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sabato 15 giugno 2024

IN EUROPA VINCE LA DESTRA SOVRANISTA MA NON CAMBIA NULLA. A BRUXELLES REGNA LA VON DER LEYEN

Di Piero Messina

In Europa tutto è cambiato affinché nulla cambi. Chi sperava che il voto europeo potesse cambiare l'atteggiamento della Vecchia Europa riguardo al dossier Ucraina/Russia può stare in pace. Nulla cambierà. Le elezioni per il Parlamento europeo si sono svolte esattamente come aveva previsto “The Economist”, dieci giorni prima del voto. La destra sovranista vince ma non vince in modo schiacciante. La bibbia del globalismo finanziario ha intitolato l'edizione del 30 maggio scorso: “Le tre donne che daranno forma all'Europa”. Un chiaro riferimento alla presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, al premier italiano Giorgia Meloni e alla leader della destra sovranista francese, Marina Le Pen.


In realtà sono e saranno cinque le donne al potere in Europa nella prossima legislatura che si aprirà a metà luglio. Il pink power della politica europea deve tenere conto di Roberta Metsola, presidente del parlamento di Bruxelles che punta alla riconferma e di Kaja Kallas, primo ministro estone che aspira a diventare Alto rappresentante Ue per la politica estera. Kallas è uno dei più convinti sostenitori delle questioni pro-Ucraina e anti-Russia in Europa.

È stato lo stesso Economist a dettare l’agenda politica su dove dovrebbe andare l’Europa. La rivista turbocapitalista di proprietà delle famiglie Rothschild ed Elkann ricorda all’élite europea che “In un mondo pericoloso, la comoda vecchia Europa si trova in una posizione allarmante. In Ucraina infuria la guerra più sanguinosa del continente dal 1945, mentre la Russia rappresenta una minaccia per il cyberspazio, dai Paesi Baltici. Se Donald Trump tornasse alla Casa Bianca, potrebbe minare la NATO, il fondamento della sicurezza europea. L’economia del continente è vulnerabile agli shock causati dalla politica industriale e dal protezionismo altrove. I populisti euroscettici stanno guadagnando terreno nei sondaggi”.

Per fronteggiare questi pericoli l’Europa ha bisogno – prosegue il sermone dell’Economist “di una leadership coerente a livello europeo. Deve anche tenere gli estremisti fuori dal potere. Il successo dipende in parte dalle scelte di tre donne: Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, Giorgia Meloni, primo ministro italiano, e Marine Le Pen, la principale populista francese”.

Chissà perché nell'editoriale del settimanale britannico non si è fatto alcun cenno al presidente francese Emmanuel Macron e al primo ministro tedesco Olaf Scholz? Nella redazione londinese avranno sicuramente una sfera di cristallo precisa e funzionale per predire il futuro.

Cerchiamo di capire i dati e quale sarà il futuro equilibrio del Parlamento Europeo. In tutta Europa la destra e l’estrema destra avanzano pesantemente, tanto da provocare terremoti politici in molti Paesi. In Francia, il presidente Emmanuel Macron manda il Paese alle elezioni anticipate. Una mossa disperata. In Germania l'estrema destra dell'Alternative für Deutschland (Afd) supera il Partito socialista del cancelliere Olaf Scholz. In Germania, secondo le prime proiezioni, la maggioranza dei seggi è andata al Partito popolare europeo, ma al secondo posto si è posizionata l'estrema destra dell'Alternative für Deutschland (Afd), che ha superato il Partito socialista del cancelliere Olaf Scholz. Stesso vento favorevole in Grecia. In Francia, il successo delle proiezioni alle elezioni europee del Rassemblement national di Marine Le Pen ha spinto il presidente Emmanuel Macron a sciogliere immediatamente l'Assemblea nazionale (il parlamento francese) e a indire nuove consultazioni, che si svolgeranno in due turni, il 30 giugno e 7 luglio, per formare un nuovo governo. Anche il primo ministro belga Alexander De Croo ha deciso di dimettersi dopo che il suo partito, i Liberali, secondo le prime proiezioni, ha ottenuto un risultato deludente alle elezioni europee.

Il nuovo Parlamento europeo sarà quindi spostato più a destra, ma non di molto rispetto all’attuale assetto, che non dovrebbe mettere a rischio la classica alleanza di governo tra popolari, socialisti e liberali. A Bruxelles c’è chi è addirittura convinto che i giochi sui famosi “top jobs”, cioè i quattro principali incarichi Ue, siano già finiti, con Ursula von der Leyen avviata alla riconferma al posto più prestigioso, quello di Presidente della Commissione. Ma a far saltare le cose è quanto sta accadendo nel variegato universo della destra europea, in particolare in Francia e Italia. E qui entra in gioco la volontà delle cinque donne che potrebbero dare forma al prossimo futuro dell’Europa.

La prima è la già citata von der Leyen. La “Regina del Berlaymont”, (il palazzo che ospita l'esecutivo Ue), sembra essere uscita rafforzata dalle elezioni europee. Il suo partito, il PPE, non solo ha trionfato alle urne, ma ha anche rafforzato la sua posizione di kingmaker a Strasburgo. Al Parlamento europeo i popolari hanno i numeri per poter distribuire le carte, scegliendo di volta in volta se far leva sull'alleanza formale con socialisti e liberali (e forse verdi), oppure se fare squadra con accordi dietro le quinte con i giusto, in particolare con la ECR del presidente del Consiglio Giorgia Meloni, come già accaduto negli ultimi anni. Un’Eurocamera a maggioranze variabili era il progetto di Manfred Weber, il politico tedesco alla guida del Ppe, e il voto europeo sembra aver messo tutti i tasselli a posto per lui, compreso l’indebolimento del peso del presidente francese Emmanuel Macron.

Proprio i guai di Macron, alle prese con elezioni anticipate nelle settimane calde in cui si potrebbero decidere gli incarichi ai vertici, potrebbero aprire la strada a von der Leyen: il leader transalpino aveva mostrato riserve sull'ipotesi di un secondo mandato per la tedesca, e Correva voce che il suo candidato alla guida della Commissione fosse Mario Draghi. Il crollo dei consensi alle elezioni europee, però, non sembra dargli spazio per i suoi noti giochi politici da dietro le quinte, come quelli che nel 2019 portarono all’elezione di von der Leyen (a scapito di Weber, designato dal PPE).

Se Von Der Leyen resterà la “regina del Berlaymont”, il quadro delle altre posizioni importanti nell’Ue potrebbe essere facilmente messo insieme entro la fine del mese. Dovrebbe essere riconfermata l'attuale presidente del Parlamento Roberta Metsola, anche lei del Ppe. I liberali potrebbero ottenere la nomina dell'Alto rappresentante dell'Ue per la politica estera, con il primo ministro estone Kaja Kallas tra i maggiori sostenitori dell'Ucraina. A chiudere il puzzle, la posizione socialista, quella del presidente del Consiglio europeo, che andrebbe al portoghese Antonio Costa.

Questo schema, dicono a Bruxelles, potrebbe favorire negoziati rapidi tra le forze politiche e i governi dell’UE, ed evitare lunghi negoziati e tensioni all’interno del blocco in un momento in cui l’Europa ha bisogno di unità di fronte alla guerra in Ucraina e al rischio di ritrovare Donald Trump. alla guida degli USA tra pochi mesi. Ma la destra europea è in subbuglio e vuole avere il suo peso nell’architettura del potere dell’UE. Ecco perché tutti gli occhi sono puntati su Giorgia Meloni e Marine Le Pen. La leader italiana ha dalla sua il fatto di essere premier, e quindi di avere un voto da spendere sul tavolo che più conta per decidere le cariche più alte, quello del Consiglio Europeo. Le Pen vuole sfruttare il successo elettorale alle europee, il possibile bis nel voto anticipato in Francia, e i buoni rapporti con la Meloni (ma anche con l'olandese Geert Wilders) per influenzare i giochi di Bruxelles.

Nulla cambierà, quindi, riguardo alle strategie antiumaniste e guerrafondaie dell’Unione Europea. In politica estera Bruxelles resta un fedele vassallo dell’Alleanza Atlantica, in un momento estremamente delicato dei rapporti con la Russia. Sul piano politico interno, il nuovo immutato assetto politico continuerà a perseguire quelle politiche che stanno demolendo il settore agricolo e attivano percorsi di digitalizzazione sociale sempre più invasivi. I voti dei cittadini europei, come sempre, contano poco o niente.

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