ilmanifesto
Il governo annuncia lo slittamento di un anno del piano per l'energia atomica
L'opposizione: mossa truffaldina. Sì del Senato al decreto sui siti
Eleonora Martini
ROMA
Davanti all'impasse, sul nucleare il governo Italiota tenta la mossa del cavallo. E con un discreto effetto mediatico, per bocca del ministro dello sviluppo economico Paolo Romani annuncia una «moratoria di un anno sull'attuazione e la ricerca di siti e sull'installazione di centrali». Nessun atto giuridico, spiegano fonti ministeriali, solo un impegno politico che il Consiglio dei ministri formalizzerà oggi stesso.
La legge 133 del 2008, quella che reintroduce l'opzione energetica nucleare in Italia e che è oggetto del quesito referendario abrogativo, non dovrebbe subire - assicura Palazzo Chigi - alcun tentativo di modifica. Dunque il referendum si farà anche se, spera assai la maggioranza, a questo punto altamente "depotenziato". «Mi aspetto che non si decida sull'onda dell'emotività ma sull'onda di un ragionamento e delle certezze che dobbiamo dare come governo e come Unione europea», incalza Romani che assicura: «La decisione è stata presa alla luce di quanto discusso lunedì in sede europea sulle procedure standard di sicurezza da stabilire per tutti i paesi comunitari».
Ma sotto il vestito, almeno fino a ieri sera, non sembra esserci davvero molto: perfino il decreto legislativo correttivo sulla localizzazione delle centrali nucleari e dei siti di stoccaggio non è stato ritirato, come sembrava ipotizzare la maggioranza e in molti speravano, e ha proseguito invece il suo iter parlamentare. Ieri sera la commissione Industria del Senato italiano ha dato (con il voto contrario di Pd e Idv) l'ultimo parere favorevole necessario al governo per mettere a punto entro oggi, giorno di scadenza della delega parlamentare, il testo definitivo. «Fino all'ultimo - racconta il senatore Filippo Bubbico, membro della commissione - abbiamo sperato che il governo ritirasse il decreto, ma non lo ha fatto».
Ermete Realacci, responsabile della green economy del Pd, parla di «lingua biforcuta» e di «bluff atomico». In realtà, secondo quanto annunciato dal ministro italiano Romani, la moratoria di un anno non dovrebbe comprendere la localizzazione dei siti di stoccaggio dei rifiuti nucleari, visti i ripetuti richiami all'Italia da parte dell'Unione europea proprio per la mancanza di un «idoneo deposito nazionale» di rifiuti radioattivi derivanti dalle vecchie centrali dismesse ma anche dalle attività ospedaliere. «La nostra volontà - ha spiegato il titolare dello Sviluppo economico - è di portare al Consiglio dei ministri quella parte del decreto legge correttivo che riguarda il deposito nazionale per lo stoccaggio delle scorie perché si tratta di un grande tema per la sicurezza».
«Cosa significa la moratoria di un anno sul nucleare, se la maggioranza al tempo stesso approva la norma che consente di costruire centrali nucleari e impianti di stoccaggio di scorie anche in caso di parere contrario di Regioni e Comuni?», protesta Realacci riferendosi alle norme contenute nel decreto. Un problema che si ripresenta anche solo per i siti di stoccaggio. Come faranno a scegliere l'area senza il consenso della regione "prescelta"? Niente paura, spiegano da Palazzo Piacentini: l'iter di individuazione è lungo e complesso, e ancora di più lo è la successiva «fase di concertazione».
Dal leader di Fli, Gianfranco Fini, alla Cgil passando per l'Anci (comuni) e per il presidente della conferenza stato-regioni Vasco Errani, sono in molti a tirare un sospiro di sollievo o a complimentarsi per la moratoria, definita da alcuni un felice anche se non esaustivo «primo passo». Ma dal Pd all'Idv, dai Verdi al comitato "Vota sì per fermare il nucleare" costituito da oltre 60 associazioni, l'opposizione compatta grida invece alla «truffa» e al «sabotaggio». «Una mossa furba e truffaldina per far credere agli italiani che non c'è alcun bisogno di andare a votare al referendum», attacca Massimo Donadi, presidente dei deputati Idv. Per il partito di Antonio Di Pietro, come anche per i Verdi di Angelo Bonelli, non è del tutto infondato il timore che il governo possa «preparare un decreto legge per modificare la norma oggetto del quesito referendario», in modo da sabotare non solo politicamente il referendum che dovrebbe tenersi il 12 e il 13 giugno prossimi.
«Non possono farlo», reagisce il Radicale Marco Cappato che anche ieri mattina, da Milano in conferenza stampa con Emma Bonino, aveva chiesto di nuovo lo stop del piano nucleare e una decisa virata verso il risparmio energetico e le rinnovabili, colpite invece quasi a morte con l'ultimo decreto legislativo. «Non si può modificare una legge oggetto di referendum - spiega Cappato - ma nel Paese della distruzione della Costituzione, è lecito sospettare perfino una manovra del genere. Tanto più da parte di un governo che ha messo in piedi un piano nucleare costoso, insensato, e che ci rende subalterni a Sarkozy».
22.03.2011
il manifesto
Europa no nuke, la sinistra ci prova
Alberto D'Argenzio
BRUXELLES
Giappone, è allarme per il cibo
Non un referendum vero e proprio, ma un'iniziativa legislativa popolare per segnare il cammino di uscita dal nucleare in tutta la Ue. Questa è l'idea lanciata ieri dal presidente della Spd, ex ministro dell'ambiente nella grande coalizione, Sigmar Gabriel e dal cancelliere austriaco Werner Faymann. «Devono essere i popoli europei - ha affermato Gabriel in un'intervista alla Bild - a decidere e non i lobbisti dei gruppi economici e i governi».
Lo strumento indicato dai due per fermare l'atomo è una delle maggiori novità previste dal Trattato di Lisbona: «C'è un nuovo diritto in Europa, quello di un'iniziativa popolare a livello europeo», indica Gabriel. Lui, che a suo tempo firmò la legge per la fuoriuscita tedesca dall'atomo (poi ritardata dalla Merkel), pensa all'Europa anche perché in Germania il referendum non è possibile. Invece, con un milione di firme raccolte in un terzo degli Stati membri, i cittadini comunitari possono chiedere alla Commissione Ue di presentare una proposta legislativa.
Qui iniziano però i problemi, legati alle prerogative dell'esecutivo comunitario. «Il Trattato di Lisbona - replica Marlene Holzner, portavoce del commissario all'energie Guenther Oettinger - dice chiaro e tondo che il mix energetico è di competenza degli Stati membri». Bruxelles avrebbe la scappatoia pronta, ma basta un articolo del Trattato per non porsi il problema?
«La Commissione non ha competenze ed è vero - l'analisi di Monica Frassoni, presidente dei verdi europei - ma se Bruxelles si dovesse trovare di fronte a 10 milioni di firme, allora avrebbe davanti una chiara richiesta politica non facile da evadere, anche perché esistono altri sistemi per agire». «Ci sono dei margini di azione - spiega sempre Frassoni - legati alla fissazione degli obiettivi per le rinnovabili e agli strumenti per combattere il riscaldamento globale». Insomma, non contro l'atomo, ma a favore delle sue alternative, le rinnovabili.
Il tutto partendo da due considerazioni. La prima di carattere economico, secondo cui se si investe sul nucleare, non lo si fa sulle rinnovabili, come dimostra la politica energetica italiana. E viceversa, come dimostrano invece Spagna e Germania. La seconda riguarda invece l'introduzione o meno del nucleare nel novero delle energie 'verdi', di quelle buone per combattere le emissioni di CO2, una battaglia lanciata anni fa da Sarkozy e sempre sostenuta dalla lobby dell'atomo. L'incidente giapponese dimostra che il nucleare non è poi tanto verde, nel senso che non emetterà CO2, ma può fare anche di peggio. «Se rinunciamo all'idea malsana del nucleare come elemento della low carbon economy - insiste Frassoni - fissiamo obiettivi più ambiziosi per le rinnovabili e target vincolanti l'efficienza energetica, il cammino di uscita dall'atomo è segnato».
La tragedia in Giappone ha rilanciato il dibattito e fermato lo sdoganamento dell'atomo, facendo traballare i piani energetici europei. Tanto che Oettinger molto probabilmente rivedrà la Energy road map per l'Europa, inizialmente prevista per disegnare il panorama energetico comunitario del 2050. Lo scenario verrà anticipato al 2030, per «dare risposte più concrete». Per quelle date il commissario immagina un futuro non in crescita per l'atomo: «Adesso abbiamo il 30% di energia elettrica dal nucleare, paesi come Francia e Regno unito puntano su questa fonte di energia e non parlano di abbandonarla, ma in futuro prevedo che il nucleare non sarà così importante come adesso: non arriveremo allo 0%, ma l'importante è che il nucleare non aumenti». L'Italia, con i suoi massicci investimenti, va esattamente contromano.
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