Roberto Speranza (Ansa) |
L’ideatore del green pass continua a snobbare i danneggiati dal siero che ha imposto. Però sarà costretto a rispondere alla commissione, dalla quale non può più fuggire.
Quanto cinismo c’è nelle parole di Roberto Speranza? Non in quelle che l’ex ministro della Salute ha pronunciato ieri, dopo che la Camera ha dato il via definitivo all’istituzione di una commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia, ma nella risposta che l’esponente del Pd ha dato ad Andrea, l’uomo rimasto paralizzato dopo una dose di vaccino.
Infastidito dalla richiesta di un colloquio, mentre è in tour per la promozione del suo libro Perché guariremo, Speranza, guardando dall’alto in basso quell’uomo di 45 anni ridotto sulla sedia a rotelle, dice nel video mandato in onda da Fuori dal coro che gli effetti avversi ci sono sempre stati, anche con l’aspirina, e che comunque prima di vaccinarsi si firma una liberatoria e dunque si accetta il rischio.
Insomma, è colpa di chi è rimasto paralizzato, non di chi ti ha obbligato a offrire il braccio alla patria con un ricatto morale e materiale.
L’ex ministro infatti finge di non ricordare non soltanto la campagna terroristica, lanciata nei confronti di quanti manifestavano dubbi sulla necessità di sottoporsi all’iniezione anti Covid senza che fossero stati fatti accurati studi sulle conseguenze, ma anche l’obbligo di vaccinazione imposto dal suo governo con il green pass.
Per molti, sottoporsi a inoculazione non fu una libera scelta, ma una decisione obbligata dopo che senza il patentino verde venne fatto divieto di accedere a mezzi e locali pubblici, oltre che ai luoghi di lavoro.
Gli italiani - e solo gli italiani, sarà bene ricordarlo perché a tutti gli altri cittadini europei non fu richiesto nulla del genere - furono messi di fronte a un bivio: una vita sociale normale o una vita da reietto, confinato ai margini della società in quanto untore ed irresponsabile.
Costretti a decidere tra lavorare o rimanere senza stipendio. Non vaccinarsi significava non potersi sedere neppure all’aperto nei pressi di un locale pubblico per prendere un caffè. Senza iniezione non si entrava né in ufficio né in fabbrica e non si saliva su un treno o autobus.
Quanti furono i lavoratori, della cui salute Speranza si è auto nominato difensore, a offrire il braccio alla patria perché obbligati? Beh, tra questi c’è Andrea, una vita normale prima del vaccino e due figlie da crescere, che oggi deve spendere 900 euro al mese per curarsi senza che nessuno, neppure il cosiddetto ministero della Salute, lo risarcisca.
E Speranza che fa? Di fronte al dolore di un uomo che ha avuto la vita rovinata, lo accusa di essere un no vax omicida, di avere sulle spalle, con la sua testimonianza dolente, la responsabilità di spingere le persone a non vaccinarsi e, di conseguenza secondo lui, ad ammalarsi.
Andrea, prima di finire sulla sedia a rotelle, non aveva paura del siero anti Covid.
Era fiducioso. Pensava che inocularsi fosse una cosa giusta da fare, perché vaccinandosi, come disse il presidente del Consiglio dell’epoca, si aveva la certezza di non contagiarsi e di non contagiare. In realtà, non esisteva alcuna certezza di essere immuni al virus, ma in compenso si accettava un rischio, ovvero il pericolo di effetti avversi.
Altro che irridere Andrea o peggio accusarlo di una responsabilità che non ha.
Qui le responsabilità sono di quanti presero decisioni senza informare gli italiani, obbligandoli con sistemi coercitivi ad adeguarsi. È Speranza che oggi deve rispondere alle richieste dei tanti Andrea che chiedono sia riconosciuta la loro patologia.
Sono Speranza e i suoi compagni a dover rendere conto. E se non lo faranno di fronte ad Andrea e a quanti sono vittime di effetti avversi, lo faranno davanti alla commissione d’inchiesta. È per questo che ne rifuggono come dalla peste. Anzi, come dal Covid.
Una società sana e libera lo avrebbe da tempo impalato in pubblica piazza
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