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sabato 25 gennaio 2014

Villaggi per la guerra a Teulada e ammissione del rischio radioattivo riemergono dalla naftalina.



Uranio: antimilitaristi, rischio radioattivo a Teulada 
Già uno studio del 2000 sui villaggi addestramento ne parlava CAGLIARI 

Villaggi per la guerra a Teulada e ammissione del rischio radioattivo riemergono dalla naftalina.*  

(Riferimento:* "Progettazione definitiva-esecutiva relativa ai lavori di realizzazione del primo villaggio per l'addestramento negli abitati? elaborata dalla 14^ Direzione Genio Militare, datata 29/09/2000, codice di priorità "Alta") .* 

Di recente le Forze Armate hanno tolto dalla naftalina e ripresentato il Progetto del 2000 di costruzione del PRIMO villaggio (ma quanti ne prevedono?) in stile balcanico e mussulmano allo scopo di conferire maggiore realismo ai giochi di guerra. Il Progetto annunciava anche un approfondito studio per ridurre al minimo l'impatto ambientale, sorprendentemente, tra i fattori da esaminare indicava l'inquinamento radioattivo (pag 23, punto D ). 

Uno studio su questo aspetto, oggi, 2014, è del tutto normale, non considerarlo susciterebbe uno scandalo. E invece singolare che sia stato previsto nel settembre 2000. 

L'anacronismo è shoccante. Allora, infatti, le richieste di chiarezza e accertamenti sulla contaminazione radioattiva si contavano sulle dita di una mano e cadevano nel vuoto totale. 

In Sardegna le sole voci erano quelle del Comitato Gettiamo le Basi, delle famiglie del caporalmaggiore Salvatore Vacca e del soldato di leva Giuseppe Pintus, uno in servizio nel teatro di guerra bosniaco, l'altro a Capo Teulada, entrambi uccisi dallo stesso tipo di tumore, leucemia linfoblastica acuta. Nella penisola il silenzio era sovrano. 

Eppure gli estensori del Progetto del 29/09/2000 denotano la consapevolezza anacronistica del rischio radioattivo allora ignoto alla quasi totalità della popolazione civile e militare. Inoltre, nei quattordici anni trascorsi, man mano che i sospetti crescevano fino a diventare certezza diffusa, Istituzioni, ministri della Difesa, vertici militari e politici hanno ostinatamente negato e categoricamente escluso l'uso di armamento radioattivo e conseguente contaminazione nei poligoni sardi. 

I vari Capi Supremi delle Forze Armate hanno pilatescamente scansato il problema. La sola ipotesi plausibile della "preveggenza" del rischio radioattivo è la svista involontaria e accidentale che fa trapelare il "segreto" gelosamente custodito e da custodire costi quel che costi. 

Sarebbe l'ennesima conferma delle menzogne che ci hanno propinato e ci propinano, della lucida quanto criminale decisione di lasciare esposti alla contaminazione letale militari, popolazione, flora, fauna, terra, aria, acqua e la catena alimentare. 

L'involontaria ammissione del problema contaminazione radioattiva potrebbe chiarire anche l'anomalia della veloce ibernazione e riesumazione dopo quattordici anni del piano di costruzione dei villaggi da war games. 
Non basta a spiegarla, infatti, il parere negativo (non vincolante) della componente civile del CoMiPa (Comitato Misto Paritetico Stato Regione) anche in considerazione del codice di priorità "Alta" assegnato ai lavori. 

Ripugna lo sperpero di denaro pubblico per costruire case da bombardare (circa 8 milioni di euro, più di 15 miliardi di lire nel 2000). Agghiaccia il silenzio della caterva di politici e pseudo esperti che promettono bonifica e pronto smantellamento del poligono "inutile" di Teulada in cambio del potenziamento del poligono della morte Salto di Quirra a rischio chiusura per intervento della Magistratura Rimane una ferita sanguinante lo stupro sistematico della nostra terra e la perdurante strage di Stato per creare paradisi di guerra. 

*Comitato sardo Gettiamo le Basi* Tel 3467059885

Mariella Cao Teulada 10 ottobre 2010


''ALL'ITALIA OCCORRE UNA RIVOLUZIONE. ADESSO!'' (PROFESSOR GIULIO SAPELLI, ECONOMISTA)

''ALL'ITALIA OCCORRE UNA RIVOLUZIONE. ADESSO!'' (PROFESSOR GIULIO SAPELLI, ECONOMISTA)

Fonte: lettera43.it
Giovanna Faggionato

Le note melanconiche di un tango in sottofondo sembrano un fosco presagio. Nell'Italia piegata dalla disoccupazione, colma di lavoratori sottopagati, vedere Giulio Sapelli assorto in una musica lontana fa una certa impressione. Se non fossimo in una sala a parlare di Argentina, si potrebbe leggere come un segno, come se la storia avesse unito i destini della penisola e dello Stato sudamericano colpito dal crack del 2001. 

Per l'economista che ha conosciuto l'Italia di Olivetti, la grande e la media impresa, le cooperative, i distretti, la crisi di oggi è il frutto di un male antico: la persistenza di una classe dirigente che ci condanna alla sudditanza estera. E dove le uniche «rivoluzioni» possibili sono prese di potere generazionali. 
Mentre la commissione europea certifica che siamo il Paese in cui «la situazione sociale si è deteriorata maggiormente», e in cui una quota consistente di occupati non riesce più ad arrivare a fine mese, lo studioso non si dà pace. E si chiede come il parlamento Ue abbia potuto «firmare il Fiscal compact?». «Il problema», spiega in una intervista a Lettera43.it, «è che non abbiamo un'élite nazionale: Machiavelli aveva spiegato tutto». 

Cosa intende dire, professor Sapelli? 
Le nostre classi dirigenti cercano approvazione, legami e inserimento nella finanza internazionale. Lo ha fatto Romano Prodi. E poi Mario Monti. E ora anche Enrico Letta punta alle cariche all'estero. 

Insomma, non fanno gli interessi italiani? 
Monti ha fatto gli interessi di chi lo ha sempre sostenuto cioè le istituzioni finanziarie. 

E Mario Draghi? 
Lui viene da Goldman Sachs, dalla scuola americana. E prova a fare la politica Usa. 

È per questo che non piace alla Germania? 
La Germania ci vuole fare morire di deflazione.

E gli Stati Uniti? 
Agli Stati Uniti in questo momento serve un'Europa forte. 

In realtà sembra che ormai i loro interessi siano sul Pacifico. 
Certo, preparano la guerra che verrà con la Cina. Ma hanno bisogno che l'economia europea vada bene.

Sì, ma non si può dire che facciano i nostri interessi politici. 
Stiamo trattando un accordo di libero scambio transatlantico: possiamo negoziare. E comunque meglio gli Stati Uniti del dominio tedesco. 

Perché? 
A forza di imporre l'ortodossia monetarista e deflazionista, i tedeschi stanno facendo dell'Europa un deserto. 

Secondo lei Draghi non si opporrà? 
Mi viene in mente una frase del Manzoni: «Il coraggio uno non se lo può dare...». 

Faremo la fine dell'Argentina? 
No, faremo la fine opposta. L'Argentina ha il problema contrario: l'inflazione. Ma dell'Argentina stiamo iniziando a copiare i leader peronisti. 

Matteo Renzi non la convince? 
Abbiamo avuto due sole «rivoluzioni» generazionali in Italia. Una l'ha fatta Benito Mussolini ed era il fascismo. E l'altra è stata il 68. Basta guardare come sono finite. 

Insomma non ci sono spiragli? 
Avete votato il Pd, Berlusconi... 

E cosa bisogna votare, Grillo? 
Nessuno. Bisogna rifondare un partito socialista, rivoluzionario. 

Cosa intende per rivoluzionario? 
Come Syriza, in Grecia. Che non vuole uscire dall'Europa, ma rinegoziare il debito. Ma come è possibile che al parlamento europeo abbiano votato il Fiscal compact? 

È stato questo il grande errore? 
Non so. Forse per l'Italia non c'è più speranza. 

Secondo i dati Ue, siamo il Paese con la quota maggiore di occupati che non riescono a vivere col proprio stipendio. 
Questa è una nazione ricca. Con un grande risparmio. E la cultura. Ma i risparmi si stanno erodendo e tra 20 anni, forse, saremo un Paese desertificato. 

Perché è così pessimista? 
Basta leggere Machiavelli. 

Cioè? 
Fino al 1450 eravamo l'economia più florida del mondo. Poi abbiamo conosciuto la crisi del 600. E perché? 

Lo dica lei. 
Perché i figli della borghesia comunale hanno lasciato le città e sono andati a vivere in villa come nobili. Quando si guadagnano troppi soldi, non si risponde più a se stessi. 


Nota biografica di Giulio Sapelli.
Laureato in storia economica a Torino nel 1971, conseguì la specializzazione in ergonomia nel 1972. Ha insegnato e svolto attività di ricerca presso la London School of Economics and Political Science nel 1992-1993 e nel 1995-1996, nonché presso l'Università Autonoma di Barcellona nel 1988-1989 e l'Università di Buenos Aires.
Ha lavorato con compiti di ricerca, formazione e consulenza presso l'Olivetti e l'Eni. Ha svolto incarichi consulenziali presso numerose altre aziende. Dal 1996 al 2002 è stato Consigliere di Amministrazione dell'Eni. Dal 2000 al 2001 è stato Presidente della Fondazione del Monte dei Paschi di Siena. Dal 2002 al 2009 è stato componente del consiglio di amministrazione di Unicredit Banca d'Impresa.
Ha fatto parte di diversi comitati scientifici di imprese, fondazioni e istituti. Dal 1993 al 1995 è stato il rappresentante italiano di Transparency International, organizzazione che lotta contro la corruzione economica. Dal 2002 è tra i componenti del World Oil Council. Dal 2003 fa parte dell’International Board dell'OCSE per il no profit.
È attualmente professore ordinario di Storia Economica presso l'Università degli Studi di Milano, dove insegna anche Analisi Culturale dei Processi Organizzativi. È collaboratore del Corriere della Sera e de Il Sussidiario.net. (WIKIPEDIA)