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sabato 18 giugno 2016

Sardegna, il nuovo business è la cannabis: le campagne abbandonate tornano a produrre

Sardegna, il nuovo business è la cannabis: le campagne abbandonate tornano a produrre

Stefania Piras
IlMessagero






Un articolo interessante per il nuovo approccio e modo di fare agricoltura, con prospettive di mercato e Business, esplorare su connotu , produzioni che nel passato hanno dato grandi soddisfazioni, per lavoro ed economia nel territorio rurale.

Sa Defenza


 «Ho cercato in passato di andarmene dalla Sardegna e ora non me ne voglio andare più». Francesco Peru, 35 anni, originario di Valledoria, in provincia di Sassari, il lavoro se l’è trovato da sé.

 Dopo la laurea in scienze della comunicazione e giornalismo le opportunità di scrivere si riducevano anno dopo anno e così è ripartito dalla terra, dall’appezzamento incolto di famiglia che si affaccia sul mare, nella valle del fiume Coghinas, e si è messo a coltivare la cannabis sativa.

Quando Francesco ha spiegato a suo padre l’impresa, lui, pensionato che al massimo aveva coltivato pomodori e carciofi per l’industria conserviera sarda, si è messo a ridere, poi gli ha detto: «I terreni sono fermi, vedi tu».
Allora si è messo in società con un amico Pier Francesco Oppo, 36 anni, anche lui una laurea in scienze della comunicazione inutilizzata, e hanno contattato e poi aderito ad AssoCanapa Sardegna, una aps che coltiva il sogno di trasformare la cannabis nel nuovo business ecosostenibile della Sardegna.

Si tratta di una varietà di sementi selezionate di Cannabis sativa che hanno un quantitativo di thc inferiore allo 0,2%. «E’ un modo nuovo di interpretare la campagna -spiega Francesco – Quanto abbiamo investito? Considerato che un ettaro e mezzo di terreno ce l’avevamo già abbiamo speso 1200 euro, 600 euro a testa». Hanno comprato 60 chili di semi a dicembre da Assocanapa che è un rivenditore autorizzato.

La prima trebbiatura è finita il primo settembre scorso. Era un semplice test per verificare le potenzialità e la rendita del terreno con il minimo dell’investimento economico grazie alla tecnica dell’aridocultura che prevede lo sviluppo della pianta senza irrigazione, ideale per campi marginali, dove non piove molto e incolti, spesso abbandonati come succede in Sardegna a causa del fallimento di numerose aziende agricole.
E i risultati sono incoraggianti. «Non avendo acqua la pianta ha sofferto ma ha comunque prodotto: 2 quintali di semi e una cinquantina di quintali di paglie. Ci abbiamo lavorato in due più qualche operatore con le macchine agricole che noi non avevamo. Ma come associazione lasceremo perdere questa tecnica perché alla fine rende la metà. Il prossimo anno partiremo con la coltivazione tradizionale, la differenza sta nell’annaffiare al massimo cinque volte nell’arco di tutta la stagione».
Ma come sono riusciti Francesco e il suo socio a convertire le competenze umanistiche acquisite dopo anni di università in attitudini agricole? «In campagna ci ho lavorato da ragazzo, come bracciante - racconta - L’esperienza agricola più alta è stata probabilmente il laboratorio dei fagioli nel cotone inzuppato alle elementari». Ma la verità è che Francesco cercava un’occupazione stabile e ora per lui questa è un’opportunità molto valida.
«La canapa è come il maiale per l’agricoltura – spiega entusiasta - Non si butta via niente. La pianta sviluppa le foglie che poi in parte cadono quando spuntano i fiori di modo che macerando al suolo forniscono ancora sostanze nutritive al terreno. Noi volevamo una pianta che non avesse bisogno di molta manutenzione, e con la cannabis sativa si lavora tre o quattro giorni a stagione. Per la preparazione del terreno, la semina e la trebbiatura».
Gli sviluppi di queste coltivazioni sono molteplici e l’Assocanapa Sardegna sta cercando di estendere l’esperienza di Valledoria altrove. Le sperimentazioni sono partite già da tempo con coltivazioni in 15 terreni, pari a circa 27 ettari, sparsi in tutta la Sardegna, da Sassari a Cagliari. Allo stato attuale ci lavorano una ventina di aziende agricole. Ma il prossimo anno questi numeri potrebbero triplicare con un centinaio di ettari dedicati alla coltivazione della canapa e allo sviluppo di tutta la filiera agroalimentare.

«L’agricoltura qui sta morendo lentamente, ci sono interi territori abbandonati e questa è un’alternativa al decadimento. Siamo in costante contatto con Assocanapa nazionale – spiega Enrico Siddi che presiede Assocanapa Sardegna -Vorremmo avviare una rete di piccoli imprenditori». C’è la filiera agroalimentare con la produzione di farine per la cucina da usare pure o integrate al grano. C’è un laboratorio a Carbonia che ha già avviato una produzione di tagliatelle e spaghetti alla cannabis. 
C’è il settore tessile e quello della bioedilizia: si utilizza il canapulo, la parte interna al fusto della canapa formato da pasta di cellulosa, da cui si può ricavare materiale da costruzione. A gennaio nel comune di Ortacesus, in provincia di Cagliari, partirà il cantiere di recupero di un edificio storico in collaborazione con ANAB (associazione nazionale architettura bioecologica). Si lavorerà sull’isolamento termico grazie a speciali pannelli fatti con le paglie derivate dalla canapa. 
Potrebbe diventare un nuovo sbocco occupazionale? Molti se lo chiedono. «Da quando ho cominciato a coltivare mi hanno contattato tante persone, soprattutto disoccupati – riferisce Francesco Peru – ma anche liberi professionisti, agricoltori, imprenditori edili. Mi chiedono prima di tutto se è legale. Qualcuno in paese non ci credeva quando passava accanto al campo. Passavano e chiedevano: ma sei sicuro?».

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