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LONDRA - "L'incapacita' di distinguere cio' che e' probabile da cio' che e' auspicabile si e' rivelata una tragedia nel 2016; questa tendenza vale anche per l'Italia" osserva l'editorialista del Financial Times Wolfgang Munchau.
"Si dice che il Belpaese sia bravo a cavarsela in qualche modo, che il suo sistema politico aggiustera' la legge elettorale per prevenire la vittoria di un partito estremista, che la sua Costituzione non permette un referendum sull'euro e che quindi l'uscita dall'unione monetaria non avverra'. Non e' detto che sia cosi'. Il divario nelle performance economiche italiane e tedesche e' enorme. Gli squilibri nel sistema di pagamenti Target 2 hanno raggiunto il livello piu' alto dalla crisi del 2012: la Germania ha un surplus di 754 miliardi di euro; l'Italia un deficit di 359 miliardi".
"In teoria si potrebbe continuare a ignorare tutto cio', ma solo ad alcune condizioni. La prima e' una convergenza tra i due paesi: l'Italia dovrebbe attuare riforme della giustizia e della pubblica amministrazione, tagliare le tasse e investire in tecnologie che aumentino la produttivita'. La seconda e' che gli Stati membri del nord accettino trasferimenti di risorse verso il Sud. La terza e' che l'Unione Europea crei un'autorita' politica federale col potere di prelievo fiscale. La quarta e' che la Banca centrale europea trovi il modo di finanziare indefinitamente il debito pubblico e privato italiano. La quinta e' che Roma continui a sostenere l'appartenenza all'euro".
"Una sola di queste condizioni sarebbe sufficiente, ma ciascuna e' molto improbabile. Le riforme economiche di Matteo Renzi - prosegue l'articolo del Financial Times di oggi - non sono state significative, a parte il modesto pacchetto sul lavoro. L'ex presidente del Consiglio ha preferito concentrarsi su controverse riforme politiche e ha perso il referendum costituzionale. Un altro governo riformista non e' in vista e l'esecutivo di Paolo Gentiloni, probabilmente breve, non cambiera' le cose".
"Escludendo che sia la Germania a salvare l'eurozona e che gli altri Stati settentrionali accettino trasferimenti fiscali, ammettendo che l'intervento della Bce sia utile ma non risolutivo, resta da considerare la politica italiana. Solo uno dei tre blocchi principali, il Partito democratico, e' pro euro. Il Pd potrebbe anche tornare a vincere, ma certo non restera' sempre al potere. Un giorno il paese sara' guidato da un partito anti euro. La posizione italiana nell'area dell'eurozona e le elezioni presidenziali francesi rappresentano le due minacce piu' gravi per l'area monetaria e per l'Ue".
"Se l'Italia vuole continuare a usare l'euro, deve mandare un chiaro avvertimento alla Germania: l'eurozona e' sulla strada dell'autodistruzione, se non cambieranno i parametri, questo dovrebbe dire il governo italiano a quello tedesco. Il prossimo presidente del Consiglio dovra' dire al cancelliere tedesco, probabilmente Angela Merkel, che la scelta non sara' tra l'unione politica o no, ma tra l'unione politica o il ritiro dell'Italia dall'euro".
"La seconda ipotesi implicherebbe il piu' grande default della storia: il sistema bancario tedesco rischierebbe il collasso e la piu' grande potenza economica europea perderebbe tutti i vantaggi competitivi accumulati negli ultimi quindici anni di euro. Evitare questo confronto necessario - conclude Munchau - e' stato il fallimento storico degli ultimi governi italiani a guida Pd, una strategia su cui si dovrebbe riflettere".
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