Gigi Sanna
L'anfora di Vulci oggi custodita nel Antikensammlungen und Glyptothek di Monaco di Baviera sembra spiegarci il perchè del segno che così numerose volte si trova inciso o raffigurato in particolare nella ceramica, ma anche sulla pietra e su altri supporti scrittorii come il metallo bronzeo dei manufatti nuragici.
Chi ci segue sa che detto segno è stato da noi interpretato sinora come lettera alfabetica (yod) per dire, sinteticamente, del dio YHW o YHWH (scritto anche YH, YHH). E' cioè un segno simbolico, sicuramente sacro, per notare recipienti o oggetti finalizzati al culto della divinità unica del popolo nuragico. Tuttavia la forma particolare di esso induce a pensare che essa 'lettera' non rappresenti solo un suono consonantico ma che, contemporaneamente, assuma anche il valore di pittogramma - ideogramma.
Infatti la 'yod a forcella' (denominata insistentemente così dagli archeologi) potrebbe avere il significato di Y(H) λοξός, ossia di 'dio ambiguo', non retto e non univoco, dalla parola e dalla lingua e 'bifida' come quella di un serpente. Del resto yhw possiede già una essenza di divinità non semplice ma 'doppia' ovvero quella di androgino. L'essere 'due' e non 'uno' attiene alla sua complessità e coinvolge non solo la sua natura sessuale e fisica della creatività ma anche la sua natura mentale e spirituale relativa alla 'doppiezza'.
In un nostro saggio del 2007 (I segni del Lossia Cacciatore. Le lettere ambigue di Apollo e l'alfabeto protogreco di Pito, S' Alvure ed., Oristano) abbiamo parlato del dio Lossia (l'oscuro) presente nei documenti greci, una volta questi ANATHEMATA del tempio di Delfi (Pito) in Grecia.
Il Lossia, invocato con il grido di IE, IO, o semplicemente con la vocale 'E', esprimente acuto dolore, diventò col tempo il dio Apollo (forse perchè invocato più 'volte' (pollon) con il suono della vocale E/A), la famosissima divinità oracolare dai responsi il più delle volte oscuri, ambigui e assai difficili da interpretare rettamente.
Ora, così come il Lossia Apollo anche lo yhw sardo risultava oscuro nei responsi emanati nei suoi templi (in particolare nei nuraghi) e questa sua oscurità , con la difficoltà di comprendere con certezza il senso, veniva messa in evidenza nell'uso della lettera a 'forcella'. Questo segno biforcuto risulta essere ben presente (v. foto in all.) nel succitato vaso di Monaco di Baviera che raffigura Odisseo e Atena nel momento in cui la dea consiglia l'eroe circa il comportamento da tenersi per ottenere l'aiuto della fanciulla reale Nausicaa figlia del re dei Feaci Alcinoo.
Ma vediamo di commentarla la raffigurazione completa del recipiente con le figure a tinta rossa che rappresentano le immagini di cui sopra.
Partendo da Ulisse notiamo che la sua testa è sommariamente guarnita da un curioso diadema di diversi rami in forma di forcella, ovvero da una corona metaforica notante la sua mente capace di dare più risposte o, meglio, risposte con più significati con senso non univoco e sempre 'complesso'. Ulisse, come si sa dal primo verso dell' Odissea è chiamato da Omero 'πολύτροπον ', ossia dal 'multiforme 'ingegno'; dote questa che viene esplicitata dal pittore di Nausicaa dall'atto del braccio sinistro rispetto a quello destro .
Nel primo si trova diritta e rivolta verso Atena, da cui è stata in qualche modo 'consegnata', una grossa lettera a forcella (un ramo biforcuto) e nel secondo una 'lettera' più piccola (un secondo ramo biforcuto) orizzontale. Il significato di questa doppia raffigurazione gestuale è da ricercarsi, con ogni probabilità, nelle credenze e superstizioni antiche, ossia nel fatto che con la parte sinistra del corpo (il braccio posto più in risalto di quello destro), si intende un comportamento 'sinister' (come avrebbero detto i romani) , furbo e malizioso (quale sarà poi in effetti quello di Ulisse che invece di supplicare direttamente la fanciulla (abbracciandole le ginocchia)sceglie un approccio più strategico, lodandola a distanza con parole misurate e rispettose, paragonandola addirittura a una dea).
Atena, tra gli altri aiuti, ha dato un 'grosso' suggerimento ad hoc perchè Odisseo ottenga un risultato positivo nell'incontro con la principessa figlia di Alcinoo.
La dea Atena è raffigurata nella sua olimpica serenità, quasi come una statua ,con i suoi simboli fondamentali, tra i quali spiccano l'elmo, l'egida con la figura della luna 'biforcuta' e il serpente. Sono i 'segni' della protezione e della potenza divina che fanno comprendere bene il significato profondo degli eventi narrati che sono all'apparenza di mortali certo geniali ma pur sempre condizionati dal potere degli immortali: l'astuzia di Ulisse è evidente nel modo in cui si presenta e interagisce con Nausicaa, ma è l'intelligenza di Atena a predisporre gli eventi e a facilitare il suo successo.
Ora, il simbolo della scaltrezza e dell'ingegno di Ulisse nell'immagine è, anche per la grandezza di esso, in definitiva, divino e non umano. Un segno sacro che appartiene anche e sopratutto alla divinità caratterizzandone il potere sommo nell'intendere e nell'agire.
Il segno distintivo di Atena, la forcella sacra, è dunque anche il segno distintivo sacro di YHW. Solo che nelle testimonianze del simbolo sacro nuragico la lettura di esso si presenta diverso e più complesso: è data, come si è detto, dal fonogramma 'yod' che nota come acronimo il nome del Dio Y(H) ma anche dal pittogramma - ideogramma della forcella che suggerisce la voce λοξός ossia l'oscuro. E' forse inutile, a questo punto, far presente quanto lo YHW sardo differisca, per credenze e culto, da quello israelitico. Il dio unico di Israele non è oracolare. La Bibbia tende a sottolineare che YHWH è un Dio 'personale', che guida il suo popolo e stabilisce un rapporto diretto con i credenti, piuttosto che un'entità che offre risposte enigmatiche attraverso degli oracoli.
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