O STELLE O BUIO - Tsipras, massoni e Bilderberg - Farage e migranti - Servo encomio, codardo oltraggio
Quando persone che si trovano onestamente in errore imparano la verità, o cessano di essere in errore, o cessando di essere onesti. (Anonimo)
Un tempo non era permesso a nessuno di pensare liberamente. Ora sarebbe permesso., ma nessuno ne è più capace. Ora la gente vuole pensare ciò che si suppone debba pensare. E questo lo considera libertà”. (Oswald Spengler, “Il tramonto dell’Occidente”)
Con tutto il gran casino che sta succedendo da varie parti è difficile, dopo una settimana di esternalità nella tranquilla e, per alcuni a ragione, per altri strumentalmente, vituperata Ungheria, scegliere l’argomento. C’è la Turchia del despota integralista fuori di testa, Erdogan, che continua a deflagrare, mettendo in subbuglio altro che la tenuta del caposaldo Nato, l’intero assetto del terrorismo jihadista.euroatlantico nella regione. C’è soprattutto l’Ucraina dove, a dispetto del genocidio dell’altro fronte terrorista, stavolta nazista-euroatlantico, il complotto imperialista rischia di frantumarsi contro la stupefacente resistenza dei patrioti russi e, di più, contro la strepitosa mossa russo-cinese della creazione del blocco geopolitico, economico, militare euroasiatico, insieme a Kazakistan, Bielorussia, Iran e Armenia, sostenuto dalla simpatia dei BRICS e dell’intero “terzo mondo”. C’è, in Tailandia, la presa del potere dell’esercito, nel nome della resistenza popolare di piazza all’arbitrio della corrotta cosca predatrice dei Shinawatra, intima di Washington Naturalmente, il “manifesto” valuta il la vicenda come Obama, “golpe militare” contro i difensori della democrazia. “Sono militari!”. Già, Come quelli che tentarono di rovesciare Hitler nel 1944.
C’è l’Africa, della massiccia offensiva colonialista franco-israelo-statunitense nel Sahel e in tanti altri paesi, della Libia in cui con un golpe militare della Cia, l’Occidente cerca di strappare il disgraziato paese ai mercenari jihadisti, prima allevati e scagliati contro il più prospero e giusto paese del Continente e ora sfuggiti al controllo. E c’è l’esaltante vittoria della Siria di Assad che, riconquistata la maggior parte del paese, va ora alla riconferma elettorale della sua sovranità e indipendenza, sotto il governo di un amato e stimato presidente. Un po’ per volta ne parleremo. Ma ora mi preme scrivere qualcosa sull’Italia uscita dalla farsa delle elezioni europee.
Brogli? Sì, comunque brogli.
Gli exit poll diffusi dagli affidabilissimi ambienti finanziari britannici e secretati in Italia davano il M5S al 29,9%, il PD al 28,8% e tutti gli altri a livelli più o meno pari ai risultati finali. Brogli? Certamente! Se li pratica al massimo livello lo stregone, vuoi che non lo facciano gli apprendisti? Entrambe le elezioni di Bush sono state dimostrate falsate dai brogli che hanno impedito la vittoria di Al Gore, prima, e poi di John Kerry. Brogli verificatisi nei vari passaggi, dal processo manipolato delle circoscrizioni elettorali, all’iscrizione nelle liste elettorali ostacolata per le minoranze ritenute di opposizione, fino alla trasmissione telematica dei voti affidata a ditte private legate al potere. Dove il potere e il controllo del voto sono nelle mani degli emissari del Nuovo Ordine Mondiale, nessuna alternativa reale vince più. Vedi Iraq, Afghanistan, Ucraina, Honduras, Paraguay.
Anche da noi la trasmissione dei dati è gestita da una ditta privata con parola finale detta nientemeno che da un gestore del Viminale come Alfano, la cui sopravvivenza politica dipende da un sopracciglio di Renzi. E, per quanto possano essere approssimative e facilone le divinazioni dei sondaggisti, una differenza di tre, quattro punti tra PD e Cinque Stelle, prevista dai sondaggi e confermata dai primi exit poll, e quella finale di ben 20 punti, mi sembra lasci adito a dubbi non del tutto arbitrari. Ricordiamoci che non erano infondate le contestazioni dei risultati dello scontro PCI-DC del 1948, nei quali la manina dei servizi Usa è risultata comprovata. E, visto che Renzi con l’Italicum è stato capace di andare oltre al Mussolini delle legge Acerbo (altro che “Grillo oltre Hitler”), ricordiamoci anche di Giacomo Matteotti dal duce fatto assassinare per averne denunciato la frode elettorale. In tempi più recenti ci fu la documentatissima denuncia di Enrico Deaglio sui brogli del 2006 (che poi, coerentemente con il suo personaggio, rimise la coda tra le gambe), che videro ridursi al lumicino un vantaggio di Prodi previsto sugli 8-10 punti fino al giorno prima. Hanno buone ragioni in Venezuela se affiancano al voto e allo spoglio elettronico quello cartaceo, controllo incrociato inconfutabile schifato dalle democrazie occidentali (vedi in proposito il post “Broglio si, broglio no: la terra dei cachi”, sul blog di Grillo).
Che questo sia vero o falso, resta da constatare come la cosiddetta disfatta del M5S e il cosiddetto trionfo di Renzi siano da verificare alla luce dei dati reali e alle circostanze nelle quali sono avvenuti. Quando il gerarca Napolitano, schieratissimo nella campagna elettorale e ancora una volta, a ennesimo golpe attuato, spudorato partigiano dei fantocci indigeni della Cupola e dei loro misfatti anticostituzionali programmati (dichiarazioni in occasione dell’oscena fregola militarista espettorata nella parata del 2 giugno), esulta per la “sconfitta dei populismi”, la cosa vanta lo stesso fondamento del “non sentito nessun boom”, all’indomani del primo successo elettorale di Grillo.
E non ci sarebbe neppure bisogno della materialità di un voto manipolato sulle schede. Manipolata è ormai ogni elezione che si svolga nel le democrazie occidentali e nei domini ad esse obbedienti. Gli strumenti sono infiniti, visibili e invisibili. Corruzione psicologica delle masse attraverso il terrorismo mediatico generalizzato che demonizza i protagonisti dell’opposizione con la stessa tecnica applicata ai governanti dei paesi fuori controllo (tutti “Hitler” e “fascisti”); occultamento e deformazione delle loro parole e azioni (vedi l’oscuramento dell’attività parlamentare dei Cinque Stelle e l’utilizzo degli utili idioti dissidenti); un paese frazionato in settori di voti di scambio governati dal malaffare legale e illegale, organico alla classe dirigente (sanciti dalla legge votata dal Partito Unico e combattuti dai Cinque Stelle); “sinistre” tatticamente disomogenee e strategicamente omogenee; fino alla messa in campo di liste di disturbo.
Una lista di disturbo: Tsipras-Bilderberg
Partiamo da queste ultime. Nella lista di Tsipras “per un’altra Europa” (che riecheggia l’infelice e inane “altro mondo possibile” dei fasulloni di Porto Alegre) c’erano persone dalla storia personale ineccepibile, che conosco e stimo profondamente, accanto alla solita conventicola di teste d’uovo sterilizzate nell’empireo delle cose assennate e perbene e, peggio, insieme ad autentici infiltrati del nemico di classe e imperiale. A partire da promotori come Barbara Spinelli, figlia del fondatore Altiero, massone bilderberghiano e uomo di fiducia dell’Agnelli trilaterale, compagna del bilderberghiano boia sociale Padoa Schioppa e massone bilderberghiana lei stessa; dal cultore dell’eccezionalità ebraico-israeliana Ovadia, sostenuto da una massiccia quota di lobby ebraica, da esimi editorialisti dell’editore sionista-renziano De Benedetti, da residuali no global rintanati nell’Arci e in Sbilanciamoci.. Per finire, molto in basso, con SeL, dello sghignazzante compare dei Riva e Marcegaglia, che la sua base aveva strappato a fatica dalla corsa alle più sicure poltrone del largointesista europeo Schultz. Della Spinelli c’è poi da ammirare la saldezza morale quando, da capolista finta per promuovere a Bruxelles un candidato vero, si è rimangiata la parola e ha deciso di andarci lei. Una Bilderberghiana, pur reclamandosi anti-casta, rinnegherebbe se stessa se rinunciasse a 11.700 euro al mese (i tedeschi ne prendono 7.700, i portoghesi 3.200).
In coloro che hanno pensato di poter contaminare una tale genìa con la propria saldezza ideologica, si sono mescolate buone intenzioni e una fenomenale capacità di illudersi. Qualità che si ritrovano in tutti gli agnelli che si accompagnano ai lupi. Berlinguer, anticipatore delle larghe intese, lo avrebbe dovuto capire quando la Cupola gli tolse da sottobraccio il fratello-compagno Aldo Moro. Davanti a un tale sbandamento, non c’è neanche da infierire sull’ingenuità di questi ottimi compagni quando pensavano di poter portare la propria carica antagonista in un’Unione Europea fondata, cresciuta e consolidata nel segno amerikano della mattanza capitalista, della “democrazia” totalitaria di classe e del subimperialismo straccione. Unione Europea che gli scaltri capataz della lista descrivevano come emendabile con quattro cerotti, senza dover ricorrere agli scossoni di “populisti” che avrebbero comportato la cancellazione del “pranzo di gala”. Senza il loro concorso la lista sarebbe rimasta al poco più del 2% dei fratelli siamesi di “Rivoluzione Civile” e i pentastellati avrebbero preso almeno 2 punti in più.
Quello che non capiscono, le sinistre lo chiamano “fascismo”. Dimentichi della raccomandazione di Lenin che tocca stare dove stanno le masse quando si oppongono al potere, i sinistri e il “manifesto” si sono scagliati a corpo morto contro chi, conquistando un italiano su quattro, aveva fatto sua un’antagonismo che da anni loro avevano seppellito nel consociativismo delle guerre, dei diritti umani degli altri, della democrazia, del femminismo spurio, della deprecazione dell’omofobia e delle vesti stracciate sui migranti. Tutti temi agevolmente incorporati da un cannibalismo neoliberista che, andando al sodo, cuoceva nello stesso pentolone i diritti umani dei propri sudditi e quelli dell’universo mondo, democrazie e altre forme di società, donne, uomini e bambini, etero e omo, migranti e stanziali.
Esce la “sinistra”, entrano le Cinque Stelle
Alla base di quella virulenza anti-Grillo (la personalizzazione demonizzante del nemico va di pari passo con la personalizzazione idolatrica dei propri guru) al confronto della quale le critiche a Renzi e al PD (“C’è un’autentica sinistra nel PD”, Barbara Spinelli) erano buffetti, c’è la paura della morte. In altre parole, l’essere stati storicamente resi obsoleti da un M5S, che ne ha occupato gli spazi traditi e abbandonati. Già perché credo poco alle varie spiegazioni che si sono volute dare, da fuori e da dentro, dell’arretramento del movimento. Vero che Grillo avrebbe potuto risparmiarsi battute che, magari appropriate, offrivano agli energumeni della manipolazione politica e mediatica l’opportunità per trasferire all’elettore boccalone, compatibile con l’esistente, la propria paura del nuovo che avanza sul serio. Vero che in questa campagna, troppo vicina a quella del 2013 per far fruttare ripetizioni, sarebbe stato meglio vedere più gli straordinari parlamentari Cinque Stelle e un po’ meno il Grillo già visto e collaudato. Un Grillo, a mio avviso, più efficace nell’ironia, nel sarcasmo e nella proposta, quelli dei suoi ineguagliati spettacoli, che non nell’invettiva. Un Grillo che non avrebbe dovuto mettere a rischio la sua affidabilità con l’ossessivo slogan “vinciamo noi”.
Incredibile ho trovato la rampogna alla performance dei parlamentari nelle trasmissioni televisive. Rispetto ai vaniloqui, alle intemperanze, alla goffaggine retorica, alla fuffa ignorante, incolta e incompetente dei loro antagonisti, i Cinque Stelle apparivano altrettanti Calamandrei e Cicerone. Ma vogliamo mettere? Qui Di Maio, Taverna, Morra, Di Battista e là Picierno, Bonafè, Boschi, Madia, una riedizione al femminoso del quadrumvirato di Italo Balbo e compagnia, e le assolutamente equipollenti vestali renzusconiane della destra che si ammette tale. Qui uno Tsipras spinellizzato, l’ombra di quello che ha alle spalle anni di insurrezione contro la Troika, che dalla bilderberghiana Gruber, benevola con lui quanto velenosa con i “grillini”, risana con tisane l’Unione Europea, là Grillo da Mentana che rade al suolo il mattatoio.
Perché, dunque, un movimento che pareva inarrestabile ha registrato una perdita secca del 5%? Dell’uragano di odio e calunnie scatenato dalla casta e dai suoi house organ s’è detto.
Del disorientamento e depistaggio provocato dalla lista Tsipras pure. Altri hanno enfatizzato, non senza ragione, la berlusconizzazione di buona parte degli intelletti che, all’impatto con la roccia, preferiscono farsi risollevare da mirabolanti prospettive di guarigione e benessere perpetuo, piuttosto che rischiare di graffiarsi per rimuovere il macigno. Dopotutto siamo quelli che da 2000 anni portano in letizia le manette psicofisiche messegli da Costantino. Tra le ciliegine su questa torta da arsenico e vecchi merletti ci sta pure un Renzi che sugli ultimi tornanti del giro ha frodato la corsa mettendosi addosso una maglia rosa uguale a quella del corridore migliore. Su lotta ai privilegi di casta, sull’indecenza degli stipendi d’oro, su Bruxelles da mettere sull’attenti, sull’Italia da restituire al patriottismo e alla sovranità, tutta roba da sempre di Grillo, ha puntato la stecca e ha fatto carambola.
E quelli che credono ai miracoli, a Vanna Marchi e a Padre Pio – guardate nelle case dell’italiano medio -, anche perché di fatti in cui credere i regnanti non gliene hanno lasciato punti, sono andati a votare a bocca aperta. Dimentichi d’acchito del Renzi allevato dalla più micidiale delle caste, capo di parlamentari che non rinunciano a un centesimo dei loro stipendi d’oro, fiduciario di banchieri e tecnocrati ai quali finora non ha fatto che lustrare le scarpe. Comunque, a votarlo sono stati pochini, alla faccia del golpista che blatera di “italiani che hanno espresso la loro fiducia”: il 40% del 60% che ha votato sono qualcosa come 14 milioni su 50. Sbaglio? Una neanche cospicua minoranza degli “italiani”. Bastano per la dittatura in corso d’opera?
Per me, se i Cinque Stelle sono scesi dal 25 virgola qualcosa al 21 virgola qualcosa, è un po’ perché alle europee si va sempre a votare in meno, un po’ per le ragioni elencate, ma, in primissima linea (ed è qui la fonte del furibondo livore delle destre onnicomprensive, comunque si qualifichino) perché l’azione dei parlamentari in questi mesi ha tolto di mezzo ogni equivoco e ha chiarito che il M5S è un movimento di sinistra, l’unico. E quelli che, o per carriere o equivocando, di sinistra vera non sono, se ne sono tornati sotto l’ombrello loro. Capisco che Grillo abbia in uggia la distinzione “destra” - “sinistra” e chi finge di perpetuarla, alla luce delle malformazioni che si qualificano tali nel nostro paese.
Ma se vogliamo restare all’accezione scientifica della qualifica, non c’è cosa che i parlamentari pentastellati abbiano fatto alla Camera e al Senato che non si debba definire di sinistra. Dalla politica internazionale, fondata su antimilitarismo e antimperialismo e sulla sovranità da strappare ai nominati tagliateste di Bruxelles, alla battaglia contro una classe dirigente incistata con le banche e con i predatori finanziari, all’illustrazione della palude di scandali, malversazioni, corruzione e ruberie in cui nuota e si riproduce la classe dirigente, dall’intreccio Stato-mafia come esplicitato nel voto di scambio consacrato dal Partito Unico, alla lotta contro devastazione ambientale e saccheggio sociale delle Grandi Ruberie dette Grandi Opere, tipo TAV e MUOS, alla rivolta contro una corruzione ontologica della politica come simboleggiata dal sostegno al carcinoma del gioco d’azzardo, al reddito di cittadinanza per l’oceano di vittime del mattatoio capitalista, a, a, a….Insomma, nel voto del 25 maggio si sono persi coloro che si sono accorti che il M5S è l’opposizione giovane (la maggioranza dei 18-25 anni è suo), l’opposizione popolare, quella delle vittime dell’UE, dell’imperialismo, del neoliberismo, dei disoccupati e precari, della pace, dello Stato-mafia, del massacro sociale, economico, culturale. E’ da qui che si potrà crescere coerenti, solidali, uniti, antagonisti.
Il moloch Farage, verdi santi subito e questione migranti
Il napalm a tappeto su Grillo e i suoi è tornato a scatenarsi alla notizia che il leader aveva cenato con il reietto britannico Nigel Farage, sentina di tutte le turpitudini, cena reiteratamente trasformata dalla bilderberghiana Gruber in “matrimonio”. Il vignettista Vauro, ultimo giapponese trinariciuto, ha dato fondo alla sua ottusa volgarità. Perfino Travaglio, solitamente obiettivo se non simpatizzante, si è fatto maestrino della penna rossa, stavolta verde, e ha tirato dei grossi freghi sul tema dei ragazzini pentastellati.. Qualcuno ragionevole, altri dettati da personali idiosincrasie. La descrizione di Farage va presa come quella che ci rifilano della Corea del Nord. Insieme a molti, perfino tra i seguaci dei Cinque Stelle, Travaglio ha implorato Grillo di volgersi verso i Verdi, in Italia chiamati patriotticamente “Green”. E questa è davvero un invito degno di Taffazzi. E’ da sempre, dai padri nobili della lobby Cohn Bendit e Joschka Fischer e, da noi, Ferrante e Della Seta, successori di purosangue dell’ecologia come il soft PD Realacci, il nuclearista Chicco Testa, o Pecoraro Scanio, indagato per reati come quelli che hanno sventrato i consigli regionali di tutta Italia, che questa gramigna ingiallita fa da commensale sotto la tavola degli antropofagi neoliberisti euroatlantici. Purchè là fuori spunti una pala eolica tra le banche (e io le pale eoliche le mettereì ovunque, ma preferibilmente sulle macerie delle banche). Sincronizzando i suoi strepiti per democrazia e diritti umani e i suoi anatemi contro dittatori e burka, con lo schianto dei missili Nato su case, ospedali, scuole e famiglie in Iraq, Afghanistan, Libia, Siria, Ucraina, ovunque.
Al reprobo Farage si imputa di ogni: razzismo, xenofobia, omofobia, follia, misoginia, autoritarismo, nazionalismo. Come sempre, in concerto bi- e tri-partisan. Sarà. Poi tutti questi Torquemada al servizio del nuovo pontefice massimo hanno smarrito nel cestino gli appunti in cui lo sciagurato aveva cacciato su due piedi esponenti del partito che avevano pronunciato frasi razziste, xenofobe, omofobe, misogine, aveva nominato degli esotici extracomunitari a capo dei dipartimenti che li riguardano, o aveva imprecato contro l’imperialismo Usa e le sue guerre. Certo, se si guarda all’ideologia politica, lo “spiritoso” capo di “Ubik” sta ai Cinque Stelle come Friedman sta a Gramsci. Ma la stessa cosa vale per i Verdi, che però vantano il plusvalore decisivo: le belle canzoni di guerra. Cosa che deve aver incantato anche chi non si fa scrupolo di confluire nel GUE, la vera eurosinistra, nel quale uno dei suoi esponenti più illustri è quel Melenchon che, pure, ha fiatato consenso alle bisbocce belliche di Hollande. Il sistema ha riacceso il ventilatore utilizzato dal giorno della prima epifania del M5S e i suoi antagonisti radicali hanno ripreso a caricarlo di fango.
Migrazioni, una strategia imperialista?
Io direi, calma e gesso. O fare i manichini sugli scranni e non contare una cippa nell’europarlamento, o aggregarsi, in piena libertà e autonomia di posizione e azione, con chi differisce da te su molti piani, ma, intanto, condivide due discriminanti assolute: no guerra, no UE. Poi si vedrà. Potremo sempre mettere qualche pizzino nel ventilatore. Particolare attenzione deve venire riservata al discorso di Farage sui migranti. Che lui non vuole. E qui, prima di continuare, vorrei farmi scudo di una vita impegnata nel lotta contro l’etnocentrismo, l’eurocentrismo e ogni razzismo culturale, tutti fucine di migrazioni. Atteggiamenti invece frequentemente praticati da chi sugli arrivi, gli annegamenti, le detenzioni, i trattamenti dei migranti spende il massimo della sua indignazione, comprensione, compassione E giustamente inveisce contro i responsabili di questo genocidio a bassa intensità. Ma non contro tutti.
Si lamenta che si tratta di fuggiaschi da fame, miseria, dittature, corruttifici, violazioni dei diritti umani, disastri climatici. Qualche temerario aggiunge “guerre”. Punto. Avete presente la perizia di uno che si trova la casa allegata e si affanna a svuotare secchi e strusciare stracci, mentre al piano di sopra dal rubinetto aperto si precipitano cascate lungo le scale? Da quanti anni arrivano da noi migranti? E da dove? Da paesi ridotti all’agonia e oltre. Albanesi, poi balcanici, poi nordafricani, centroafricani, est-europei, cingalesi, somali, iracheni, sudanesi, saheliani, libici, ultimamente in massa siriani ed eritrei. Trovatemi uno di questi popoli su cui non si siano abbattuti il mercato, la finanzeconomia, le multinazionali, o i destabilizzatori colorati occidentali, la catastrofe climatica prodotta dall’Occidente, le mafie occidentali e soprattutto, a volte tutto insieme, le guerre occidentali. Scappano dalla dittatura e dall’obbligo militare a vita in Eritrea? Io che ci sono stato vi giuro che sarebbero rimasti felici sotto quella “dittatura”, se solo contro questa nazione indipendente l’Occidente non avesse scatenato aggressioni militari (il vassallo etiope) e sabotaggio economico. Aggressioni che impongono agli eritrei un servizio militare di 3 anni, con richiami fino ai 50. Esattamente come succede in Israele, che però è quello che aggredisce.
Se a questo Occidente si vuol dare un volto, spuntano in primo piano quelli dei primattori nel teatro dei burattini: Bush, Clinton, Obama, Sharon, Olmert, Netaniahu. Dietro si intravvedono comprimari, reggicoda europei di varie generazioni. Il dato oggettivo del fenomeno migrazione i capitalisti italiani ci insegnano essere l’abbattimento dei diritti, delle tutele e dei salari degli autoctoni come degli alloctoni. La marcia verso il ripristino dello schiavismo, fattore che ha sostenuto lo sviluppo del capitalismo e che ora ne deve rallentare il declino, ne viene accelerata. Volete che sia una casualità? E allora volete che sia una casualità, oppure una strategia, quella volta a sbriciolare l’Europa, a partire dalle sue marche deboli?
E chi mai potrebbe perseguire una simile strategia? Forse quelli che ci fanno dissanguare per le loro guerre? Forse quelli che ci hanno imposto un’economia a strozzo? Quelli che, con l’11 settembre e seguenti, ci hanno lanciato contro i mulini a vento del terrorismo perché ci distraessimo dalle carovane dirette alle mense dei poveri? O quelli che hanno indotto l’Europa ad amputarsi l’arto balcanico e che ora, con il TTIP (Trattato di libero scambio euro atlantico), fanno di noi il pinocchietto che abbaia alla catena come il cane Melampo? Fanno degli interessi di Goldman Sachs le leggi del nostro parlamento (e Renzi si è portato avanti col lavoro con lo “Sblocca Italia” che spazza via le sovrintendenze artistiche davanti alla marcia di saccheggiatori amministrativi e imprenditoriali? Con tanto di auspicati investitori stranieri)?
Si può sfuggire alla constatazione che radere al suolo paesi e far scappare verso l’Europa milionate di disperati disposti a tutto (“10 milioni di migranti sono la salvezza dell’Europa”, Barbara Spinelli) possa essere una lucida strategia Usa, che così acchiappa i classici due piccioni con una fava? Elimina dalla scena mondiale gli Stati che rompono i fili della vedova nera imperialista e scompone l’organismo concorrente europeo. Europa, potenziale rivale euroasiatico, una volta che euroscettici e “nazionalisti”, cioè recuperatori di sovranità e costituzioni, avranno eliminato dalla scena sadomaso di Bruxelles i sottogolpisti dei megagolpisti Usraeliani. Rispetto alla grossolanità delle rivoluzioni colorate impiegate col popolino, la migrazione si presenta come il piano B, quello per i più sofisticati. Con masse di migranti arrivano la già detta destrutturazione della condizione operaia, l’emergere di frammentazioni e contrapposizioni etniche, confessionali, culturali, nocive alla coesione sociale, oneri finanziari e di strutture insostenibili nel quadro del piano di trasferimento di ricchezza dal basso all’alto.
Non penserà forse a questo Matteo Salvini, a cui bastano i foruncoli che gli provoca la vista di una pelle dal colore diverso. Ma forse è a questo che pensa Farage e che hanno capito i Cinque Stelle. Ma ci pensano anche, per altri versi, i radicalsinistri che, piangendo sul destino (solo finale) dei rifugiati, intravvedono tra le lacrime la sfocata visione di un settore sociale dal quale trarre nuova linfa di sopravvivenza politica, visto che la mitica classe operaia, ma anche milioni di altri bisognosi, si sono aggrappati alla sponda opposta. Si illumina d’immenso tra costoro un guru progressista di lunga lena. Furio Colombo, già Fiat, già Stampa, già L’Unità, già Bilderberg anche lui, ora “Il Fatto Quotidiano”. E’ lui che dà il la, quando rinserra nella sua compassione i migranti e la loro disperazione e la relativa violazione dei diritti umani. Del tutto ignorati, questi ultimi, negli incensi che turibola verso le democrazie-modello di Tel Aviv e Washington. Sta fianco a fianco con il correligionario Dario Fo, che si rabbuia davanti all’idea Farage, ma la cui credibilità s’è un po’ appannata grazie alle sue raffiche di peana per Francesco santo subito, il volpone in Vaticano. Domanda da un fantastilione: perché nessuno di questi si chiede mai chi ha aperto il rubinetto e non si muove per chiuderlo??? Se lo sono chiesto, da soli, i ragazzi e cittadini che si battono contro il MUOS a Niscemi. Quel tumore innestato nella pancia della Sicilia, che è la plancia di comando di chi apre rubinetti.
Lo Stato canaglia: servo encomio, codardo oltraggio
O meglio, questa classe dirigente canaglia, criminale, bugiarda, infingarda, ladra, assassina. Una classe dirigente di imbonitori, biscazzieri, falsari, parassiti, presstituti. Un capo-clown ispirato dalla serie horror di “SAW”. L’espressione più becera del populismo, manifestazione estrema dell’antipolitica. Italia giunta all’apice del degrado umano, morale, culturale, giuridico, con il bullo di sapone manovrato dal ventriloquo a sua volta nominato dalla feccia mafio-finanziaria occidentale che sta uccidendo la nostra e altre specie. E’ stata una ininterrotta discesa agli inferi, dall’infamia di un De Gasperi che contrattò 3milioni di tonnellate di carbone belga contro 50mila minatori da scuoiare. Operai che l’Europa nascente di Spinelli e Rossi votava a un razzismo e a uno sfruttamento più spietati di quanto oggi si possa fare all’ultimo raccoglitore senegalese di pomodori. Marcinelle e altre miniere belghe, dal 1952 al 1956: 600 morti italiani. Di quanti chili di carbone era il prezzo dato da De Gasperi a un minatore italiano? Di quanti suicidati, di quante famiglie distrutte, è il prezzo fatto pagare dal ministro Fornero alla classe lavoratrice italiana? Quante stragi di innocenti, comandate dal mammona di Wall Street, hanno insanguinato le mani di ogni nostro capo dello Stato, presidente del consiglio, ministro, parlamento che vota sì, dal 1991 della guerra all’Iraq, alle successive apocalissi rovesciate su Serbia, Afghanistan, di nuovo Iraq, Libia, Siria, Ucraina, Africa?
Basta una settimana di operatività renziana per mostrarci di quanto il solco tracciato da questi predecessori venga difeso e ancora scavato da questo vegliardo imbellettato da giovane. Non c’è che da scegliere, ‘ndo cojo, cojo. Il pitocco mercenario Nato, ministro dell’Offesa, promette nostri lanzichenecchi all’Ucraina e alla Repubblica Centroafricana. La bellezza è il mezzo ed è anche il messaggio. E’ alla luce di questo paradigma, valido e onorato per il bene collettivo nel corso di millenni di affanni e creatività, che il ministro della Pubblica Distruzione, Giannini, opta per la cancellazione della storia dell’arte, successiva a quella della geografia e simultanea a quella della filosofia. Con la paghetta di 80 euro al ceto fornitore di plausi, coperti dai 150 milioni rapinati d’imperio alla Rai, servizio pur tuttavia pubblico e semmai da raddrizzare, restituisce briciole a quanto sottrae con la Tasi e altre gabelle e conferma la “profonda sintonia” con il padrone delle reti Mediaset. La Rai, poi, si rifaccia privatizzando e vendendo, costretta e quindi a saldo, RaiWay, la rete dei trasmettitori, magari al solito venerato investitore di fuori. Che figata: il più cruciale sistema nazionale di trasmissione di comunicazioni in mano a una multinazionale straniera, magari amica dell’ NSA o della Cia. E guai a scioperare: siamo al modello Mubaraq o Morsi. Il giustiziere tira ancora il cappio facendo rivalutare il catasto, perché la mia stamberga da 80 mq possa pagare di più della garconniere stile Luigi 15 da 60mq di Briatore. Affitta e fa affittare ai VIP della malavita legale i nostri più pregiati e vulnerabili beni culturali. Rimpingua la borsa di banchieri e loro colleghi biscazzieri che così praticano il gioco d’azzardo. Quello italiano è il più diffuso del mondo, e con esso le ludopatie.
Il raccapricciante decreto “Sblocca Italia”, nell’era dei “capitani coraggiosi” e i “furboni del quartierone” di Renzi, non si limita a mettere dietro la lavagna le sovrintendenze che s’impicciano di sopraelevazioni sul Campidoglio. Spara steroidi nei cantieri delle Grandi Opere, decine di miliardi grazie a nuove distruzioni del suolo, dal Tav alle nuove autostrade, per un ulteriore miglioramento dell’ambiente e i fasti di un Marchionne che da 10 anni non ha prodotto una vettura decente e, dunque, ha espresso una passione sfrenata per il bullo di sapone. I petardi nucleari bipartisan Expo e Mose esplodono e inceneriscono un bel pezzo del connubio politici-imprese-n’drangheta, dando al contempo all’estero un’esaltante immagine dell’Italia renzista, correggendo quella pessima offerta dai “terroristi” che popolano la Valsusa. Negli 8 mesi di Renzi disoccupazione giovanile dal 42 al 46%, il 50% è a portata di mano, il 61% nel Sud già raggiunto e tra gli occupati si innestano i milioni chi hanno fatto un mese di cococo, siamo sul filo di lana con la Grecia. Marchionne e la Borsa prosperano. Non c’è esponente di regime che non ululi ogni due per tre “Lavoro!” e a ogni urlo altri 10mila vengono sbattuti in strada. E’ il “Jobs Act”, cretino. Il piantone della caserma Usa si fa ordinare F-35 per 14 miliardi , ma spende un pugno di milioni per piantare aiuole davanti a 24mila scuole che cadono in testa agli scolari.
Nessuno, in 60 anni, è riuscito a fare peggio. Riforma del Senato, via chi aveva esercitato un controllo che ha rimediato alle nefandezze della Camera. Via le province ed evirati tutti gli enti intermedi che, bene o male, trasmettevano verso l’alto istanze di base (e qui non sono d’accordo con Grillo). Italicum da far morire d’invidia Mussolini, Licio Gelli, il generale de Lorenzo, Scelba e Tambroni. Riforma della giustizia che metta la mordacchia alla magistratura e ponga tanti Torquemada alla Caselli al posto dei Davigo, Colombo, Di Pietro, Borelli, De Matteo. Vietti del CSM, illustre berlusconide, ha già pronta la sostituzione del procuratore capo Messineo, inaudito provocatore che ha sostenuto il processo alla combine mafia-Stato nelle stragi del ’92-’93.
A tutto questo e a un’Europa fin dalle origini tonnara del welfare, della democrazia, presidio dell’1% al servizio dell’1% statunitense, chi si oppone con parole e opere? Quelli che cenano con Farage? Pazienza. Staremo a vedere e interverremo. C’è qualcuno in casa, oltre ai Cinque Stelle? A San Giovanni, Casaleggio, vestito da Christopher Lee, ha fatto inneggiare a Berlinguer.Troppo modesti, i Cinque Stelle sono meglio. Oggi le cose, di riffa e di raffa, stanno così: o le stelle, o il buio.
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