Caro Vàturu , ti invio il documento di Sis-Ma redatto dopo l’assemblea di Ghilarza. Naturalmente lo invio a voi per pubblicarlo o fare un articolo su: Sa Defenza .
Abbiamo scelto come Sis –Ma di diffondere il documento solo con voi , Arrexini , Il minuto , nel blog del minatore rosso e nel nostro sito . Abbiamo volutamente evitato l’altra stampa . Il documento sarà fatto pervenire a tutti i partiti e movimenti indipendentisti .
A si biri cun saludi
Antonello
L'ASSEMBLEA DI GHILARZA DELL'8 SETTEMBRE E LA PROSPETTIVA.all'ingresso della torre aragonese a Ghilarza |
La Sardegna presenta oggi una condizione sociale, economica e ambientale di grave emergenza; gli attori di questo processo sono il grande capitale, la speculazione su un territorio dato in preda e il potere politico e tecnocratico rappresentato dai partiti politici italiani e dai loro terminali sardi.
La vorticosa concentrazione di investimenti sulla produzione di energia, sull'industria dei rifiuti e in campo militare (condotte in modo frontale contro le residue potenzialità di destinazione agricola, mineraria e turistica) corrisponde alla accelerazione del disinvestimento e all'abbandono integrale di tutta la produzione industriale manifatturiera che ha segnato l'economia sarda negli ultimi trent'anni.
L'accelerazione del processo ha determinato nell'ultimo anno la nascita e la diffusione di comitati popolari spontanei in una misura finora ignota. Si tratta di una domanda sociale estrema che non ha trovato finora alcuna reale rispondenza politica.
LA FATUITA' ELETTORALE.
La politica regionale approda a un rinnovo della legislatura che va praticamente a corrispondere con le probabili nuove elezioni politiche italiane e con le elezioni europee, nel pieno della crisi globale.
La crisi sarda, come altri gironi infernali ormai seminati in Europa dal neoliberismo, appare come ingoiata dalla crisi italiana come questa dalla crisi europea. Una tale situazione necessiterebbe letteralmente di un 'alto profilo' nell'interpretazione del processo e di una estrema attenzione al passaggio elettorale, il quale difficilmente avrà il potere di fornire rimedi ma molto facilmente potrebbe dare come sua risultante il colpo di grazia.
E' questo che impone la ricerca di una composizione del fronte indipendentista e popolare sardo che in primo luogo sia in grado di affrontare i nuovi rapporti di forza che saranno determinati dal risultato elettorale, e se possibile (ma non prioritariamente) sia anche in grado di affrontare le elezioni e possibilmente di contrastarne le trappole maggioritarie concordate dai partiti del regime coloniale pd-pdl per garantirsi la forma duopolistica del potere.
Questo fronte non va inteso come un artificio: esso, anche se insufficiente rispetto al ritmo dell'aggressione coloniale, ha letteralmente fatto da scudo contro i colpi più gravi: sul nucleare, sulle basi militari, sul territorio, sui lavoratori ecc.
E' indispensabile che questo scudo, temprato sul campo di battaglia, non si sciolga per il fatuo gioco delle sirene che notoriamente prendono corpo quando si apre il sipario delle elezioni.
La politica regionale approda a un rinnovo della legislatura che va praticamente a corrispondere con le probabili nuove elezioni politiche italiane e con le elezioni europee, nel pieno della crisi globale.
La crisi sarda, come altri gironi infernali ormai seminati in Europa dal neoliberismo, appare come ingoiata dalla crisi italiana come questa dalla crisi europea. Una tale situazione necessiterebbe letteralmente di un 'alto profilo' nell'interpretazione del processo e di una estrema attenzione al passaggio elettorale, il quale difficilmente avrà il potere di fornire rimedi ma molto facilmente potrebbe dare come sua risultante il colpo di grazia.
E' questo che impone la ricerca di una composizione del fronte indipendentista e popolare sardo che in primo luogo sia in grado di affrontare i nuovi rapporti di forza che saranno determinati dal risultato elettorale, e se possibile (ma non prioritariamente) sia anche in grado di affrontare le elezioni e possibilmente di contrastarne le trappole maggioritarie concordate dai partiti del regime coloniale pd-pdl per garantirsi la forma duopolistica del potere.
Questo fronte non va inteso come un artificio: esso, anche se insufficiente rispetto al ritmo dell'aggressione coloniale, ha letteralmente fatto da scudo contro i colpi più gravi: sul nucleare, sulle basi militari, sul territorio, sui lavoratori ecc.
E' indispensabile che questo scudo, temprato sul campo di battaglia, non si sciolga per il fatuo gioco delle sirene che notoriamente prendono corpo quando si apre il sipario delle elezioni.
UNA SITUAZIONE COMPROMESSA.
La trasformazione dello scudo della resistenza in un puzzle privo di soluzione è in atto; riteniamo che nessuno dei soggetti in gioco (noi compresi) possa dirsene assolto, e trascuriamo le futili distinzioni nominali tra indipendentismi, sovranismi, sardismi ecc.
Stando ai fatti, riteniamo che la compromissione decisiva sia stata determinata dalla decisione dell'organizzazione Progres di lanciare una candidatura fondata sulla notorietà personale, favorita dalla stima diffusa nei riguardi della candidata, ma anche mossa allo svilimento delle forze indipendentiste e socialiste e diretta essenzialmente all'elettorato moderato di centrosinistra e di centrodestra;
le compromissioni che si sono poi succedute da parte delle altre organizzazioni, e di cui non è dato conoscere oggi l'esito, sono a loro volta imposte dalla necessità di garantire ai concorrenti il quorum necessario per accedere all'elezione.
Tutto questo è comprensibile e persino giustificabile, se si considera senza pregiudizi il valore delle persone.
Tuttavia, nel complesso della situazione che così si è venuta a creare, significa probabilmente il suicidio elettorale di chi non passerà il quorum e certamente il suicidio politico di chi invece lo passerà.
Un puzzle presenta una e una sola risoluzione giusta; il puzzle elettorale sardo presenta invece molte soluzioni che sono oggi tutte sbagliate; dunque va ricercata con pazienza, rispetto reciproco e pari dignità la soluzione più auspicabile per il popolo sardo, ivi compresa quella sua parte imponente che per totale perdita della fiducia nello strumento elettorale sceglierà di non andare a votare.
La trasformazione dello scudo della resistenza in un puzzle privo di soluzione è in atto; riteniamo che nessuno dei soggetti in gioco (noi compresi) possa dirsene assolto, e trascuriamo le futili distinzioni nominali tra indipendentismi, sovranismi, sardismi ecc.
Stando ai fatti, riteniamo che la compromissione decisiva sia stata determinata dalla decisione dell'organizzazione Progres di lanciare una candidatura fondata sulla notorietà personale, favorita dalla stima diffusa nei riguardi della candidata, ma anche mossa allo svilimento delle forze indipendentiste e socialiste e diretta essenzialmente all'elettorato moderato di centrosinistra e di centrodestra;
le compromissioni che si sono poi succedute da parte delle altre organizzazioni, e di cui non è dato conoscere oggi l'esito, sono a loro volta imposte dalla necessità di garantire ai concorrenti il quorum necessario per accedere all'elezione.
Tutto questo è comprensibile e persino giustificabile, se si considera senza pregiudizi il valore delle persone.
Tuttavia, nel complesso della situazione che così si è venuta a creare, significa probabilmente il suicidio elettorale di chi non passerà il quorum e certamente il suicidio politico di chi invece lo passerà.
Un puzzle presenta una e una sola risoluzione giusta; il puzzle elettorale sardo presenta invece molte soluzioni che sono oggi tutte sbagliate; dunque va ricercata con pazienza, rispetto reciproco e pari dignità la soluzione più auspicabile per il popolo sardo, ivi compresa quella sua parte imponente che per totale perdita della fiducia nello strumento elettorale sceglierà di non andare a votare.
LA NECESSITA' DI UNA ASSEMBLEA PERMANENTE.
Sis-ma ha analizzato in modo pubblico, a partire dalla presentazione della candidatura di Michela Murgia, il processo che si è venuto a determinare in seno al campo indipendentista, e ha reso manifesto l'impegno a sostenere una sorta di assemblea permanente su questa grave situazione, fino alla sua migliore risoluzione.
Abbiamo ripetuto in tutti i modi che ci impegniamo a partecipare a tutte le iniziative volte a ricercare l'esito del fronte unito; è in questo spirito che abbiamo partecipato all'assemblea di Ghilarza dell'8 settembre ed è in questo spirito che ci muoveremo ancora con tutta la correttezza di cui possiamo essere capaci.
Sappiamo che tutti i soggetti che riteniamo nostri interlocutori asseriscono di avere le porte aperte: bene, noi vi entreremo tutte le volte che saremo invitati, purché si assuma che le porte aperte servono davvero al loro scopo se chi è dentro si prova anche ad uscirne fuori; non serve a nessuno custodire questo genere di fortini, se essi impediscono di poter confrontare con gli interlocutori la visione dell'intero panorama.
Si può obiettare che anche l'assemblea di Ghilarza ha avuto un suo soggetto promotore e padrone di casa, anch'essa con le sue dichiarazioni di porte aperte; essa ha tuttavia aperto un percorso che sarebbe stato ormai difficile costringere nei limiti dell'organizzazione che l'ha promossa proprio in forza di questa consapevolezza, ed è di questo che oggi si deve prendere atto.
Sis-ma ha analizzato in modo pubblico, a partire dalla presentazione della candidatura di Michela Murgia, il processo che si è venuto a determinare in seno al campo indipendentista, e ha reso manifesto l'impegno a sostenere una sorta di assemblea permanente su questa grave situazione, fino alla sua migliore risoluzione.
Abbiamo ripetuto in tutti i modi che ci impegniamo a partecipare a tutte le iniziative volte a ricercare l'esito del fronte unito; è in questo spirito che abbiamo partecipato all'assemblea di Ghilarza dell'8 settembre ed è in questo spirito che ci muoveremo ancora con tutta la correttezza di cui possiamo essere capaci.
Sappiamo che tutti i soggetti che riteniamo nostri interlocutori asseriscono di avere le porte aperte: bene, noi vi entreremo tutte le volte che saremo invitati, purché si assuma che le porte aperte servono davvero al loro scopo se chi è dentro si prova anche ad uscirne fuori; non serve a nessuno custodire questo genere di fortini, se essi impediscono di poter confrontare con gli interlocutori la visione dell'intero panorama.
Si può obiettare che anche l'assemblea di Ghilarza ha avuto un suo soggetto promotore e padrone di casa, anch'essa con le sue dichiarazioni di porte aperte; essa ha tuttavia aperto un percorso che sarebbe stato ormai difficile costringere nei limiti dell'organizzazione che l'ha promossa proprio in forza di questa consapevolezza, ed è di questo che oggi si deve prendere atto.
L'ASSEMBLEA DI GHILARZA DELL'8 SETTEMBRE.
L'assemblea di Ghilarza è dunque un fatto, ed è un fatto politico rilevante; stando a un giudizio realistico, essa non era in realtà una “assemblea generale” quanto piuttosto una assemblea cui hanno partecipato “parti” del mondo indipendentista: quell'incontro fra “parti” ha comunque prodotto un risultato condiviso che assume una sua rilevanza generale;
è anche vero che alcuni dei partecipanti l'hanno abbandonata avendo constatato l'assenza di componenti politiche molto importanti, ma è anche vero che duecento militanti di varie organizzazioni ne hanno deciso il risultato dopo molte ore di confronto.
Riteniamo futile in questa sede disquisire sul livello di democraticità dell'assemblea, che ha innegabilmente dato la parola e la facoltà di replica a tutti su un ordine del giorno definito.
Francamente, non si può considerare il risultato conseguito come il frutto di forzature.
Esso si compone di due deliberati, che vanno intesi con attenzione.
Il primo deliberato impegna i convenuti sulla linea del “fronte unitario”, ovvero sul perseguimento della costruzione di quel “fronte unico” che oggi è compromesso dalle partenze elettorali finora compiute.
Il secondo deliberato indica nella territorializzazione dei comitati lo strumento di proposta e di verifica relativamente all'incombenza elettorale.
L'assemblea di Ghilarza è dunque un fatto, ed è un fatto politico rilevante; stando a un giudizio realistico, essa non era in realtà una “assemblea generale” quanto piuttosto una assemblea cui hanno partecipato “parti” del mondo indipendentista: quell'incontro fra “parti” ha comunque prodotto un risultato condiviso che assume una sua rilevanza generale;
è anche vero che alcuni dei partecipanti l'hanno abbandonata avendo constatato l'assenza di componenti politiche molto importanti, ma è anche vero che duecento militanti di varie organizzazioni ne hanno deciso il risultato dopo molte ore di confronto.
Riteniamo futile in questa sede disquisire sul livello di democraticità dell'assemblea, che ha innegabilmente dato la parola e la facoltà di replica a tutti su un ordine del giorno definito.
Francamente, non si può considerare il risultato conseguito come il frutto di forzature.
Esso si compone di due deliberati, che vanno intesi con attenzione.
Il primo deliberato impegna i convenuti sulla linea del “fronte unitario”, ovvero sul perseguimento della costruzione di quel “fronte unico” che oggi è compromesso dalle partenze elettorali finora compiute.
Il secondo deliberato indica nella territorializzazione dei comitati lo strumento di proposta e di verifica relativamente all'incombenza elettorale.
SIS-MA E L'ASSEMBLEA DI GHILARZA.
I compagni di Sis-ma si sono espressi a favore del primo deliberato, che ha avuto una approvazione quasi unanime; si sono invece astenuti sul secondo deliberato, che pure è stato approvato a larga maggioranza.
Le ragioni di questa condotta di voto sono state appositamente dichiarate e vertono sul rapporto tra emergenza sociale e incombenza elettorale.
Riteniamo cioè che mentre vi sono tutte le ragioni per la costituzione di un fronte di resistenza organizzato e permanente tanto più in occasione delle elezioni e quindi del rinnovo della geografia del potere politico in regione, persistono molte controndicazioni sulla prioritaria finalizzazione elettorale di questo sforzo comune.
La controindicazione più elementare consiste appunto nel rischio di costruire una cosa buona (un fronte di resistenza) la cui prima prova in scena possa tradursi in un conflitto elettoralistico con altre anime del mondo indipendentista, e quindi con nostri stessi compagni, con i quali invece operiamo insieme nei conflitti sociali;
che cioè la ricerca fatua del consenso in campagna elettorale possa dare luogo a una tipologia di fuoco amico che avvantaggerebbe immediatamente il comune nemico e che riteniamo vada assolutamente evitata.
La controindicazione più sostanziale riguarda invece la reale utilità di costringere alla misura del mercato elettorale un bene (l'indipendenza, l'uguaglianza) che ha valore non misurabile.
La terza controindicazione riguarda le soglie di quorum e la compatibilità delle alleanze.
Tenuto conto di queste riserve, consideriamo con favore il processo diffusivo dell'azione politica nei comitati territoriali e daremo dunque il nostro contributo alla loro azione.
I compagni di Sis-ma si sono espressi a favore del primo deliberato, che ha avuto una approvazione quasi unanime; si sono invece astenuti sul secondo deliberato, che pure è stato approvato a larga maggioranza.
Le ragioni di questa condotta di voto sono state appositamente dichiarate e vertono sul rapporto tra emergenza sociale e incombenza elettorale.
Riteniamo cioè che mentre vi sono tutte le ragioni per la costituzione di un fronte di resistenza organizzato e permanente tanto più in occasione delle elezioni e quindi del rinnovo della geografia del potere politico in regione, persistono molte controndicazioni sulla prioritaria finalizzazione elettorale di questo sforzo comune.
La controindicazione più elementare consiste appunto nel rischio di costruire una cosa buona (un fronte di resistenza) la cui prima prova in scena possa tradursi in un conflitto elettoralistico con altre anime del mondo indipendentista, e quindi con nostri stessi compagni, con i quali invece operiamo insieme nei conflitti sociali;
che cioè la ricerca fatua del consenso in campagna elettorale possa dare luogo a una tipologia di fuoco amico che avvantaggerebbe immediatamente il comune nemico e che riteniamo vada assolutamente evitata.
La controindicazione più sostanziale riguarda invece la reale utilità di costringere alla misura del mercato elettorale un bene (l'indipendenza, l'uguaglianza) che ha valore non misurabile.
La terza controindicazione riguarda le soglie di quorum e la compatibilità delle alleanze.
Tenuto conto di queste riserve, consideriamo con favore il processo diffusivo dell'azione politica nei comitati territoriali e daremo dunque il nostro contributo alla loro azione.
SIS-MA E LE ALLEANZE ELETTORALI.
Siamo assolutamente consapevoli della necessità di alleanze difficili e problematiche in una situazione come questa, e quindi non serve da parte nostra perdere tempo in anatemi inutili nei confronti delle forze politiche che ritengono di doverle fare.
Chiediamo la stessa comprensione nei nostri confronti: oltre ad essere in opposizione politica frontale al centro destra, noi non sosterremo alcuna alleanza interna al centro sinistra o che si presenti come sua variante; nè abbiamo alcun interesse per le posizioni sardiste-sovraniste-indipendentiste a connessione centrista variabile (psdaz ecc.).
Sul puro terreno elettorale siamo persino disponibili a ridurre la nostra posizione ideologica comunista al puro e semplice concetto del bene comune, inteso come la terra, l'acqua, l'ambiente, la pace, i diritti, ma non siamo assolutamente disposti ad interloquire con ideologie dichiarate o con pratiche di governo che calpestano questi princìpi.
Siamo pienamente consapevoli della difficoltà di tutto questo quadro; riteniamo che siano stati fatti degli errori anche molto gravi; confidiamo tuttavia che la situazione possa essere migliorata e c'è una ragione che ci costringe a questa fiducia: riteniamo che nessun compagno, nessuna forza politica con cui combattiamo insieme nella battaglia quotidiana contro il potere coloniale debba cadere nelle mani del nemico per il semplice gioco di specchi delle elezioni.
Siamo assolutamente consapevoli della necessità di alleanze difficili e problematiche in una situazione come questa, e quindi non serve da parte nostra perdere tempo in anatemi inutili nei confronti delle forze politiche che ritengono di doverle fare.
Chiediamo la stessa comprensione nei nostri confronti: oltre ad essere in opposizione politica frontale al centro destra, noi non sosterremo alcuna alleanza interna al centro sinistra o che si presenti come sua variante; nè abbiamo alcun interesse per le posizioni sardiste-sovraniste-indipendentiste a connessione centrista variabile (psdaz ecc.).
Sul puro terreno elettorale siamo persino disponibili a ridurre la nostra posizione ideologica comunista al puro e semplice concetto del bene comune, inteso come la terra, l'acqua, l'ambiente, la pace, i diritti, ma non siamo assolutamente disposti ad interloquire con ideologie dichiarate o con pratiche di governo che calpestano questi princìpi.
Siamo pienamente consapevoli della difficoltà di tutto questo quadro; riteniamo che siano stati fatti degli errori anche molto gravi; confidiamo tuttavia che la situazione possa essere migliorata e c'è una ragione che ci costringe a questa fiducia: riteniamo che nessun compagno, nessuna forza politica con cui combattiamo insieme nella battaglia quotidiana contro il potere coloniale debba cadere nelle mani del nemico per il semplice gioco di specchi delle elezioni.
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