La BCE, L'Europa, i politicanti servi, dichiarano la guerra a tutto campo ai lavoratori tagliando i posti di lavoro chiudendo aziende, ai cittadini tutti riducendo il servizio sanitario, riducendo le pensioni, tagliando il potere d'acquisto con la benzina alle stelle, Fornero vuole tagliare i salari ai 50° perché meno produttivi, se campi la pensione la vedi a 70 anni con 50 anni di contributi, ai giovani vuol dare oltre alla precarietà a vita anche salari più bassi perché inesperti...
ci manca solo la canna del gas per farci finire di soffrire?
COSA VUOI DI PIU' FRATELLO, AMICO, COMPAGNO O PATRIOTA, PER CAPIRE CH'E' GIUNTA L'ORA?
Anthony Muroni
unionesarda.it
ci manca solo la canna del gas per farci finire di soffrire?
OPPURE..
RIVOLUTZIONI!!!!
Sa Defenza
Il lavoro e la dignità di chi lotta
Gli errori del passato presentano il conto
MINATORI CARBOSULCIS IN PRESIDIO A MENO 400 MT IN MINIERA |
Anthony Muroni
unionesarda.it
Strano questo tempo di lacrime e sangue, nel quale per farsi ascoltare dal governo “tassa e taglia” occorre auto-sequestrarsi nelle viscere della terra, poggiare il cerino accanto a una santabarbara e tagliarsi le vene in diretta tv.
Da Roma si risponde col cinismo tipico di chi governa senza dover rendere conto agli elettori. Si prosegue nel solco tracciato per decenni da una classe politica sarda insipiente, da governi nazionali disinteressati e incapaci e da un sindacato che ha mostrato inadeguatezza e scarsa visione strategica.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un'Isola ammorbata per generazioni con produzioni inquinanti, assistenzialismo diffuso e nessuna capacità di adeguarsi ai cambiamenti dei mercati e delle tecnologie.
Lo Stato ha il merito di aver investito, in mezzo secolo, migliaia di miliardi delle vecchie lire sulla Rinascita ma anche la colpa grave di non aver saputo rendere produttive quelle elargizioni.
Nell'anno del Signore 2012 preferisce la via della fuga, ignorando sofferenze, tensioni e drammi che rendono questa terra sempre più sterile e triste.
Si riparte da zero, anzi da -1. È il momento di capire che nessuno, da Roma, verrà ad aiutarci e rifugiarsi nel vittimismo e nella protesta vuota sarebbe inutile.
I sardi di buona volontà hanno di fronte a loro trent'anni di lacrime e sangue: ai giovani va spiegato che le coraggiose lotte dei loro padri, protagonisti in queste ore di drammatiche prove, non possono essere dilapidate.
Occorre rimboccarsi le maniche e guardare al futuro, senza ripetere gli errori del passato. Quelli degli anni '80, ad esempio, quando la classe politica e sindacale sarda respinse il piano da 500 miliardi di lire proposto da Craxi per creare alternative al sistema-Sulcis basato solo sull'industria: si parlava di investimenti su agricoltura, turismo, ambiente, nautica e infrastrutture.
Si scelse, invece, di puntare ancora su miniere e trasformazione di materie prime. La globalizzazione e la crisi del manifatturiero nei Paesi occidentali erano lontane e nessuno ebbe la visione strategica e il coraggio necessari a preparare un piano nuovo e spendibile negli anni Duemila.
Oggi c'è da salvare il salvabile: i posti di lavoro e la dignità di operai e minatori in lotta, la speranza dei giovani che hanno diritto al sogno di un futuro nella propria terra d'origine. Nessuno pensi di potersi chiamare fuori o di essere immune: la sfida è epocale e riguarda anche chi il lavoro ce l'ha ancora.
Da Roma si risponde col cinismo tipico di chi governa senza dover rendere conto agli elettori. Si prosegue nel solco tracciato per decenni da una classe politica sarda insipiente, da governi nazionali disinteressati e incapaci e da un sindacato che ha mostrato inadeguatezza e scarsa visione strategica.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un'Isola ammorbata per generazioni con produzioni inquinanti, assistenzialismo diffuso e nessuna capacità di adeguarsi ai cambiamenti dei mercati e delle tecnologie.
Lo Stato ha il merito di aver investito, in mezzo secolo, migliaia di miliardi delle vecchie lire sulla Rinascita ma anche la colpa grave di non aver saputo rendere produttive quelle elargizioni.
Nell'anno del Signore 2012 preferisce la via della fuga, ignorando sofferenze, tensioni e drammi che rendono questa terra sempre più sterile e triste.
Si riparte da zero, anzi da -1. È il momento di capire che nessuno, da Roma, verrà ad aiutarci e rifugiarsi nel vittimismo e nella protesta vuota sarebbe inutile.
I sardi di buona volontà hanno di fronte a loro trent'anni di lacrime e sangue: ai giovani va spiegato che le coraggiose lotte dei loro padri, protagonisti in queste ore di drammatiche prove, non possono essere dilapidate.
Occorre rimboccarsi le maniche e guardare al futuro, senza ripetere gli errori del passato. Quelli degli anni '80, ad esempio, quando la classe politica e sindacale sarda respinse il piano da 500 miliardi di lire proposto da Craxi per creare alternative al sistema-Sulcis basato solo sull'industria: si parlava di investimenti su agricoltura, turismo, ambiente, nautica e infrastrutture.
Si scelse, invece, di puntare ancora su miniere e trasformazione di materie prime. La globalizzazione e la crisi del manifatturiero nei Paesi occidentali erano lontane e nessuno ebbe la visione strategica e il coraggio necessari a preparare un piano nuovo e spendibile negli anni Duemila.
Oggi c'è da salvare il salvabile: i posti di lavoro e la dignità di operai e minatori in lotta, la speranza dei giovani che hanno diritto al sogno di un futuro nella propria terra d'origine. Nessuno pensi di potersi chiamare fuori o di essere immune: la sfida è epocale e riguarda anche chi il lavoro ce l'ha ancora.
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