sabato 9 giugno 2012

Rivoluzione d'ISLANDA a RE-AZIONE


ISLANDA
By Deena StrykerDaily Kos
http://www.dadychery.org/2011/12/18/iceland-ongoing-revolution/



"Ci hanno detto che se abbiamo rifiutato le condizioni della comunità internazionale, si sarebbe divenuti la Cuba del Nord. Ma se avessimo accettato, ci sarebbe diventati la Haiti del Nord. "

Bandiere del Che e l'Islanda a proteste anti-austerity.

La storia di un programma radiofonico italiano, sulla rivoluzione in corso l'Islanda è un meraviglioso esempio di quanto poco i nostri media ci racconta il resto del mondo. 


Gli americani possono ricordare che all'inizio della crisi finanziaria del 2008, l'Islanda è andata letteralmente in bancarotta. I motivi sono stati citati solo di sfuggita, e da allora, questo poco conosciuto membro dell'Unione europea ricadde nel dimenticatoio. 


Da quattro anni in Islanda - quell’isola glaciale attribuita all’Europa, che riposa in mezzo all’Atlantico del Nord, con appena 300.000 abitanti - succedono cose interessanti e nuove che non appaiono sui media corporativi dell’Occidente, confermando la manipolazione inesorabile di cui l’umanità è oggetto per il controllo che, sui mezzi di stampa mondiali, esercitano la super-potenza e le oligarchie ad essa legate. 


 In Islanda non ha avuto luogo una rivoluzione sociale, ma è successo qualcosa di quasi altrettanto grave per l’alta gerarchia della finanza: una rivoluzione contro la tirannia delle banche capitaliste in un mondo globalizzato con radici che portano inesorabilmente a Wall Street. 


 Anche se, grazie alle sue centrali geotermiche, l’Islanda gode di grande indipendenza energetica, il paese dispone di scarse risorse naturali e la sua economia, dipendente per un 40% dalle esportazioni della pesca, è per questo molto vulnerabile. 


Come gli altri paesi europei, si era indebitata con la speculazione bancaria per vivere al di sopra delle sue possibilità reali nel sistema finanziario neoliberista spinto dagli Stati Uniti, ai quali ora l’economia reale sta presentando il conto 


Per far fronte agli effetti di una crisi devastatrice, quattro anni fa il suo governo nazionalizzò le principali banche del paese e, per rappresaglia, Londra congelò tutti gli attivi di 300.000 clienti britannici e 910 milioni di euro investiti nelle banche islandesi da amministrazioni locali e enti pubblici del Regno Unito. 


L’isola dovette investire 3.700 milioni di euro di denaro pubblico per rimborsare quei clienti. Con un debito bancario islandese equivalente a parecchie volte il suo PIL, la moneta perse valore, la Borsa sospese le sue attività e il paese andò in bancarotta. Proteste di massa davanti al Parlamento a Reykjavik, la capitale islandese, obbligarono nel 2009 a convocare elezioni anticipate che, a loro volta, provocarono le dimissioni del Primo Ministro conservatore e di tutto il suo governo in blocco. 


Un progetto di legge, ampiamente dibattuto in parlamento, ipotizzava di scaricare su tutti i cittadini dell’isola il rimborso alle banche britanniche e danesi del debito di 3.500 milioni di euro, che avrebbero dovuto essere pagati mensilmente per i prossimi 15 anni. La popolazione scese nelle strade chiedendo di sottoporre a referendum tale legge. 


Il Presidente non lo accettò e non la ratificò, nonostante che il progetto contasse su 44 dei 66 voti in Parlamento. Venne convocato il referendum e il NO al pagamento ottenne il 93% dei voti. 


Davanti ad una tale vittoria della rivoluziona pecifica islandese, il Fondo Monetario Internazionale congelò ogni aiuto all’Islanda finchè non si fosse risolto il problema del pagamento del debito. 


 Il governo dispose un’inchiesta per accertare le responsabilità della crisi e cominciarono gli arresti dei banchieri e degli alti dirigenti. L’Interpol emise un ordine di cattura e tutti i banchieri implicati abbandonarono il paese. 


In questo contesto viene eletta un’assemblea per redarre una nuova Costituzione, che raccolga le lezioni apprese dalla crisi e che sostituisca quella attuale. Per questo si ricorre direttamente al popolo sovrano, rappresentato da 25 cittadini senza affiliazione politica eletti tra 522 candidati proposti. 


L’assemblea costituente lavora dal febbraio 2011 ad un progetto di Charta Magna a partire dalle raccomandazioni raggiunte in varie assemblee celebrate in tutto il paese. Il progetto dovrà poi essere approvato dal Parlamento attuale e da quello che si costituirà dopo le prossime elezioni legislative. 


 La ripresa economica sperimentata dall’isola dopo essersi liberata dal carico parassitario del debito con le banche viene vista dalle cupole capitlistiche europee come un esempio pericoloso per paesi chiamati “morosi” come la Grecia e l’Irlanda. 


Soprattutto perchè i recenti successi che l’Islanda ha avuto hanno portato molti economisti a ritenere che sia stato proprio il collasso delle banche ciò che più ha favorito tali successi. Non solo perchè l’economia islandese non è crollata con la soluzione alla crisi del non pagamento del debito, ma perchè il 2011 si è chiuso con una crescita del 2,1% che diventerà dell’1,5% nel 2012, cifra che triplica quella dei paesi della zona euro. 


Gran parte di questa crescita si basa su incrementi produttivi, principalmente nel settore turistico e nell’industria della pesca. Ciò contrasta con il quadro che mostrano altre economie europee, rallentate o in declino. 


L’Islanda ha dimostrato che, con il recupero della sua sovranità, giustizia e dignità sono andate di pari passo. Politici e banchieri corrotti sono stati processati. E, quale riaffermazione della sua indipendenza, l’Islanda è diventata – lo scorso ottobre – il primo paese europeo a riconoscere la Palestina come nazione indipendente, qualcosa che nessun paese sottomesso al giogo della banca internazionale capitalista ha potuto fare.

Bustianu Cumpostu: «Non era il momento giusto»

Bepi Anziani
www.unionesarda.it


Per il leader di Sni, Bustianu Cumpostu, l'iniziativa referendaria era prematura «Non era il momento giusto» 
 Ma per Sardigna Natzione è l'ennesimo sopruso ai sardi
«L'indipendentismo sta diventando un concetto collettivo, un qualcosa di accettabile. Ora è il momento di fare un salto in avanti e farlo diventare un concetto delegabile, la vera alternativa ai partiti italiani». Bustianu Cumpostu ha appena lasciato la scuola nuorese dove insegna ed era impegnato nei primi scrutini di fine anno ma si ferma senza indugio a parlare di Sardegna, indipendentismo, zona franca e della dichiarazione di non ammissibilità della proposta di referendum della Repubblica di Malu Entu da parte dell'ufficio regionale.
«Noi non eravamo d'accordo con Doddore Meloni -dice il leader di Sardigna Natzione - non nella sostanza naturalmente ma perché non era il momento per proporre il quesito referendario. L'indipendenza è un lavoro collettivo, dove è necessario il coinvolgimento di tutto il popolo sardo. L'iniziativa di Doddore ci è sembrata pericolosa per l'indipendentismo, sbagliata nella forma e nei tempi».
Quindi alla fine è meglio che l'iniziativa non sia andata avanti...«Non dico questo. Dico solo che oggi non si poteva aspirare a raggiungere il risultato sperato che è poi quello di allargare la schiera di coloro che ci credono. Ciò non toglie che la mancata ammissibilità del referendum sia l'ennesimo sopruso dello stato italiano nei confronti del popolo sardo che non è nemmeno libero di esprimere un parere su un tema così importante».
Come è possibile oggi immaginare di conquistare per la Sardegna l'indipendenza dall'Italia?«È possibile solo attraverso quella grande invenzione che si chiama Europa. I sardi non devono trattare con l'Italia, ma porsi come interlocutori delle altre nazioni europee. Tutto ciò che un tempo era guerra oggi è politica. Tutto ciò che prima si conquistava in battaglia oggi si conquista attraverso la possibilità data al popolo di esprimersi tramite i suoi rappresentanti nelle istituzioni. La Sardegna è più Europa che non Italia. L'Italia è per noi una gabbia che ci separa dall'Europa e dal Mondo. L'indipendenza della Sardegna non arriverà da una contrattazione con l'Italia. L'Europa deve portare la questione delle nazioni senza stato sullo stesso tavolo dove si risolvono pacificamente le questioni tra stati-nazione».
«Se si vuole costruire un'Europa moderna» riprende Cumpostu, «basata sulla libera adesione e condivisione dei popoli che ne fanno parte sarà necessario riconoscere le rivendicazioni d'indipendenza delle nazioni senza stato e riconoscere loro una soggettività indipendente».
Ma se la politica non è stata capace nemmeno di mettere in piedi un modello di zona franca o di vantaggi fiscali per la Sardegna come è possibile che ora possa favorire una spinta indipendentista?«Guardi, io penso che un modello tradizionale di zona franca applicato dallo stato italiano alla Sardegna possa essere addirittura improduttivo per il nostro popolo. Noi siamo più per un sistema misto di zona franca e punti franchi attraverso il quale possano essere superate le molte disparità che esistono fra la Sardegna e l'Italia e fra le diverse zone della Sardegna. Un punto franco in una zona agricola dell'interno porterebbe una fiscalità di vantaggio enorme. Pensate se potesse produrre esclusivamente per l'industria turistica costiera. Quel poco di ricchezza che esiste nell'isola è concentrato vicino al mare. Le zone dell'interno devono quindi essere aiutate a superare questo gap con l'introduzione di uno strumento come il punto franco».
Una battaglia per la quale l'appoggio del Consiglio regionale e della Giunta sarebbe indispensabile.«Sì. Ma non ci possiamo contare troppo. Noi con la Regione abbiamo solo rapporti di carattere istituzionale. Abbiamo avuto piacere che il presidente Cappellacci abbia condiviso con noi la battaglia per il referendum sul nucleare ma per il resto non ci sentiamo coinvolti. Per noi che alla guida della Regione ci sia il centro destra o il centro sinistra è assolutamente indifferente. L'indipendentismo non può essere che laico, qualsiasi forma di indipendentismo confessionale è incompatibile con gli interessi della nazione che dell'indipendentismo vuole fare strumento di liberazione nazionale».
Di conseguenza siete anche indifferenti al dibattito di questi giorni in Consiglio regionale che vede duramente contrapposte le diverse anime del Pdl ed il Presidente Cappellacci?«È un teatrino. Tentano di far cadere la giunta Cappellacci per poter votare ancora con la legge elettorale in vigore, in modo da non perdere nessuno dei privilegi legati al vecchio schema a cominciare dalla spartizione delle poltrone».

Commenti :
ProgReS

«Allarme democratico nell'Isola»

La bocciatura del referendum di Maluentu è «negativa», e «deve suscitare un allarme democratico nei sardi». È la posizione di Progres, che pure aveva «a suo tempo espresso dubbi sull'opportunità» dell'iniziativa, ma aveva anche «preso atto con soddisfazione della riuscita della raccolta firme. Preoccupa la denegata democrazia da parte dell'Ufficio dei referendum, che ha agito in termini politici».


venerdì 8 giugno 2012

Doddore Meloni: «Indipendenza, si va avanti»


Fabio Manca
Parla il fondatore della Repubblica di Malu Entu dopo la bocciatura del suo quesito 
 «Indipendenza, si va avanti» 
 Meloni: un no politico, faremo votare comunque i sardi
«È una decisione politica e anticostituzionale contro la quale ricorreremo in tutte le sedi. Non solo: faremo comunque un referendum informale girando la Sardegna in lungo e in largo per chiedere ai sardi che cosa vogliono fare. Spero abbiano un moto d'orgoglio e si ribellino allo Stato arrogante e tiranno».
Doddore Meloni ha appena ritirato la copia della delibera dell'Ufficio regionale del referendum che mercoledì ha dichiarato non ammissibile il quesito consultivo proposto dal suo movimento che chiedeva ai sardi se volessero l'indipendenza. Dopo aver letto le motivazioni, il leader di Malu Entu è ancora più convinto della battaglia che ha intrapreso. 
Secondo Giangiacolo Pisotti, Vincenzo Amato, Tito Aru, Antonio Contu e Gabriella Massidda «la materia...non può essere oggetto di referendum consultivo» perché «...contrasta con l'ordinamento generale e i principi fondanti della Repubblica» e «...con l'articolo 5 della Costituzione in cui si afferma che la Repubblica è una e indivisibile». Inoltre, sostiene l'Ufficio, «...non è consentito sollecitare il corpo elettorale regionale a farsi portatore di modifiche costituzionali...».


Si aspettava la bocciatura?«No, perché si tratta di un referendum consultivo in cui chiediamo ai sardi che cosa sperano per il loro futuro. L'ufficio elettorale ha preso una decisione politica».
Eppure nella motivazione della decisione è chiaro il riferimento alla Costituzione?«Le valutazioni in materia di costituzionalità non dovevano nemmeno essere fatte. La legge regionale sul referendum all'articolo 7 stabilisce che l'ufficio deve verificare se le firme sono in regola e svolgere una funzione neutrale prescindendo da qualunque considerazione politica».
Quindi a suo avviso l'ufficio è andato oltre le sue competenze?«Certo, noi chiedevamo solo un parere. Se ritengono incostituzionale il quesito si rivolgano alla Corte costituzionale».
Lei sa bene che la Repubblica Italiana è una e indivisibile.«Sì, anche se non capisco, visto che siamo un'isola separata dall'Italia da acque internazionali. In ogni caso noi facciamo riferimento alla legge di ratifica della Carta delle Nazioni Unite del '57 e al Patto di New York del '66 che sanciscono il diritto di autodeterminazione dei popoli».
Ma prima c'è la Costituzione.«L'articolo 80 della Costituzione dice che le Camere devono recepire i trattati ratificati anche se comportano variazioni territoriali».
Alle Carte da lei citate ha fatto riferimento la Catalonia?«Esatto. Di recente il Parlamento europeo ha deciso che la Catalonia ha diritto all'indipendenza, che avrà anche la Scozia dal 2014. I Fiamminghi in Belgio hanno votato per la loro indipendenza, Malta, Cipro, la Slovenia, il Montenegro l'hanno ottenuta. Potrei citare molti altri esempi, dal Quebec alle tribù pellerossa che quattro mesi fa hanno ottenuto dalla Corte suprema degli Usa la restituzione delle loro terre e una provvisionale di 3,5 miliardi di dollari. L'ultimo caso è quello della Groenlandia che a metà 2011 ha ottenuto l'indipendenza dalla Danimarca».
Ora che cosa farete?«Innanzitutto ricorreremo al tribunale internazionale per i diritti dell'uomo e al tribunale civile contro un arbitrio dello Stato italiano contro il popolo sardo».
Poi?«Faremo comunque una consultazione raccogliendo pareri in tutti i Comuni della Sardegna, non abbiamo bisogno di nessuna autorizzazione. Poi da martedì ci metteremo in marcia partendo da Carbonia, una delle zone più disastrate della Sardegna e considereremo virtualmente indipendenti tutti i luoghi dove passeremo».
Sente anche lei spirare un vento indipendentista?«Sì, e penso che se questa volta i sardi non si muovono rischiamo di retrocedere verso il quinto mondo». 
E i politici?«Il Consiglio regionale deve insorgere e Cappellacci si deve dimettere».
Perché?«Perché è stato lui a nominare i membri dell'ufficio elettorale che hanno bocciato il referendum facendo valutazioni politiche anziché limitarsi a verificare la correttezza formale delle firme».
Secondo lei il Consiglio, da cui emerge una sempre più diffusa insofferenza verso i soprusi dello Stato, la sosterrà?«Una presa di posizione politica forte sarebbe importantissima. Spero che si mettano d'impegno per legiferare in materia. Non vedo perché possiamo farci una nostra legge elettorale e non possiamo esprimerci su questo referendum».
I sardi la sosterranno?«Spero che abbiamo un moto d'orgoglio. Combatto da trent'anni per l'indipendenza e mi sembra che non ci siano stati momenti più propizi per tirare fuori la testa. Ora o mai più».


I commenti:


Sni (Sardigna Natzione Indipendentzia) 
Bustianu Cumpostu«Non ci fanno esprimere»
«I sardi non possono neanche esprimere un parere di libertà perché le chiavi della gabbia italiana le possiede solo l'Italia: sono l'articolo 5 della Costituzione Italiana e l'imposto articolo 1 dello statuto sardo». Lo sostiene Bustianu Cumpostu. Ma il leader di Sni ribadisce le critiche a Meloni per la sua corsa solitaria. «L'indipendenza è un lavoro collettivo, solo così Sni è disponibile portarlo avanti».

Psd'az  (Partidu Sardu-Partito Sardo d'Azione
«Serve una reazione d'orgoglio»
«L'Ufficio regionale del referendum certifica ancora una volta il rapporto di subalternità e di sudditanza in cui è costretta la Sardegna alla quale è impedito di esprimersi attraverso lo strumento democratico del voto». Lo sostiene il segretario del Psd'az Luigi Colli, secondo cui «il processo di indipendenza non può prescindere da un profondo coinvolgimento di tutti i sardi ed ancor prima da una condivisione politica».

LA RUOTA PER CRICETI E LA LINGUA SARDA


LA RUOTA PER CRICETI E LA LINGUA SARDA



Mentre i gruppuscoli indipendentisti ( per non parlare di chi è in Consiglio regionale di ogni partito) corrono nella loro personale ruota per criceti, nel Parlamento italiano si sta ratificando la Carta delle lingue europee che, discriminando ferocemente la lingua sarda non riconosce nei fatti la minoranza linguistica sarda trattata da serie C rispetto a quelle dell'arco alpino ( escluso il friulano egualmente discriminato ).
Questa discriminazione ha un valore politico internazionale che disconosce alla radice la SPECIALITA' della QUESTIONE SARDA.

Tarpa le ali all'applicazione della Convenzione quadro sulle minoranze nazionali e nazionalità del Consiglio d'Europa che riconosce ( contrariamente alla Costituzione italiana che considera solo le minoranze linguistiche ) i sardi come componenti la Nazione sarda.

E siccome solo chi non approfondisce che il diritto di autodeterminazione è il DIRITTO DI AUTODETERMINAZIONE NAZIONALE e che l'INDIPENDENZA è una delle OPZIONI dell'esercizio di questo diritto, si riempio la bocca di un suono cioè la parola INDIPENDENZA, senza riempirlo di contenuti e quindi dare vero valore politico a un messaggio di libertà accessibile ai sardi.

Anzi c'è anche chi si definisce indipendentista adornandosi del massimo piumaggio indipendentista ma è contrario al nazionalismo sardo di libertà , quindi alla nazione sarda e alla lingua sarda quale sua maggiore caratteristica aprendo le porte alla santificazione della lingua italiana non come lingua dello stato ma come una lingua nazionale dei sardi facilitando l'assimilazione.

Diritto d'autodeterminazione può anche voler dire MAGGIORE E MIGLIORE AUTONOMIA, vuol dire anche aumento della SOVRANITA' e quindi pure gli autonomisti o i nuovi SOVRANISTI dovrebbero battersi per la lingua sarda perchè anche nel loro caso il riconoscimento vero della lingua sarda, la sua costituzionalizzazione con l'inserimento in un nuovo Statuto di sovranità della lingua sarda sarebbe garanzia di applicazione dei loro propositi istituzionali e politici.

Eppure basta leggere la proposta di legge di ratifica della Carta delle lingue approvata in Commissione per capire al volo che non solo si pone un ostacolo insormontabile a modifiche costituzionali di riconoscimento dei diritti politici della nostra nazione, ma si bocciano tutti i presupposti per l'insegnamento della e nella lingua sarda in tutte le scuole, del suo uso paritetico e normale veramente efficace nei media e nella giustizia e in tanti altri settori ancora.

Lo Stato italiano, nel silenzio di tutti i parlamentari sardi, ma anche dei consiglieri regionali e della Giunta, dei partiti indipendentisti in Consiglio regionale e fuori di esso, di amanti di Storia patria sarda, di fantasie Shardaniche, dell'ecologia isolana, di ballerini in tondo, cantanti a tenores o con la chitarra elettrica, di poeti, scrittori e affabulatori che “ a dir di Sardigna le lingue lor non si sentono stanche” , sta ratificando la soluzione finale per la lingua sarda, trasformando in cappio la corda tesa dal Consiglio d'Europa per salvare la lingua sarda dall'affogamento nello stagno italiano e tutelare l'identità nazionale dei sardi.

Malgrado le affermazioni di sardità e di fedeltà alla lingua dei padri nella cosiddetta area indipendentista sarda c'è una sordità costante, una accidia sostanziale, una ignoranza dei veri termini della questione, un rifiuto sostanziale ad affrontare per le corna la questione linguistica sarda come fatto politico precondizionante ogni programma di libertà strategico e sopratutto tattico di sovranità.

La battaglia per la lingua sarda, come diritto collettivo, come diritto civile e umano degli abitanti la Sardegna, non viene concepita come invece è l'unica ipotesi rivoluzionaria e pacifica e non violenta, spendibile in campo internazionale.

Non viene neanche assunta come proposta che prefigura non solo un ottenimento di diritti politici costituzionali di sovranità col passaggio dall'Autonomia all'Indipendenza, sopratutto come garanzia di un rovesciamento dei poteri interni alla Nazione sarda, che sconfigga i ceti Compradores italianizzati e facendo emergere nuovi soggetti politici sardi nazionalisti, unici capaci di porre mano col piccone alla dipendenza istituzionale, economica, culturale e alla autocolonizzazione imperante in ogni campo della nostra società.

Girano in tondo, ognuno nella propria ruota organizzativa, come criceti dell'Autonomia malgrado correndo in tondo dentro la gabbia colonialista emettano vaghi suoni indipendentistici, dimenticando di lottare veramente per la lingua dei sardi.

Se esiste una responsabilità da parte dei poteri coloniali, esiste anche una responsabilità per omissione. Se sarà ratificata così come si può leggere nel sito del Parlamento , commissione esteri, sarà responsabilità anche di chi non ha fatto nulla per impedirlo, anzi non ne sapeva proprio nulla..impegnato a correre sulla ruota..

Per chi voglia documentarsi...



UN COMMENTO 
di Sa Defenza

..condivido pienamente l'analisi dei comportamenti descritti da Mario, e lo ringrazio della franchezza con cui tratta l'argomento; ho visto , ho notato anch'io quanto rimproveratoci e la incapacità che regna dentro le fila dell'indipendentismo  ove io milito e mi assumo anch'io la mia parte di colpa e mi aspergo di cenere il capo e devo vestire il saio di juta per essere asperso di umiltà, a motivo della mia apatica rinuncia alla lotta per il cambiamento del movimento; spesso, comunque  è visibile, latente, la sirena del mettersi in mostra nella vetrina dell'ego, anzichè  avere gli oneri e gli onori dovuti dall'azione; azione profumata dall'amore per la nostra terra; invece di agire e darsi una struttura per organizzare diffusamente indipendenza politica ed economica, stiamo sonnecchiando,  e come detto da Mario ci scordiamo l'importanza della nostra amata lingua.


 Nel passato in questa terra di Sardinya, a differenza dell'oggi, si vedeva fortemente come la nostra terra fosse  piena di passioni di profumi pieni di lotta, di onore ancestrale dei nostri padri,  di amore forte sudato e gridato che emerge dall'agire, del nascente movimento di giovani idealisti de su populu sardu. 
Io stesso negli anni settanta giovinetto di appena diciasette anni in su disterru  già da oltre dieci anni incontravo questo  fermento,  che vi stavo appena descrivendo, della lingua mia a me semi-sconosciuta; io che vivevo in uno dei tanti hinterland del milanese pregni di tristezza e puzzolente odore di smog e nebbia malsana in un  grigiore da Grande Fratello  "1984" di memoria Orwelliana,  dentro una fabbrica molto sindacalizzata in principio non dai sindacati della triplice, bensì, dall'autonomia della classe operaia in un turbinare di fermento intellettuale ed espressione  di sovranità, all'Alfa Romeo incontro un compagno un patriota sardo, con barba fulva e un pò di piazzetta appena accennata, era un uomo pieno di passione per la nostra terra e mi portava questo inebriante profumo attraverso il giornale "Su populu sardu", ne  ero affascinato nel vedere  una lingua sarda scritta, lingua che mi apparteneva sebbene non parlata ne  mai insegnata . Un ricordo bellissimo di militanza gagliarda, guardata con occhi di chi non aveva ancora una piena consapevolezza in se del progetto della sovranità in terra sarda, come  proponeva il giornale che mi veniva dato in fabbrica, vivevo in un luogo che non mi apparteneva, e grazie a ciò che leggevo  mi nasceva e instillava il desiderio di tornare alla mia antica PATRIA sarda. 


Voglio rammentare agli amici, ai patrioti, ai fratelli e ai compagni ai sardisti agli indipendentisti o ai sovranisti, quanto fosse importante per lo stesso Gramsci, uomo che sappiamo tutti come fosse ideologo del partito comunista, ciononostante mostrò quanto fosse  legato alle sue origini alla sua terra ed alla sua lingua. 


Seguiamone l'esempio nel ricordarne i suoi  scritti, quando riconosce l'importanza della lingua natzionale sarda: "In che lingua parla? Spero che lo lascerete parlare in sardo e non gli darete dei dispiaceri a questo proposito. È stato un errore, per me, non aver lasciato che Edmea, da bambinetta, parlasse liberamente in sardo. Ciò ha nociuto alla sua formazione intellettuale e ha messo una camicia di forza alla sua fantasia. Non devi fare questo errore coi tuoi bambini. Intanto il sardo non è un dialetto, ma una lingua a sé, quantunque non abbia una grande letteratura, ed è bene che i bambini imparino piú lingue, se è possibile." 


A. Gramsci, Lettera a Teresina, 26 marzo 1927

mercoledì 6 giugno 2012

FUKUSHIMA: Acqua radioattiva scaricata nell'Oeano Pacifico


FUKUSHIMA:   Acqua radioattiva scaricata nell'Oceano Pacifico 
Secondo il Rapporto del Governo: priority-Secret 1955 



L'operatore della centrale nucleare di Fukushima colpita dice che è stato scaricato qualcosa come un 
migliaio di tonnellate al giorno di acqua radioattiva nell'oceano Pacifico.
Ricordate, i reattori costruiti sono 4 "crivellato di fori  Meltdown" ,  - con più radiazioni di
tutte le bombe nucleari sganciate e mai testate - è mancante di  intere pareti , e l'edificio numero 3 è
 un cumulo di macerie .
L'intero complesso  perde come un colabrodo , ed i fiumi di acqua pompata nei reattori
ogni giorno stanno versando in mare (con un leggero ritardo).
La maggior parte della gente suppone che nell'oceano si diluiscono le radiazioni di Fukushima in modo
sufficiente che qualsiasi radiazione che raggiungerà la costa occidentale degli Stati Uniti sarà basso.

Ad esempio, il Congressional Research Service ha scritto nel mese di aprile:
Gli scienziati hanno dichiarato che la radiazione nel mare si diluisce rapidamente e non  
darebbe problemi al di là delle coste Giapponesi.
***
La pesca degli Stati Uniti è improbabile che ne sia colpita perché il materiale radioattivo che entra nell'ambiente marino sarebbe molto diluito prima di raggiungere le zone di pesca degli Stati Uniti.
E un oceanografo Woods Hole ha detto :
"La corrente Kuroshio è considerata alla stregua  della Corrente del Golfo del Pacifico, una corrente molto grande che può portare rapidamente  la radioattività verso l'interno" del mare, ha detto Buesseler.
"Ma diluisce anche lungo la strada, causando un sacco di miscelazione e la diminuzione della radioattività, come si muove in mare aperto."
Ma - come abbiamo notato 2 giorni dopo il terremoto che ha colpito la corrente a getto
potrebbe portare radiazioni negli Stati Uniti con il vento - ora stiamo avvertendo che le 
correnti oceaniche potrebbero portare più radiazioni delle porzioni che mai ha assunto
la  costa occidentale  del Nord America.

In particolare, abbiamo notato più di un anno fa:
La testa delle correnti oceaniche dal Giappone va verso la West Coast degli Stati Uniti
Come AP Nota :
I detriti galleggianti saranno probabilmente trasportati dalle correnti dal sud del Giappone verso lo stato di Washington, del'Oregon e della California prima di girare verso le Hawaii e poi di nuovo verso l'Asia,  circola,  in quella che è conosciuta come la spirale del Pacifico del Nord, ha detto Curt Ebbesmeyer, un oceanografo di Seattle che ha trascorso decenni a monitorare i relitti.
***
"Tutti questi detriti trovano modo di raggiungere la costa Ovest odi  fermarsi nel Great Pacific Garbage Patch", una massa vorticosa concentrata di rifiuti marini nell'Oceano Pacifico, ha dichiarato Luca Centurioni, ricercatore presso la Scripps Institution of Oceanography, UC San Diego .
Ecco il North Pacific Gyre come appare nell'immagine:
Zona di Convergenza del Pacifico del Nord subtropicale precedenza Segreto 1955 Rapporto del Governo ha concluso che Ocean non può essere sufficiente diluire radiazioni da incidenti nucleari

NPR relazioni :
La CNN ha detto che "le isole Hawaii possono ottenere una nuova isola aggiunta e sgradita nei prossimi mesi -. un'isola nuova gigante di detriti galleggianti del Giappone". Essa si è basata in parte sul lavoro svolto dalla University of Hawaii International Pacific Research Center, che prevede che :
"In tre anni, i [detriti] plume raggiungeranno gli Stati Uniti della West Coast, scaricando detriti sulle spiagge della California e le spiagge della British Columbia, Alaska, e la Baja California. I detriti poi scivolano nella  famosa corrente del Pacifico del Nord Garbage Patch,  andranno in giro spezzandosi in pezzi sempre più piccoli. In cinque anni, le rive  delle Hawaii possono aspettarsi di vedere un altro sbarramento di detriti che è più forte e più  duro del primo. Gran parte dei detriti lasciando la North Pacific Garbage Patch finisce sulle scogliere e le spiagge delle Hawaii. "
Infatti, CNN rileva :
La massa di detriti, che appare come un'isola vista dal cielo, contiene automobili, camion, trattori, barche e case intere che galleggiano nella corrente e si sposta verso gli Stati Uniti e il Canada, secondo la ABC News.
La maggior parte dei detriti probabilmente non sarà radioattiva, come è  presumibile essendo sospinti in mare durante lo tsunami iniziale - prima  che la radioattività trapelasse. Questo mostra la potenza delle correnti  che dal Giappone scorrono verso la West Coast.
Un grafico animato  dell'Università delle Hawaii International Pacific Research Center
mostra la dispersione dei detriti proiettata dal Giappone:
Simulazione di detriti dal 11 marzo 2011 tsunami in Giappone precedenza Segreto 1955 Rapporto del Governo ha concluso che Ocean non può essere sufficiente diluire radiazioni da incidenti nucleari
Infatti, un 'isola giapponese di detriti della dimensione della California sta colpendo la costa occidentale del Nord America ... e alcuni di essi sono  radioattivo .

Oltre ai detriti radioattivi, il MIT dice che l'acqua di mare,  è anch'essa radioattiva e  può iniziare a colpire la West Coast entro 5 anni.
Dato che i detriti colpiscono più rapidamente di quanto previsto, questo è possibile anche per  l'acqua di mare anch'essa radioattiva.

E il Congressional Research Service ha ammesso:
Tuttavia, rimane la possibilità per un piccolo corridoio relativamente ristretto di litri di acqua altamente contaminata vada lontano dal Giappone ...
***
Trasportata da correnti oceaniche molto più lente, le radiazioni aggiuntive di questa fonte potrebbero eventualmente essere rilevata anche nel Nord Pacifico, acque soggette alla giurisdizione degli Stati Uniti, anche mesi dopo l'inizio del viaggio. Indipendentemente dal trasporto dell'oceano lento, la lunga emivita degli isotopi radioattivi di cesio significa che i contaminanti radioattivi potrebbe rimanere una preoccupazione valida per tutti.
Infatti, l'esperto nucleare Robert Alvarez - consigliere di politica senior del segretario del
Dipartimento per l'Energia e vice assistente segretario per la sicurezza nazionale e per
l'ambiente 1993-1999 - ha scritto ieri:
Secondo un segreto precedente, noto del 1955, la Atomic Energy Commission degli Stati Uniti riguardo le preoccupazioni del governo britannico sul tonno contaminato, "la dissipazione del fall-out radioattivo nelle acque oceaniche non è la diffusione progressiva di attività nella regione con la più alta concentrazione di regioni incontaminate , ma con ogni probabilità i risultati del processo sono sparsi nel piccolo,  ma sono più elevati i flussi di materie radioattive nel Pacifico . Possiamo ipotizzare che il tonno, che mostra ora radioattività da ingestione [ è del 1955, non di oggi ] hanno vissuto, o sono transitati da tali sacche,  o  stanno nutrendosi di vita animale e vegetale, ed è stato esposto in questi settori . "
A causa delle enormi quantità di acqua radioattiva  che la Tepco ha scaricato nell'Oceano Pacifico,
e che la corrente spinge le acque dal Giappone alla costa occidentale del Nord America,  almeno 
alcuni di questi radioattivi "Streams" o "punti caldi" è probabile che finiscono per colpire la 
West Coast.

 Gli articoli di Global Research Blog di Washington


A Fukushima, TEPCO recluta "liquidatori" brasiliani per 300 € / giorno



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A Fukushima, TEPCO mette annunci sui giornali letti dalla popolazione locale brasiliano (fonte qui ). Questo è quello di offrire " super " contratti di lavoro.Giudicate voi:
30.000 yen / giorno (per 2 ore di lavoro al giorno) nella " zona di 20 chilometri ", circa 150 € / h.
-10000 A 12.000 yen / giorno in una "zona sicura" con " alloggio e tre pasti gratuiti, domenica libera ", circa 113 € / giorno.
Se siete brasiliani e se vivete in Giappone, un buon lavoro, di sicuro!
Subappaltatori ha chiamato in mezzo " Rem carne "deve essere rinnovato quando hanno raggiunto un livello di radiazione mettere a rischio la loro salute, e Fukushima questa soglia viene raggiunta rapidamente!

domenica 3 giugno 2012

SARDINYA: Quirra, il futuro tra quattro mesi..

 Il poligono di Quirra non chiudera', ci sara' una riconversione radicale e le bonifiche partiranno all'inizio del prossimo anno. Lo ha precisato il senatore del Pd, Giampiero Scanu, relatore del provvedimento votato all'unanimita' dalla Commissione d'inchiesta. ''Ora il governo ha quattro mesi per far conoscere il proprio programma per organizzare le bonifiche, quindi i bandi per trovare le aziende che dovranno effettuare i lavori potranno partire all'inizio del 2013'', ha detto Scanu. Per le bonifiche servono almeno 50 milioni di euro.(ANSA).


Paolo Carta

IL CASO. 
Resta intatto il dubbio sul reperimento dei soldi per il ripristino ambientale


Scanu: il Governo italiano deve avviare la bonifica e la riconversione


La domanda che si fanno tutti a Quirra, Teulada e Capo Frasca, è rimasta sospesa, senza risposta: quando cominceranno le bonifiche ambientali nei poligoni inquinati da sessant'anni di guerre simulati e test di armi? Impossibile oggi avere una risposta, neanche da Gian Piero Scanu, il senatore del Pd firmatario di una relazione che disegna il presente e futuro delle aree militari sarde, approvata mercoledì all'unanimità dalla commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito: «Abbiamo dato un preciso indirizzo al Governo: entro quattro mesi, cioè entro settembre, vogliamo conoscere i tempi e i modi di realizzazione di quanto abbiamo stabilito come linee di indirizzo. Poi ci dovranno essere gli studi ambientali, le gare internazionali, i nuovi progetti per Quirra, il risanamento ambientale e la graduale dismissione per Teulada e Capo Frasca».

L'INDIRIZZO
 Gian Piero Scanu è tremendamente sincero quando dice, davanti ai cronisti radunati nel Palazzo Viceregio di Cagliari, che tutto è di fatto oggi soltanto sulla carta: «Spetterà alla società civile, ai sindacati, agli amministratori, soprattutto alla stampa, vigilare che quanto è previsto diventi realtà». Ed è sincero anche quando parla delle critiche dalle quali deve necessariamente difendersi: ci sono gli anti militaristi come Mariella Cao e i rappresentanti dei militari malati in servizio come Falco Accame che contestano la mancata chiusura di Quirra, la trasformazione in un polo industriale militare tecnologico imperniato sulla guerra elettronica, la sperimentazione degli aerei senza pilota, sul centro di protezione civile. «Quel poligono provoca morte e malattie e deve chiudere per il tempo necessario alle bonifiche», ha tuonato Mariella Cao. «Quirra non chiude - ha ribadito Scanu a nome della commissione parlamentare della Difesa - ma dovrà essere risanato e non dovrà mai più ospitare esercitazioni pericolose. Svolta che creerà altri posti di lavoro».

LA DIFESA 
Il senatore del Pd rivela che il documento approvato dalla commissione Senato è stato già accettato informalmente dal Ministero della Difesa. Non stupisce più di tanto visto che lo Stato Maggiore, nel chiedere il dissequestro del poligono di Quirra al Procuratore di Lanusei Domenico Fiordalisi (che indaga sul rapporto tra attività militari e industriali e i danni ad ambiente e salute), si era già impegnato a vietare quello che è potenzialmente pericoloso: lo smaltimento di munizioni obsolete attraverso brillamenti, i test dei razzi del motore Zefiro, le prove di resistenza degli oleodotti, i test di armi non convenzionali con sostanze nocive e radioattive. L'altro argomento difficile da trascurare è quello dei finanziamenti necessari per intervenire non solo a Quirra, ma anche a Teulada e nella Penisola interdetta considerata dal Cnr di ancona «quasi impossibile da bonificare», e a Capo Frasca. Il sindaco di Perdasdefogu, Walter Mura, ha spiegato che il piano di caratterizzazione dei terreni da bonificare a Quirra è già stato approvato durante una conferenza di servizio. «Solo dopo e attraverso diversi piani di lavoro sarà possibile quantificare le spese». Servono «centinaia di milioni di euro», prevede Scanu, da trovare nelle pieghe del Bilancio dello Stato, magari - lo dice sorridendo - «rinunciando all'acquisto dei caccia F35 di nuova generazione».

SANITÀ
 Di sicuro ieri c'è stato solo l'annuncio dell'avvio dei controlli sanitari attorno a Quirra: «Attiveremo una sorveglianza di quanto accade - annuncia l'assessore regionale Simona De Francisci - e la prevenzione, coinvolgendo anche Arpas, Istituto zooprofilattico e Istituto superiore della Sanità. Previsto anche un controllo di acque, aria e suoli. Stiamo studiando un campione di 500 persone, anche volontari, residenti da almeno cinque anni nella zona».
«La svolta - interviene Antonio Onnis, medico e consulente della commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito - è stato superare il discorso del nesso di causalità tra inquinamento e insorgenza delle malattie. Impossibile dire cosa abbia causato morti e malattie, occorre intervenire con le bonifiche e una revisione di quanto deve essere consentito svolgere nei poligoni».







Riprese effettuate nei fondali di Capo Frasca.

Anche se le immagini non sono nitide si possono comunque riconoscere le sagome degli ordigni sganciati in mare durante le esercitazioni militari.

Ricordiamo che i regolamenti Nato impongono la bonifica subito dopo ogni esercitazione.
Il ritrovamento di numerosi ordigni,cosi come mostrano le immagini, rinvenuti a pochi metri dalla costa nei fondali di Capo Frasca sta a dimostrare che i regolamenti non sono mai stati applicati!.

A dicembre 2011 una delegazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito si è recata presso il poligono di Capo Frasca e,
"per quanto riguarda il Poligono di Capo Frasca, non sono state effettuate ricerche volte a individuare eventuali residuati metallici sul terreno o nella contigua zona marina",cosi come scritto nella relazione del 2012 presentata al Senato :
"È noto che recentemente è stato variato l'orientamento del Poligono per quanto riguarda la direzione di attacco, e pertanto una eventuale ricerca dovrebbe essere impostata sulla precedente direttrice,tenendo conto che Capo Frasca è il poligono maggiormente utilizzato per i "mitragliamenti" con armi che possono impiegare penetratori. Occorrerà pertanto valutare l'opportunità di effettuare ulteriori approfondimenti ed indagini."

Dal Dicembre 2011 a oggi non risulta sia stata fatta nessuna indagine atta a documentare lo stato dei fondali di Capo Frasca.

Global Info Action.



sabato 2 giugno 2012

PER NON DIVENTARE UNA PERIFERIA DI UN SUPERSTATO DI TECNOCRATI


DI GERRY ADAMS 
ilmanifesto.it

Ieri (30.05) l'Irlanda è andata alle urne per approvare (o bocciare) il fiscal compact 

Dove sta andando l'Europa ? Nelle scorse settimane ci sono state elezioni in diversi stati europei. Gli elettori in Gran Bretagna, Italia, Grecia, Germania e Francia sono stati tutti chiamati alle urne. L'attenzione dei media si è concentrata soprattutto sui risultati in Francia e l'elezione di un presidente socialista, François Hollande, e sulla Grecia, dove i partiti di governo hanno visto il loro consenso crollare drasticamente.

Per molti versi le elezioni in Francia e in Grecia sono stati un referendum sulla politica di austerità che il presidente francese Nicolas Sarkozy e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno sostenuto e imposto con successo all'Unione europea negli ultimi due anni: l'austerità ha perso! La sconfitta di Sarkozy e di altri partiti e governi conservatori è la prova che la marea sta cambiando in molti paesi europei. Da quando la crisi economica ha afferrato alla gola l'Europa, i governi conservatori che dominano l'Ue hanno perseguito politiche di austerità. Nel mese di marzo si è approvata l'introduzione di un Trattato di Austerità (Fiscal Compact). Il risultato di questa adesione ideologica all'austerità è stato l'acuirsi della crisi economica e bancaria in Europa. I debiti statali sono aumentati, i servizi pubblici sono stati brutalmente ridotti, la disoccupazione è aumentata vertiginosamente così come la povertà.

Nel sud dell'Irlanda tutto questo è stato forse più evidente che altrove. Dal 2008 ci sono stati cinque bilanci di austerità e tagli pari a oltre 24 miliardi e mezzo di euro. Le previsioni governative di crescita per l'economia sono state di volta in volta ridimensionate. In quello stesso periodo lo stato irlandese ha visto il suo deficit dell'erario pubblico - che l'austerità avrebbe dovuto tagliare - raddoppiare da 12,7 miliardi nel 2008 a 24,9 miliardi di euro nel 2011.

Allo stesso tempo le conseguenze sociali e umane delle politiche di austerità perseguite dal governo sono state gravi. Quasi il 15%, o mezzo milioni di cittadini, sono senza lavoro, l'emigrazione è ancora diffusa; tagli enormi sono stati inflitti alla sanità e all'istruzione e ad altri servizi pubblici; nuove tasse hanno contribuito ad aumentare il disagio delle famiglie.

I cittadini comuni sanno meglio dei governi d'Europa e degli spin doctors dell'austerità che non esistono scorciatoie per uscire dalla recessione. Imporre pesanti tagli ai servizi pubblici, riducendo i salari e il welfare e imporre nuove tasse sulle famiglie a reddito basso e medio durante la recessione non fa che peggiorare la recessione stessa.

È abbastanza evidente che l'austerità non funziona. I risultati delle elezioni in tutta Europa sono la prova che tra i cittadini c'è una nuova consapevolezza: i cittadini oggi sfidano e combattono le politiche di austerità. I cittadini stanno espellendo, con il loro voto, quei politici e partiti che perseguono l'austerità.

Il 31 maggio i cittadini irlandesi avranno la loro possibilità di votare in un referendum. La scelta davanti a loro è quella di sostenere l'austerità, inserendola nella Costituzione, o di votare No e quindi unirsi al crescente movimento che in Europa sta chiedendo la fine dell'austerità e nuovi investimenti in crescita e occupazione.

Con la marea popolare in Europa che chiede posti di lavoro e cercando di non essere espulso dalla crescente opposizione all'austerità, Fine Gael, Labour e Fianna Fáil hanno riscoperto l'importanza di una strategia per il lavoro e per la crescita. Monsieur Hollande è ora la moda del mese per tutti e tre i partiti che inciampano uno sull'altro per essere i primi a dichiarare il loro sostegno per la sua posizione. Alcuni addirittura sostengono che stavano dicendo tutto questo prima di lui!

I cittadini non si lasceranno ingannare da tutta questa retorica. La verità è che, prima di una successione di vertici Ue, il Sinn Féin ha esortato il governo a garantire che la crescita e l'occupazione fossero al centro di ogni successivo accordo. Ma il governo ha respinto questo approccio. Al contrario ha scelto di sottoscrivere un trattato come il Fiscal Compact che bloccherà questo stato nelle politiche di austerità per gli anni a venire e vedrà il governo lasciare una buona parte di sovranità fiscale in mano ai burocrati in Europa.

Secondo l'accordo della Troika il governo e il Fianna Fáil hanno concordato un piano di salvataggio che impegna il governo a 8,6 miliardi di euro di tagli ulteriori nei prossimi tre anni. In base al Trattato di Austerità il lavoro di ridurre il disavanzo strutturale allo 0,5% comporterà ulteriori tagli di 6 miliardi di euro. Inoltre, lo stato ha accettato di dare fino a 11 miliardi di euro al Meccanismo Europeo di Stabilità.

Da dove pensa il governo di tirare fuori questi soldi? Finora non l'ha detto. Di pari importanza è la direzione politica che il Trattato di Austerità sta prendendo. Il direttore della Banca centrale europea, Mario Draghi, l'ha precisato a Barcellona. Draghi ha illustrato la sua visione per l'Europa dei prossimi dieci anni. Ha detto: «Vogliamo avere una unione fiscale. Dobbiamo accettare la delega della sovranità fiscale dai governi nazionali a qualche forma di autorità centrale». Ciò significa che il governo irlandese ha scelto di percorrere un cammino che porterà l'Europa a decidere quale sarà il nostro regime fiscale, quanto i cittadini pagheranno di tasse e quanto verrà pagato, in termini di welfare, ha chi ha bisogno.

I cittadini irlandesi vogliono davvero essere una provincia di un super stato europeo dove dei tecnocrati - gli stessi che hanno preso una serie di decisioni sbagliate per l'Europa negli ultimi anni - potranno decidere per i cittadini irlandesi senza dover rispondere di quelle decisioni? Dunque, dove stiamo andando? L'austerità è in ritirata, ma i governi conservatori in tutta Europa, e Enda Kenny, Eamon Gilmore e Micheál Martin, rimangono ideologicamente fedeli all'austerità. Il referendum il 31 maggio è un opportunità per i cittadini irlandesi di dire basta e non più austerità. Votare No significa votare per il lavoro e gli investimenti.

Gerry Adams*
Fonte: www.ilmanifesto.it
30.05.2012



L'IRLANDA VOTA PER IL PATTO FISCALEFONTE: BBC.CO.UK

Ecco i risultati ufficiali: gli elettori della Repubblica d'Irlanda hanno approvato il patto fiscale dell'UE. Circa il 60% degli elettori partecipanti al referendum hanno sostenuto il controverso patto, che mira a irrigidire le regole di bilancio nella zona euro.
Già secondo i sondaggi di opinione sembrava che dovessero vincere i "Sì".

Un voto "No" non avrebbe comunque bloccato il patto, ma avrebbe escluso l'Irlanda dai finanziamenti di emergenza dell'Unione europea alla scadenza del suo pacchetto di salvataggio che scade nel 2013.


Alla fine del 2010 l'Irlanda ha ricevuto un contributo di salvataggio dall’UE-FMI del valore di 85 miliardi di euro dopo che i debiti avevano travolto le sue banche.
Un voto di protesta?
Il portavoce ufficiale Riona Ni Flanghaile ha detto che la campagna per il "Sì" ha vinto con un margine di poco più di 300.000 voti, con un totale di 955,091 voti a favore e 629.088 contrari.
"E’ un sospiro di sollievo per il governo, più che una celebrazione" ha dichiarato a Dublino il Ministro dei Trasporti Leo Varadkar ai giornalisti.
Meno della metà dei 3,1 milioni di elettori si erano registrati fino a giovedì scorso, con unla percentuale che andava dal 30% in alcune regioni a poco più del 50% in alcune aree della capitale, Dublino.
"Cominciamo a parlarne: Non possiamo permetterci di storcere il naso in Europa in questo momento "
Dice Bridget Connolly una elettrice che ha votato"Sì".
Tutti i partiti maggiori del parlamento irlandese (Dail) si erano schierati per il "Sì" - Fine Gael e Fianna Fail - mentre nel campo dei "No" erano rimasti solo Sinn Fein e i socialisti, che hanno molti meno seggi.
Un elettore del "No", Gerard Cunningham, ha detto alla Associated Press: "Anche le banche in Germania, in Gran Bretagna e altrove sono responsabili del casino in cui ora siamo dentro noi.
" Ci è venuto un mal di denti per quanto ci dicono che è tutta colpa nostra".
La stessa elettrice che ha votato “Si”, Bridget Connolly, continua : "Il trattato non risolverà niente, ma ... avremo bisogno di fondi europei il prossimo anno, il punto è solo questo", ha detto."Non possiamo permetterci di storcere il naso per l’Europa in questo momento."
Un voto "No" non avrebbe comunque bloccato il Trattato, in quanto ci sarebbero voluti ben 12 dei 17 membri della zona euro per ratificarlo.
Il patto, firmato da tutti i membri dell'UE, ad eccezione della Repubblica ceca e del Regno Unito, consente agli Stati membri dell’Unione europea di coordinare le loro politiche di bilancio e di imporre sanzioni nei confronti di chi non si attiene alle regole.
Si tratta di un accordo intergovernativo, che vincola legalmente tutti i paesi che lo ratificheranno. Si chiama "trattato", ma è un accordo separato con ogni paese dell'UE ed i trattati devono essere firmati da tutti i 27 Stati membri.
Il trattato impegna tutti i membri ratificanti al contenimento del deficit di bilancio sotto lo 0,5% del PIL.
Lo scorso anno, il deficit irlandese è arrivato al 13,1%.
Gli elettori hanno già respinto due volte i trattati dell'Unione europea, in un referendum del 2001 e in quello del 2008 - anche se entrambe le votazioni sono state ribaltate nei sondaggi successivi.
Chi è contro il trattato sostiene che l'austerità non funziona e chiede che il paese faccia fallire per debiti le cinque banche che sono state nazionalizzate.

Fonte: www.bbc.co.uk
Link: http://www.bbc.co.uk/news/world-europe-18290987 
01\06\2012

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