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martedì 30 aprile 2019

LA (DIS)UNIONE EUROPEA. PERFINO I SUOI CANTORI PIU’ ENTUSIASTI ORMAI VEDONO LA CRISI

LA (DIS)UNIONE EUROPEA. PERFINO I SUOI CANTORI PIU’ ENTUSIASTI ORMAI VEDONO LA CRISI

Antonio Socci
Sa Defenza
 



A un mese dalle elezioni europee il fanatismo UE si trova a fare i conti con un dramma imprevisto: sta sprofondando l’Unione Europea (da non confondersi con l’Europa, che è tutt’altra cosa). Le urne elettorali possono diventare funerarie.

A lungo ci hanno ripetuto che la Ue è il futuro. Ora scoprono, sbalorditi, che sta diventando il passato. Emblematici due editoriali, usciti ieri sulla Stampa”  e sul Sole 24 ore, firmati da due entusiasti cantori della Ue.

Maurizio Molinari, che della “Stampa” è anche direttore, fotografa “L’Europa nella morsa dei rivali”. Spiega che la Ue sta subendo un pesante attacco da un fronte interno e da un fronte esterno.  Il fronte interno è rappresentato dai soliti sovranisti cattivi i quali “cavalcano lo scontento della classe media”, dovuto alla crisi economica e ai migranti.  

Molinari non si chiede perché tutti individuano “nell’Unione Europea il responsabile di ogni male”, altrimenti dovrebbe riconoscere che proprio la politica economica di Maastricht e l’euro sono responsabili dell’impoverimento delle classi medie e del peggioramento della “performance economica” dei paesi Ue rispetto al resto dell’economia mondiale.

Poi l’editorialista spiega che c’è pure il fronte esterno: la Ue viene stritolata dall’accesa rivalità fra Cina Russia e Stati Uniti, un processo che sta mettendo “fine alla stagione della globalizzazione  iniziata con il crollo del Muro di Berlino”. Cosicché l’Unione Europea è “il protagonista più debole e vulnerabile di questo momento di veloce trasformazione storica”.

Molinari non dice che così, di fatto, stanno venendo meno tutte le basi geopolitiche della nascita della UE a Maastricht

Infatti l’artificiale follia tecnocratica di Maastricht fu resa possibile nel 1992   dall’appoggio degli Stati Uniti che lanciavano la grande globalizzazione (che doveva trasformare il mondo in un unico mercato), dal disfacimento dell’Urss (con la neonata Federazione russa che arrancava per non annegare) e dalla Cina ammessa nel commercio mondiale perché vista come straordinaria fornace di prodotti a basso costo e domani come grande mercato.

Oggi lo scenario geopolitico è capovolto. La presidenza Trump è contro la UE e fa la guerra dei dazi specie alla Germania per il suo gigantesco surplus nelle esportazioni (come pure alla Cina); la Russia  con Putin è tornata ad essere una forte protagonista e la Cina non è più un paese sottosviluppato da “sfruttare”, ma una gigantesca potenza che è lanciata alla conquista del mondo.

Infine l’asse franco-tedesco su cui era costruita la Ue si è dissolto per le colossali difficoltà interne di Macron, che non riesce più a tenere un Paese in rivolta sociale, e per il progressivo ripiegamento nazionalista della Germania.

Su questa svolta tedesca ieri rifletteva, desolato, l’altro cantore della UE, Sergio Fabbrini. Il quale, sul Sole 24 ore ha elencato una serie di clamorosi gesti della Cdu e della Merkel  (schiaffi alla Francia – a proposito del suo seggio permanente al Consiglio di sicurezza Onu – e mano tesa ai britannici sulla Brexit e a Orban nel Ppe) i quali fanno sospettare che “la Germania abbia smarrito la propria vocazione europeista.

Fabbrini ritiene che non sia possibile una radicale svolta sovranista, perché – parole sue – “la Germania continua ad essere il Paese che ha più beneficiato della moneta unica, che ha più massimizzato i vantaggi dei mercati aperti”.

Ma questo è stato vero fino ad oggi e Fabbrini non considera il presente: le gravi crepe dell’economia tedesca che si evidenziano negli ultimi brutti dati sulla produzione industriale e ancor più nella situazione drammatica del settore bancario tedesco (Nicola Porro) che pure era stato trattato con i guanti di velluto (a differenza di quello italiano).

Dunque, mentre Robert Kagan prospetta un nuovo nazionalismo tedesco, volano gli stracci tra Parigi e Berlino. 

Maurizio Ferrera, nell’editoriale del Corriere della sera di ieri, c’informa che Macron “ha lanciato alcune pesanti accuse alla Germania: risponde sempre di no, eppure è il Paese che ha tratto maggiori vantaggi dall’euro. E, soprattutto,  persegue un modello di crescita che è ormai chiaramente contrario all’interesse europeo”.

Così l’UE tecnocratica di Maastricht è in frantumi. Cosa resta? Resterebbe l’Europa delle cattedrali, la vera Europa millenaria, ma, come ha scritto Ernesto Galli della Loggia venerdì sul “Corriere”, è proprio quell’Europa delle identità e delle radici cristiane che le tecnocrazie della Ue hanno rinnegato.

A ritrovare e ricostruire quell’Europa dei popoli potrebbero essere proprio i cattivi sovranisti. Infatti, diversamente da quanto scrive Molinari, il sovranismo  (almeno quello italiano) non vuole affatto “smantellare l’edificio dei Trattati di Roma (che nel 1957 istituirono la Comunità economica europea), ma semmai smontare il Trattato di Maastricht del 1992, quello a cui si deve l’euro e l’affossamento economico dei paesi europei (a cominciare dall’Italia). Si tratta insomma di tornare alla vera Europa.

Antonio Socci

Da “Libero”, 29 aprile 2019

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