Antonio Socci
A maggio ci furono polemiche per le anticipazioni di alcune dichiarazioni fatte da Benedetto XVI a Peter Seewald e pubblicate nella sua biografia che stava per uscire in Germania. Adesso quest’opera è tradotta in Italia col titolo “Benedetto XVI. Una vita” (Garzanti), dunque si ha la possibilità di comprendere meglio le parole del papa. La domanda cruciale di Seewald a Ratzinger è questa: “Una frase della sua prima omelia come pontefice è rimasta particolarmente impressa nella memoria: ‘Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi’. Aveva forse previsto quello che la aspettava?”. Il papa risponde che non c’era l’allusione ai problemi del Vaticano (tipo Vatileaks), come molti hanno pensato. “La vera minaccia per la Chiesa, e quindi per il servizio petrino” spiega Benedetto XVI “non viene da questo genere di episodi: viene invece dalla dittatura universale di ideologie apparentemente umanistiche, contraddire le quali comporta l’esclusione dal consenso di base della società. Cento anni fa chiunque avrebbe ritenuto assurdo parlare di matrimonio omosessuale. Oggi coloro che vi si oppongono sono socialmente scomunicati. Lo stesso vale per l’aborto e la produzione di esseri umani in laboratorio. La società moderna intende formulare un credo anticristiano: chi lo contesta viene punito con la scomunica sociale. Avere paura di questo potere spirituale dell’Anticristo è fin troppo naturale e occorre davvero che le preghiere di intere diocesi e della Chiesa mondiale vengano in soccorso per resistervi”. I media hanno semplificato tutto in modo superficiale scatenando la polemica su quegli esempi. Ma non è lì il centro del ragionamento di Benedetto XVI, che ha ben altro respiro. Egli parla della “minaccia”rappresentata “dalla dittatura universale di ideologie apparentemente umanistiche”. Qui è il punto. Che un uomo di grande cultura, di profonda spiritualità e di riconosciuta autorevolezza, parli della “minaccia” di una “dittatura universale” non può lasciare indifferenti. Si può obiettare, ma questo tema è emerso pure nel dibattito pubblico. Anche intellettuali laici si sono mostrati preoccupati per l’evidente imporsi di un “pensiero unico” e addirittura “Micromega” ha puntato l’indice contro “la nuova stagione di eccessi che l’ideologia del politically correct sta vivendo e che ha condotto alla riscoperta ‘progressista’ della censura”. Non solo. Autorevoli pensatori – come Giorgio Agamben – in questi mesi hanno lanciato l’allarme per “lo stato d’eccezione” durante “l’emergenza sanitaria”, ma più in generale per la politica che diviene biopolitica. Pure un intellettuale laico (francese) lontano dal pensiero di Ratzinger, come Michel Onfray, ha pubblicato il libro “Teoria della dittatura”, dove addirittura vede all’orizzonte “un nuovo tipo di totalitarismo”. Dunque il tema esiste. Ratzinger parla della “dittatura di ideologie apparentemente umanistiche” e aggiunge che “la società moderna intende formulare un credo anticristiano” e che “avere paura di questo potere spirituale dell’Anticristo è fin troppo naturale”. Qui la riflessione di Benedetto XVI incontra – per esempio – il pensiero di uno dei più grandi filosofi del nostro tempo: René Girard. Il quale, in effetti, usa le stesse categorie di Ratzinger nel libro “Vedo Satana cadere come la folgore” (Adelphi) per riflettere sul presente. Anche lui intravede “il nuovo totalitarismo”. Girard spiega che il cristianesimo ha introdotto nel mondo la “pietà per le vittime”. C’è oggi un umanitarismo (Ratzinger parla di “ideologie apparentemente umanistiche”) che fa sua questa sensibilità, ma contro il cristianesimo: “il movimento anticristiano più forte è quello che fa sua e ‘radicalizza’ la preoccupazione verso le vittime per paganizzarla… Il nuovo totalitarismo si presenta come liberatore dell’umanità”. Anche Girard – come Ratzinger – chiama in causa la figura neotestamentaria dell’Anticristo, ovvero di colui che “imita sempre meglio Cristo e pretende di superarlo”. Tutto il Novecento è percorso da figure letterarie dell’Anticristo – da quello di Solovev a quello di Benson – come grande umanitario e filantropo, una “imitazione usurpatrice” del Redentore che ricorda l’affresco di Luca Signorelli. “L’Anticristo” scrive Girard “si vanta di recare agli uomini la pace e la tolleranza”, mentre “porta con sé l’effettivo ritorno a ogni sorta di abitudini pagane” (anche Girard, come Ratzinger, cita qui l’aborto e altre situazioni moderne). In pratica Girard condivide con Ratzinger l’allarme per una modernità anticristiana che entrambi non esitano ad accostare alla figura apocalittica dell’Anticristo. Considerazioni molto interessanti sull’Anticristo e la modernità sono state svolte anche da Mario Tronti e da Massimo Cacciari, in vari interventi e nel libro “Il potere che frena” (Adelphi). Sull’Anticristo ha scritto – da laico – pure Giorgio Agamben proprio in un libro dedicato alla rinuncia di Ratzinger: “Il mistero del male. Benedetto XVI e la fine dei tempi”. Appunto a questo libro fa riferimento un’altra domanda di Seewald al papa. Il biografo spiega che Agamben “si dice convinto del fatto che la vera ragione delle sue dimissioni (del pontefice, ndr) sia stata la volontà di risvegliare la coscienza escatologica. Nel piano divino della salvezza la Chiesa avrebbe anche la funzione di essere insieme ‘Chiesa di Cristo e Chiesa dell’Anticristo’. Le dimissioni sarebbero una prefigurazione della separazione tra ‘Babilonia’ e ‘Gerusalemme’ nella Chiesa”. Agamben faceva riferimento a un antico saggio di Ratzinger su Ticonio. Il papa emerito non risponde direttamente, ma ricorda con Agostino che “molti sono parte della Chiesa in modo solo apparente, mentre in realtà vivono contro di essa” mentre “al di fuori della Chiesa ci sono molti che – senza saperlo – appartengono profondamente al Signore e dunque anche al suo corpo, la Chiesa”. Poi aggiunge: “Sappiamo che nella storia ci sono momenti in cui la vittoria di Dio sulle forze del male è visibile in modo confortante e momenti in cui, invece, le forze del male oscurano tutto”. . Antonio Socci . Da “Libero”, 15 novembre 2020
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