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giovedì 22 giugno 2023

DI BERLUSCONI. DI GHEDDAFI DI PUTIN DI ZELENSKY. IL CAIMANO ANTICOMUNISTA E LA LOTTA DI CLASSE

Silvio Berlusconi e Muammar Gheddafi
di Antonello Boassa
Funerali di stato. Ci stanno? E’ giusto avere delle perplessità. Ma va ricordato che la presenza di Silvio nelle istituzioni politiche e culturali del Paese è stata straripante per trenta anni e di enorme influenza ideologica sulla popolazione, sui suoi usi, sulle sue abitudini. L’ Italia di oggi, nel bene e nel male, non è quella pre-berlusconiana. Il governo glieli doveva. E non ha senso ricordare che altri non li hanno ricevuti (vedi Pertini). Il lutto nazionale, le bandiere abbassate, è stato invece un eccesso, data la moltitudine di reati, alcuni gravissimi, in gran parte accertati. Un atto di alto valore simbolico, qual è un pronunciamento di lutto nazionale, da richiedere la partecipazione di tutto un popolo non è invece giustificabile perché Berlusconi ha dato mazzate esorbitanti a quell'Italia che lui diceva di amare tanto e che ha impoverito, non certo per suo esclusivo demerito…

Figlio degli anni ottanta che già avevano raso al suolo con vari personaggi conquiste operaie e popolari, stato sociale, dignità nazionale, la sua comunicazione fondata sulle emozioni intrise di sentimentalismo ha costituito il motore che ha permesso uno stravolgimento del linguaggio televisivo che ha favorito il passaggio, anche attraverso banalità e volgarità, dello spettatore manipolato a fan della sua persona e di conseguenza del suo operare politico.

Accanto alle lacrime e al dolore dei suoi ammiratori, e alle perorazioni in sua difesa e alle esaltazioni delle sue pratiche politiche, culturali, sportive, abbiamo assistito dall'altra parte, oltre che critiche adeguate alla sua politica antipopolare contro quel popolo che invece lo osannava, moti di odio, a mio giudizio eccesivo. Il sottoscritto, gravido di cultura marxista, odia sì ma non la persona, bensì il modello ideologico che esprime la classe elitaria (di cui Silvio faceva parte) fondata sul dominio di classe e sull'annientamento della democrazia e delle condizioni di vita cui è attualmente costretta la popolazione dai diktat della Nato/UE e del governo italico attuale, responsabile, come i precedenti, del declassamento economico, culturale e sociale del "Bel Paese". E quell'odio verso un'istanza demolitrice della dignità umana deve permanere se si sposa come ideale con una strenua lotta per il benessere della gente cosiddetta "comune"

"Non bisogna odiare la persona, ma la classe sociale che rappresenta verso la quale l'odio deve essere incessante". Così Mao. Berlusconi fa parte della "razza padrona" e come tale andava combattuto, con lo stesso accanimento che si deve perseguire nei confronti dei Gates, dei Soros e di tanti altri "caimani" che si agitano a loro piacimento nelle acque stagnanti (ma non per sempre) della lotta di classe che come dice il miliardario Buffet è stata finora ampiamente vinta dal Grande Capitale.

Berlusconi, si sa, è stato il target per eccellenza per il Pd e affiliati. Il Nemico contro cui riversare l’energia oppositiva. L’assalto contro Berlusconi nascondeva, in realtà, il vuoto politico, la sua assenza di reale opposizione alla razza padrona che, a sua volta, aveva investito in denaro ed in immagine perché il PD diventasse il pilastro della fatiscente Unione Europea e del globalismo gestito dai nuovi profeti del luminoso futuro pandemico e guerrafondaio.

Lo scontro contro il “caimano” preludeva al colpo di stato del 2011 di Napolitano che eleggeva Mario Monti a protagonista assoluto del nuovo corso sub-imperiale dell’Italia globalista gestito, tramite Nato/UE, direttamente dagli States. Berlusconi era diventato un nemico per i gestori di un futuro distopico. E’curioso che il suo licenziamento da Palazzo Chigi sia pressoché contemporaneo alle dimissioni di Benedetto16. Curioso. Come se il globalismo avesse voluto far crollare in uno stesso lasso di tempo due personaggi di alto livello che si sarebbero potuti opporre, con un largo seguito di massa, ad un imponente progetto politico creato dalle più alte sfere del padronato finanziario e che consisteva nell’annientamento della democrazia, dell’autonomia dei tre poteri dello stato, delle libertà civili e sociali finalizzato ad una trasformazione profonda del sistema uomo che approntasse il futuro di un sistema ingegnerizzato in cui l’uomo- macchina subentrasse al vecchio homo sapiens, con un Dna stravolto e facilmente gestibile elettronicamente dalla casta massonica finanziaria, cui sarebbe occorso per conservare il suo potere un enorme depopolamento da perseguire con strumenti che sarebbero stati presentati come scientifici e necessari.

DI BERLUSCONI. DI GHEDDAFI. L'OCCIDENTE COLLETTIVO DISTRUGGE LA LIBIA
Gheddafi e Berlusconi
di Antonello Boassa
Silvio Berlusconi ne ha combinate così tante non solo nel male, ma anche nel bene, che sarebbe necessario dilungarsi, entrando nei dettagli della sua vita, politica, padronale, esistenziale. Personalmente, in questo breve scritto sono interessato a sottolineare gli aspetti che lo rendevano obsoleto alla razza padrona planetaria, per la quale Silvio era diventato oramai un disturbo imbarazzante. Si ricordi che una volta scalzato da Napolitano, propose che la Banca centrale italiana stampasse da sé l’euro a che se la BCE non fosse d’accordo allora “ciao ciao fuori dall’euro”. Ma il proposito non fece lunga strada perché Silvio non era Sankara, non era un capo popolo ma un uomo della “razza padrona”. Quindi il discorso finì lì. Non poteva opporsi ai “nuovi” potentati. Mica poteva allearsi con i suoi nemici, i “comunisti” duri e puri… Ma le sue “uscite” lo rendevano sempre più inviso ai nuovi Luciferi che potevano gestire per lui non solo funerali di stato ma anche una giornata di lutto nazionale.

Gheddafi Putin Zelensky. Su questi personaggi Silvio Berlusconi ha avuto la vista lunga. E, per questo, nonostante le sue tante malefatte, lo ringrazio perché in queste occasioni ha saputo realmente difendere i “Bel Paese”. Degli ultimi due tratterò in un altro scritto. Per ora, nella seconda parte mi soffermerò su Gheddafi, l’uomo, secondo Napolitano, che non aveva uno “Stato” ma solo un sistema di equilibri con la moltitudine delle tribù.

Ebbene ognuno di questi nomi, particolarmente il primo, rende indecente, nel solo pronunciarli, tutta la classe politica italiana, quella dell’apparato come quella informale. Iniziamo con Muammar Gheddafi.

Berlusconi accoglie a Roma Gheddafi con tutti gli onori consacrati a un grande statista straniero, con una festosità, con una partecipazione che, personalmente, oltre a qualche banalità tipica di Silvio, mi aveva ampiamente gratificato perché mi era sembrato giusto che si manifestasse amicizia sincera verso il rappresentante di un popolo che decenni prima era stato violentato con una ferocia inaudita, arrivando ad impiccare davanti alla folla dei suoi sostenitori, Omar al Mukhtar, il grande condottiero della rivolta libica. Per Napolitano e la sua banda era stata una vergogna accogliere un miserabile capo tribù. Figuriamoci la rabbia dei Francesi e degli Inglesi che lo vedevano come un terribile nemico per le loro risorse nel Continente africano. Il tutto condito dall’antico ma sempre vivo razzismo per un popolo “di tribù”.

Era stata varata infatti la Banca africana che avrebbe permesso di dribblare il FMI (vanno ricordate le parole di Thomas Sankara: “è il debito che rende possibile la ricolonizzazione…il neocolonialismo”). In programma il lancio del Dinaro che avrebbe potuto con il tempo cancellare il dominio del Franco africano, moneta coloniale per eccellenza che impediva la crescita economica dei Paesi sotto il controllo francese. Tanto più che Gheddafi stava programmando la nascita di altre due banche nel cuore dell’Africa.

Deliranti le manifestazioni contro i presunti eccidi di Gheddafi. Le ONG si incaricavano di fornire notizie di stragi inesistenti ed i media strillavano con grande strepito e amplificavano. Una pagina nerissima d’Italia. Molti “pacifisti con l’elmetto” sfilarono chiedendo giustizia. Già allora si poteva capire che la sinistra storica aveva esalato l’anima. La Libia che, secondo la Banca mondiale “aveva fatto registrare alti livelli di sviluppo umano di cui andava ricordato l’accesso all’istruzione primaria e secondaria e il sistema sanitario gratuito” venne distrutta e “somalizzata”, come preambolo alla riconquista dell’Africa.

Che non sarà domata. Il presidente del Kenya, allertato dall’arroganza Usa che intende porre sanzioni alle riserve russe all’estero, decide finalmente di proporre, per il commercio intra-africano, la dedollarizzazione e favorire lo scambio monetario con monte locali. E’ un primo passo verso la moneta unica africana verso cui aspirava Muammar Gheddafi. Si può uccidere un uomo ma non un continente. Ringrazio Silvio Berlusconi perché avrebbe consentito all’Italia relazioni ottimali in tutto il Continente.

Berlusconi era ancora al governo ma oramai gli era stata scavata la fossa sotto i piedi. Avrebbe potuto reagire. Ma non era Sankara. Doveva obbedire al suo spietato e cinico mondo, il mondo della “razza padrona” E questo certo non gli può essere perdonato.

L’accoglienza data all’erede spirituale di Omar al Mukhtar. Lo omaggerò nuovamente quando tratterò di Putin e di Zelensky. Sulle sue malefatte ne ho parlato tanto con la penna e con la lingua fin dagli anni ’90. Posso deporre la spada ora, per un momento - naturalmente senza dimenticare- E sottolineare che i contributi promessi da Berlusconi come indennizzo al popolo libico, soprattutto in infrastrutture come la litoranea mediterranea costituivano una modalità di solidarietà e di pace. L’Italia ne avrebbe trovato giovamento anche nei suoi traffici commerciali e nei rifornimenti energetici.

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