IL GRAFOLOGO di Mariano Abis quindicesima parte
Dicendo quelle parole guardava soprattutto in faccia il mio amico, in modo intenso, mentre al sottoscritto lanciava solo qualche raro sguardo di sfuggita. Romano risponde che avremmo dovuto consultarci, e gli chiede il tempo sufficiente a decidere in tutta tranquillità, da soli. Il capo non ha nessun problema ad assecondare la richiesta, e ci lascia liberi di scegliere un posto tranquillo. Decidiamo di fare una passeggiata lontano da orecchie e occhi indiscreti, e quando siamo sicuri di non essere controllati discutiamo sul da farsi.
Lui non ha nessuna remora ad assecondare la richiesta del capo, dicendo che è restato troppo tempo senza entrare in azione, e quasi gli fa piacere un po’ di movimento e adrenalina, del resto è un militare e quello che gli si chiede non fa parte che del suo mestiere, nel quale si sente preparatissimo. Altro discorso è la mia posizione, seppure convinto di dare anch’io una risposta positiva, non saprei quali mansioni potrei svolgere, dato che non ho mai preso in mano un’arma. In un quarto d’ora abbiamo preso la nostra decisione, e la comunichiamo al capo, che resta favorevolmente colpito dalla rapidità che abbiamo dimostrato. Inizia così il mio addestramento alle armi, un’eventualità che mai avrei pensato potesse accadere, data la mia repulsione per simili aggeggi, ma me ne faccio una ragione e quasi provo un senso di forza quando mi mettono in mano un fucile e una pistola. Ma quando si tratta di centrare qualche improvvisato bersaglio, i miei limiti sono orrendamente evidenti.Viene delegato il mio amico a rendere la mia persona un combattente, ma dopo qualche giorno si accorge che la missione è quasi impossibile.