Cercherò di esprimere concetti, piuttosto che affermazioni più o meno condivise (della qual cosa esprimo il mio parere personalissimo, suscettibile di modifiche anche corpose).
Bene, premesso che la parola, "istruzione" non suscita in me particolari segni di benevolenza, perchè mi sembra una imposizione di idee, vado ad esprimere il mio parere.
Penso che allo stato attuale delle cose, la scuola, fin dai primi anni, sia indirizzata a plasmare il carattere degli alunni, e convogliare concetti verso obiettivi funzionali a una società che non sopporta particolarismi, e ciò non incontra i miei favori.
Immagino una scuola diversa da quella attuale, pur tenendo valide le classiche materie di insegnamento, i ragazzi dovrebbero si, avere presenti, che so, i processi storici che hanno generato avvenimenti, o trasformazioni geografiche generate da tali avvenimenti, ma le conclusioni a cui l'alunno deve arrivare devono essere valutate da se stesso e non imposte dall'insegnante.
Ci può arrivare in due maniere, o secondo la sua sensibilità, o seguendo ragionamenti collettivi con i suoi compagni e l'insegnante, che però non deve assolutamente indirizzare in alcun modo verso conclusioni di comodo, o convenzionali.
Stiamo parlando di un ambito che è sempre stato usata dal potere per inculcare concetti, per indirizzare.
Semplice, basta non fornire loro alcun supporto da seguire, ma costringerli ad informarsi autonomamente in un ambito dove acquisire informazioni è la cosa più semplice che esiste, diverse fonti di informazione consentiranno loro più di un confronto, sperando che le conclusioni siano abbastanza condivise.
I libri di testo sono scritti per indirizzare, e se ciò non fosse, riportano comunque il pensiero di chi li ha scritti.
Se invece si parla di matematica, allora il discorso si fa più complesso, perchè soggetto a regole fisse, ma in quella materia l'insegnante dovrebbe favorire processi logici, e arrivare a conclusioni partecipate con gli alunni.
Mai imporre niente, nessuna forzatura, nemmeno in questa materia che sembrerebbe "ingessata", gli alunni dovrebbero arrivare alle soluzioni ragionando sia autonomamente che possibilmente in maniera collettiva.
Per arrivare a conclusioni logiche, non è indispensabile conoscere regole fisse a memoria, quelle si potrebbero trovare in appositi prontuari, mentre invece è indispensabile innescare tali processi, con attività di assemblamento di numeri e formule, per esempio, con attività o giochi che abbiano bisogno di elaborazioni mentali per essere risolti.
Mi viene spontaneo pensare, dato che sono istruttore federale, che un gioco funzionale a sviluppare questi processi possa essere il gioco degli scacchi, ma ne esistono tanti altri.
Particolare importanza darei alla conoscenza delle scienze, anche in questo caso, le conclusioni dovrebbero scaturire da ragionamenti, dopo che sono state illustrate le regole generali di processi naturali, fatto questo processo nozionistico, l'insegnamento non dovrebbe essere distribuire certezze, ma invogliare l'alunno a confrontarsi con i compagni e l'insegnante per trovare insieme le giuste conclusioni.
Nelle materie scientifiche dovrebbe essere prediletta la logica, piuttosto che l'acquisizione di regole predeterminate, certo, questo inizialmente porterà sicuramente ad allungare i tempi, ma è fondamentale che tutto quello che può essere raggiunto con la logica, non venga raggiunto in altre maniere.
Non mancherà il tempo, dato che questi metodi dovrebbero essere fortemente rilassanti in quanto partecipativi, e l'attenzione dei ragazzi potrà non subire cali in quanto i dati che dovranno immagazzinare saranno enormemente ridotti se raffrontati alle prassi scolastiche attuali.
Mi sembra intuitivo che, secondo questa visione, la scuola si debba intendere a tempo pieno, fisicamente come una comunità, e mentalmente come un laboratorio di idee e confronti.
Confronti intellettuali tra i partecipanti come se si stesse assistendo ad un convegno dove chiunque abbia libertà di parola.
L'acquisizione di concetti non deve avvenire tramite i discorsi degli insegnanti, insegnamenti spesso noiosi, ma attraverso confronti tra i partecipati.
Materie di insegnamento che sviluppano capacità spesso nascoste, devono essere, se non predilette, almeno presenti, mi riferisco a tematiche tipo umanesimo, filosofia adeguata certo all'età, acquisizione di concetti e comportamenti psicologici, e conoscenza di tecniche che migliorano potenzialità mentali e fisiche.
Sappiamo benissimo che l'umanità ha subito per millenni imposizioni tendenti ad innescare processi riduttivi soprattutto in materia mentale, ecco, la scuola del futuro, dovrebbe favorire l'ampliamento delle innegabili potenzialità soprattutto del cervello infantile, che notoriamente è nelle migliori condizioni di apprendere.
L'insegnamento della lingua sarda.
Essa deve essere messa in relazione alla storia della nostra isola, agli usi, abitudini e costumi della Sardegna, alle grandi potenzialità della nostra archeologia, che non sarebbe male fosse materia di insegnamento diffusa e presente in più di un contesto.
Bene, qui dovremo trattare un argomento abbastanza scabroso, in quanto la codificazione delle nostre lingue ufficiali è ancora in fase di acquisizione, e la loro eventuale omologazione (sperando che tale omologazione sia scevra da impostazioni mondialiste) e il tentativo ambiguo di dare regole comuni, è tuttora in fase di analisi.
Sarebbe bene comunque che certi vocaboli fossero comprensibili dalla totalità dei sardi, ma questo non è compito della scuola, ma di linguisti e glottologi.
Dato che aspiriamo ad una nostra lingua ufficiale, per ora dovremmo insegnare tutte le due varianti principali, non scordando il fatto che in antichità la lingua sarda era "esportata" dai viaggiatori shardana, della qual cosa si potrebbero trovare intersecazioni con altre lingue occidentali, con l'obiettivo dichiarato di dimostrare che dalla lingua sarda e dalla cultura shardana è nata la civiltà occidentale.
E qui si apre un frattale, meglio la lingua sardo-sumerica-accadica di seimila anni fa dalla quale sono nate tutte le lingue occidentali, o la lingua sarda comune parlata e scritta in epoca giudicale?
Da qui si evince che ai sardi non mancano le lingue comuni nazionali, e qualunque tentativo regionale di istituire la LSC (lingua sarda comune) è una operazione mondialista che alla lunga distruggerà quel patrimonio linguistico durato almeno settemila anni.
Parlerò di altre materie in seguito, ben sapendo anche che quelle finora trattate sono suscettibili di integrazioni e modifiche, ampliamenti e puntualizzazioni, mi preme ora cercare di rendere evidente il mio pensiero, nel caso non ci sia riuscito finora.
Allora, inizio dicendo che l'alunno non deve sentire alcun peso nel frequentare la scuola, anzi dovrebbe essere invogliato a parteciparvi come, direi, un istruttivo gioco, in cui abbia piacere di esprimere tutti i suoi particolarismi, le sue caratteristiche, evidenziare le sue peculiarità, le sue predisposizioni, informarsi autonomamente dai compagni, e confrontarsi con essi, in uno sforzo che consenta a ciascuno di essi di essere parte della società (o classe che dir si voglia), non essere inglobato in quel meschino giuoco tanto osannato dall'insegnamento attuale che vorrebbe classi livellate al ribasso.
Se un ragazzo avesse delle particolari predisposizioni, in qualsivoglia materia, dovrebbe essere messo nelle condizioni di sviluppare le sue eccellenze, la democrazia livellata senza picchi di genialità è una aberrazione e non dovrebbe essere favorita.
La conformazione massiva degli alunni, riteniamo che sia deleteria in generale per tutti.
Non vorrei dare l'impressione di vedere la scuola come una istituzione elitaria, tutti indistintamente devono progredire, ma non siamo tutti uguali, e chi eccelle in una materia, probabilmente ha carenze in un'altra, ma tutti, insegnanti e alunni devono imparare che se il tuo compagno migliora, ciò è un bene anche per te.
Incentivare uno sforzo comune che invogli chi predilige una materia, ad essere utile agli altri, formando così una società futura che metta in risalto le capacità di appartenere alla società, a capire che la condivisione è un valore.
Abbandonare egoismi e mettersi a disposizione degli altri, imparerà col tempo che quello che ha dato gli verrà reso in seguito.
E i buoni esempi che così poterebbero svilupparsi, diventare come una regola di vivere civile, in fondo l'umanità ha progredito perchè capace di comunicare, assorbire, donare e ricevere.
Non vorrei scrivere di modelli pre esistenti, noi sardi abbiamo nei nostri geni il dono della pre veggenza, dell'intuito, del raziocinio che deriva dalla società matriarcale esemplare, e non vedo perchè dalla terra di Sardegna, non possa sorgere un modello nuovo di scuola applicabile in tutto il mondo.
Penso che anche a voi sia capitato di dover risolvere una situazione complicata, apparentemente senza vie di uscite, e per giorni non riuscite a trovare soluzioni, poi, all’improvviso, una mattina, la strada si presenta sgombra, percorribile in tutta sicurezza.
Abbiamo ricevuto una folgorazione mentale, si è concretizzata in un attimo la soluzione, e non riusciamo a capire se sia stata generata da un ragionamento oppure sia apparsa spontaneamente.
A molti capita così, ragionano meglio appena alzati, la mente è predisposta a fornire sia soluzioni che intuizioni.
Un motivo per tutto questo deve pur esistere, il sonno ci ha liberato dalle scorie della giornata precedente, ci ha sciolto dalle convenzioni sociali, pronte però, purtroppo, a materializzarsi di nuovo nel corso della giornata.
Così è un bimbo, equiparabile ad un adulto appena alzato, riposato nello spirito e nel fisico, e pronto ad affrontare una nuova giornata, un bimbo al quale non sono state fornite ancora istruzioni, codici o imposizioni, egli ragiona in maniera autonoma, secondo la sua personalità iniziale che gli è stata fornita da madre natura.
La scuola italica, e la scuola in generale, ha una sola funzione, e non è quella di insegnare la storia o la geografia, la sua funzione è quella di conformare le persone, in modo da creare una popolazione che si inserisca senza problemi nel circuito produttivo e sociale che loro hanno pianificato.
Loro non vogliono problemi, vorrebbero un esercito di individui spersonalizzati, intruppati e obbedienti.
E così, fin dai primissimi anni di vita scolastica di un bimbo, è tutto un continuo livellare personalità, conformare, fornire soluzioni e concetti, inculcare nozioni e comportamenti che non disturbino il normale scorrere della prossima appartenenza alla vita sociale e lavorativa.
Un fornire codici, paletti e formare recinti mentali duraturi.
Dal punto di vista dell’organizzazione lavorativa ciò è un bene, è come formare un esercito di laboriose formichine che non hanno altro scopo nella vita che costruire e realizzare.
Ma l’essere umano non è una formica, e lo scopo della sua vita non è il lavoro, lo scopo della sua vita non è lo stipendio, o il profitto, essi sono dei mezzi, ma non sono il fine ultimo della nostra esistenza.
Ci hanno fatto credere che siamo al mondo per costruire, ma non è vero, siamo al mondo semplicemente per spendere la nostra esistenza alla ricerca della felicità, della gioia, per il piacere di mettere al mondo la continuazione di noi stessi.
Mettere al mondo non vuol dire indirizzare, non vuol dire educare, non vuol dire istruire, e nemmeno insegnare o formare, mettere al mondo vuol dire trasmettere al proprio figlio, tramite l'esempio, la consapevolezza che la vita va vissuta con onore.
Mettere al mondo significa lasciar libero nostro figlio di esprimere la sua personalità, nostro figlio non è né di noi genitori, né tanto meno della nazione di cui fa parte, è se stesso e basta.
Non è l’emanazione di niente e di nessuno.
Il ruolo dei genitori e della scuola non è fornire concetti e soluzioni, i quali devono essere la risultanza del libero pensiero di ciascun individuo, della sua sensibilità, tenendo ben presente che concettualmente non ci può essere nessuno al di sopra di lui, nessuno che lo indirizzi, nessuno che gli tracci strade o percorsi, in buona sostanza , nessuno che lo limiti.
So che la prossima affermazione che farò potrebbe non trovare il consenso di buona parte dei lettori, ma affermo con convinzione che il ragazzo non dovrebbe subire nessun tipo di condizionamento almeno fino ai dieci anni di età, fino ad allora dovrà solo giocare e scoprire, e imparare solo a leggere e scrivere e far di conto, niente altro, ciò è necessario e sufficiente, confrontarsi per esprimere appieno la sua personalità, la sua genialità, l’estro, lo spirito artistico e comunicativo, l’arte di stare al mondo come individuo sovrano, e non come semplice cittadino utile allo stato, ma non rispettato, un popolo non è sovrano se i suoi componenti sono dei soggetti costruiti ad hoc, per i bisogni della società, ciascuno di noi deve porsi al di sopra dello stato, e lo stato deve unicamente servire e organizzare la collettività, ma non può intervenire sulla libertà espressiva di nessun individuo, non siamo nati per essere sudditi, e nemmeno per ragionare con le possibili teorie imposte dal sistema.
E concludo dicendo che le classiche materie oggi insegnate, non sono assolutamente importanti quanto due materie che non esistono nella quasi totalità delle scuole, due discipline che ritengo sia indispensabile istituire, due materie che anche della vita sociale e politica sono completamente latitanti: la logica e il raziocinio.
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