Julian Assange |
“Non dare la colpa allo specchio se il tuo muso è storto”. Comincio così, citando un proverbio russo, per sottolinerare il paradosso dei tempi in cui stiamo vivendo. Il caso di Julian Assange sta scuotendo il mondo, soprattutto perché ci troviamo in una situazione in cui dobbiamo essere tutti preoccupati. Un uomo, un giornalista, rischia circa 175 anni di carcere se verrà estradato dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, sembra un serial killer, in realtà ha rivelato verità scottanti scomode al potere e, quindi, non perdonabili.
I fatti rivelati da Assange riguardano situazioni sconvolgenti risalenti ai tempi delle guerre in Iraq e Afganistan, di cui nessuno, se non i diretti interessati alle operazioni militari sono a conoscenza.
Infatti, le rivelazioni comunicate ad Assange sono state fatte proprio da una persona informata dei fatti in quanto ex militare: Chelsea Elisabeth Manning.
C’è da chiedersi cosa è cambiato dai tempi del Vietnam (1964-1975), quando un giornalista, Daniel Ellsberg, rivelò quanto successe in quei luoghi documentando da buon professionista le oscenità che furono compiute; eppure non fu condannato in alcun modo. Il concetto era uno solo: la libertà d’informazione è più importante della riservatezza degli atti pubblici. Oggi è cambiato tutto, non serve più informare, l’aspetto più importante è che la versione “ufficiale” delle notizie venga divulgata come un dogma.
Sarebbe opportuno a questo punto chiedersi quale sarà la sorte di tutti noi se Assange verrà condannato. Va considerato poi, che il caso Assange rappresenta una questione di metodo importante: gli strumenti dell’informatica sono effettivamente utili per fare luce e chiarezza in modo sorprendente, se usati bene. Consideriamo che ormai tutte le notizie viaggiano alla velocità di internet, ed intercettarle ormai è diventato facile e veloce per le persone esperte. A questo punto, notiamo una asimmetria che emerge da questo ragionamento, e questa è stata posta in evidenza nei fatti dallo stesso Assange: i gruppi di potere non vogliono che le notizie scomode vengano alla luce punendo, come stanno facendo, chi viola questa regola. Al contrario i nostri dati personali, invece, diventano una merce? In tal caso noi e in particolare i nostri dati, in possesso dei motori di ricerca, e dei social network, diventano merce di scambio per le autorità pubbliche e per aziende private che li utilizzano per fini di cui i legittimi titolari non sono a conoscenza. Durissima è stata la critica mossa da Assange a Facebook e Google considerandoli troppo disponibili verso la Cia. A seguito di un’intervista rilasciata a Russia Today, come riportato da focus.it, Assange ha criticato Facebook e Google in merito ai loro rapporti con l’intelligence: Julian Assange non resta mai lontanissimo dalle pagine dei giornali o dalle telecamere. mentre attende pazientemente l’estradizione per reati sessuali in Svezia, ha descritto quali sono i suoi pensieri sui social media e sui motori di ricerca.
Osservando il mondo dal punto di vista di chi vive letteralmente in mezzo a cospirazioni e documenti riservati è difficile dormire sonni tranquilli. Secondo Assange, per esempio, il mite Facebook che usiamo tutti è lo strumento di intelligence definitivo, utilizzato dai servizi segreti americani senza alcuna difficoltà o remora. Non è un’emanazione della CIA, questo no, ma semplicemente Zuckerberg & co hanno preparato un’infrastruttura automatizzata per servire un “pacchetto” completo di informazioni su ciascuno degli utenti non appena gli agenti governativi ne fanno richiesta ufficiale. E l’articolo prosegue: Anche Google non si salva secondo Assange. La corporation del “do no evil” è altrettanto responsabile di offrire corpo ed anima al minimo cenno degli americani. Secondo Assange è solo questione di tempo prima che i dettagli e le ripercussioni di questo scandalo vengano alla luce[1].
Emerge quindi la logica del controllo delle persone ma soprattutto, dei loro dati ben più preziosi, in pratica, in una logica di dominio. A tal proposito e a conferma di quanto da lui sostenuto in merito al controllo dei dati, merita di essere ricordato un fatto recente,e cioè che Julian Assange, il fondatore di Wikileaks, ha annunciato che farà causa contro la Cia e l’ex Segretario di Stato Mike Pompeo. l’accusa mossa all’intelligence americana dai legali del fondatore di Wikileaks è di aver registrato le loro conversazioni e copiato i contenuti dei loro telefoni e pc. Gli avvocati e due giornalisti tutti di nazionalità americana che si sono uniti all’azione legale, affermano che la Cia avrebbe violato il loro diritto costituzionale alla protezione delle conversazioni private, avendo intercettato le comunicazioni con Assange che è australiano.[2]
Invece che elogiare, in base ad una logica comune, quelli che rendono note delle malefatte compiute da chi dovrebbe difendere la legalità, si provvede a punirli. Vorrei portare la vostra attenzione al problema del segreto di Stato già citato per il caso Assange: i misteri italiani sono stati tanti, e i giornalisti dovrebbero essere la categoria professionale a custodia della democrazia, soprattutto nel momento in cui svela imbrogli e atti criminosi compiuti da rappresentanti delle istituzioni pubbliche. iI segreto di Stato può essere utile, ma nel momento in cui si occultano dei fatti utili per lo svolgimento dei processi, in questo caso si procura un danno alla giustizia e, di conseguenza, a tutti noi, soprattutto se i fatti celati non tutelano lo Stato ma chi ha compiuto dei crimini. A tal proposito, la normativa impedisce lo svolgimento di un processo nel caso in cui sia necessario un documento secretato. Di certo tutti conosciamo ad esempio il caso della strage di Ustica di cui si discute da vari decenni, ma nessuno è riuscito a porre la parola fine a tale drammatica vicenda soprattutto per le famiglie delle vittime. A tal proposito, è utile ricordare anche alcuni giornalisti poco noti ma svaniti nel nulla in Libano, mentre svolgevano il loro lavoro: Italo Toni e Graziella de Palo. Di loro si perse traccia il 2 settembre 1980, mentre indagavano sul traffico d’armi internazionale che si svolgeva in Libano. Alla fine di tutto questo resta una speranza: la verità vince sempre sulla menzogna, spetta a noi combattere attivamente per realizzare questo obiettivo.
Note
[1] https://www.focus.it/tecnologia/digital-life/assange-contro-facebook-e-google
[2]https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/08/15/wikileaks-julian-assange-fa-causa-alla-cia-spiato-e-intercettato-dallintelligence-americana-violato-il-diritto-alla-privacy/6763554/
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