Il calore della mia nazione
Sentire il tepore del contatto con i miei fratelli di lotta
Scottarmi le mani al fuoco della passione per la mia terra
Sollevarle, quelle mani, in cerca del vento dal profumo di mirto
Guardare negli occhi i miei fratelli, e capire che insieme resteremo sempre
Un giuramento da indomiti guerrieri shardana, guerrieri balentes
Libertà fino all'estremo sacrificio, fino alla morte
Callentori de Sardinnia
Callentori de fradis in gherra
Fogu me in manus pro sa terra mia
Manus a kelu, a circai fragu friscu de muta kastiendi is ogus de is fradis
Kumprendi ka adessi finas a sa fini
Juramentu de balentes shardana
Libertadi finas a sa moti
Mamma Sardinnia, kusta est promissa
Finas a sa moti, finas a sa libertadi .
Affrontiamo un argomento spinoso, le colonizzazioni.
Chi meglio del popolo sardo avrebbe voce in capitolo riguardo a questo argomento?
Ce ne sono si, i nostri fratelli corsi, armeni, curdi, tutto il popolo africano, quelli americani, e tanti altri.
Ma noi abbiamo una peculiarità.
Siamo stati sia colonizzatori che colonizzati.
Siamo stati colonizzatori culturali, ma questo non sempre è un male, se la colonizzazione è eseguita con discernimento.
Abbiamo insegnato l'arte di esprimersi con una lingua unica a tutti i popoli occidentali, o almeno abbiamo imposto certe allocuzioni, abbiamo insegnato l'arte della metallurgia, abbiamo insegnato, ahimè, anche l'arte della guerra, ma non ci risulta che, pur avendone le capacità, abbiamo imposto colonizzazioni invasive a nessun popolo.
Siamo stati ricambiati in maniera indegna.
I romani, che era un popolo nato dalle vestigia dell'antica civiltà sarda, hanno cercato di dominarci, ma solo in maniera molto parziale, sia in termini temporali, sia logistici.
Allora eravamo un popolo, non era facile assoggettarci.
E vennero i bizantini, con le loro religiosità fasulle, religiosità intese come distrazione di massa, plagio, allo stesso modo del tentativo, stavolta riuscito, da parte degli iberici.
Ma prima degli iberici, che sono venuti in possesso della Sardegna, per manovre subdole del papato, esisteva in terra sarda la culla del diritto, della democrazia, del vivere sereni.
Allora, pur con i dovuti e doverosi distinguo, potevamo dire che i sardi vivevano nel luogo più appetibile in quei tempi difficili, dall'isola partiva la luce che ha squarciato le tenebre medioevali, o almeno ci ha provato.
Gli spagnoli, con un miscuglio di croci e spade, hanno inciso profondamente sulla gente sarda.
Dominio feudale, che storicamente dovrebbe essere il peggiore.
Non peggiore però della subdola dominazione piemontese, la peggiore in assoluto, in termini reali.
Erano così grezzi, ma così ignoranti, e così poco intelligenti, che mi sembra strano che il popolo sardo non sia mai riuscito a liberarsi da tanta grettitudine.
Riuscirono persino ad eliminare, con la fusione perfetta, l'unico strumento che i sardi, o almeno le classi più abbienti, avevano, fin da tempi immemori, per dimostrare la valenza della nostra sardità in termini politici.
E poi venne la macroscopica truffa del regno d'italia, costituzione sanguinolenta che ancora grida allo scandalo.
La successiva pseudo repubblica italiana, non è stata da meno, in termini di incompetenza su temi di colonizzazioni, una repubblica che eleggeva a governanti i peggiori, i più malvagi.
Ma la colonizzazione italiana, essendo strumentale solo per impoverirci, per espropriare le nostre risorse materiali, non ha inciso più di tanto sotto il profilo culturale.
I primi segni purtroppo si notano nei tempi attuali.
Convincere un pastore o un contadino ad abbandonare la terra, e diventare operaio, non è stata una imposizione culturale, ma economica.
La vera, straordinaria, efficace, doppia, invasiva colonizzazione, la stiamo subendo ai giorni nostri, una colonizzazione subdola che utilizza oltre che mezzi di comunicazione massiva, anche vibrazioni spurie, messaggi subliminali, velature e graffi nel nostro cielo, accompagnate da messaggi elettrici e satellitari.
Una colonizzazione completa, massiva, che porta a dire a molti sardi di ritenersi italiani, di essere figli non della terra di Sardegna, ma della tecnologia e del consumismo.
Stiamo subendo una doppia colonizzazione, quella italica, meschina e relativamente pericolosa, e quella ben più massiccia delle fetenzìe e dei loro paradigmi.
Non vorremmo che i sardi abbiano percorso una strada di non ritorno, i condizionati mentali sono la maggioranza, non resta che affidarci alla competenza e al visionarismo di quei pochi intellettuali che circolano ancora, per fortuna, fuori dalla scatola che sta ingabbiando tutti i sardi.
Avranno la forza, l'intelligenza e il carisma, per condurre il gregge inscatolato del popolo sardo fuori dal recinto, dopo averlo devastato?
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