Telegraph: La crisi dell’Eurozona è Appena all’Inizio
vocidallestero.
Mentre ci vengono a dire che la crisi dell'Eurozona volge al termine, Jeremy Warner sul Telegraph analizza i numerosi segnali dello scontro titanico che si profila all'orizzonte tra le forze della sovranità nazionale e le élite del progetto UE, sempre più delegittimato e rovinoso.
A prima vista, sembrano mondi differenti. Il referendum svizzero contro la libera circolazione dei lavoratori, la sentenza della Corte costituzionale tedesca sui tentativi della BCE di salvare l'euro, e l'avvertimento alla Scozia che essa non potrà mantenere la sterlina se voterà per l'indipendenza - queste cose potrebbero sembrare scollegate, ma in verità sono tutte parte di uno stallo sempre più esplosivo tra le forze della sovranità nazionale da un lato e dell'integrazione politica ed economica dall’altro.
vocidallestero.
Mentre ci vengono a dire che la crisi dell'Eurozona volge al termine, Jeremy Warner sul Telegraph analizza i numerosi segnali dello scontro titanico che si profila all'orizzonte tra le forze della sovranità nazionale e le élite del progetto UE, sempre più delegittimato e rovinoso.
A prima vista, sembrano mondi differenti. Il referendum svizzero contro la libera circolazione dei lavoratori, la sentenza della Corte costituzionale tedesca sui tentativi della BCE di salvare l'euro, e l'avvertimento alla Scozia che essa non potrà mantenere la sterlina se voterà per l'indipendenza - queste cose potrebbero sembrare scollegate, ma in verità sono tutte parte di uno stallo sempre più esplosivo tra le forze della sovranità nazionale da un lato e dell'integrazione politica ed economica dall’altro.
Mentre le elezioni di maggio daranno probabilmente luogo al Parlamento più euroscettico nella storia dell'UE, la lunga crisi economica e finanziaria europea minaccia di degenerare in una crisi politica totale. Secondo Berlino e Bruxelles, la notte oscura dell'anima europea – la più grave crisi dalla seconda guerra mondiale – è ora essenzialmente superata, con la promessa di un'economia in lenta ripresa e una rinnovata armonia politica in arrivo. A mio avviso, essa è appena iniziata. L’epico tentativo europeo di imporre l'unione politica a paesi molto diversi tra loro sta per schiantarsi sull'onda delle difficoltà economiche, del malcontento popolare e della crisi finanziaria.
Praticamente tutte le unioni monetarie ben riuscite sono iniziate con l’unione politica, per poi mettere in comune le garanzie, le istituzioni, i sistemi fiscali, fino ad arrivare a una moneta comune. L’Europa, non c’è bisogno di dirlo, sta cercando di realizzarla al contrario; ha imposto l'unione monetaria a un'opinione pubblica ignara e adesso, tramite la conseguente crisi finanziaria, spera di aprirsi la strada a mazzate verso l’unione fiscale e politica che alla fine potrebbero farla funzionare, per arrivare in conclusione agli Stati Uniti d'Europa.
I sostenitori dell'indipendenza scozzese propongono un approccio ancora più strano. Vogliono rottamare quella che finora si è dimostrata un'unione politica e fiscale relativamente riuscita ma, per il momento almeno, mantenere la sterlina. Ieri, George Osborne, Ed Balls, Sir Nicholas Macpherson e altri membri dell’élite di Westminster si sono riuniti per consegnare il verdetto inevitabile: gli scozzesi non possono avere la sovranità nazionale e insieme l'unione monetaria con il resto del Regno Unito, qualunque regime fiscale possano mettere in atto per aiutare a sostenere una tale costruzione instabile. Devono scegliere tra autogoverno e unione economica.
È una scelta simile a quella che ora deve affrontare la Svizzera e, in effetti, tutta l'Europa. Anche in Germania, che in gran parte finora è sfuggita alle devastazioni della crisi dell'Eurozona, lo scisma sta diventando sempre più evidente.
La scorsa settimana, la Corte Costituzionale tedesca ha fatto una cosa straordinaria; ha affidato in outsourcing la valutazione finale della politica della BCE del “whatever it takes" per salvare l'euro alla Corte di Giustizia Europea. Questo passaggio apparentemente innocuo del testimone può essere letto in due modi. Per i fedeli del progetto europeo, è uno sviluppo positivo che rimuove una minaccia cruciale per l'evoluzione della moneta unica in una forma più sostenibile. La Germania sembra aver rinunciato al suo diritto di veto verso qualunque cosa che possa sembrare un finanziamento monetario dei governi in difficoltà, dando l'ultima parola alla Corte di Giustizia, che adottando quasi sempre un approccio integrazionista, quasi certamente darà il via libera.
Ma c'è una maniera meno ottimista di guardare alla sentenza della Corte tedesca, dal momento che essa contiene un dettaglio velenoso (in cauda venenum, dicevano i latini, ndt). Sì, la Corte di Giustizia deve decidere, ma i giudici tedeschi poi vanno avanti dicendo che le politiche della BCE sono di fatto un finanziamento monetario e sono quindi con tutta probabilità illegali.
Oltre a Dio e alla Bundesbank, non c’è altra autorità in Germania più alta o più affidabile della Corte Costituzionale, così quando la Corte di Giustizia dovesse decidere di contraddirla, si giungerebbe a uno scontro titanico. La buona disposizione tedesca verso l’euro inizierebbe a spezzarsi.
Nei paesi più chiaramente colpiti dalla crisi finanziaria dell'euro, la disillusione per il progetto europeo e per le sue istituzioni è già estrema. I partiti centristi tradizionali stanno trovando sempre più difficile mantenere la linea.
Uno dei punti sollevati nell'analisi del Tesoro sulla Scozia e la sterlina è che se l’impegno politico per l'unione monetaria viene giudicato carente, la speculazione finanziaria contro di esso diventerà auto-avverante, creando una fuga di capitali, peggiorando i problemi economici e aumentando le pressioni per un'uscita dall’unione.
Nell'Eurozona, è indubbia la volontà degli alti responsabili politici di far funzionare la moneta unica, ma essi sono sempre più distaccati dagli elettori e stanno costantemente perdendo la loro legittimazione. Questo progressivo scollamento tra la classe politica mainstream e la sua base si è evidenziato prepotentemente con la reazione all'esito del referendum svizzero. E' stata minacciata una rappresaglia immediata. E lo stesso genere di invettiva è stata riservata alle proposte britanniche di limitare la migrazione dei lavoratori.
Ma l’élite europea non può non sapere che tutti i paesi ad alto reddito voterebbero allo stesso modo degli svizzeri, se ne avessero la possibilità. L'arroganza dei leader politici, che pensano di sapere cosa è meglio per i loro elettori, poteva essere tollerabile finché l’Europa stava crescendo. Ma oggi sono solo portatori di un disastro economico, cosa che rende la loro posizione, e la legittimazione del progetto dell'Unione europea, sempre più vulnerabili.
Mettiamo insieme tutto questo, e vediamo un arretramento potenzialmente irresistibile verso i principi della sovranità nazionale in un momento in cui la sopravvivenza dell'euro richiede l’esatto opposto – maggiori livelli di integrazione economica, fiscale e politica. Si profila uno scontro titanico. E ci vengono a dire che la crisi dell'Eurozona è finita.
Praticamente tutte le unioni monetarie ben riuscite sono iniziate con l’unione politica, per poi mettere in comune le garanzie, le istituzioni, i sistemi fiscali, fino ad arrivare a una moneta comune. L’Europa, non c’è bisogno di dirlo, sta cercando di realizzarla al contrario; ha imposto l'unione monetaria a un'opinione pubblica ignara e adesso, tramite la conseguente crisi finanziaria, spera di aprirsi la strada a mazzate verso l’unione fiscale e politica che alla fine potrebbero farla funzionare, per arrivare in conclusione agli Stati Uniti d'Europa.
I sostenitori dell'indipendenza scozzese propongono un approccio ancora più strano. Vogliono rottamare quella che finora si è dimostrata un'unione politica e fiscale relativamente riuscita ma, per il momento almeno, mantenere la sterlina. Ieri, George Osborne, Ed Balls, Sir Nicholas Macpherson e altri membri dell’élite di Westminster si sono riuniti per consegnare il verdetto inevitabile: gli scozzesi non possono avere la sovranità nazionale e insieme l'unione monetaria con il resto del Regno Unito, qualunque regime fiscale possano mettere in atto per aiutare a sostenere una tale costruzione instabile. Devono scegliere tra autogoverno e unione economica.
È una scelta simile a quella che ora deve affrontare la Svizzera e, in effetti, tutta l'Europa. Anche in Germania, che in gran parte finora è sfuggita alle devastazioni della crisi dell'Eurozona, lo scisma sta diventando sempre più evidente.
La scorsa settimana, la Corte Costituzionale tedesca ha fatto una cosa straordinaria; ha affidato in outsourcing la valutazione finale della politica della BCE del “whatever it takes" per salvare l'euro alla Corte di Giustizia Europea. Questo passaggio apparentemente innocuo del testimone può essere letto in due modi. Per i fedeli del progetto europeo, è uno sviluppo positivo che rimuove una minaccia cruciale per l'evoluzione della moneta unica in una forma più sostenibile. La Germania sembra aver rinunciato al suo diritto di veto verso qualunque cosa che possa sembrare un finanziamento monetario dei governi in difficoltà, dando l'ultima parola alla Corte di Giustizia, che adottando quasi sempre un approccio integrazionista, quasi certamente darà il via libera.
Ma c'è una maniera meno ottimista di guardare alla sentenza della Corte tedesca, dal momento che essa contiene un dettaglio velenoso (in cauda venenum, dicevano i latini, ndt). Sì, la Corte di Giustizia deve decidere, ma i giudici tedeschi poi vanno avanti dicendo che le politiche della BCE sono di fatto un finanziamento monetario e sono quindi con tutta probabilità illegali.
Oltre a Dio e alla Bundesbank, non c’è altra autorità in Germania più alta o più affidabile della Corte Costituzionale, così quando la Corte di Giustizia dovesse decidere di contraddirla, si giungerebbe a uno scontro titanico. La buona disposizione tedesca verso l’euro inizierebbe a spezzarsi.
Nei paesi più chiaramente colpiti dalla crisi finanziaria dell'euro, la disillusione per il progetto europeo e per le sue istituzioni è già estrema. I partiti centristi tradizionali stanno trovando sempre più difficile mantenere la linea.
Uno dei punti sollevati nell'analisi del Tesoro sulla Scozia e la sterlina è che se l’impegno politico per l'unione monetaria viene giudicato carente, la speculazione finanziaria contro di esso diventerà auto-avverante, creando una fuga di capitali, peggiorando i problemi economici e aumentando le pressioni per un'uscita dall’unione.
Nell'Eurozona, è indubbia la volontà degli alti responsabili politici di far funzionare la moneta unica, ma essi sono sempre più distaccati dagli elettori e stanno costantemente perdendo la loro legittimazione. Questo progressivo scollamento tra la classe politica mainstream e la sua base si è evidenziato prepotentemente con la reazione all'esito del referendum svizzero. E' stata minacciata una rappresaglia immediata. E lo stesso genere di invettiva è stata riservata alle proposte britanniche di limitare la migrazione dei lavoratori.
Ma l’élite europea non può non sapere che tutti i paesi ad alto reddito voterebbero allo stesso modo degli svizzeri, se ne avessero la possibilità. L'arroganza dei leader politici, che pensano di sapere cosa è meglio per i loro elettori, poteva essere tollerabile finché l’Europa stava crescendo. Ma oggi sono solo portatori di un disastro economico, cosa che rende la loro posizione, e la legittimazione del progetto dell'Unione europea, sempre più vulnerabili.
Mettiamo insieme tutto questo, e vediamo un arretramento potenzialmente irresistibile verso i principi della sovranità nazionale in un momento in cui la sopravvivenza dell'euro richiede l’esatto opposto – maggiori livelli di integrazione economica, fiscale e politica. Si profila uno scontro titanico. E ci vengono a dire che la crisi dell'Eurozona è finita.
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