IL GRAFOLOGO romanzo di Mariano Abis, sesta parte
Un giorno mi trovo a casa sua, lui mi mette in mano gli scritti delle due persone di cui desideravo analizzarne la grafia. La scrittura del mio conterraneo non contiene, secondo me, particolari segni negativi, e la giudico positivamente sotto tutti gli aspetti. Non è né disarmonica, e nemmeno contorta, con qualche variazione di calibro, abbastanza orizzontaleggiante, e dimostra di dare molta importanza alla passione quando si imbarca su argomenti e azioni prossimi a venire. Denota una certa dose di ottimismo e progressività verso il futuro. Noto dalla scrittura, che caratterialmente possiede un forte decisionismo, e che le sue scelte sono estremamente ponderate, ma che una volta decise, non andrà mai contro il suo pensiero, e sarà suo intendimento portarle avanti con forza, incurante di ogni pericolo, una persona tosta, insomma, che rispecchia il carattere diffuso delle sue origini. Non esistono, però, elementi troppo accentuati che mi facciano pensare ad una tendenza ad essere particolarmente sovversivo, piuttosto denota senso di equilibrio, intelligenza e assertività.
Una sera, siamo usciti insieme, dopo che Lupo è venuto a trovarmi, mi dice che avrebbe voluto trascorrere tutta la serata con me, ha da dirmi qualcosa di importante, ma non affronta l’argomento in modo diretto, parla di se stesso, delle sue aspirazioni, del mondo in cui avrebbe voluto vivere, del significato che ciascuno di noi dovrebbe dare alla sua esistenza, della sua "appartenenza" all’anarchia, e del compito che avrebbe dovuto svolgere a breve. Ma non mi parla in dettaglio delle sue prossime mosse, solo di aspetti esistenziali, il che mi mette ancora di più in apprensione, sospetto che abbia in mente di compiere qualche azione eclatante, lui mi dice che c’è la possibilità che questa sia l’ultima volta che possiamo parlare assieme. Parla solo lui, è come che non gli basti il tempo per comunicarmi tutto quello che ha da dirmi. Mi lascia la chiave della sua casa, e mi dice che posso disporre liberamente di tutto il materiale cartaceo che ha accumulato, inoltre mi indica una pianella mobile sotto il suo letto, e mi dice che, dato che ci perderemo di vista, quello è il posto nascosto per eventuali comunicazioni. Mi preoccupo, e quando chiedo spiegazioni più dettagliate, mi dice che se non ci saremmo più visti, avrei capito in seguito cosa gli fosse successo, ho in me la netta convinzione che abbia già deciso un attentato.
Il giorno dopo sparisce dalla circolazione, dopo la scuola non mi riposo nemmeno, devo rincontrarlo e obbligarlo a dirmi quali siano le sue intenzioni, lo cerco dappertutto, nessuno l’ha visto, come al solito quando sono io a cercarlo, lui si eclissa, e quando mi rassegno e sospendo le ricerche, mi avvicino un attimo a casa di Dalida e chiedo al padre se l’abbia visto, e finalmente ho sue notizie: è partito col treno verso ovest, in compagnia di tre amici. Penso che non rivedrò più una persona che mi invogliava a ragionare senza essere influenzato da luoghi comuni, un cervello libero di spaziare indisturbato, uno che è riuscito a liberarsi dai ciarpami inutili che il sentire comune impone, una persona che ha costruito la sua personalità culturale senza debiti verso nessuno, tanto meno verso il tipo di società che rifugge, e non ultimo il fatto di essere riuscito a coniugare il suo anarchismo con le avanzate concezioni socialiste espresse soprattutto dal mio conterraneo giornalista. Una persona, che al solo starle a contatto, mi arricchisce. Mi stupisco come mi condizioni il pensiero di non poterlo vedere più, ormai la sua presenza mi era necessaria, e il cammino che stavo intraprendendo verso una diversa visione della vita dovrà essere interrotto, o subire rallentamenti. Mi sento all’improvviso più povero sotto molti aspetti della mia personalità.
I giorni successivi la mia ragazza mi chiede spesso come mai sia scostante con lei, trova che abbia al suo fianco una persona diversa, e mi rendo perfettamente conto che ha ragione. Gli ultimi avvenimenti mi hanno turbato, e la mia vita, che fino ad allora si era sviluppata in beata armonia, ora mi chiede di pensare a mille congetture, mi fanno vedere il mondo con altri occhi, in politica sto cambiato posizione, e non so che atteggiamenti adottare persino verso i miei alunni. Non potrò certo più assecondare un sistema di potere che si indirizza sempre più verso la negazione di diritti personali, e i miei punti fermi sui più svariati argomenti necessitano di una revisione. Il centralismo sempre più esasperato mi convince sempre meno, e provo a immaginare a quali obiettivi miri il governo.
I miei rapporti con Dalida diventano sempre più problematici, e questo unicamente per colpa mia, fino a quando, un giorno, al mio rientro dalla scuola, vedo in attesa a fianco della porta della mia camera due personaggi dall’aria non proprio rassicurante, vestiti entrambi con un cappotto scuro, bavero sollevato, sciarpa leggera che copre il mento, grandi occhiali scuri e un cappello calato sui visi, posso immaginare la massiccia corporatura di entrambi, ma non quali siano i tratti dei loro visi. Apro la porta della camera, loro mi seguono a ruota come se fosse un loro diritto entrare, ma senza proferire una parola; una volta entrati, mi dicono che devo seguirli, tra me penso che siano qui per via della mia amicizia con Lupo, loro mi dicono che conoscono tutto di me, e che avrei dovuto seguirli fino a roma. Obietto che a fermo ho due realtà che non posso abbandonare, l’insegnamento, e la mia donna. Mi dicono che per l’insegnamento hanno già provveduto per la mia sostituzione, e la mia ragazza avrebbe ricevuto notizie in seguito. Ho necessità di verificare il loro reale motivo per cui sono qui, e cerco di carpire loro qualche notizia, tra me penso che la cosa più probabile è per via della mia amicizia con Lupo, ma non mi devo scomporre, chissà se la loro gestualità mi potrà dare delle indicazioni. Come se mi avessero letto nel pensiero, mi dicono che sanno tutto della mia amicizia con un anarchico, ma anche della mia lealtà verso il governo, e che il motivo della loro visita è un altro, ma che non spetta a loro addentrarsi nei particolari, o fornirmi spiegazioni. Se pure non ho scoperto ancora il motivo della loro intrusione, mi sento sollevato dalla notizia che la loro visita non ha alcuna relazione con Lupo, e comunico loro che assolutamente non avrei abbandonato le marche. Come se avessi parlato al vento, uno di loro prepara un paio di valige e le riempie delle mie cose, alla rinfusa, l’altro mi dice che ho da eseguire un compito molto importante per la nazione, e che non mi sarei pentito a seguirli senza opporre resistenza.
Le prepotenze non mi sono mai andate a genio, e mi ribello, cercando di svuotare le valigie, loro, che fino ad allora hanno cercato di risolvere la questione in modo pacifico, ora adottano le maniere forti, e mi bloccano, uno di loro mi mostra un paio di manette, e mi avverte che d’ora in poi non avrei dovuto opporre resistenza, perché loro sono qui in veste di delegati di un non meglio specificato ministero.
“Se volete che vi segua senza opporre resistenza, devo sapere cosa andrei a fare a roma!”
“Devi assolvere ad un compito di grande importanza per la nazione, sarai molto ben retribuito, avrai tutte le comodità che desideri, ma nessuno deve sapere, né ora, né mai, di questo tuo incarico”.
Hanno un modo che definirei professionale nel pur discutibile comportamento, escludo che siano degli squadristi di basso livello, non mi danno l’impressione di appartenere ai fasci di combattimento, sono sicuramente delegati da qualche istituzione governativa, forse una specie di agenti segreti, o qualcosa di molto simile. In ogni caso i loro atteggiamenti sono autorevoli, come se per loro sequestrare una persona sia ordinaria amministrazione, e adottano comportamenti blandi, ma decisi, probabilmente sparirò da fermo, e tutti crederanno che sia sprofondato nel nulla. Che abbiano un non so che di segreto è evidente da come sono conciati, e soprattutto dai modi di fare, se fossi stato costretto in seguito a identificarli non avrei potuto dare alcun ragguaglio. Protesto il mio diritto di sapere almeno i loro nomi e vedere qualche tesserino che li identifichi, ma ricevo in cambio un sorriso sarcastico da parte di uno di loro. Realizzo che sarebbe inutile contrastarli, se gridassi mi tratterebbero sicuramente male e mi ridurrebbero all’impotenza, decido di seguirli senza opporre resistenza, due minuti dopo sono a bordo di una macchina, loro sistemano le mie valige nel baule, e mi fanno accomodare “gentilmente” a fianco del guidatore, si sono addirittura scomodati in tre per venirmi a prendere!
“Vi paga bene lo stato per dar fastidio alla gente?”
“Si, grazie, abbiamo un ottimo stipendio”.
“Appartenete a qualche organizzazione militare segreta?”
“Apparteniamo allo stato, dove c’è bisogno del nostro intervento, qualsiasi esso sia, noi siamo pronti”.
“E cosa c’entro io con il vostro lavoro?”
“Nulla, una volta che arrivi a roma per noi è come che tu non sia mai esistito, niente di personale, amico”.
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