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domenica 2 novembre 2025

Postmarxismi e fenomenologia del baizuo. (II)

Roberto Pecchioli
1 Novembre 2025

Abbiamo definito baizuo, alla cinese, il tipo umano della nuova sinistra occidentale, dimostrando l’ascendenza post marxista unita al riflesso mentale liberal. L’innesto delle due tradizioni ha nella mistica del progresso il principale punto di contatto, il suo frutto sorprendente è l’individualismo fondato sui nuovi diritti, estraneo alla natura sociale, collettiva, centrata sulle rivoluzione socialista nei rapporti economici del marxismo ortodosso. 


Il contesto della guerra fredda servì da frullatore ideologico, conducendo a un'omogeneizzazione dei cervelli. Laddove la rivoluzione aveva inferto colpi apparentemente irreversibili allo status quo, prevalse il senso comune controculturale, sedicente emancipatorio, ispirato dal Sessantotto. 

Tutto ciò contribuì al declino dell'associazionismo, del sindacalismo e dei partiti di massa. Le forme di lavoro, di produzione e i modelli di consumo cambiavano rapidamente e la stabilità del lavoro si mutò in flessibilità e deregolamentazione. Fu l'inizio della fine dello Stato sociale. 

La globalizzazione neoliberista come americanizzazione avanzava e un elemento fondamentale del nuovo ordine post-ideologico divenne la filosofia postmoderna che diffondeva un miscuglio di idee e umori con il sostegno di fondazioni e organizzazioni internazionali dal formidabile peso finanziario, mediatico e accademico.

Il pensiero poststrutturalista e postmoderno e le correnti ermeneutiche divennero le principali fonti di ispirazione per gli storici, e molti chierici compresi alcuni di coloro che avevano difeso con più veemenza la vecchia fede, abbracciarono il nuovo culto senza particolari obiezioni (Augusto Del Noce). Nessuno voleva più stare dalla parte dello stalinismo obsoleto e del marxismo ortodosso. 

Riprese forza un discorso individualista più raffinato, apparentemente antistatalista, antiuniversalista ma cosmopolita: l’ideologia della sinistra al caviale postborghese che si liberava della vecchia lotta di classe per interesse ed estraneità. La classe media – oggi in via di riproletarizzazione per le logiche liberiste –colonizzava l'intera società, generando uniformità narrativa e, per reazione, ansia di differenziarsi tra deboli identità e angoscia esistenziale. La cura – peggiore del male- è il mercato della diversità.

Un'identità fragile è l’ humus ideale per il successo della globalizzazione indifferenziata. Diventa insufficiente parlare di post-marxismo, da declinare necessariamente al plurale, nonostante una certa unicità fenomenica.

Il passaggio dalla filosofia della prassi a più filosofie speculative si spiega con la rinuncia alla potenza rivoluzionaria del metodo dialettico. Il messianismo marxista era armato di una clava carica di tutta la forza della modernità. Carl Schmitt spiegò così il potenziale della dialettica:[ Il pensiero di] Hegel iniziò il suo pellegrinaggio, attraverso Marx e Lenin, a Mosca. 

Lì il suo metodo dialettico rivelò la sua forza concreta in un nuovo concetto di nemico, il nemico di classe, e trasformò tutto, se stesso – il metodo dialettico –, la legalità e l'illegalità, lo Stato, persino l’impegno contro il proprio avversario, in un’ arma di questa lotta. Come ha potuto il marxismo disfarsi del suo strumento più potente?

Innanzitutto rinunciando agli assiomi del materialismo storico. Ha voltato le spalle all'undicesima tesi marxiana sulla trasformazione del mondo nell’ambito economico e sociale.

Ha spostato il concetto di alienazione dallo sfruttamento economico all’intera esistenza. Ha scambiato la centralità marxista dell’ideologia con l’ egemonia, separando il dominio politico da quello economico. Il mondo doveva essere cambiato nella direzione irrazionale prescritta da Theodor Adorno in Dialettica negativa (1966): La filosofia, che un tempo sembrava obsoleta, rimane viva perché si è lasciato passare il momento della sua realizzazione. 

Il giudizio sommario che essa si limitasse a interpretare il mondo, diventa il disfattismo della ragione dopo il fallimento della trasformazione del mondo. Il gramsciano pessimismo dell’intelletto, ottimismo della volontà si invertiva: ottimismo dell’intelletto (idealismo, cioè primato dell’idea), pessimismo della volontà (nichilismo). Parallelamente emergevano altre rotture interne al post-marxismo. Il padre fu ucciso per distruggere l’autorità, la legge e la trasmissione dei valori comunitari. 

La classe fu sostituita dall'identità; la centralità dell’economia e dello sfruttamento capitalista sostituita dal dualismo privilegio/ oppressione; la lotta di classe dall'attivismo performativo; la volontà di potenza e la trasformazione rivoluzionaria dal vittimismo di infiniti gruppi minoritari. L'orizzonte comunista fu colonizzato da quello demo-liberale.

Questa serie di smottamenti si è incarnata in un nichilismo da cui la sinistra non si è più rialzata. Le nuove forme di lavoro tendenti alla delocalizzazione, all'esternalizzazione e alla finanziarizzazione dell'economia isolano il lavoratore, dando origine al precariato, una non-classe poiché non si percepisce come tale. Di conseguenza, il soggetto rivoluzionario che era stato il proletariato si polverizza in infiniti gruppi e collettivi autoreferenziali, una moltitudine informe. 

Sorgono nuovi movimenti sociali al controvertice del G8 di Seattle (1999) e al G7 di Genova (2001), attingendo alle teorie di Michael Hardt e Toni Negri. I movimenti alter-globalisti si oppongono solo cosmeticamente alla globalizzazione in corso, rivendicando innumerevoli “diritti” civili che in nessun modo minacciano le fondamenta del capitalismo. 

Una sorta di ingenuo accelerazionismo, il tentativo infantile di sopraffare il sistema con lotte guidate da uno spirito particolarista, animato dalla cieca fiducia che prima o poi arriverà il momento della saturazione e del collasso sistemico.

Sfumato l’assalto al cielo, i movimenti si accontentano di occupare le legislazioni. Poiché non possono né vogliono più trasformare la struttura, si impegnano nei cambiamenti culturali, societali. Capovolgendo Marx, rivoluzionano la sovrastruttura.

Ogni sottofamiglia post-marxista (strutturalismo, poststrutturalismo, teoria francese, scuola di Francoforte, studi culturali, freudo-marxismo, femminismo marxista, intersezionalità, genderismo, marxismo nero e/o decoloniale, il grottesco post marxismo queer) abbraccia l'irrazionalismo e uno pseudo-universalismo che, distruggendo le grandi credenze comunitarie, promuove un cosmopolitismo orizzontale assai gradito alle cupole liberal globaliste. 

Ha inizio la caccia contro chiunque difenda la tradizione, la famiglia, l'uomo, la biologia, la cultura, la propria nazione, Dio e la religione. L’occhiuta persecuzione neo-puritana si alimenta di definizioni dispregiative verso il nemico: etero patriarcale, eurocentrico, specista, binario, sessista, xenofobo, razzista, in un crescendo di neologismi.

Due correnti di pensiero convergono: una economica (neoliberista) l'altra filosofica (postmoderna e, in senso lato, postmarxista), all’ombra di grandi soggetti istituzionali, politici, culturali, mediatici e di strutture di intelligence promotrici di un’ alleanza solo apparentemente innaturale. Liberalismo e postmarxismi sono fratelli. 

I rispettivi cascami rappresentano un vischioso spirito del tempo che tutto permea, entrambi fondati su un’antropologia individualista per uomini a una dimensione. Produci, consuma, crepa. E soddisfa le pulsioni più basse. Era indispensabile rinnovare il bagaglio concettuale. 

I repertori teorici del marxismo contenevano eccessi inaccettabili per la mentalità occidentale. Diventati liberali/libertini nell’anima, i post marxisti si sono consegnati all’avversario di ieri, divenendo la versione radicale dell'ideologia progressista, nella sostanza interna al neoliberismo. Cambiava la nozione di potere: per i post-marxisti non è detenuto da pochi (élite) contro molti (il popolo), ma circola tra gli individui in ogni sfera della vita quotidiana. 

Questo rende impossibile un'azione collettiva organizzata attorno a obiettivi forti e l'identificazione di un nemico di classe. Non resta, alla cultura del risentimento, che spezzettare gli obiettivi: maschi contro femmine, giovani contro vecchi, belli contro brutti, abili contro disabili, bianchi contro BIPOC “razzializzati” ( Black, Indigenous, Person Of Color) , binari ( maschi e femmine) contro non binari, etero contro LGBT, donna madre contro donna emancipata e libertina, eccetera. Dietro l'apparenza universale si nasconde un'essenza particolarista priva di potere dialettico che promuove la sovversione dei valori come strumento di controllo sociale.

La ​​nuova nozione di potere è capillare, poiché il personale è politico; reticolare, relazionale, orizzontale. E’ la lezione di Michel Foucault e della Teoria Francese. In Microfisica del potere (1980) Foucault afferma: “ il potere deve essere analizzato come qualcosa che circola, o meglio, come qualcosa che funziona solo in una catena. Non è mai localizzato qui o là, non è mai nelle mani di pochi, non è un attributo come la ricchezza o un bene. Il potere funziona e si esercita attraverso un'organizzazione reticolare. 

Quando afferma che il potere non è mai localizzato e non è un attributo istituisce un nuovo canone 
intersezionale: non esiste una classe dominante stabile, di conseguenza non vale la pena sprecare sforzi nel comprendere la logica del potere; questo scorre e quasi tutti lo esercitano in determinati momenti: dal padre all’insegnante sino al vicino molesto o al macellaio. 

Falso: la trama è reticolare, ma la mano delle oligarchie tecno finanziarie dominanti è ben visibile. Foucault, morto nel 1984, non ebbe il tempo di sperimentare l’onda liberal globalista scatenatasi dopo la caduta del muro di Berlino. 

Vero è che aumenta il clima di sospetto e delazione – forme di potere anch’esse- come il pubblico ludibrio per chi non indossa la mascherina o non condivide l’assiomatica progressista.

La fenomenologia postmarxista ha inventato la categoria di postmodernità, istituita dopo la pubblicazione de La condizione postmoderna di Jean-François Lyotard. Questi si impegnò in un dibattito con Juergen Habermas, l’ultimo francofortese, sul particolare e l'universale, la storia e l'agire umano. Habermas definì la postmodernità una modernità stanca, spossata. A sua volta il postmarxismo è un marxismo impotente e senza speranza.

Il marxismo-leninismo fu una potente teologia politica gnostica, l'eresia moderna del cristianesimo per eccellenza, con le sue nozioni di bene e male, di universale e l'intrinseca necessità di un futuro escatologico e di un messia redentore, il proletariato. 

La sconfitta ha eroso questa teologia secolarizzata, dissolvendo gradualmente l'attesa contro ogni speranza e il suo carattere messianico-dialettico. Lyotard introdusse il termine “narrazioni”, i grandi racconti universali (religione, illuminismo, marxismo, idealismo) che cercavano di  spiegare la realtà in modo totalizzante, fornendo criteri di verità e legittimazione. 

Nella postmodernità esse hanno perduto credibilità, sostituite da una molteplicità di narrative settoriali, permeate da scetticismo e sfiducia generalizzata Come i miti, scopo delle metanarrazioni è legittimare istituzioni, pratiche sociali e politiche, legislazioni, etica, modi di pensare . La tesi di Lyotard è che il progetto moderno è stato distrutto, liquidato.

Francis Fukuyama, con la sua teoria fallace della fine della storia per vittoria definitiva dei modelli liberaldemocratici in politica e liberisti in economia, ha poi lanciato una bomba nel cuore della postmodernità. Frederic Jameson lo ha sottolineato definendo il postmodernismo la logica culturale del tardo capitalismo. 

Attraverso questa nuova e ipnotica moda estetica, sintomo sofisticato della liquidazione della storicità, si verifica la perdita della nostra possibilità vitale di vivere la storia in modo attivo. Siamo sempre meno capaci di plasmare rappresentazioni della nostra esperienza presente. 

Senza la Storia, non è possibilità di un redentore. Senza l'attesa escatologica, il presente si annulla in un presentismo eterno, incapacitante. Insieme alle metanarrazioni, sono tramontati i “marcatori di certezza” che costituiscono l'architrave della condizione umana: dio,famiglia, patria, lavoro, classe. I post-marxisti hanno lavorato consapevolmente alla demolizione dell'ordine tradizionale, finendo per legittimare le istituzioni, le pratiche sociali e politiche, la legislazione, l'etica e i modi di pensare di un canone liquidatore di ogni speranza: il triste realismo capitalista.

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