IL MANIFESTO
Un altro grave caso di umiliazione di prigionieri palestinesi compiuto da soldati israeliani è venuto alla luce lunedì sera. La rete televisiva israeliana «Canale 10» ha messo in onda immagini in cui si vede una donna palestinese, bendata e ammanettata, adagiata contro un muro, e un militare israeliano impegnato a umiliarla parodiando una danza del ventre. In sottofondo una musica araba e le voci di altri soldati che, sghignazzando, incitano il loro compagno a continuare. Il filmato non è recente, come indica la data in cui è stato postato su Youtube , l'aprile 2008. (http://www.youtube.com/watch?v=pxFlmXbzY3I&feature=player_embedded). Le immagini comunque confermano che la pratica dell'umiliazione di palestinesi in stato di arresto non è limitata agli episodi emersi in questi ultimi mesi ma è diffusa tra i soldati israeliani. Si tratta di un fenomeno ampio, come denunciano da lungo tempo i centri per i diritti umani, che respingono la tesi abituale delle forze armate israeliane di «vicende isolate» legate a poche «mele marce». Solo due mesi fa aveva destato scalpore il caso di Eden Abargil, un'ex soldatessa che aveva diffuso su Facebook foto che la ritraevano mentre sbeffeggiava detenuti palestinesi bendati. Immagini alle quali la ragazza - dopo un mezzo abbozzo di scuse - aveva fatto seguire la pubblicazione di messaggi razzisti nei confronti degli arabi. Intanto si è conclusa ieri all'alba, con l'esecuzione di un provvedimento di espulsione approvato dalla Corte Suprema israeliana, la vicenda di Mairead Maguire, la premio Nobel per la pace irlandese respinta una settimana fa come «persona non grata» alla frontiera d'Israele e da allora trattenuta in stato di fermo all'aeroporto di Tel Aviv. Maguire aveva partecipato al viaggio della nave pacifista «Rachel Corrie» sequestrata lo scorso giugno in acque internazionali dalla Marina militare israeliana mentre cercava di aggirare il blocco marittimo di Gaza.
Non c’è pace con le colonie
The Independent, Gran Bretagna
Questo ine settimana, in Cisgiordania, duemila estremisti ebrei e cristiani evangelici hanno festeggiato la ine della moratoria di Israele sulle nuove costruzioni negli insediamenti dei Territori palestinesi occupati. Una mossa che rischia di compromettere i colloqui di pace sul Medio Oriente a poche settimane dal loro avvio alla Casa Bianca. Il presidente palestinese Abu Mazen è in una posizione molto diicile. Se di fronte a quest’umiliazione si ritira dai colloqui, sarà accusato dagli israeliani di sabotare l’iniziativa di Washington. Se invece va avanti, sarà accusato dai gruppi palestinesi radicali di svendere il suo popolo. Abu Mazen ha detto che Israele deve scegliere: “O la pace o gli insediamenti”, ma ha rinviato la decisione a dopo l’incontro con i leader della Lega araba, il 4 ottobre al Cairo. Tutte le parti in causa sono, o dicono di essere, in un vicolo cieco. Abu Mazen è debole: il suo mandato è scaduto, ma non ha potuto andare al voto a causa della lotta tra Al Fatah e Hamas. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu guida una coalizione di destra che vuole l’espansione degli insediamenti, in cui vive già quasi mezzo milione di coloni. E il mediatore Barack Obama non vuole innervosire la lobby iloisraeliana a poche settimane dalle elezioni di metà mandato. Obama fa pressioni su Abu Mazen perché non lasci i negoziati. Bisognerebbe però spingere anche sugli israeliani perché rinnovino la moratoria. Netanyahu non ha le mani legate: oggi il premier è lui e a destra non ha leader forti. Nulla gli impedisce di rompere con una parte della sua coalizione e di far entrare nel governo i centristi di Kadima. Il punto è che non vuole. Occorre quindi che Washington gli ricordi, magari in privato, che Israele non ha un diritto incondizionato né ai due miliardi di dollari all’anno di aiuti militari statunitensi né al veto americano su tutte le risoluzioni Onu che criticano il suo governo. Insomma: non bisogna permettere a Netanyahu di riiutare la moratoria senza pagarne il prezzo. E anche se non vuole prorogarla esplicitamente, potrebbe impedire i lavori, per esempio riiutando nuove licenze edilizie e facendo capire a banche e costruttori che è imprudente impegnarsi su nuovi progetti. Convincere i negoziatori palestinesi che le costruzioni in Cisgiordania saranno limitate potrebbe spingerli a non lasciare i colloqui. Certo, è una soluzione pasticciata: ma oggi è l’unica speranza per non fermare i negoziati.
Soldato israeliano fa la danza del ventre attorno a una prigioniera palestinese legata e bendata
>Questo pezzo è apparso su Il Foglio del 25 settembre, per annunciare l’incontro Per Israele organizzato dall’infaticabile Nirenstein a Roma.
Ciascuno può gustare la misura del delirio di Fiamma, qui al suo apice. Israele, Stato istituzionalmente razzista (per ottenere la cittadinanza, bisogna dimostrare d’essere di razza ebraica) sarebbe il frutto più luminoso dell’«universalismo e giusnaturalismo». Israele, Stato occupante, in Palestina «ha fondato un diritto morale che ha fatto fiorire democrazia e benessere». Israele «è un faro di vita». Tutto il mondo la invidia «per il dono di identità e moralità che possiede», e per questo la delegittima. Soprattutto in Europa, dove ci si è messi in testa che «sulla Mavi Marmara gli ebrei avessero voluto attaccare e uccidere un gruppo di pacifisti», pensate un po’ fin dove arriva l’antisemitismo; perchè l’Europa è preda di «un moralismo mostruoso», sotto cui si maschera l’antisemitismo che dilaga nelle sue città.
«Roma. Una manifestazione ‘Per la verità, per Israele’. Nel momento in cui all’ONU aumenta il tentativo di delegittimazione dello Stato ebraico e nuove spedizioni ‘umanitarie’sono pronte a rompere l’isolamento di Hamas. La maratona oratoria si terrà il prossimo 7 ottobre presso il Tempio di Adriano a Roma. Hanno aderito politici, intellettuali e artisti, italiani e stranieri, fra cui il direttore del Foglio Giuliano Ferrara e Paolo Mieli, Roberto Saviano e Walter Veltroni, Shmuel Trigano e Farid Ghadry. Ad aprire la manifestazione sarà José Marìa Aznar, ex primo ministro spagnolo e presidente dell’associazione Friends of Israel. Promotrice dell’iniziativa è la deputata del Pdl e giornalista Fiamma Nirenstein. ‘Vogliamo sollevare l’allarme più potente rispetto all’esistenza d’Israele, cioè la minaccia armata dell’Iran e dei suoi amici Hamas ed Hezbollah’, ci dice Nirenstein. ‘Lo sfondo fattuale alla delegittimazione d’Israele è la strategia dell’Iran. Ahmadinejad ha sottomesso l’ONU, così la più alta istanza mondiale è diventata una cassa di risonanza di vaneggiamenti pericolosi. Gli Stati Uniti hanno reagito con appeasement, aumentando l’eccitazione islamista. Gli armamenti di Hezbollah sono cresciuti a dismisura, Hamas può colpire Tel Aviv, Ahmadinejad può annunciare la fine d’Israele nelle sedi globali e noi gli stringiamo la mano. Qui stanno distruggendo pezzo dopo pezzo la struttura universalista e giusnaturalista uscita dalla Seconda guerra mondiale’. Veniamo alla delegittimazione culturale. ‘E’ un lavoro enorme compiuto dal mondo dell’estremismo islamista che comincia con un viaggio di Arafat in Vietnam, dove il leader palestinese chiese al generale Giap cosa dovesse fare per universalizzare la questione palestinese. Giap disse ad Arafat: ‘Fate come noi vietnamiti, andate alla conquista degli intellettuali’. L’archeologo Barkaimi ha detto che la negazione di Gerusalemme come città ebraica è peggiore del negazionsimo dell’Olocausto. E ci sono riusciti in questa impresa di conquista. Un negazionismo paragonabile alla distruzione dei Budda in Afghanistan. Delegittimare la presenza stessa di Israele nell’area come patria del popolo che ha reso quel luogo basilare per la storia dell’umanità è giustificato dal rifiuto a riconoscere che gli ebrei abbiano un diritto a proclamarvi e a farvi fiorire il loro Paese. Un diritto storico, perché il popolo ebraico vi è nato, vi ha vissuto secoli, vi ha fondato il monoteismo, un diritto morale che ha fatto fiorire democrazia e benessere. Per la cultura araba, non solo palestinese, la presenza ebraica seguita a essere illegittima, malvagia, a termine. Israele è pronto a riconoscere uno Stato palestinese. E’ ora che il mondo arabo sia pronto a riconoscere uno Stato ebraico’. La delegittimazione è sparsa su tutto Israele, ‘inventandosi una crudeltà, un razzismo, una persecuzione, una volontà di conquista e un disprezzo della pace inesistenti. Sul caso della Mavi Marmara, la stampa globale ha accolto l’idea che gli ebrei avessero voluto attaccare e uccidere un gruppo di pacifisti’. La delegittimazione è persino sportiva. ‘Un gruppo di tennisti israeliani ha potuto giocare solo a porte chiuse in Svezia. Ad Hannover un gruppo di danza israeliano è stato preso a sassate da dimostranti che urlavano ‘Juden Raus’. In Turchia una partita di pallavolo è stata circondata da dimostranti violenti che urlavano ai poliziotti: ‘Non siate i cani da guardia dei sionisti, Allah ve ne chiederà conto’. L’unione dei lavoratori inglesi del settore pubblico ha passato una mozione per il boicottaggio di Israele. Un grande giornale svedese ha scritto che gli israeliani uccidono i palestinesi per rubarne gli organi. I supermercati d’Europa decidono di boicottare le merci ebraiche. I film israeliani sono contestati, così le sue scoperte scientifiche, i prodotti tecnologici, i suoi accademici sono cacciati dalle università. Anni e anni che Israele vede piombare dal cielo i razzi e nessuno dice nulla. Un politico israeliano non può atterrare a Londra senza rischiare l’arresto. Amnesty e l’ONU attaccano Israele ogni giorno, assieme al consiglio dei Diritti umani. Passa in cavalleria il fatto che la Spagna proibisca agli omosessuali israeliani di partecipare a un gay pride’. E’ il diritto di esistere di Israele che è messo in discussione. ‘Non c’è diritto all’autodifesa, se Israele non si può difendere ed è condannato alla morte all’ONU. E’ un pericolo che corriamo tutti. Il mondo dovrebbe vergognarsi di come ha lasciato morire gli israeliani nei caffè, nei supermercati, nei ristoranti, quando si lodava sulla stampa la kamikaze venuta a uccidere famiglie intere. Questo moralismo mostruoso si rovescia sull’Europa tutta con l’antisemitismo che circola nelle sue città. Hanno distrutto il senso della lotta antirazzista, pensiamo a Durban. L’odio per Israele è la corruzione stessa della nostra civiltà’. La manifestazione vuole anche portare in dono ciò che Israele rappresenta. ‘La delegittimazione nasce da invidia per il dono prezioso di identità e di moralità che la nazione ebraica possiede: un ragazzo israeliano pieno di vita e di voglia di divertirsi, di ballare, di viaggiare è concentrato con tutto il cuore sul compito di proteggere la sua casa, la sua cultura. Un famoso medico ‘colono’ (Arieh Eldad) per salvare un bambino palestinese bruciato da un’esplosione lavora giorni e notti, per mesi interi, in ospedale. A Gaza, fino al minuto prima di essere costretti a sgomberare, i contadini ebrei raccoglievano i pomodorini ciliegia e i fiori di serra. Israele è un faro di vita, quando la vita è il valore più problematico e in pericolo del nostro tempo, quello più invidiato e che scorre nelle vene di questo popolo costantemente sotto minaccia».
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