IL GRAFOLOGO Romanzo di Mariano Abis Diciasettesima parte
Cinque dei nostri uomini hanno riportato ferite rilevanti, e Lupo stesso ha una pallottola sulla gamba, cessa oggi la nostra collaborazione con i partigiani rossi, e tra i nostri nemici siamo costretti ad annoverare anche loro e la resistenza Slava. Accanto alla mia passione per la grafologia, che sfocerà nella pubblicazione di uno o più libri, troverà posto la esposizione di fatti avvenuti in questa terra di confine, sulle barbarie commesse dagli Slavi contro gli Italiani, e il mio tempo, dopo la guerra, se sopravviverò, sarà dedicato a raccogliere prove sulle incredibili aberrazioni che alcuni di loro hanno compiuto, pur con le dovute attenuanti generate dal comportamento del regime italiano durante il loro dominio sulle loro terre. Provo un senso di frustrazione che mi invoglia a considerare che l’umanità è capace di qualunque misfatto, inimmaginabile prima d’ora, certo è che le bestie non riusciranno mai a competere con il genere umano in fatto di azioni selvagge e vendicative. Improvvisamente mi viene da pensare che gente così fortemente ideologicizzata, potrebbe compiere azioni fortemente disonorevoli, e auto giustificarsi per assurdi crimini, come quello perpetrato ai danni di Lupo e dei suoi uomini. Mi viene da pensare che le ideologie, tutte le ideologie, sono state inventate per creare odio, per dividere, per plagiare, e per sottomettere. La permanenza in questa regione mi ha portato a vivere esperienze forti, accentuate dal fatto che si trova in una zona di confine tra le più problematiche, terra di grandi sacrifici e di odi immensi. Lupo mi chiede di accompagnarlo a casa dei suoi genitori, che sono ancora vivi, per contattare un suo amico medico per l’estrazione della pallottola, e per trascorrere il successivo periodo di convalescenza, le decisioni riguardo il nostro contingente verranno prese da Turbine, di cui Lupo apprezza la sua formazione militare e le sue capacità decisionali. La mattina successiva siamo in viaggio verso l’abitazione dei suoi genitori, in una casa ai sobborghi del paese di faedis, contatto il medico che lo ha visto crescere, dall’aspetto di un settantenne, ma con una capacità di intervento chirurgico invidiabile, dopo poco tempo Lupo può stringere tra le mani la pallottola che lo ha fatto soffrire finora.
Opera a faedis un contingente di partigiani che risponde agli ordini del mio amico, e quando ci incontriamo, apprendono le modalità che hanno portato al ferimento di Lupo, e ai morti dello scontro a fuoco con i rossi, restano interdetti, anche loro hanno collaborato in molte azioni militari, ma da questo momento assicurano che nessun accordo verrà stipulato tra loro, e che agiranno soprattutto per evidenziare la determinazione che in questa regione operano combattenti Italiani, e non solo comunisti o Slavi. Qualche giorno dopo ci informano che altri nostri partigiani sono morti in un bosco tra cividale e cormons, in zona di nostra competenza, ancora per mano di partigiani rossi.
La convalescenza dura molto tempo, ma Lupo pian piano riacquista la sua libertà di movimento, si dice combattuto tra la gioia di stare con i suoi genitori, trascurati per troppo tempo, e la necessità di rientrare in azione, e riprendere il comando della nostra formazione, ma per questo non è eccessivamente preoccupato perché ha lasciato le decisioni a una persona valida quanto lui stesso, dal quale riceve notizie quotidianamente, l’ultima carneficina di nostri uomini non è stata causata da ipotetiche sue negligenze, perché messa in atto in maniera vigliacca. Uno degli ultimi giorni di permanenza a faedis, sono dedicati ad una attività che Lupo compiva da ragazzino, le lunghe passeggiate verso il paese confinante di racchiuso, e le escursioni nei fittissimi boschi che sovrastano il paese; qui sembra che tutto sia a misura d’uomo, a contatto con una natura esuberante che invoglia a dimenticare le ultime vicissitudini, e le manifestazioni della pazzia umana quando decide di acquisire qualsiasi tipo di potere, messe in atto con una irrazionale, ma lucida determinazione, disonore che non si ferma davanti a nessuna atrocità. Durante la lunga passeggiata tra i fittissimi boschi, all’improvviso ci appare una estesa malga, Lupo mi indica il posto esatto in cui è cominciata la sparatoria che ha fatto una decina di vittime, e il suo ferimento, avvenuta proprio là, ha voluto rivedere il teatro del tradimento degli uomini che fino ad allora, erano ai suoi ordini.
E termina il lungo periodo di convalescenza, il saluto ai genitori è di quelli che non si dimenticano, alla compostezza malcelata del padre fa da contraltare l’intenso scoramento della vecchia madre, non paga della presenza di Lupo per così poco tempo. Anche il mio amico è visibilmente commosso; vedendo questa manifestazione di affetto tra Friulani, mi invoglia a pensare di quanto sia variegato il genere umano, un popolo, quello friulano, che tende a celare le sue emozioni, e dimostrarsi forte e freddo, ma che indubbiamente nasconde un’umanità inimmaginabile, pronta a manifestarsi solo se in preda a forti emozioni, un po’ come il mio stesso popolo. Quando rientriamo alla base di plessiva, il nostro contingente è considerevolmente più numeroso, nonostante i morti, sono tra noi molti partigiani che hanno fatto parte della brigata del natisone, ma che ne sono usciti frettolosamente dopo aver assistito, durante varie azioni compiute assieme ai partigiani Slavi, ad esecuzioni sommarie, e a vari omicidi compiuti nelle foibe e nelle cave di bauxite. Raccolgo decine e decine di testimonianze su queste barbarie. Mentre prendo appunti arriva Turbine, di ritorno da un pattugliamento, e con stupore vedo che il suo piccolo gruppo ha fatto dei prigionieri. Sono militari dell’esercito Italiano del nord, sorpresi ad avvicinarsi alle nostre postazioni, e fatti prigionieri senza che sia stato sparato un colpo, inizia così l’interrogatorio di Lupo e Turbine, mentre io continuo a raccogliere testimonianze sulla pulizia etnica così orrendamente perpetrata.
Quando, il giorno dopo, vedo i visi dei prigionieri, riconosco una persona che non mi sarei mai aspettato di incontrare, porta i gradi di capitano, è il comandante della piccola pattuglia, e risponde al nome di Rodolfo! Ci abbracciamo e chiedo notizie della sorella, e come mai un ufficiale nemico si sia spinto nel territorio controllato stabilmente da noi, e con un numero così esiguo di uomini. Le risposte arrivano immediatamente: Eleonora conduce una vita molto dissimile da quella a cui era sempre stata abituata, le sue uscite sono rare, e il fratello non sa se pensi ancora a me, fatto sta che la trova profondamente cambiata anche dal punto di vista caratteriale. Riguardo al fatto che si trovi in territorio ostile le sue spiegazioni sono esaustive per me, ma lui lamenta il fatto che né Turbine, né Lupo, abbiano creduto alla sua versione dei fatti. Mi spiega che è qui, rischiando la sua incolumità, per stabilire contatti con la resistenza di matrice non comunista; anche se formalmente belligerante con noi, l’esercito di cui fa parte, ha delle proposte da inoltrarci, e il discorso che voleva affrontare con noi è stato bruscamente annullato da Lupo, che dice di non credere ad una sola parola delle giustificazioni di Rodolfo. Con me può invece parlare tranquillamente, posso dedicargli tutto il tempo che desidera.
L’esercito del nord propone una tregua con i partigiani moderati, il loro impegno militare sarà rivolto unicamente contro i partigiani rossi e Slavi, in vista dei futuri assetti territoriali che si decideranno alla fine della guerra, ormai agli sgoccioli, a loro interessa almeno che la zona friulana sia destinata alla nostra nazione, e per ottenere ciò bisogna combattere contro chi ha interessi divergenti, almeno sotto questo aspetto, e con le dovute distinzioni, i nostri obiettivi coincidono. Mi ha convinto senza grandi sforzi sulla natura della sua missione, ma ritengo che Lupo non abbia intenzione di discutere una simile eventualità, quando riesco a metterli faccia a faccia, Rodolfo afferma che l’esercito a cui appartiene non ha intenzione di contrastare la resistenza moderata, e reagirà contro di noi solo se provocato, a me sembra una proposta sensata, a Lupo un po’ meno, dice che nell’improbabile caso che si decreti una tregua tacita tra noi, non potrà essere sancita nessuna pace formale. Per mio conto, affermo che mi sembra evidente che chi abbiamo di fronte, è venuto in veste di ambasciatore, e non sarebbe il caso di trattenerlo oltre, ma Lupo si dice contrario a quella eventualità, per il semplice fatto che quei militari conoscono ormai l’esatta ubicazione del nostro quartier generale, e non vuole mettere a rischio la sicurezza dei suoi uomini, e decide di trattenerli fino a quando troverà una soluzione equa o il quadro generale del conflitto renderà meno rischiosa la loro liberazione, decide di non limitare troppo la loro libertà personale, e il loro soggiorno da noi sarà scomodo, ma senza imprigionamenti, a patto che non abbandonino mai il posto.
I giorni successivi parlo spesso con il fratello di Eleonora, gli rivelo particolari della vita che sto conducendo, lui della decisione di credere ancora nel dittatore, e dei sui obiettivi attuali, che non annoverano più la possibilità di poter vincere la guerra, ma almeno di riservare alla nostra nazione quanti più territori possibili. Almeno in questo le nostre aspirazioni coincidono. E apprezzo, se pur in presenza di un avversario che fa parte di un esercito ostile, la persona di Rodolfo, perché spinto nella direzione che reputo sbagliata, da modi di pensare acquisiti dalla formazione culturale della sua famiglia. Anche i poveri soldati Germanici, costretti ad ubbidire al potere assolutamente dominante e prevaricatore di un dittatore, costretti spesso ad azioni indegne, hanno la mia comprensione, chi non approvo sono i capi dei vari eserciti e i loro superiori, i capi di stato che hanno deciso che in cambio di misera terra, hanno ucciso, loro si, anche se non materialmente, milioni di esseri umani. E non approvo nessuno di loro, né i probabili sconfitti, né i futuri vincitori, la storia verrà scritta da chi dominerà, ma chi più mi fa rabbrividire per il comportamento scellerato sono i mandanti delle pulizie etniche, e quelli che con comportamenti derivati da insulse ideologie, le hanno in qualche modo rese giustificabili, ma non esiste giustificazione di atti che definire bestiali fa torto al genere degli animali, che mai si sognerebbe di adottare pratiche così aberranti.
E non giustifico nemmeno chi, da comandante, materialmente le ha messe in atto, o ha imposto che venissero eseguite, chi riceve ordini rivoltanti ha il dovere di rifiutarli, anche a costo della sua stessa vita. E l’assurda decisione di eliminare partigiani moderati, loro alleati, tradirli fino alle estreme conseguenze, fa disonore al genere umano, aggravate dal fatto che siamo in presenza di azioni concordate e non spontanee. Continua la nostra azione unicamente rivolta contro le truppe Tedesche, che si ostinano a voler controllare questa parte di territorio, ambito da tutti, ma soprattutto da loro, perché offre un naturale sbocco al mar adriatico, strategicamente per loro indispensabile. Ma alla fine, in primavera, il territorio è liberato dalla loro presenza, siamo tutti sollevati dagli avvenimenti favorevoli che si sviluppano in tutta italia, con mia grande gioia Lupo libera Rodolfo, gli dico che appena possibile andrò a roma a far visita alla sua famiglia.
Il dittatore Italiano è stato ucciso, l’esercito del dittatore Tedesco annientato, lui fino a prova contraria morto, ora si dovrà pensare alla ricostruzione di un intero continente martoriato da questa guerra assurda, al benessere da garantire ai sopravvissuti, in parziale restituzione alle immense sofferenze che hanno dovuto affrontare, si respira comunque un’aria di moderata fiducia per il futuro, la storia insegna che da immani disgrazie nasce spesso un riscatto umano sotto molti punti di vista, tra cui quello economico e quello morale, consapevoli tutti che una simile tragedia non si dovrà mai più ripetere, e fare in modo che le nuove generazioni capiscano che guerre e invasioni non porteranno mai nulla di positivo a nessuno, né agli oppressi, né ai loro aguzzini. Anche se ancora operativo, nonostante la fine del conflitto, anche il nostro gruppo, ormai ridimensionato da scelte orientate a godere finalmente del calore delle famiglie di origine, o da quel che ne resta, si sente sollevato da impegni pressanti, e ci ritroviamo, io Lupo e Turbine, a passeggiare per le strade di Gorizia, parliamo della necessità di far chiarezza sulle uccisioni dei nostri compagni da parte dei partigiani rossi, di consegnare alla storia quell'aberrante tradimento, si parla del fatto che dovranno essere istituiti tribunali per far luce sugli innumerevoli avvenimenti che la guerra ha comportato, prime tra tutte accertare chi siano i mandanti e gli esecutori delle assurde pulizie etniche.
Parliamo dell’argomento più dibattuto, quello che decreterà i futuri assetti territoriali, come se sia più importante a quale stato assegnare territori contesi, che lavorare al benessere delle persone; il territorio è momentaneamente sotto il controllo delle milizie Jugoslave, ma anche loro dovranno lasciare queste terre, perché indiscutibilmente italiane. La loro azione è volta a far apparire che questi territori appartengono alla loro gente, e sappiamo che quando sono obbligati ad esporre una bandiera italiana, lo fanno, ma sul suo settore bianco spicca in maniera troppo evidente una grande stella rossa, come per evidenziare che seppure questa regione sia stata liberata, oltre che da loro, anche da Italiani, ma da Italiani di sicura fede comunista. E per dare ancora più risalto al fatto che queste terre apparterranno a loro, impongono alle popolazioni di spostare indietro di un’ora gli orologi, e adeguarli all’ora di belgrado.
Parliamo di come indirizzare le nostre vite future, Lupo desidera tornare a faedis e far compagnia ai suoi genitori, nel caso in cui questi territori verranno assegnati all’italia, altrimenti li porterà altrove, si impegnerà a far luce sui responsabili delle uccisioni dei suoi compagni, e sull’accertamento dell’identità dei veri mandanti, questo fino ad aver completa giustizia. Romano non vede l’ora di rientrare a roma, far parte ancora dell’esercito Italiano, e riprendere i rapporti con la sua Rita. Dal canto mio, scemata, ma non del tutto assopita la mia passione per la grafologia, intendo pubblicare dei libri sull’argomento, ma ciò che mi preme maggiormente è documentarmi ancora sul fenomeno delle foibe, e rendere pubbliche le testimonianze acquisite, e naturalmente ristabilire i rapporti con Eleonora, e viaggiare in mare verso ovest, per riabbracciare la mia famiglia, che mi sembra un secolo che non vedo, e recarmi a far visita alla famiglia del mio compagno di serdiana, ucciso dai partigiani rossi.
Cala la notte, e quando decidiamo di rientrare a plessiva, siamo circondati da una ventina di partigiani Slavi, la loro azione è fulminea e non ci lascia il tempo di mettere mano alle nostre pistole, uniche armi a disposizione, malmenati, disarmati, ingiuriati e condotti in un grande capannone, a far compagnia a un rilevantissimo numero di prigionieri Italiani, ammassati verso un angolo del locale, alcuni feriti, e sotto minaccia dei mitra di una decina di soldati. Sono presenti anche alcune decine di donne, in un gruppo separato, in uno stato pietoso, sicuramente seviziate e forse stuprate. E le voci e le implorazioni che saltuariamente escono dalle loro bocche, non sono solamente italiane, ma sentiamo anche lamenti in lingua Slovena. Cosa vogliano da noi e da quella moltitudine di persone non ci è dato di sapere per tutta la notte, noi tre siamo costretti a far compagnia ad una quindicina di nostri connazionali, precedentemente pesantemente malmenati, in un altro angolo del locale. La guerra non è dunque finita per noi, forse ci aspetta la parte peggiore di essa. Quando qualcuno del nostro gruppo, vinto dalla stanchezza e dai pestaggi, tenta di sedersi o coricarsi sul pavimento, viene pesantemente bastonato, e costretto a rialzarsi.
Trascorriamo tutta la notte nel terrore di ciò che potrebbe accadere, e alla fine, in mattinata inoltrata, caricano il nostro, piccolo gruppo, su un camion, e, bendati, percorriamo una strada sicuramente di montagna, per più di un’ora. Una volta che ci levano le bende, ci ritroviamo in un posto roccioso deserto, l’aspetto sembrerebbe simile alla configurazione carsica, rabbrividisco all’idea che sicuramente in zona esistono foibe. In un piccolo capanno inizia l’interrogatorio del terzetto, sanno tutto di noi, della nostra appartenenza alle milizie partigiane moderate, al fatto che siamo stati testimoni di avvenimenti rilevanti, vogliono avere informazioni da noi, ma soprattutto convincerci a non divulgare fatti che per loro potrebbero essere problematici, alla fine dell’interrogatorio, ci propongono di entrare a far parte delle loro milizie. Lupo esplicita il suo pensiero, e afferma che è ben conscio che il nostro destino è comunque segnato, in quanto depositari di segreti che a loro farebbe comodo non venissero divulgati, e che se pure ci fossimo arruolati, sarebbe stata ancora più facile per loro allestire una messinscena per la nostra uccisione, e sarebbe stato ancora più facile addossarne la colpa ad elementi a loro contrari, comunica loro che siamo pronti a morire.
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