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Dal traffico illecito di rifiuti alla morte di Ilaria Alpi. Le carte della Procura di Bolzano riaprono le piste investigative che conducono a Giorgio Comerio. L'uomo, già attenzionato dalla Procura di Reggio Calabria, è stato condannato a 4 anni per tentata estorsione. Ma nessuno lo ha mai cercato
Andrea Palladino
BOLZANO
C'è una domanda che dovrà porsi la commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti. Una domanda chiave, che servirà a iniziare a fare luce sui rapporti tra la rete internazionale del traffico di armi e rifiuti - anche radioattivi - con pezzi dello stato: come è stato possibile che un personaggio del calibro di Giorgio Comerio sia uscito indenne da una condanna a quattro anni di reclusione? E come è possibile che, nonostante un ordine di arresto emesso dalla Procura della Repubblica di Bolzano, nell'ottobre del 2002, l'imprenditore che stringeva accordi con Ali Mahdi, il signore della guerra somalo, per smaltire rifiuti nucleari davanti alle coste somale possa essere entrato in Italia indenne? Tre anni, undici mesi e diciotto giorni. Questa è la pena residua che Giorgio Comerio, originario di Busto Arsizio, dovrebbe scontare, dopo una condanna definitiva per tentata estorsione. Una pena che - anche calcolando l'eventuale sconto di tre anni per l'indulto del 2006 - prevede l'arresto. Nei giorni scorsi il presidente della commissione rifiuti Gaetano Pecorella ha ricordato l'importanza che ha Giorgio Comerio per definire - almeno in parte - molti dei punti oscuri che circondano la vicenda delle navi dei veleni e della morte di Ilaria Alpi. «Per capire la relazione tra questi due argomenti - ha spiegato Pecorella - dobbiamo trovare ed ascoltare Comerio».
La procura di Reggio Calabria fin dai primi mesi del 1995 aveva iniziato a monitorare questo curioso imprenditore, da anni residente nelle isole vergini britanniche. Ufficialmente si occupava di «georadar», apparati che servivano a scansionare i terreni. Nel 1993 Comerio aveva creato una vera e propria holding, che partiva nelle isole vergini britanniche e si diramava con sedi più o meno operative in Italia, in Svizzera, in Francia e negli Usa. Con l'Odm aveva ripreso un progetto accantonato dall'agenzia nucleare dell'Ocse nel 1988: smaltire i rifiuti nucleari sparandoli in siluri chiamati penetratori sotto i fondali marini. «Era tutto legale», ha sempre sostenuto, anche quando venne interrogato dalla procura di Reggio Calabria, nel luglio del 1995. L'ipotesi investigativa - fino ad oggi mai dimostrata - era che dietro l'Odm si potesse nascondere un vero e proprio traffico internazionale di scorie radioattive, che partendo dall'Europa e dagli Usa sarebbero finite nelle acque dei paesi africani. Un'inchiesta complessa e difficile, che ha avuto non pochi ostacoli. Quando il 12 maggio 1995 il corpo forestale di Brescia e i carabinieri di Reggio Calabria entrarono nella casa di Giorgio Comerio a Garlasco, in provincia di Pavia, rimasero interdetti di fronte all'immenso archivio di documenti, mappe, accordi internazionali. Tra i faldoni spuntò anche un intero dossier sulla Somalia, paese da anni dilaniato da una guerra civile. Leggendo i vari dossier si scoprì che tra il giugno e l'ottobre del 1994 - pochi mesi dopo la morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin a Mogadiscio - Giorgio Comerio e la sua società Odm avevano avuto stretti rapporti con Ali Mahdi, primo presidente ad interim della Somalia dopo la caduta di Siad Barre. L'obiettivo era chiaro, scritto nero su bianco: trovare un sito nel mare somalo dove lanciare i penetratori carichi di scorie radioattive. Non c'era, però, solo la Somalia tra i contatti che Comerio aveva sviluppato in quegli anni per rendere operativo il progetto di dumping dei rifiuti nucleari sotto il fondo degli oceani. Ordinate e numerate nella sua casa-studio di Garlasco vi era la documentazione che comprovava i contatti con Capo Verde, il Congo, il Sudafrica e la Guinea Bissau. «Alla fine non se ne face nulla - spiegò Comerio ai magistrati - e non ho mai smaltito le scorie radioattive».
Centrali nucleari esistenti nel mondo Fonte: www.insc.anl.gov/pwrmaps/map/
Le nuove carte di Bolzano
Fino ad oggi le diverse commissioni parlamentari che si sono occupate di Comerio hanno sempre basato le diverse ipotesi solo sull'inchiesta di Reggio Calabria, che terminò, come è noto, in una archiviazione. I possibili legami tra l'attività di Comerio, il traffico di scorie radioattive e la morte di Ilaria Alpi si sono sempre poggiati su alcuni elementi ritenuti labili. Alcuni fatti sono, però, incontrovertibili: sicuramente Giorgio Comerio aveva avviato stretti contatti con la fazione di Ali Mahdi pochi mesi dopo la morte della giornalista italiana. Non solo. Il pm Francesco Neri - che conduceva le indagini insieme al suo collega Nicola Maria Pace di Matera - continua ancora oggi a giurare di aver visto il certificato della morte di Ilaria Alpi tra le carte sequestrate a Comerio nel 1995. Circa un mese fa è stato poi aggiunto un tassello, ritenuto molto importante dalla commissione rifiuti: il maresciallo Domenico Scimone, che faceva parte del gruppo di investigatori coordinati dalla procura di Reggio Calabria, ha raccontato di aver visto anche una copia del primo lancio di agenzia sulla morte di Alpi e Hrovatin. Anche in questo caso questo documento, come il certificato di morte, è sparito dalle carte dell'inchiesta. C'è una parte, però, della lunga storia di Giorgio Comerio che non è stata fino ad oggi approfondita. Nell'ottobre del 1996 - quando l'inchiesta sui traffici radioattivi e sulle navi dei veleni era passata alla Dda - venne arrestato dalla Procura di Bolzano, per una storia di tangenti chieste come perito ed esperto della tecnologia Georadar ad un imprenditore del nord, finita con una condanna a quattro anni per tentata estorsione. Negli atti di quel processo - che il manifesto ha potuto visionare - appaiono altri piccoli tasselli utili oggi per capire gli interessi di quello che il ministro Giovanardi definì «noto trafficante».
«Odio tutti i procuratori»
Non sospettava neanche di essere ascoltato Giorgio Comerio quando stringeva un accordo con l'imprenditore Guido Agostini. Si era presentato proponendo di sistemare una perizia sulla tratta ferroviaria Verona-Brennero e chiedeva in cambio 30 milioni di euro. E come spesso accade in questi casi, i due si incontrarono a pranzo, lontani da occhi indiscreti, per concludere l'affare. Agostini, però, aveva deciso di collaborare con la Guardia di Finanza e portava con se un microfono nascosto. «Io li odio tutti questi Procuratori - spiegava Comerio prima di una zuppa d'orzo - sono degli idioti». Tra una portata e l'altra parlava dei suoi affari, del suo passato di imprenditore internazionale - «da trentanni sono residente all'estero, e non ho problemi», spiegava del periodo passato in Argentina. «Desaparecidos?», gli chiede Agostini. «No, affari immobiliari», spiegava Comerio. Poi l'argomento cade su quell'inchiesta di Reggio Calabria: «Guardi, quando ci sono queste indagini, mi incazzo come una iena - diceva -. Le dico, sono in mezzo ad una situazione con cinque miliardi per le mani a Reggio Calabria...». Una cifra enorme per l'epoca. Cosa si nascondeva dietro quei cinque miliardi? Sarà una delle risposte che Comerio dovrà dare alla commissione rifiuti, quando finalmente verrà trovato.
I contratti con l'Ucraina
Su una cosa non c'è dubbio: per Comerio il nucleare aveva un fascino particolare. La sua agenda del 1995 - sequestrata dalla Procura di Bolzano - è piena di riferimenti, anche istituzionali, all'industria nucleare. Ci sono tracce di account per i database dell'Aiea, l'organizzazione internazionale dell'energia atomica; ci sono indirizzi e numeri di telefono di funzionari europei, sotto la chiara dicitura «gestione e stoccaggio di rifiuti radioattivi»; e, infine, sono segnate in evidenza le date di incontri internazionali sempre della Aiea sul tema. Ma c'è di più. Durante la perquisizione della sua abitazione disposta dai magistrati di Bolzano venne trovato anche un contratto firmato con la società ucraina Joint-Stock Venture Prometey. La prima parte dell'accordo prevede l'inabissamento dell'amianto; subito dopo, però, Giorgio Comerio specifica: «se volete estendere la licenza ai rifiuti radioattivi, l'Odm pagherà il doppio». Un accordo firmato il 22 gennaio del 1996, quando il gruppo di investigatori che seguiva Comerio da un anno e mezzo si era ormai sfaldato, dopo la morte del capitano di corvetta Natale De Grazia.
La Northwest Compact aveva già deciso di fare appello contro la sentenza del giudice federale che di recente ha in pratica autorizzato lo stoccaggio dei rifiuti nucleari italiani nel deposito di Clive, nel deserto dello Utah. La Northwest Compact vuole portare il caso alla 10th U.S. Circuit Court of Appeals di Denver. La compagnia che ha ricevuto il permesso allo scarico è la EnergySolutions Inc., con sede a Salt Lake City. La compagnia vuole importare 20.000 tonnellate di scorie a basso livello di radioattività dall’Italia. Dopo un periodo di lavorazione a Tennessee circa 1.600 tonnellate dovrebbero essere scaricate nello Utah.
SCORIE NUCLEARI: scorie nucleari italiane Neppure lo Utah le vuole
Continua la polemica sulle scorie italiane da importare negli Stati Uniti. Anche lo Stato dell’Utah si unirà agli stati della Northwest Compact on Low-Level Radioactive Waste, l’organismo incaricato di gestire lo stoccaggio di materiali radioattivi. Per bloccare i piani della EnergySolutions Inc, la compagnia che ha ricevuto l’autorizzazione per importare scorie radioattive, tra cui quelle italiane, nel deposito di Tooele County, nello Utah.
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