F35, la rotta di collisione Partiti divisi sull'acquisto dei 90 caccia dell'americana Lockheed Si ipotizza una spesa di 14 miliardi. Il voto di Camera e Senato
di Augusto Ditel
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Una lettera: F. Due numeri: 35. Trilogia di guerra, scenari d'attacco a potenze straniere secondo input americani. Eppoi, soldi, tantissimi soldi per acquistare questi cacciabombardieri di quinta generazione a tecnologia avanzatissima, costruti dalla Lockheed. F35 Lightening II è il nome di un programma militare conosciuto anche come Joint strike fighter , lanciato dagli Stati Uniti insieme con altri otto Paesi alleati, tra cui l'Italia, all'inizio degli anni '90. I soldi in ballo sono talmente tanti che tutti danno i numeri, ma nessuno sa quantificare con esattezza l'impegno finanziario del nostro Paese.
TIPO A E B
Comunque, non si tratta di bruscolini. L'F35 di tipo A (quello a decollo tradizionale) costa poco meno di 100 milioni di euro; per l'altro (tipo B), a decollo rapido simile a quello di un elicottero per intenderci, occorrono sui 107 milioni per macchina. Secondo calcoli approssimati per difetto, dopo la riduzione del numero dei velivoli (da 131 a 90) decisa dall'allora ministro del governo guidato da Mario Monti, Giampaolo Di Paola, le risorse da impiegare sfiorano i 14 miliardi. Ma per esempio il Movimento 5 Stelle ritiene che, alla fine l'Italia, se non si darà una mossa, ne spenderà 50, di miliardi.
LE POLEMICHE
Il dibattito sull'opportunità di alimentare la corsa agli armamenti, con cifre colossali, in un momento come questo, è assai articolato. Montano le polemiche perché si ha l'impressione che la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica non comprenda né tantomeno giustifichi la spesa, e le stesse forze politiche si sono lacerate su due mozioni, votate a maggioranza da Camera e Senato. Tra i partiti che sostengono il governo, il Pd è quello più attraversato da correnti contrarie.
LA CAMERA
Hanno cominciato i deputati, lo scorso 26 giugno (381 sì, 149 no), col dire sì a una mozione della maggioranza che non blocca per nulla (si potrebbe dire che congela) l'acquisto degli F35, e rimanda ogni decisione al voto del Parlamento.
A Montecitorio la mozione presentata da Sel e Movimento 5 Stelle prevedeva l'annullamento dell'acquisto, ma è stata respinta (136 a favore, 378 contrari). Un no secco, questo, che ha prodotto una diaspora tra i Democratici, molti dei quali invitano i compagni a non confondere le esigenze di Difesa, da quelle del welfare. La stessa Valentina Sanna, ieri, nel dimettersi da presidente dell'assemblea regionale del Pd ha fatto riferimento alla vicenda degli F35.
Giusto per restare in Sardegna, se da un lato il capogruppo del Pd in Commissione Difesa, Gian Piero Scanu, ha detto sì alla mozione di maggioranza, dall'altro Mauro Pili, del Pdl, è stato l'unico parlamentare sardo di una forza politica che sostiene il Governo di Enrico Letta a schierarsi con le opposizioni.
IL SENATO
Il voto del Senato è di martedì scorso: 202 sì, 55 no, 15 astenuti. Simile il contenuto della mozione di maggioranza: rinvio di ogni determinazione su quanti aerei comprare, secondo il volere del Parlamento, come prescrive l'articolo 4 della legge 244 del 2012. Contrari, anche a Palazzo Madama, Sel e M5S. In quest'ultimo gruppo il no più covinto agli F35 è arrivato dal senatore cagliaritano Roberto Cotti, autore di una clamorosa protesta: in aula ha indossato una giacca tricolore e la bandiera della Pace, poi se l'è tolta su invito del presidente Piero Grasso. Molto più marcato, al Senato, il malessere (!) nel Pd. L'alfiere della contestazione è l'ex magistrato Felice Casson, in dissenso con l'indicazione di partito e dunque d'accordo con Sel e M5S. Come lui la pensano Laura Puppato e il giornalista Corradino Mineo.
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