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lunedì 20 maggio 2024

Da mani pulite a posate sporche

Giovanni Toti (Ansa)

Dopo una settimana di gogna, l’accusa contro Toti è quella di aver pranzato a sbafo a Montecarlo. Pasto che peraltro il presunto corruttore non avrebbe pagato essendo habitué del casinò. I 74.000 euro dati al governatore fanno parte del sistema usato con tutti.


Dall’inchiesta della Procura di Genova che ha portato all’arresto del governatore Giovanni Toti emerge un vero e proprio magna magna. L’ultimo tassello della grande abbuffata l’hanno rivelato ieri i giornaloni: il presidente della Liguria in estate si è attovagliato in quel di Montecarlo con il terminalista più liquido del Ponente, e anche del Levante, ma non ha pagato il conto. 

Sì, è questa l’ultima grande notizia scagliata contro l’ex direttore del Tg4 prestato alla politica. Nel Principato ha mangiato a sbafo. Altro che nuova Tangentopoli, come tuona Giuseppe Conte, il quale ha subito indossato la toga, ma non da avvocato quale è, bensì da pm. Da Mani pulite siamo passati a Posate sporche: nuovo capitolo dello scandalo nazionale che accompagna i rapporti fra imprenditoria e politica. 

Trent’anni fa la mazzetta si nascondeva nei pouf, adesso è camuffata con un piatto di spaghetti allo scoglio. Ovviamente, nel menù à la carte delle grandi testate non tutto viene servito sullo stesso piatto. Se c’è da fare ai ferri Toti non si lesina la fiamma, se invece l’ospite da accogliere è un ex potentone come Claudio Burlando, ex ministro ed ex governatore ma tuttora gran consigliere del Pd e pure di Spinelli, allora il pranzo non riserva alcuna sorpresa. 

Del resto, a bordo dello yacht del magnate ligure, lo stato maggiore del Pd, capitanato dall’uomo beccato ad andare contromano in autostrada, si è rimpinzato solo con delle banalissime lasagne al ragù. E poi, diciamoci la verità: un conto è attovagliarsi a Montecarlo, un altro è mangiare su un panfilo ancorato alla Foce. 

È stato proprio Burlando a rimettere le barche a posto, precisando con un’intervista a un giornalone, il quale se l’è bevuta in un lampo, che lui non solo sul natante di Spinelli è andato per fornire un’opinione, ma è rimasto in porto. Insomma, niente gita in alto mare e, soprattutto, nessun soggiorno a Montecarlo. 

La Costa Azzurra a quanto pare fa la differenza: un conto è pranzare a Genova, un altro a Monaco. Da quel che si capisce, l’aggravante scatta dopo Mentone.

Oddio: a carico di Giovanni Toti poi c’è quell’accenno alla patata e al caviale fatto in una conversazione captata dalla Guardia di Finanza. Invece di parlare di acciughe fritte rigorosamente liguri, il governatore fa riferimento a un cibo da ricchi e come se non bastasse importato principalmente dalla Russia o dall’Iran, il che rischia di costargli un sovrappiù di accuse, ovvero di essere filo Putin o filo ayatollah. 

Sì, gratta gratta nell’inchiesta di Genova spunta proprio la grana grossa. Grana intesa come guaio, non come scaglie di formaggio. Toti mangiava e non pagava. Roba da condannarlo alla dieta, ma non come quella volta che Silvio Berlusconi lo portò in una clinica sul lago di Garda, dove al massimo il futuro presidente della Liguria perse qualche etto. 

No, qui dopo la grande abbuffata denunciata dai giornali c’è da metterlo a pane e acqua. Altro che domiciliari in quel di Ameglia, dove coccolato dalla famiglia rischia pure di metter su qualche altro chilo.

Lo so: vi state chiedendo dove voglia andare a parare con questa storia del conto al ristorante non pagato e con la patata al caviale andata di traverso dopo l’intervento delle Fiamme gialle. La risposta è semplice: se dopo una settimana di accuse, tocca parlare di un pranzo a sbafo siamo proprio alla frutta. Vuol dire che i giornaloni non hanno trovato altro da servire e sperano che i loro lettori siano di bocca buona e si pappino anche questo.

Per quel che mi riguarda, le ordinanze di custodia cautelare e anche i verbali d’interrogatorio sono abituato a leggerli fino in fondo. E dunque, ciò che Spinelli avrebbe rivelato ai pm, e cioè il pasto gratis del presidente, è accompagnato da una precisazione. Infatti, il terminalista più liquido e più furbo di Genova, nel suo interrogatorio fa presente che essendo un habitué del casinò di Montecarlo e anche un forte giocatore, lui non paga il conto, perché gli viene offerto.

Perciò tocca rimettere nel taschino la stilografica: della grande abbuffata per ora si vedono solo le briciole. Vale a dire quei 74.000 euro in tre anni, versati con regolare bonifico. Il sistema che Spinelli ha usato con tutti i partiti. Come dice lui: pagava tutti. Chissà però se oltre a pagarli li invitava a cena o a pranzo. E quante volte.

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