BREVETTI RELATIVI ALLA MODIFICA DEGLI URAGANI
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US0008365A1 Diminuzione dell'intensità delle tempeste tropicali o degli uragani tramite sottomarini2012
US20100270389 Metodo dei fenomeni pericolosi - Uragano e indebolimento del riscaldamento globale2009
US0264230A1 Metodo di modifica dell'uragano a tempesta grave e apparato 2009
US20100072297 Metodo per il controllo degli uragani - Navy Research Laboratory 2008
WO2008072227A1 Mitigazione dell'uragano mediante semina combinata - Rosenfeld, Woodley 2006
US20080035750 Riduzione dei danni da vento ciclonico 2006
US20080047480 Macchina per sbarazzarsi degli uragani 2006
US20070114298 Metodo e dispositivo per la riduzione dei cicloni tropicali 2005
US5441200 Rottura del ciclone tropicale 1993
US2903188 Controllo della formazione di cicloni tropicali 1956
L’APOCALITTICO URAGANO DEL 1938 NEL NEW ENGLAND
I giornali lo descrivevano come l’uragano più disastroso della Storia. All’epoca la modificazione delle condizioni meteorologiche era già campo di grande interesse come testimoniato da un corposo documento del 1938.
Siamo nel 2018.
Un uragano considerato molto anomalo si muove verso il North Carolina. La Carolina del Nord è stata classificata come uno dei 5 migliori stati pro business per 11 anni consecutivi dalla rivista statunitense di economia e finanza Forbes.
Pubblicato da: Francesco Silenzi
Il New England è sicuramente una delle regioni del mondo dal clima più bizzarro e vivace. I suoi abitanti devono fronteggiare quasi ogni anno ondate di gelo polare, veri e propri blizzard, periodi di caldo asfissiante alternati a violente tempeste e sbalzi termici impressionanti. Non manca niente nell’armamentario meteorologico della regione, proprio nulla. Nemmeno gli uragani tropicali!
Questi mostri di vento e pioggia che s’originano nell’Atlantico flagellano principalmente la Florida, le Carolinas e gli Stati del Golfo del Messico, spingendosi raramente sulle coste nord-orientali americane e giungendovi in genere sotto forma di più innocue tempeste tropicali. A volte, però, una combinazione particolare di fattori meteorologici su larga scala fanno si che i cicloni si scaglino con tutta la loro furia nel cuore del New England.
E’ quello che accadde il 21 settembre del 1938, una data che rimase impressa per decenni nella memoria collettiva degli abitanti della regione. La prima notizia della formazione di un uragano sull’Atlantico venne lanciata il 16 settembre all’ufficio meteorologico di Jacksonville, in Florida, da un’imbarcazione che viaggiava a nord-est di Portorico. Poi altre navi si trovarono sulla rotta della tempesta e lo stesso ufficio meteorologico elaborò le coordinate dell’uragano. Venne lanciato l’allarme in tutta la costa orientale della Florida perché si prevedeva che il ciclone avrebbe colpito Miami in meno di tre giorni. Ma gli abitanti della penisola tirarono un sospiro di sollievo il 20 settembre, quando era ormai chiaro che l’uragano aveva deviato improvvisamente verso nord, risparmiando la costa e puntando verso Capo Hatteras. I meteorologi di allora pensarono piuttosto ragionevolmente che a quel punto la tempesta avrebbe disegnato una sorta di parabola come sempre faceva, puntando verso est in pieno Oceano. Così le previsioni per il giorno seguente, 21 settembre 1938, non segnalavano alcun pericolo di uragano per gli abitanti degli Stati Uniti.
Ma il ciclone che ormai imperversava a largo di Capo Hatteras non accennava a scemare d’intensità, anzi, i suoi venti si facevano sempre più rabbiosi e raggiungevano adesso i 190 km/h, sollevando ondate immani. Purtroppo (o per fortuna!) nessuna nave era nelle vicinanze e nessuno s’accorse che l’uragano, invece di deviare verso e/ne come ci si aspettava, continuava a correre in direzione nord, spostandosi all’incredibile velocità di 113 km/h. La colpa di tutto ciò va ricercata in un complicato insieme di circostanze meteorologiche: il 21 settembre vi era un corridoio di bassa pressione che stazionava da giorni proprio sul New England, recando piogge accompagnate da aria molto calda ed umida. Più ad ovest, verso il Mid-West, c’era una forte e vasta alta pressione, mentre quella delle Bermuda, che doveva starsene in pieno Oceano pronta a deviare verso est l’uragano una volta giunto su Capo Hatteras, si trovava invece molto più a nord e ad ovest, verso Terranova. Così avvenne l’imprevedibile e fu un’immane catastrofe.
La prima zona ad essere colpita dall’uragano fu Long Island, subito ad est di New York City. Gli abitanti rimasti nonostante la pioggia torrenziale ed il vento sferzante videro schiantarsi sui cottage della costa un’ondata alta 12 metri, che distrusse tutto in pochi istanti. Quasi nulla rimase in piedi dopo il passaggio del ciclone e i sopravvissuti al disastro testimoniarono scene apocalittiche: case sollevate tutte intere dall’ondata o che esplodevano per la pressione dell’acqua e del vento (su 179 abitazioni lungo la costa solo 26 rimasero in piedi!), detriti ovunque, appezzamenti di terreno scomparsi e dune immense spuntate in punti prima occupati dall’Oceano. L’intera Long Island era diventata uno scenario irriconoscibile e desolato.A questo punto l’ondata della tempesta e l’uragano stesso s’abbatterono sul Connecticut e il Rhode Island, ma mentre il primo Stato godette del riparo offertole da Long Island, per il Rhode Island non ci fu scampo: un’ondata tremenda risalì la baia verso New London, inondando la città con 6 metri di acqua, mentre i venti ad oltre 200 km/h. abbattevano tutto quello che il mare aveva lasciato in piedi. Addirittura crollò un grosso faro alto 22 mt. e rinforzato da un’armatura d’acciaio, mentre massi frangiflutti pesanti 20 t furono scagliate roteando a 15 mt di distanza. Scene di devastazione e morte si ripeterono per ore in una vasta area tra New York e Boston, dove tutti i corsi d’acqua principali strariparono per le piogge torrenziali e dove intere foreste e fattorie furono rase al suolo. Ma anche le due metropoli non furono risparmiate dalla furia dell’uragano: a New York il vento toccò gli eccezionali 193 km/h. sulla punta dell’Empire State Building, mentre a Boston il vento soffiò ad un’intensità media di 150 km/h., con raffiche addirittura di 240 km/h.. Sul Mount Washington, nel New Hampshire, furono calcolate raffiche intorno ai 300 km/h..
Alle 22 del 21 settembre, 7 ore dopo l’impatto con Long Island, l’uragano deviò a nord-ovest dopo aver abbattuto migliaia e migliaia di alberi nel Vermont, sfogando le sue ultime energie sullo stato di New York. Il 22 settembre la tempesta era ormai arrivata a Montreal, nel Quebec, causando ancora ingenti danni nonostante il vento fosse calato verso gli 80 km/h.. Finalmente il ciclone si estinse sopra le fredde foreste canadesi, ma a quel punto, dopo solo poche ore, s’era lasciato dietro di sé era una scia di morte e distruzione inimmaginabili: le vittime furono almeno 600, i senzatetto 60.000 e i danni stimati a 330 milioni di dollari, una cifra enorme a quel tempo. Andarono distrutti 32.000 km di cavi elettrici e telefonici, mentre ettari ed ettari di raccolti e bestiame furono spazzati via per sempre. Gli alberi distrutti in tutto il New England furono almeno 250 milioni! E naturalmente la ricostruzione fu un’impresa titanica.
Se un evento del genere dovesse ripetersi oggi in quella parte del mondo, sicuramente i meteorologi non si lascerebbero cogliere alla sprovvista. Con le tecnologie odierne gli uragani che minacciano gli Stati Uniti sono seguiti passo passo dalla nascita alla morte e gli allarmi sarebbero immediati. Ma può essere fatta una considerazione più inquietante e meno rassicurante di questa: un ciclone del genere in un’area che è a tutti gli effetti diventata una megalopoli e che accoglie milioni e milioni di abitanti avrebbe effetti ben più devastanti di allora, soprattutto dal punto di vista economico, con ripercussioni che probabilmente si farebbero sentire a livello mondiale!
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