. Ci sono agrumeti: arance e limoni che i sardi ti regalano con sguardo fiero. 

C’erano, una volta, le pecore al pascolo libero. Ora è difficile intravederle: i pastori versano lacrime di sangue, molti agnelli sono nati deformi. A un tiro di schioppo dal centro abitato si staglia una lunga cesoia di filo spinato e un check point: tredicimila ettari di poligono per eserciti che giocano alla guerra, incuranti delle ferite sanitarie inferte alle persone natie e dei danni ambientali al luogo. Piombano in mimetica, ma anche in giacca e cravatta. Dal microcosmo dei civili si avvertono solo esplosioni e si paga con il proprio sangue; nulla più in omaggio dallo Stato alla gente del luogo. «Quirra si è accorta di essere malata quando è venuta a sapere del primo militare sardo ucciso dall’uranio impoverito», racconta Mariella  Cao, antica combattente civile del “Comitato gettiamo le basi”. Corre il 1999 e l’Italia sta combattendo una guerra in ex Jugoslavia. Si inizia a balbettare di Sindrome dei Balcani. In Sardegna, invece, va in scena la morte di Quirra. Sotto accusa i proiettili all’uranio impoverito, arma potente e a basso costo capace di trasformare le corazze in burro. «Se nei teatri di guerra usavano quel tipo di proiettili da qualche parte dovevano pur testarli» continua Cao.

Servitù infinita - «La Sardegna dal mare alla terraferma è occupata dalla più estesa servitù militare d’Europa» rivela l’ammiraglio Falco Accame, ex presidente della Commissione parlamentare Difesa. In quest’isola è concentrato l’80 per cento dei centri di sperimentazione bellica in Italia. Nell’isola il demanio militare permanentemente impegnato ammonta a 36 mila ettari; in tutta la penisola italiana raggiunge i 16.000 ettari. Questa cifra integra i 12 mila ettari gravati da servitù militare. Gli spazi aerei e marittimi sottoposti a schiavitù militare sono di fatto incommensurabili, solo uno degli immensi tratti di mare annessi al poligono Salto di Quirra con i suoi 2.840.000 ettari supera la superficie dell’intera isola (kmq 23.821). Tradotto: durante le esercitazioni viene interdetto alla navigazione, alla pesca e alla sosta marittima un braccio di mare immenso: quasi 30 mila chilometri quadrati attorno all’isola. Tutto segreto. Oltre agli accordi Nato, sono vigenti i patti bilaterali Italia-Usa per installare in Sardegna avamposti militari gestiti direttamente ed esclusivamente dai militari nordamericani: questi atti sono stati assunti dai governi italiani (responsabilità particolare di Giulio Andreotti) calpestando la Costituzione e senza informare il Parlamento.

«Sa die de sa vardiania»: il giorno della sorveglianza, recita un cartello in lingua sarda. A Quirra, minuscola frazione di Villaputzu in provincia di Cagliari, la popolazione seguita a morire. Decine di persone uccise dalla leucemia in un paese di 150 abitanti e 14 bambini nati con gravi malformazioni. Numeri da scenario di guerra in un belpaese in letargo. Abbonda l’uranio artificiale a Quirra: qui aleggiano -secondo gli accertamenti ufficiali- valori di radioattività cinque volte superiori alla norma. Lo hanno scoperto il 26 febbraio 2011 gli esperti inviati dalla Procura della Repubblica di Lanusei per un’ispezione nel poligono. «Lo hanno trovato all’interno di cinque cassette, sistemate in un deposito di materiali speciali, compreso il munizionamento rimasto inesploso dopo le esercitazioni e in attesa di una futura distruzione. Magazzino senza nessuna misura di protezione o di sicurezza, senza nessun cartello di pericolo, dove l’accesso era libero per chiunque lavori all’interno della base» mi spiega la Cao.


Accertamenti - Il deposito si trova a Capo San Lorenzo, ad un soffio dalla spiaggia e dalla zona dove, secondo i veterinari delle Asl di Lanusei e Cagliari, si sono ammalati di cancro nel sangue gran parte dei pastori. È una solida conferma nell’inchiesta del procuratore Domenico Fiordalisi. Il deposito di Quirra è stato sequestrato e sigillato, le cinque cassette metalliche altamente radioattive sono state consegnate al professor Paolo Randaccio, fisico nucleare dell’Università di Cagliari. 

Nel poligono di Salto di Quirra - secondo la Relazione conclusiva della Commissione tecnica - «le indagini hanno mostrato la sussistenza di reali impatti negativi sulle aree ad alta densità militare e zone adiacenti accanto ad ampie porzioni di territorio che non sembrerebbero interessate da significative contaminazioni».  Anche in altri poligoni, come sostiene il parlamentare Scanu in una  recente mozione, «si sono verificate situazioni inaccettabili di grave degrado ambientale, come ad esempio nel poligono Delta presso il poligono di Capo Teulada, interdetto anche al personale della base e giudicato non bonificabile dalle autorità militari».

L’ispezione è scaturita dalle denunce presentate alla Squadra mobile di Nuoro. Gli inquirenti hanno potuto appurare che in quei magazzini diversi soldati che lavoravano come magazzinieri si erano ammalati tutti della stessa patologia:linfoma di Hodgkin. Uno dei tumori più aggressivi. La Procura di Lanusei indaga per «omicidio plurimo, danni ambientali e omissione di controllo». Il poligono di tiro della Difesa viene utilizzato anche da altri eserciti e da multinazionali degli armamenti che testano armi di ogni tipo, coperti dal segreto di Stato, dagli omissis della Nato e delle industrie di morte. Gli inquirenti hanno scovato nell’ordine: un missile con 100 chili di esplosivo impigliato nelle reti di un peschereccio, una discarica sottomarina fatta di vecchie bombe e rottami di radar e un sito abusivo pieno di bersagli.

Numeri da incubo - Nel 2006 interviene la Regione Sardegna: si esamina un campione di 26.130 abitanti su un territorio di 10 comuni. Il periodo di riferimento va dal 1981 al 2001. Risultato? Si rileva una crescita di tumori del sistema linfoemopoietico. Significa mielosi e leucemie. Trentasei morti. Sopra la media, ma non abbastanza da non rappresentare una prova diretta e inequivocabile. In effetti, per verificare se in quel territorio ci sono troppi tumori basta fare una banale operazione aritmetica. Bisogna incrociare i dati dell’indagine della Regione con le cifre fornite dall’Asl 8 sui casi a Villaputzu tra il 1998 e il 2001 e su quelli a Muravera-San Vito nell’anno 2000. Risultato? Il 75 per cento dei morti - 27 su 36 - sono concentrati in un piccolo pezzo di terra tra Villaputzu, Muravera e San Vito. Un’area, nemmeno troppo popolata, che non ha nulla attorno, se non il poligono militare. E, per la cronaca, i 14 morti di Villaputzu sono quasi tutti nella frazione di Quirra, che conta 150 abitanti. Nel gennaio del 2011 arriva un’ulteriore conferma. Due veterinari dell’Asl di Cagliari e Lanusei, insospettiti dall’eccessivo numero di pecore malformate, iniziano a contare quanti uomini e quanti animali si ammalano. Risultato? Dieci pastori su 18 che lavorano entro un raggio di 2,7 chilometri dalla base hanno la leucemia.

Vittime insabbiate - Un lancio dell’agenzia Agi (2 aprile 2007) avvertiva: «Capo Frasca: Accame, “avieri sgombra-bossoli morti o ammalati”. Nel poligono militare di Capo Frasca, in Sardegna, giovani avieri erano impiegati nella raccolta a mani nude degli ordigni sganciati dagli aerei durante le esercitazioni militari. Lo denuncia il presidente dell’Anavafaf, l’Associazione nazionale assistenza vittime arruolate nelle forze armate e famiglie dei caduti, in riferimento ai casi di Ugo Pisani, Gianni Fredda e Maurizio Serra, che prestarono servizio come Vam, addetti alla vigilanza dell’aeroporto, nel poligono sardo». L’assassino è conosciuto con la sigla U 238: uranio impoverito che ha tolto la vita a Gianni Faedda e Maurizio Serra due Vam del poligono di Capo Frasca costretti a sgomberare a mani nude e senza nessuna protezione dalle polveri di uranio impoverito i proiettili sganciati dagli aerei nella base addestrativa. Nel 2006 il padre di uno dei due avieri morti, Antonio Serra, aveva incaricato l’avvocato di avviare la battaglia legale per il risarcimento dal ministero della Difesa ai sensi della legge 308/81, che prevede elargizioni speciali per infortunio o decesso in servizio. Ma undici mesi più tardi il Ministero ha negato l’indennizzo.

Bombe a Capo Teulada - Gli ordigni sono adagiati sul fondo del mare. Basta allungare lo sguardo, oltre il manto trasparente dell’acqua, per distinguere i letali cilindri metallici. “Bombe sono”, dice Antonio Loru, volto marchiato dal sole come quello degli altri pescatori di Teulada e Sant’Anna Arresi. I quali, appese reti e nasse al recinto del Poligono militare di Capo Teulada, sono scesi in sciopero. E’ dal dicembre 2003 che protestano pubblicamente, ma le istituzioni statali non ascoltano. Quando le condizioni meteomarine lo consentono, escono sui loro pescherecci a sfidare i giochi di guerra, rallentando una macchina bellica che non ammette soste forzate. Stazionano giornate intere nelle acque su cui il transito è permanentemente vietato. E rischiano anche di prendersi qualche cannonata, scendendo in mare a manovre iniziate. Infatti, proprio come i civili che nell’isola portoricana di Vieques, hanno costretto gli americani a abbandonare la base, i pescatori occupano le zone di tiro durante le esercitazioni. Qui hanno gettato le reti per decenni nei giorni in cui non si sparava. Adesso non possono più farlo. Da qualche tempo fioccano le multe: due tre, cinquemila euro. E i settanta pescatori invisibili all’opinione pubblica nazionale si sono ribellati. Chiedono a gran voce la bonifica di almeno qualche miglio lungo la costa. Hanno barche piccole, nasse e tramagli devono essere calati su fondali non tropo alti. Fondali che pullulano di bombe. Questa zona che va all’incirca da Porto Pino all’Isola Rossa, è permanentemente interdetta al transito dei mezzi e delle persone per la presenza di residuati esplosivi «di cui non è possibile o conveniente la bonifica», asserisce lo Stato maggiore dell’Esercito italiano. L’operazione di ripulitura comporterebbe dieci, quindici anni di lavoro e una spesa che, si ipotizza, potrebbe oscillare intorno a qualche centinaio di miliardi di vecchie lire. I pescatori chiedono di svolgere la loro attività nell’immensa zona a mare interdetta, l’unica accessibile alle loro piccole imbarcazioni, ed “esigono” che l’area, come impongono leggi e regolamenti delle Forze Armate italiane, sia bonificata, ripulita dall’accumulo di ordigni bellici esplosi e inesplosi. Per poter ripulire il tratto di mare sottoposto da 50 anni a schiavitù militare e mai bonificato, a detta di alcuni militari, bisognerebbe sospendere tutte le attività del poligono per circa 15 anni.

Uraniopoli - Un ammiraglio ha valutato “a occhio” i costi dell’operazione e ha affermato (rifiutando che fosse messo a verbale) che “per la Difesa sarebbe economicamente più conveniente regalare una villetta in Tunisia a tutti i teuladini accollandosi anche le spese di trasferimento”. Quante sono le bombe? Un numero indefinito, gli stessi militari non sanno dire. Sono un omaggio per quasi mezzo secolo di attività del Poligono militare di Capo Teulada. Alcune forse inattive, altre solo inesplose. Ma chi potrebbe distinguerle? “Io combatto da 65 anni. C’era la guerra quando sono nato e non è ancora finita”, commenta ancora Loru. “Da 33 anni mi sveglio alle 4 del mattino per pendere il mare, ma sono a casa mia”. Aveva 12 anni quando la sua e altre 250 famiglie furono costrette a svendere la casa per quattro lire per consentire la costruzione del Poligono.

E’ un conflitto lungo, estenuante, complicato, perché le forze militari internazionali pagano salato, per martoriare con ordigni d’ogni genere (compreso l’uranio impoverito, come documentano le relazioni di servizio della Nato) questi 7.200 ettari di terra - e uno specchio di mare largo all’incirca un quinto dell’isola - acquistati dalle famiglie che abitavano lì. Ma il peso contrattuale di questo nugolo di pescatori cresce: maggiore è l’esercitazione che disturbano, maggiore il danno. Nel frattempo, la popolazione del comune di Teulada, dimezzatasi dacché esiste il Poligono, registra ufficialmente il notevole incremento di svariate forme tumorali e già nel 2000, prima che fosse di dominio pubblico la questione dell’uranio impoverito, sui muri del paese si leggeva: «Benvenuti a Uraniopoli». Il colonnello Mongiorgi, comandante del Poligono, nega con fermezza che vengano utilizzate armi all’uranio e dice: “Controlliamo le munizioni di tutti quelli che vengono qui a sparare”. Anche quelle delle navi straniere? Risposta: “No comment”.

Le esercitazioni navali - come quelle della Seconda flotta Usa, che viene a sparare qui soprattutto da quando è stata cacciata dall’isola di Vieques, segnata dall’alto grado di tumori e malattie polmonari, cardiache, cardiovascolari, da diabete e alta mortalità infantile - si effettuano con cannonate che dal mare puntano verso terra e comportano l’interdizione di un tratto di acqua molto ampio. Un esempio illuminante quanto alla considerazione militare per l’incolumità della popolazione civile proviene addirittura dagli States. Dal 1977 ogni tre mesi la US Navy svolge esercitazioni a pochi chilometri dalla costa statunitense, sparando proiettili all’uranio impoverito che vengono così disseminati in mare, in aree che sono al tempo stesso dedite alla pesca. E’ il nome del cannone prodotto dalla Raytheon e installato su quasi tutte le navi da combattimento statunitensi; spara fino a 4500 proiettili da 20 millimetri al minuto, contenenti un penetratore di uranio impoverito da 15 millimetri. Noncurante dei gravi rischi ambientali, la US Navy ha da sempre optato per l’economico ma letale uranio impoverito, e, continua ad utilizzarlo nonostante tempo fa avesse annunciato l’intenzione di passare al tungsteno. Solo di recente Glen Milner del gruppo pacifista Ground Zero è venuto in possesso di un documento che dimostra come la marina militare continui ad utilizzare per queste esercitazioni proiettili all’uranio impoverito, e le svolga in aree vicino alla costa di Washington e Seattle. Ciò ha suscitato notevoli preoccupazioni tra i pescatori e nella popolazione locale, anche perchè sono note le conseguenze dell’uso di queste armi nell’ambiente durante le guerre in Iraq, Jugoslavia e Afghanistan. La US Navy non ha fornito informazioni ulteriori su come si svolgono queste esercitazioni, ma i cittadini delle zone coinvolte sono comunque determinati a fare chiarezza e in caso a denunciare la marina militare statunitense.

E’ comunque difficile per gli autoctoni, che di incidenti ne hanno visti e subiti parecchi, credere che sia tutto sotto controllo. Sanno bene, infatti, che le bombe inesplose nei fondali vengono trascinate dalle correnti anche miglia e miglia oltre le zone interdette. Spesso le cannonate sparate dal Poligono piovono sulla zona libera di Porto Pino, sorvolando le teste dei residenti e degli occasionali visitatori. E succede anche che i carristi finiscano sempre per errore con i loro cingolati in qualche centro abitato. Le maggiori preoccupazioni, tuttavia, riguardano i rischi per la salute. L’incidenza di leucemie, tumori e malformazioni alla nascita nelle zone intorno alle basi militari è una coincidenza che spalanca squarci inquietanti e imbarazzanti. Un sempre maggiore numero di cittadini sardi -sostenuti dal Comitato Gettiamo le Basi- chiede che i poligoni e la basi dell’isola siano sottoposti a indagine super partes, a controlli permanenti e scientificamente qualificati: da Teulada a Quirra, da Perdasdefogu a Decimomannu, fino a Capo Frasca e alla base Usa di sommergibili a propulsione ed armamento nucleare di Santo Stefano (arcipelago La Maddalena), sloggiata nel 2008.

Verità e giustizia - «Per gli uccisi da veleni di guerra e di poligono» esigono alcune associazioni locali: “Comitato Sardo gettiamo le basi”, Famiglie militari uccisi da tumore”, “Comitato Su Santidu”, “Comitato Amparu”. Si chiede di fermare la strage di Stati. «Dal 15 luglio 2011 il rappresentante del Governo ci offre molte parole di umana comprensione, il Governo permane in silenzio tombale» ripetono i responsabili delle associazioni in pacifica mobilitazione. La Procura della Repubblica di Lanusei con prove inoppugnabili ha risolto il mistero - che da 11 anni si vuole tale - del disastro ambientale e sanitario causato dal poligono Quirra-Perdasdefogu. Ha trovato alcune delle “armi del delitto”: lo smaltimento della spazzatura bellica Italia-Nato, sia in discariche fuorilegge, sia con i brillamenti fuorilegge, e conseguente contaminazione di aria, suolo, acque; le emissioni radar; il torio radioattivo sparso dai missili, accumulato e conservato nelle povere ossa degli uccisi. Ha messo sotto accusa: alcuni degli intoccabili in divisa, otto generali, un maggiore, due colonnelli, il tenente ex sindaco di Perdasdefogu; alcuni complici di alcuni dei depistaggi, i sei responsabili di due indagini “scientifiche” truffa approntate dal ministero della Difesa; due esponenti della vasta “zona grigia” dedita all’ostinata rimozione dell’evidenza. Il sindaco di Perdasdefogu e l’epidemiologo  medico competente del poligono sono indagati per ostacolo aggravato alla difesa da un disastro e favoreggiamento aggravato. Nulla toglie alla dimostrazione oggettiva del nesso causale tra le attività militari e la strage l’ipotesi, purtroppo realistica,  che “gli intoccabili” evitino l’accusa di omicidio plurimo volontario. I meandri e i mille rivoli della catena di comando, la distribuzione di responsabilità in un groviglio inestricabile di livelli (dal soldato che ha eseguito l’ordine al Capo Supremo delle Forze Armate Italiane, ai vertici Nato) garantiscono l’anonimato, rendono improbabile individuare gli assassini con nome e cognome. 


Il Governo Monti ha l’obbligo impellente di sospendere subito le attività dei poligoni che devastano la Sardegna, non solo in base al principio di precauzione, ma anche in osservanza degli atti parlamentari d’indirizzo per l’Esecutivo, datati  23 febbraio 2011, che hanno impartito la direttiva di chiudere i poligoni “ove emergessero oggettive situazioni di rischio” o “qualora risultasse un collegamento con l’alta incidenza dei tumori registrata”. Le due mozioni complementari del centrodestra e del centrosinistra, approvate dal Senato all’unanimità, sono un punto fermo. L’indagine della Procura, con la forza dell’evidenza sostenuta da prove inconfutabili, ha fatto cadere “ogni ragionevole dubbio” sul nesso causa-effetto. Non esistono più scappatoie. Ricordiamo le parole pronunciate in aula il l’anno scorso dal firmatario della mozione della maggioranza Pdl a sostegno della chiusura dei poligoni in Sardegna: «C’è un dato ormai acclarato. In quei territori abbiamo un’incidenza particolarmente alta di tumori (…) vi sono anomalie nella nascita degli animali allevati. Insomma il nesso esiste ed ormai non possiamo procrastinare una decisione». Si esige dalla Regione Sardegna «l’apertura di una vertenza forte con lo Stato e faccia valere in tutte le sedi e con tutti gli strumenti di sua competenza: la cessazione dei “giochi di morte” del ministero della Difesa e delle Forze Armate; il diritto alla salute e all’ambiente salubre; il diritto all’equa distribuzione dei gravami militari; l’obbligo di chi ha inquinato a disinquinare e farsi pieno carico dei danni». Dal Governo Monti, invece, si pretende «la sospensione delle attività dei poligoni dove si sono registrate le patologie di guerra; l’evacuazione dei militari esposti alla contaminazione dei poligoni di Teulada, Decimomannu-Capo Frasca, Quirra; il ripristino ambientale, bonifica seria e credibile delle aree contaminate a terra e a mare; il Risarcimento ai malati e alle famiglie degli uccisi, ed il risarcimento al popolo sardo del danno inferto all’isola». 

Cagliari 31 - 16mar2012
Cagliari 35 - 16mar2012
Ordinanza 41 – 2012
Ordinanza 51 – 2012

Jaap de Hoop Scheffer.

Neonato malformato.

Guerra.

lunedì 16 aprile 2012

Il principe “Sardus Pater”, l'emiro si vedrà



carta sardegna
Da mezzo secolo il racconto sulla Costa Smeralda si replica sull'onda della prima compiaciuta versione dei fatti: il principe venuto per caso dal mare, che si innamora della Sardegna e via dicendo, la favola che inorgoglisce i sardi ai quali il cuore batte forte se il continentale gli dice che l'isola è bella e ospitale. Di più se dichiara passione, vera o complimentosa, per la pecora bollita.
E' resistente il patto per non rompere l'incantesimo. Basta conservare intatta l'astuta risorsa narrativa. Sorvolando sugli aspetti che possono guastare l' aura aristocratica, già messa a dura prova da mediocri billionaire. Meglio non fare troppo caso alla prosa dei bilanci: anche se Costa Smeralda come tutte le imprese si basa sui conti, che o tornano o non tornano. E che scompaiono sovrastati dal mito avvincente della vacanza (com'è in molta letteratura tra Otto e Novecento che ha come scenario i luoghi di villeggiatura).
I conti sono da sempre dettagli trascurabili nelle rappresentazioni di Costa Smeralda. E i passaggi di mano - da Aga Khan a ITT, Starwood, a Colony Capital di Tom Barrack - sono abilmente presentati come normali avvicendamenti tra ricchi-ricchi adeguati a curare l'amministrazione della leggenda: i debiti ereditati sono il giusto fardello per chi assume il prestigioso compito. Non importa se chi lascia si dimentica di spiegare in modo circostanziato gli scricchiolii del bilancio.
E' antipatico – lo so – chi ricorda che Karim Aga Khan è stato costretto ad abdicare per un buco notevole nei conti, come hanno scritto i giornali all'epoca. Se ha perso il controllo di Costa Smeralda è perché Ciga Immobiliare era gravata da uno scoperto di molte centinaia di miliardi di lire, per cui il patrimonio è passato in maggioranza a ITT Sheraton con l'assistenza di Mediobanca. Nello sfondo la protesta dei soci Fimpar contro la gestione dell'impresa, culminata nella infuocata assemblea di Milano del febbraio 1994.
Parlarne non toglie nulla ai meriti del principe e ai bei ricordi anni Sessanta, e l'appello accorato “ torni l'Aga Khan o almeno la principessa”, rilanciato ciclicamente, è immemore – occorre dirlo – e per molti versi incomprensibile. Come il titolo “Sardus Pater” che la Regione gli ha consegnato l'anno scorso in una cornice surreale.
Ecco la sintesi più recente di questo pensiero-vassallo su “La Nuova Sardegna” di qualche giorno fa. «Siamo soddisfatti dell’arrivo del Qatar in Sardegna, dice Luigi Crisponi, assessore regionale al Turismo, ma qui non si sta parlando di una squadra di calcio ma della Costa Smeralda, un territorio verso il quale la sensibilità e l’attenzione devono essere altissime. Proprio come aveva fatto l’Aga Khan. E se fosse vero che dietro l’operazione ci possa essere anche lui, o sua figlia, ne saremmo felicissimi». Una roba d'altri tempi: quando si facevano celebrare messe per chiedere la grazia di un erede al trono più buono e più indulgente del re.
Tom Barrack esce di scena con oltre 200 milioni di euro di debiti. Nessuno gli chiede di restare o di lasciare qualcuno dei familiari a proseguire la sua missione in terra sarda. Non è stato amato il libanese figlio di un fruttivendolo che compra e vende debiti, cacciatore di business malgestiti; una filosofia - “il debito è il nuovo capitale” - spiegata a “Panorama” nel 2010. E che chiarisce in qualche modo il suo rapporto con Costa Smeralda. «Certo comprare i debiti a sconto è sempre un ottimo affare, ristrutturare è sempre un business, la leva finanziaria resta fondamentale». Non sono piaciuti i toni da guascone di Barrack, che dopo il passivo di Karim ha comprato molti altri debiti ( tra cui il ranch di Michael Jackson indebitato), e ha perso al casinò un miliardo di dollari. Conosceva, da buon giocatore, il rischio quando è arrivato in Sardegna: Costa Smeralda è un'impresa turistica che ha più di un occhio volto all'intrapresa immobiliare, una ambiguità che riguarda il turismo in Sardegna.
L'emiro del Qatar Al Thani subentra, e soddisfa - pare - l'attesa di continuità almeno sul piano simbolico. A un principe succede un emiro, una guida monarchica nel suo Paese, dopo la parentesi che è già acqua passata. Nuovo giro senza un chiarimento però, non un piano industriale, per dirla con il linguaggio sindacale, ma neppure una lettera d'intenti, per ora. Alle istituzioni locali basta sapere che il nuovo padrone è uno degli uomini più ricchi del pianeta, confermando la tradizione; mentre c'è chi ricorda che il presidente della Regione Cappellacci è stato in Qatar con l'ex ministro degli Esteri nel novembre 2010 ( e ci è tornato alla fine del 2011, pare).
L'incitamento di Frattini del febbraio 2011 rivela di un piano che riguarda l'isola e che oggi è molto eloquente (http://www.aise.it/esteri/diplomazia/69460-frattini-ambasciate.html).
«Nelle Missioni in Cina, Kuwait, Qatar - dichiara Frattini- ho incontrato i capi dei Fondi Sovrani di quei Paesi. Gli abbiamo presentato le opportunità per creare joint venture e promuovere investimenti infrastrutturali sui sistemi portuali, nel settore impianti turistici. A dicembre, al primo ministro del Qatar, che è anche il capo del Fondo, abbiamo presentato un piano di sviluppo con centri turistici, commerciali e congressuali della Sardegna che vale un miliardo di dollari. Mi auguro che il governatore sardo Ugo Cappellacci voglia rapidamente seguire la presentazione di questo progetto agli interlocutori qatarini che sono sembrati estremamente interessati». Aspettiamo con curiosità.
La cifra versata non è poca cosa, nonostante la solidità dell'emiro che difficilmente compra Costa Smeralda per amore, specie se si considera che il valore stimato del patrimonio è circa tre volte il debito accumulato. Una valutazione che si capirà col tempo: se e in che misura hanno influito gli ottimi indicatori sul ricavo medio per camera venduta e le voci sulle destinazioni urbanistiche che interpretano annunci spavaldi, sentenze, impugnative del governo.
Sarebbe insomma interessante sapere se e come è stato rassicurato l'emiro che si impegna a ricapitalizzare. E da chi. E se per caso sia entrata nella trattativa la solita ipotesi di riavviare il ciclo edilizio nei 23mila ettari di proprietà. Se si disponesse di un' analisi del bilancio previsionale dell'impresa, svolta da specialisti, potremmo capire il senso del nuovo corso, che immaginiamo stia, grosso modo, tra buone intenzioni di potenziamento della ricettività e confuse promesse di modifiche del Ppr; quindi con il solito rischio che si chieda al paesaggio sardo di sacrificarsi per aiutare l'investimento del Qatar.

venerdì 13 aprile 2012

15 aprile SIT-IN mensile a Cagliari, piazza del Carmine, ore 10


Comitato sardo Gettiamo le Basi , tel 3467059885 ; Famiglie militari uccisi da tumore , tel 3341421838
  Comitato Amparu (Teulada) , tel 497851259;            Comitato Su Sentidu (Decimo) tel  3334839824
                                                                                    
15 aprile SIT-IN mensile a Cagliari, piazza del Carmine, ore 10

SU NURAXI CUN SU POPULU GHERRADORI

VERITA’ e GIUSTIZIA
per gli uccisi da veleni di guerra e di poligono
FERMARE la STRAGE di STATO

.  Dal 15 luglio 2011 il rappresentante del Governo ci offre molte parole di umana comprensione ,ma non la soluzione il Governo permane in silenzio tombale.

LA VERITA’ sulla STRAGE di STATO , nota a tutti, è stata ormai dimostrata dalla Procura di Lanusei con prove inoppugnabili(rese note dai media a partire dal 24 marzo). Con un lavoro durato poco più di un anno ha risolto “il mistero” - che da 11 anni si vuole tale - del disastro ambientale e sanitario causato dal poligono Quirra-Perdasdefogu. Ha trovato alcune delle “armi del delitto”: lo smaltimento della spazzatura bellica Italia-Nato, sia in discariche fuorilegge, sia con i brillamenti fuorilegge, e conseguente contaminazione di aria, suolo, acque; le emissioni radar; il torio radioattivo sparso dai missili, accumulato e conservato nelle povere ossa degli uccisi. Ha messo sotto accusa:
* alcuni degli intoccabili in divisa, otto generali, un maggiore, due colonnelli, il tenente ex sindaco di Perdasdefogu;
* alcuni complici di alcuni dei depistaggi, i sei responsabili di due indagini “scientifiche” truffa approntate dal ministero della Difesa;
* due esponenti della vasta “zona grigia” dedita all’ostinata rimozione dell’evidenza. Il sindaco di Perdasdefogu e l’epidemiologo  medico competente del poligono sono indagati per ostacolo aggravato alla difesa da un disastro e favoreggiamento aggravato.
Nulla toglie alla dimostrazione oggettiva del nesso causale tra le attività militari e la strage l’ipotesi, purtroppo realistica,  che “gli intoccabili” evitino l’accusa di omicidio plurimo volontario. I meandri e i mille rivoli della catena di comando, la distribuzione di responsabilità in un groviglio inestricabile di livelli (dal soldato che ha eseguito l’ordine al Capo Supremo delle Forze Armate Italiane, ai vertici Nato) garantiscono l’anonimato, rendono improbabile individuare gli assassini con nome e cognome, quindi procedere contro

  BLOCCARE la STRAGE di STATO 
esige una decisione politica immediata, non è demandabile né subordinabile ai tempi biblici del sistema giudiziario dell’Italia, ripetutamente condannata dall’UE per questo motivo. Il Governo ha l’obbligo impellente di sospendere subito le attività dei poligoni che devastano la Sardegna, non solo in base al principio di precauzione, ma anche in osservanza degli atti parlamentari d’indirizzo per l’Esecutivo, datati 23/2/2011, che gli hanno impartito la direttiva di chiudere i poligoni “ove emergessero oggettive situazioni di rischio” o “qualora risultasse un collegamento con l’alta incidenza dei tumori registrata”. Le due mozioni complementari del centrodestra e del centrosinistra, approvate dal Senato all’unanimità, sono un punto fermo. L’indagine della Procura, con la forza dell’evidenza sostenuta da prove inconfutabili, ha fatto cadere “ogni ragionevole dubbio” sul nesso causa/effetto. Non esistono più scappatoie. Ricordiamo le parole pronunciate in aula il 23/2/11 dal firmatario della mozione della maggioranza Pdl a sostegno  della chiusura dei poligoni in Sardegna: “C’è un dato ormai acclarato. In quei territori abbiamo un’incidenza particolarmente alta di tumori (..) vi sono anomalie nella nascita degli animali allevati. Insomma il nesso esiste ed ormai non possiamo procrastinare una decisione”. . 

Dal PARLAMENTO ESIGIAMO che:
* difenda le sue prerogative incalzando il governo affinché esegua le direttive impartite il 23/2/011 e rientri nell’ambito della legalità provvedendo all’equa distribuzione sul territorio nazionale dei gravami militari scaricati sulla Sardegna in misura abnorme (il 60% del demanio a terra, non ci sono termini di raffronto con le altre Regioni sull’enormità delle zone aeree e marittime militarizzate);
* si attivi per fugare il sospetto feroce di avere inteso affidare la “scoperta della verità indiscutibile” all’ennesima puntata della farsa ricerca scientifica infinita mirata a NON trovare. Il sospetto è avvalorato dalla scelta furbesca dello strumento inadeguato, l’indagine epidemiologica N°3 in programma e dall’ultima trovata bipartisan, entusiasticamente sostenuta dal sindaco indagato, di potenziamento del poligono della morte Salto di Quirra in cambio della chimera della  liberazione di Teulada e Capo Frasca;
  Dalla REGIONE ESIGIAMO 


che apra una vertenza forte con lo Stato e faccia valere in tutte le sedi e con tutti gli strumenti di sua competenza:


* la cessazione dei “giochi di morte” del ministero della Difesa e delle FF.AA.; * il diritto alla salute e all’ambiente salubre;


* il diritto all’equa distribuzione dei gravami militari; * l’obbligo di chi ha inquinato a disinquinare e farsi pieno carico dei danni.  



Dal GOVERNO PRETENDIAMO

     S     Sospensione delle attività dei poligoni dove si sono registrate le patologie di guerra;
     E      Evacuazione dei militari esposti alla contaminazione dei poligoni di Teulada, Decimomanno-Capo Frasca, Quirra   .   .                         . .                                                                                                                                                          …                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  
      R     Ripristino ambientale, bonifica seria e credibile delle aree contaminate a terra e a mare;
      R     Risarcimento ai malati e alle famiglie degli uccisi, Risarcimento al popolo sardo del danno inferto all’isola.
    A      Annichilimento , ripudio della guerra e delle sue basi illegalmente concentrate in Sardegna in misura iniqua;
I       Impiego delle risorse a fini di pace .





Comitato sardo Gettiamo le Basi , tel 3467059885 ; Famiglie militari uccisi da tumore , tel 3341421838
  Comitato Amparu (Teulada) , tel 497851259;            Comitato Su Sentidu (Decimo) tel  3334839824


Il 02/11/2011 10:36,  Dessì Vitalia ha scritto:

Si trasmette in allegato la lettera inviata alla stampa sarda relativa al Salto di Quirra.
                                        Per il Coordinamento
                                                Paolo Pisu

giovedì 12 aprile 2012

Torio, i pastori sono i più esposti ai veleni nebulizzati dai missili a Quirra


Paolo Carta
scritu Sa defenza
Anche se il fisico di Brescia Evandro Lodi Rizzini precisa: "La scienza oggi non è ancora in grado di dimostrare il nesso diretto tra esposizione a torio e uranio e insorgenza dei tumori". E' destinata quindi a cadere l'accusa di omicidio doloso per i comandanti del poligono di Perdasdefogu. Restano invece le altre accuse a carico dei venti indagati per disastro ambientale, falso e omesso controllo.
Agnello nato deforme sequestrato in un ovile di Villaputzu


Le indagini hanno rilevato che i pastori sono più esposti ai veleni nebulizzati dai missili ma il nesso tra radioattività e tumori non è dimostrabile. 
A caccia di verità nelle ossa di chi è morto  di tumore nel Salto di  Quirra. Monica Utzeri era figlia  di un bidello, Mario Atzori  come tecnico alla Vitrociset ed Ennio Zucca non frequentava i pascoli all'interno del poligono. In Quel che resta dei loro scheletri il fisico dell'Università di Brescia, Evandro Lodi Rizzini, ha trovato quantità di Torio inferiori a quelle rinvenute negli atri cadaveri esaminati, tutti appartenenti ad allevatori che conducevano quotidianamente il bestiame a la pascolo nel poligono. In particolare all'interno dell'area utilizzata dal 1956 ad oggi per guerre simulate , test di armi, brillamenti di munizioni e altre sperimentazioni.
LA PROVA
Secondo il Procuratore di Lanusei D. Fiordaliasi, che indaga sul presunto rapporto tra attività svolte nella base tra Perdasdefogu e Villaputzu,il danno ambientale e l'insorgenza di malformazioni e malattie su uomini e animali, il risultato delle analisi di Lodi Rizzini è una prova decisiva chi  ha frequentato i pascoli di Quirra più a lungo è stato maggiormente esposto alle contaminazioni delle polveri della guerra.  
Perchè nelle ossa di Alessio Melis , Giovanni Meloni, Luigino Piras, Giovanni Codonesu, Gesuino Piras, Giovanni Marongiu, Paolo e Piero Vacca, Luigi Codonesu, Antonio Porcu, Egidio Melis ed Ezio Corda, la qantità di Torio radioattivo è superiore rispetto a quella trovata nelle ossa di Monica Utzeri, Mario Atzori ed Ennio Zucca. Rilevante anche la contaminazione di Cerio, sostanza usata nella produzione dei missili.
AL TORIO
Un'ulteriore conferma arriverebbe da un'altra osservazione contenuta nella relazione tecnica firmata il 20i i poveri resti  Marzo scorso dal prof . Lodi Rizzini, alla fine delle analisi triangolari effettuate nei laboratori di Brescia e Pavia:"la quantità di Torio trovato nelle ossa aumenta in rapporto all'età: Alessio Melis deceduto all'età di 24 anni , è stato meno esposto rispetto agli altri allevatori del Slato di Quirra che sono morti in età più avanzata."
LA RICERCA. 
La riesumazione delle salme alla ricerca di tracce di elementi nocivi e radioattivi è un fatto pressochè inedito in campo giuridico e scientifico internazionale. Soltanto in Francia qualche anno fà erano stati esaminati i poveri resti di un soldato reduce da una missione nei Balcani, in cui venne riscontrata la presenza di Uranio Impoverito in quantità però non ritenuta compatibile con la patologia  che ha portato alla morte il  soldato transalpino.
LA MALATTIA
Ma il parere firmato da uno dei fisici italiani più conosciuti in ambito internazionali dice anche altro. Per esempio che non è possibile stabilire un nesso  di casualità diretto tra esposizione al Torio Radioattivo e l'insorgenza di determinate patologie. "L'incidenza è stocastica" spiega il prof. Lodi Rizzini, "cioè non tutti quelli che vengono a contatto con la radiazioni alfa emesse dal Torio poi si ammalano". Proprio per questo motivo il docente universitario Bresciano, è un convinto sostenitore dell'assoluta inutilità delle indagini epidemiologiche sullo stato di salute delle popolazioni che abitano o lavorano attorno al Salto di Quirra, commissionate a vario titolo e da diversi anni da ASL, Regione e adesso con il coinvolgimento dell'Istituto Superiore di Sanità tra l'altro chi ha frequentato il Salto di Quirra è stato esposto anche ad altre fonti potenzialmente cancerogene: i radar("necrotizzano i tessuti in sei minuti", ha detto il Prof. Fiorenzo Marinelli al Procuratore Fiordalisi) , e i combustibili dei razzi.
CADE UN'ACCUSA .
 Da quì anche una conseguenza anche giudiziari nel procedimento che per adesso vede  venti  indagati nell'ambito dell'inchiesta del poligono di Quirra: per alcuni generali comandanti del poligono di Perdasdefogu e Capo San Lorenzo è destinata a cadere l'accusa di omicidio volontario con dolo eventuale, in un primo momento ipotizzata dal Procuratore Fiordalisi in una tranche dell'inchiesta separata da quella per disastro ambientale. Proprio perché non si puà provare dal punto di vista scientifico il rapporto di causa ed effetto tra Torio e tumore. Pur nella convinzione pressoché unanime della letteratura scientifica "sul fatto che il Torio sopratutto se inalato, sia almeno cinque volte più pericoloso dell'Uranio e che la sua nocività raggiunge il culmine dopo 20 anni dal suo utilizzo", come ha dichiarato Evandro Lodi Rizzini nella sua consulenza.
IL NESSO
"Provare il nesso di causalità tra l'esposizione a sostanze radioattive come Uranio impoverito o Torio e l'insorgenza di determinate malattie -commenta Mariella Cao, anti-militarista inserita nel Comitato territoriale  incaricato di convalidare i controlli ambientali effettuati nel poligono di Quirra- sarebbe una scoperta scientifica da premio Nobel per la medicina. Oggi la scienza non è in grado di provare il nesso inoppugnabile per una malattia. Ma a Quirra una incontestabile contaminazione  da metalli pesanti e sostanze radioattive come il Torio è stata accertata da diversi esperti. Ora è necessario che la classe politica  assuma certi provvedimenti. Come la sospensione di ogni attività sperimentale o militare e l'mmediata bonifica di uno dei territori più belli della Sardinya, contenuta in due mozioni approvate in Parlamento un anno fa: ora bisogna applicarle".
LA CONTAMINAZIONE
In pratica Mariella Cao chiede l'applicazione del cosiddetto principio di precauzione , citato anche da una recente sentenza del Tar di Cagliari, con la quale i giudici amministrativi hanno negato l'accesso ai pascoli per gli allevatori residenti nel comune di Villaputzu.
 Proprio la zona del paese costiero della Provincia di Cagliari ospita il  maggior numero di morti sospetti, se si scorre l'elenco di 169 persone compilato dalla squadra mobile di Nuoro e dalla Forestale di Lanusei  a corredo delle indagini della Procura di Lanusei.
La spiegazione di tutto questo arriva da uno dei consulenti della Procura attraverso lo studio dei venti dominanti, maestrale scirocco avrebbero spinto le particelle nocive diffuse nell'aria da test e guerre simulate verso Villaputzu oppure verso ml'abitato di Escalaplano dove, si è registrato un numero assolutamente anomalo di bambini nati malformati (14 tra il 1988 e i 1993). 
GLI INDAGATI
Restano in piedi le accuse contenuto nell'avviso di conclusione di indagini recapitate a venti indagati. Entro una decina di giorni il Procuratore di Lanusei D. Fiordalisi formulerà le richieste di rinvio a giudizio. Poi la parola passerà al Gup del tribunale Ogliastrino.

mercoledì 11 aprile 2012

L’arte della guerra : Le ali bipartisan dell’F-35



Sul caccia F-35, in parlamento, «il ministro Di Paola ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco»: lo assicura Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della pace. Il ministro della difesa ha dovuto dunque piegare la testa di fronte a una maggioranza parlamentare, che decide di ridurre il numero dei caccia? 
Dagli atti parlamentari risulta esattamente l’opposto. Di Paola è andato in parlamento ad annunciare la decisione, già presa dal governo Monti, di «ricalibrare» l’acquisto degli F-35, da 131 a 90. A questi si aggiungeranno 90 Eurofighter: in tal modo l’Italia disporrà di 180 cacciabombardieri «molto più performanti». In altre parole, molto più distruttivi dei Tornado usati un anno fa per bombardare la Libia. 
Più che sufficienti ad assicurare la capacità di proiezione del «potere aereo», uno dei cardini del concetto strategico pentagoniano enunciato da Di Paola nel 2005. L’Italia non solo si impegna ad acquistare 90 F-35 (numero aumentabile in caso di «necessità»), ma partecipa al programma della Lockheed Martin con l’impianto dell’Alenia a Cameri.  Realizzato,  precisa Di Paola, in un aeroporto militare perché «gli americani e la Lockheed Martin hanno preteso delle condizioni di sicurezza e di segretezza: o in una base militare a certe condizioni o non si faceva». 
Qui saranno non solo assemblati i caccia, ma realizzati «gli aggiornamenti, perché gli aerei nel tempo hanno degli upgrade» (con continue spese aggiuntive). Ne trarrà vantaggio l'industria militare, «elemento tecnologico importante di questo Paese e che oggi più che mai punta sull'esportazione». Il costo unitario dell’F-35 è ancora nelle nuvole. «Oggi si parla di un'ottantina di milioni di dollari, ma ci si aspetta che la cifra sia sempre più bassa», racconta il favolista Di Paola ai piccoli onorevoli. 
E, per tranquillizzarli, aggiunge: «Se sapeste quanto è costato l'Eurofighter, vi spaventereste; parliamo, per capirci, del doppio della cifra». Nessuno ha osato chiedergli a quanto ammonta la spaventosa cifra. E neppure la Idv – che nella sua mozione (bocciata) chiedeva al governo di valutare la possibilità di uscire dal programma F-35 – ha osato mettere il dito sulla piaga: questo caccia di quinta generazione serve non alla difesa dell’Italia, ma alla  strategia offensiva Usa/Nato cui partecipa l’Italia; serve a mantenere gli alleati sotto la leadership degli Stati uniti, non solo sul piano militare. 
Il programma F-35 è uno dei volani dell’economia statunitense: vi partecipano oltre 1.300 fornitori da 47 stati Usa, creando 130mila posti di lavoro che potrebbero raddoppiare. Tutto questo viene ignorato dal parlamento italiano. Il programma F-35, illustrato da Di Paola, è stato così approvato con un sostanziale consenso bipartisan di PdL e Pd. 
Non c’è da stupirsi: per far partecipare l’Italia al programma, si sono coerentemente impegnati, dal 1998 ad oggi, i governi D’Alema, Berlusconi 1, Prodi, Berlusconi 2 e Monti. E dopo che l’F-35 sarà stato usato dall’Italia in una azione di guerra, ci sarà un Flavio Lotti che, alla Perugia-Assisi, riprenderà a marciare a fianco del capo del governo. Come fece nel 1999 col presidente del consiglio D’Alema che, dopo aver inviato gli aerei italiani a bombardare la Jugoslavia, partecipò, su invito, alla marcia per la pace. 

Manlio Dinucci est un collaborateur régulier de Mondialisation.ca.  Articles de Manlio Dinucci publiés par Mondialisation.ca

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