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sabato 18 settembre 2010

Così si spartisce la torta degli incentivi



Ecco perché mafia, criminali e faccendieri investono sull'eolico

Domenica 19 settembre 2010
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di ANTHONY MURONI
unionesarda
C'è il caso del siciliano Vito Nicastri, al quale la Dia ha appena sequestrato beni per 1,5 miliardi di euro, paventando che il “signore del vento” originario di Alcamo sia addirittura il prestanome del boss mafioso Matteo Messina Denaro. E poi c'è quello del suo maestro, l'avvocato di Benevento Oreste Vigorito, che un paio d'anni fa ha “piazzato” al colosso inter
nazionale International power tutte le autorizzazioni per parchi eolici e fotovoltaici da lui accumulate nel sud Italia, in cambio di quasi 1,7 miliardi di euro. In due fanno 3,2: oltre 6 mila dei vecchi miliardi di lire, capitalizzazioni impossibili in ogni altro settore economico. Persino in tempo di new economy.
IL CASO CARBONI Sulla loro scia ci sono anche faccendieri che si riciclano, convertendosi da altri settori della speculazione finanziaria: è il caso di Flavio Carboni, che nell'affare eolico ha per ora rimediato una brutta scottatura. Nessuna autorizzazione, due mesi e mezzo di carcere, che presto diventeranno tre. Due incidenti che comunque gli hanno fruttato, di riffa o di raffa, 3 milioni di euro che i magistrati romani non riescono a trovare. Tre dei 4 milioni che un gruppo di investitori romagnoli gli ha messo a disposizione per fare da “facilitatore” (lo stesso mestiere di Vito Nicastri) nei confronti dei politici sardi.
CAPITALI ILLECITI Perché questo settore è così conveniente e attira capitali spesso illeciti come il miele fa con le mosche? Il segreto è negli incentivi elevatissimi per le energie rinnovabili. Introdotti nel 1999 dal governo di centrosinistra con la durata di otto anni, gli ince
ntivi sono stati poi portati a 12 e quindi, con l'ultima finanziaria Prodi, addirittura a 15. Il che significa che chi tira su una pala non solo becca un incentivo, ma lo becca per tre lustri dal momento in cui comincia a girare. Se gira. Il meccanismo è un po' complesso. Si basa sui cosiddetti certificati verdi, dei veri e propri titoli che si vendono e si comprano alla borsa elettrica. Spiegare la cosa nei dettagli porterebbe via ore.
CERTIFICATI VERDI Basti sapere che mediamente questi certificati verdi cui hanno diritto i produttori valgono 80 euro a megawatt/h. Ai quali vanno aggiunti i soldi che lo stesso produttore incassa per l'energia venduta al sistema e immessa in rete. Una somma che varia fra 60 e 70 euro a megawatt/h nella media italiana ma che in Sicilia sale fino a 90-100
euro.
L'EUROPA Risultato finale: fatti tutti i conti, l'installazione e la
manutenzione d'una pala media costa un milione in Danimarca (lo Stato europeo che più ha investito sull'eolico) e può arrivare a costare in Sicilia, in 15 anni di vita, il quadruplo: 4 milioni. In Europa le pale girano mediamente per 1880 ore in Danimarca, 1960 in Belgio, 2000 in Svizzera, 2046 in Spagna, 2067 in Olanda, 2082 in Grecia, 2233 in Portogallo. Sapete quante ore, da noi? Solo 1466. E la media siciliana, spiegano gli esperti, è ancora più bassa. E allora come mai Terna ha domande di connessione alla rete per il solo eolico pari a 88.171 megawatt, cioè una volta e mezzo la punta massima del consumo italiano, che è di 56 mila megawatt?
NUMERI DA INFARTO L'Anev (fino a non molto tempo fa presieduta dall'ormai plurimiliardario Oreste Vigorito), che riunisce i produttori di energia eolica, stima che al massimo la produzione nel 2020 potrà raggiungere nel nostro paese 16 mila megawatt. Dieci anni prima già ci sono domande per 5 volte quel totale. Altra domanda: come è possibile che la potenza installata in Sicilia sia di 1.140 megawatt, cioè più di un quarto del totale italiano? Che senso c'è a installare pale a vento dove non c'è vento?
RETE IN TILT C'è poi da stupirsi se la corsa all'energia del vento, anche quando appare insensata, continua? Anche là dove i cavi di Terna non sono in grado di sopportare il carico elettrico, come spesso accade lungo la dorsale appenninica meridionale, con punte di crisi paradossali in Puglia, Basilicata, Campania, Sicilia? Niente energia fornita, niente soldi. Macché: i produttori hanno comunque diritto al saldo per l'energia che «avrebbero prodotto». E anche questo si scarica sulle bollette. Quanto ci costa? I certificati verdi non sono disgregabili per tipologia di fonte d'energia. Ma le cifre contenute a gennaio nella segnalazione dell'Authority al governo lasciano basiti: nel 2008 abbiamo sborsato 1.230 milioni di euro. Per la metà (630 milioni) a causa «dell'eccesso di offerta».
LA SITUAZIONE È ormai degenerata, investendo anche e soprattutto la Sardegna, in considerazione del fatto che la concentrazione degli impianti eolici esistenti (o già autorizzati) è altissima dal Lazio in giù, isole comprese. E questo, come è desumibile dai dati pubblicati sul sito dell'Anev, non tanto perché le condizioni anemometriche siano più convenienti quanto perché i capitali per gli investimenti sono stati concentrati volutamente al centro-sud. Preoccupanti anche le previsioni sul futuro: per la nostra isola si parla di una produzione di 1763 kw/h per abitante, molto di più rispetto al reale fabbisogno. Questo significa che si tratterà di fare soldi, se sarà consentito dalle leggi nazionale e regionale, sfruttando la risorsa paesaggistica e ambientale sarda.
LE INCHIESTE Tutto in barba (i Centri studi non hanno anima, ma solo cuore e testa legata a numeri, investimenti e utili) al quadro a tinte fosche che è tratteggiato dalle inchieste che le procure di mezza Italia stanno conducendo in questi mesi. Indagini che sembrano dimostrare un'altissima percentuale di infiltrazioni di parte di capitali di provenienza illecita, che verrebbero riciclati soprattutto in ragione dell'altissima convenienza economica assicurata dall'investimento.
COSTI ALTISSIMI Un recente studio ha dimostrato che i posti di lavoro creati dall'energia rinnovabile costeranno ai contribuenti sette volte più cari di quelli generati dai sussidi pubblici destinati in questi decenni all'industria. Una proporzione sconvolgente, se si pensa ai fallimenti dei contributi a pioggia erogati per le industrie del centro Sardegna, che hanno prodotto più capannoni vuoti e truffe all'Ue che buste paga reali.
BASSA OCCUPAZIONE I posti di lavoro che sono stati creati nel settore delle rinnovabili nel corso del 2008 sono calcolati tra i 6 e i 15 mila nel settore del fotovoltaico e vicini ai 28 mila nell'eolico. Considerato che i sussidi erogati per il settore hanno sfiorato i 2,3 miliardi di euro, significa che ogni lavoratore nel settore della produzione di energia dal vento è costato 55 mila euro annui, mentre per quelli del solare si scende a 20 mila.
L'AFFARE Come si arriva a calcolare i contributi? Si deve partire da un'analisi del meccanismo dei sussidi Cip6, che dal 1992 trainano non solo i parchi verdi ma anche centrali assimilate, che di ecologico non hanno nulla. A realizzare affari, con ritorni economici che allo stato attuale non sono assicurati da nessun altro investimento, si arriva mettendo assieme il sistema del conto-energia e quello dei certificati verdi, da sempre pagati grazie al sistema dell'addizionale sulle bolletta. Dei 2,3 miliardi già citati (calcolati come differenza tra i finanziamenti che derivano dai cittadini e il valore dell'energia realmente prodotta) appena 1 (il 41 per cento) è stato utilizzato per sviluppare le energie rinnovabili, come eolico, termo-dinamico e biomasse. Il resto se lo sono aggiudicati i grandi gruppi energivori, che hanno invece continuato nel loro lavoro “tradizionale”, emettendo cospicue quantità di CO2 nell'atmosfera.
LA TENDENZA Le previsioni per il futuro, se il trend dovesse rimanere questo, non sono certo più entusiasmanti: da qua al 2020 (data-limite imposta dal protocollo di Kyoto per l'aumento della quota-energia da produrre in modo “pulito”) i posti di lavoro che l'Anev annuncia di poter creare vanno dai 24 ai 45 mila nel settore eolico e tra i 27 e i 46 mila nel foto-voltaico (in totale circa 7 mila in Sardegna). Tutto questo a fronte di circa 31 miliardi di sussidi per il business del vento e 33 per quello del sole. Almeno fino al 2040, quando scadranno le code degli stanziamenti fin qui preventivati.
RISORSE INFINITE A questo punto il differenziale cresce ancora: per ogni posto di lavoro creato saranno state mobilitate risorse tra 500 mila euro e 1,3 milioni nell'eolico, e tra 700 mila e 1,2 milioni nel fotovoltaico. Cifre immense e, finora, tristemente improduttive.
Questo perché si deve anche tener conto del fatto che la produzione di energia è spesso in surplus rispetto alle reali esigenze delle regioni. Tanto che accade che gli impianti vengono autorizzati (generando dunque l'afflusso di capitali per la loro realizzazione) ma non entrano mai in produzione. Situazione che, ancora una volta, viene raccontata dai dati: 3200 domande per 83 mila megawatt, con una previsione che arriva a 152 mila. Tre volte il picco massimo dei consumi nell'intero sistema-Italia.
ASSALTO AL SUD A fare notizia è anche la localizzazione geografica degli investimenti: scorrendo la prima mappa eolica realizzata dall'Anev (consultabile sul sito www.anev.org) si ottengono tutte le informazioni sui parchi eolici presenti nel Bel Paese. Una sorta di censimento, con l'identikit delle società titolari di impianti, il numero di aero-generatori, la potenza di ogni parco eolico e la sua indicazione geografica. Il quadro è preciso: il rapporto tra Sud e Nord d'Italia è di sette a uno, 89 mila megawatt a 12 mila.
IL CASO SARDEGNA Per quel che riguarda la Sardegna le previsioni, che partono dagli investimenti già realizzati e autorizzati, parlano chiaro: l'obiettivo è quello di arrivare a produrre 1750 megawatt da energia eolica: 1763 kw/h per ogni abitante, con una ricaduta occupazionale che potrebbe arrivare a 7050 posti. Il punto di partenza sono i 367 megawatt già prodotti: ne servono, dunque, altri 1383 da far entrare nel circuito entro il 2020. Il picco è previsto per il 2013 (200 Mw), mentre per il 2017 c'è anche una previsione di 100 Mw prodotti attraverso l'off-shore, da ripartire con la Puglia.


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