venerdì 18 ottobre 2013

LA CSS: ECCO PERCHE’ I LAVORATORI DELL’ALCOA NON DEVONO ANDARE PIU’ A ROMA

VI DICO PERCHE’ I LAVORATORI DELL’ALCOA NON DEVONO ANDARE PIU’ A ROMA

di Giacomo Meloni

E’ l’ora della verità e del coraggio. Quello espresso in questo documento dal segretario generale della Confederazione Sindacale Sarda.

Ho un grande rispetto delle RSU e dei lavoratori dell’Alcoa, meno dei loro rappresentanti Sindacali Territoriali e per nulla del Presidente Cappellacci e degli Assessori Regionali di questa Giunta colpevoli di nascondere la verità ai lavoratori ed alle loro famiglie.
Che senso ha andare ancora una volta a Roma a manifestare davanti al Ministero dello Sviluppo col rischio di essere manganellati com’è già avvenuto senza neppure le scuse formali.
L’Alcoa che abbiamo conosciuto non esiste più da anni ed è veramente triste che i 474 dipendenti siano ingannati dalla politica che ha l’unico scopo di tenerseli buoni fino almeno alle prossime elezioni regionali.
Quando le Organizzazioni Sindacali e la Giunta Reg.le invocarono da Bruxelles la cancellazione della pesante multa di 400 milioni di euro, comminata all’Alcoa per infrazione per gli aiuti di stato goduti nel tempo, si ottenne soltanto che la stessa fosse diminuita; ma recentemente la UE ha confermato la multa e sicuramente l’Alcoa anche per questo fatto non ritornerà sulla decisione di disinvestire in Sardegna, avendo tra l’altro già spostato la produzione di alluminio in altre località più convenienti soprattutto sui costi energetici.
Mi fa indignare come ci siano ancora ministri, assessori regionali, amministratori locali e purtroppo anche sindacalisti che promettono, sapendo di mentire, di strappare all’Europa aiuti per dimezzare i costi energetici di produzione.
Fino a quando questi signori avranno la spudoratezza di mentire ai lavoratori e di prenderli in giro?
E fino a quando i lavoratori dell’Alcoa sopporteranno che questi signori giochino sulla loro
buonafede e soprattutto sulla loro disperazione alla vigilia del loro licenziamento ormai sicuro?
Mi rivolgo ai politici ed in particolare all’on. Ugo Cappellacci, a cui avevo indirizzato la lettera che qui allego, dove proponevo come Confederazione Sindacale Sarda una soluzione per l’Alcoa, rifacendomi all’esperienza dei Giapponesi che nel Mar Mediterraneo hanno delle navi che raccolgono le lattine di alluminio per riciclarle, producendo un alluminio più puro e senza inquinare e a bassi costi energetici.
Non mi sono accontentato di inviare la lettera, ma ne ho investito direttamente – andandola a trovare – la Presidente del Consiglio Reg.le on. Claudia Lombardo e gli onorevoli Capi-Gruppo a cui ho spiegato che la più grande Ditta in europa che raccoglieva lattine da riciclo era una Ditta Italiana che poi le vendeva ai giapponesi. Ma il dato più importante era questo :
L’alluminio è un materiale totalmente riciclabile. Il suo recupero e riciclo, oltre a evitare l’estrazione di bauxite (più produzione annua di 1.500 0000 ton/anno di rifiuti speciali, quali i fanghi rossi), consente di risparmiare il 95% dell’energia richiesta per produrlo, partendo dalla materia prima. Infatti per ricavare dalla bauxite 1 kg. di alluminio sono necessari 14 kWh, mentre per ricavare 1 kg. di alluminio nuovo da quello riciclato servono solo 0,7 kWh di energia. Il riciclo dell’alluminio costituisce un’importante attività economica, che dà lavoro a molti addetti: l’Italia è il primo produttore europeo di alluminio riciclato ed il terzo nel Mondo.

Tutti ci facevano i complimenti, ma declinavano di prendere in considerazione la proposta che, secondo i più, era irrealizzabile in Sardegna dove è primario salvaguardare l’intera filiera dell’alluminio derivante dalla lavorazione della bauxite che viene importata in gran misura dall’estero perché la bauxite sarda è insufficiente. Tutto ciò per salvare l’Euroallumina dove si lavora la bauxite e si produce l’allumina, ma dove anche si produce il disastro dei fanghi rossi che minacciano di sfaldarsi dalle colline alte 30 metri e-cosa inaudita- inquinano un tratto di mare  davanti a Carloforte, rovinando le attività della pesca e mettendo in difficoltà le stesse attività turistiche.
Ma per questo provvedono i carlofortini che hanno denunciato apertamente le attività inquinanti dell’Euroallumina, che, quando era in attività, copriva con i suoi fumi velenosi il cielo dell’isola di S.Pietro, i cui abitanti ignoravano i tumori alle vie respiratorie mentre ora ne sono colpiti.
Mi vergogno del fatto che gli stessi lavoratori ed i sindacati territoriali abbiano fatto istanza di disequestro al Magistrato che aveva messo doverosamente sottosequestro il lago velenoso dei fanghi rossi definiti in un dibattito pubblico dal “mitico capo incursore” delle manifestazioni operaie “perfettamente inerti e sani come la salsa del pomodoro”.
Peccato che l’Euroallumina- ora ferma per manutenzione- sia di proprietà della Ditta russa Rusal indebitata in patria – che chiede alla Regione Sardegna 30 milioni ed altri 60 milioni al Governo italiano per riavviare la fabbrica. Ma mi chiedo se la Regione Sardegna sappia calcolare costi e ricavi? Oppure, come mi è stato detto a chiare lettere conviene tacere perché: “Non ci si può mettere contro i sindacati e soprattutto gli elettori, a maggior ragione di quei territori molto sensibili e drammaticamente colpiti dalla crisi industriale e occupazionale”.
Allora è meglio la cassa integrazione e l’assistenzialismo, pur avendo costi altissimi.
Questo è il fallimento dell’attuale classe politica sarda e di quei sindacati che la sostengono, che mandano in piazza i lavoratori a gridare “Lavoro, Lavoro…”, che- come ci ha insegnato Papa Francesco nella recente visita a Cagliari, è un grido di dolore che diventa preghiera. Ma la classe Politica ed i Sindacati non possono far finta di non avere responsabilità e di non sapere che i posti di lavoro si potrebbero immediatamente attivare come i 500 posti del Progetto Geoparco e migliaia di posti di lavoro nei cantieri delle bonifiche dei territori delle fabbriche dismesse e nei Poligoni di guerra o nel coraggio di investire nell’Agroalimentare con una moderna agricoltura e pastorizia
legati all’agroindustria di conservazione e trasformazione dei prodotti, settori che in tutto il mondo danno posti di lavoro, richezza e benessere.
Cagliari, 17 ottobre 2013 Il Segretario Generale della CSS
Dr Giacomo Meloni


In calce la LETTERA APERTA ALL’ON. UGO CAPPELLACCI DEL 27/02/2009
Confederazione Sindacale Sarda
Via Roma, 72 – 09123 Cagliari
Tel. 070.650379 – Fax 070.2337182
www.confederazionesindacalesarda.it
css.sindacatosardo@tiscali.it

On.Dott.Ugo Cappellacci
Presidente della Regione
Autonoma della Sardegna
c/o Presidenza RAS
Presidente@regione.sardegna.it
Oggetto: Lettera aperta al Sig.Presidente
Caro Sig.Presidente,
oggi verrà ufficializzata la sua elezione a nuovo Presidente della nostra
Regione e ciò è motivo di soddisfazione e speranza, ma anche di enormi responsabilità legate all’assunzione del governo regionale in un momento di crisi globale i cui riflessi sono ancor più pesanti per la nostra già fragile economia.
So che alla drammatica emergenza occupazionale nel Programma con cui la sua Coalizione ha vinto le elezioni regionali ci sono già interessanti e concrete risposte, ma vorrei, se mi è permesso, avvertirla del pericolo che l’emergenza possa condizionare le scelte di governo, allontanando le risposte strutturali di medio e lungo termine di cui il nostro sistema produttivo industriale ha urgentemente bisogno.
Penso in particolare alle industrie dell’area del Sulcis-Iglesiente ed alle risposte che si debbono dare ai circa 900 lavoratori, le cui sorti dipendono dalla soluzione che si darà alla crisi della Eurallumina.
Le enormi e comprensibili pressioni sul Governo Nazionale e sulla Regione perché si trovi una soluzione-ponte che apra una immediata linea di credito alla Rusal ci appare molto rischiosa, se si accertasse che questa Azienda avrebbe contratto debiti verso le banche e il Governo russo, i fornitori e gli stessi azionisti per un totale di 16.3 miliardi di dollari.
Forse agendo così si allungherebbe di alcuni mesi l’agonia della fabbrica, ma quei finanziamenti finirebbero davvero dentro un pozzo senza fondo.
Più opportune ci sembrano le riflessioni che il prof. Vincenzo Migaleddu, Coordinatore Area Ricerrca ISDE-Italia Medici per l’Ambiente, ha recentemente svolto sul sito dell’Associazione Nino Carrus in data 16/01/2009 all’interno della sua pubblicazione “Procedura VAS. Osservazioni per la modifica del Piano Energetico Ambientale Regionale Sardegna (PEAR) ai sensi dell’art.10 comma 4 parte II del Decr. Leg.152/2006 e s.m.i”.
Ci permettiamo, condividendoli pienamente come Confederazione Sindacale Sarda, di riportarne i passi più significativi relativamente all’area del Sulcis-Iglesiente.
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L’obiettivo del Piano relativo al “sostegno del Sistema produttivo industriale e carbonifero dell’area Sulcis-Iglesiente”, appare di sapore autarchico, datato e lontano dalle più moderne concezioni di risparmio energetico. La necessità di supportare una produzione energivora come quella dell’alluminio è nel PEARS il presupposto per la produzione di ulteriore EE da fonti fossili,
solo in parte locali. La riduzione dei consumi energetici del 20% al 2020 non può essere raggiunta puntando solo sulla riduzione dei consumi energetici di tipo domestico (vedi certificazione energetica delle nuove costruzioni), ma deve partire dalla riconversione di un sistema produttivo a bassa efficienza come la produzione di alluminio dalla bauxite.
L’alluminio è un materiale totalmente riciclabile. Il suo recupero e riciclo, oltre a evitare l’estrazione di bauxite (più produzione annua di 1 500 0000 ton/anno di rifiuti speciali, quali i fanghi rossi), consente di risparmiare il 95% dell’energia richiesta per produrlo, partendo dalla materia prima. Infatti per ricavare dalla bauxite 1 kg. di alluminio sono necessari 14 kWh, mentre per ricavare 1 kg. di alluminio nuovo da quello riciclato servono solo 0,7 kWh di energia. Il riciclo dell’alluminio costituisce un’importante attività economica, che dà lavoro a molti addetti: l’Italia è il primo produttore europeo di alluminio riciclato ed il terzo nel Mondo. Una nuova quota di tale produzione e occupazione dovrebbe essere assegnata alla Sardegna: ciò garantirebbe con maggiore efficacia il raggiungimento dell’ obiettivo della
stabilità “socio-economica”della comunità dell’isola.
La mancanza di competenze multidisciplinari nella stesura del PEARS emergere chiaramente nell’assenza di una seria analisi sui costi sanitari delle attuali strategie industriali ed energetiche. Fra tutte le normative considerate nella stesura del piano mancano quelle che saldano le attività produttive ed energetiche alle ricadute sulla salute dei cittadini, attraverso il cambiamento della qualità dell’aria. Non viene dunque preso in considerazione il D.Lgs 351/99 “attuazione della direttiva 96/66 CE in materia di valutazione e gestione dell’ambiente aria”.Tale norma, seppur non recente, si ritrova ancora inapplicata nell’isola per quanto riguarda l’art 1-finalità, comma d, che
impone di mantenere “la qualità dell’ aria ambiente, laddove è buona e migliorala negli altri casi”.
E’ noto come un sistema regionale di centraline di rilevazione efficiente ed efficace sia ancora progettualità sulla carta, mentre nei fatti si ritrovino “controllati” che si controllano con centraline proprie.
I dati del registro Tumori della provincia di Sassari sull’elevata incidenza di tumori tra i lavoratori dell’area industriale di Porto Torres, nono sono confortanti; quelli più recenti che riguardano l’incremento annuo dei tumori nella prima infanzia e nell’adolescenza nell’intera provincia di Sassari, caratterizzati da incidenze superiori al 2% dell’incremento annuo della penisola (1% negli altri paesi europei; 0,7 negli Stati Uniti), sono anch’ essi significativi per le ricadute di un certo sistema industriale sulla salute delle fasce biologicamente più vulnerabili della società; l’esistenza di dati solo per la provincia di Sassari dimostra l’arretratezza del sistema sanitario regionale che anche l’ultima gestione non è riuscita a sanare. Invero, i dati biostatistici sulle 18 aree a forte impatto ambientale sono frutto dell’ impegno dell’ultimo assessorato alla sanità, anche se a tale impegno non ha fatto seguito una adeguata progettualità di prevenzione primaria inserita nel piano sanitario regionale. Tra i dati raccolti in queste aree della Sardegna (circa 900 000 persone) il sesso
maschile mostra un tasso di mortalità indicizzato per età per mille abitati per anno, più elevato rispetto all’intera penisola italiana, val padana compresa (84.4 v/s 80.8). Il rapporto Censis del dicembre 2007 riporta altri dati su cui riflettere ; tra questi, un rilievo particolare merita l’indicatore sintetico della salute che come si osserva, ci vede all’ultimo posto nel paese.
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Caro Sig.Presidente,
chiediamo scusa se proprio nel giorno della festa per il suo insediamento al Governo della Regione, le poniamo questi problemi,ma siamo convinti che la sua grande sensibilità ed apertura al sociale saprà accogliere anche questo nostro contributo che come CSS vogliamo dare perché le scelte che il Governo e la Regione si accingono a fare per il sostegno del sistema produttivo industriale della Sardegna, legato in gran parte al Piano Energetico Ambientale, siano scelte coraggiose e giuste che aiutino i Sardi e la Sardegna ad intraprendere decisamente la strada del nuovo sviluppo e proprio la soluzione della crisi dell’Eurallumina potrebbe segnare la svolta nella direzione di uno sviluppo ecocompatibile all’interno del quale salvaguardare insieme ai posti di lavoro l’ambiente e la salute delle popolazioni dell’intero territorio.
Con cordialità
Cagliari, 27/02/2009 Il Segretario Generale CSS
Dott. Giacomo Meloni

mercoledì 16 ottobre 2013

Shale gas, l’Europa vara regolamentazione ambientale, PREPERIAMOCI A LOTTARE CONTRO IL RILANCIO DEL PROGETTO ELEONORA E DELLE TRIVELLE IN CAMPIDANO

ALLERTIAMOCI  E PREPERIAMOCI A LOTTARE CONTRO IL RILANCIO DEL PROGETTO ELEONORA E LE TRIVELLE IN CAMPIDANO

NO FRAKING IN SARDINYA
La legge europea , ci mette nelle condizioni di agire per sapere e poter dire la nostra prima che qualsiasi  progetto entri in fase operativa
sta a NOI popolo, comitati di lotta, decidere come attuare l'opposizione per impedire che distruggano il nostro territorio.

Nel contempo  è stato apportato un emendamento che stabilisce la possibilità fare ricerca di giacimenti di shale gas ed estrarlo con il "fracking"  la fratturazione idraulica che nel tempo fa sorgere problemi di terremoti dove non vi erano problemi.

La mappa sotto  evidenzia la denuncia delle popolazioni locali che hanno chiamato questi eventi dannosi per l'ambiente con il nome di "Fraccidents" per quanti incidenti  accadono in continuazione , nelle falde acquifere si ritrovano oligo-elementi usati per la fratturazione delle rocce sotterranee che avvelenamento le acque prima potabili; aria inquinata, misteriose morti di animali, disastri industriali ed esplosioni senza motivo.
Ci sembra che le situazioni dannose elencate dai cittadini che vivono ove il "fracking" viene attuato sono  motivi di preoccupazione , che non vogliamo  aggiungere alla nostra, già dura, vita quotidiana.


Sa Defenza 



Andrea Zanoni, europarlamentare trevigiano dell'Alliance of Liberals and Democrats for Europe (ALDE), promosso sul campo relatore della nuova direttiva sulla Valutazione d'impatto ambientale (VIA), votata questa mattina (09.10.13) dal Parlamento europeo.
 "L'Italia si è distinta in Europa per l'applicazione distorta della direttiva in vigore, tema su cui sono stato molto attivo in questi anni in Parlamento europeo. 
Quest'esperienza, dei limiti d'applicazione della VIA, mi ha portato a poter intervenire sul testo all'interno della Commissione ambiente (ENVI) presentando ben 62 emendamenti, e questo ha portato gli altri membri a nominarmi relatore" spiega Zanoni.  

"Il Parlamento ha approvato stamani sia il testo del provvedimento come emendato dalla Commissione sia la mia richiesta di poter rinviare la discussione in Commissione per aprire in seguito il negoziato con il 'trilogo', ovvero una riunione tra Parlamento europeo, Consiglio Ue e Commissione europea. Ciò permettere di accorciare i tempi di approvazione della Direttiva. 

Questo spiega Zanoni, .. consentirà di arrivare all'approvazione definitiva della nuova direttiva entro questa legislatura: sia il Consiglio che la Commissione sono favorevoli a questo iter".

Con la nuova Direttiva, la disciplina di VIA si allarga a nuovi settori. Tra i più importanti c'è senz'altro lo shale gas (gas di scisto), anche se i comitati "No fracking" evidenziano i limiti di una riforma che, nei fatti, apre al fracking e ai gas non convenzionali: "Sia l'esplorazione che l'estrazione verranno obbligatoriamente sottoposte a Valutazione d'impatto ambientale -spiega Zanoni-. Anche l'esplorazione spesso viene realizzata con la tecnica del fracking, che è molto invasiva". (...)

("Eni lavora con lo shale gas anche in Europa, ma solo in Polonia e Ucraina. L'estrazione al momento ha aspetti piuttosto invasivi che la rendono problematica in zone densamente popolate: rumore, grandi assorbimenti d'acqua, molti residui da smaltire" ha ricordato ieri Paolo Scaroni, ad del gigante petrolifero, in un'intervista al Corriere della Sera.)

Tra le novità, anche l'applicazione della Direttiva ai parchi a tema, come ai parchi acquatici, ai campi di golf fatti su terreni aridi e siccitosi e alle miniere per estrazione dell'oro a cielo aperto. E poi c'è il tema delle demolizioni: "Anche demolire un ponte, o una diga, ha un impatto ambientale. Prima venivano considerati solo i nuovi progetti".

Un altro limite all'applicazione in Italia della Direttiva VIA, anche quella in vigore, sono le "dimensioni dei progetti, che però restano a discrezione degli Stati membri. Per il principio di sussidarietà, l'Ue non può dettagliare, come non può stabilire le sanzioni. Che però, con la nuova Direttiva, ogni Stato membro è chiamato ad approvare". Se ci saranno errori o violazioni della Direttiva, non saranno (solo) tecnici.

Shale gas, l’Europa vara regolamentazione ambientale

altreconomia
I programmi delle compagnie petrolifere alla ricerca di gas e petrolio non convenzionali non risparmiano nessun Paese del vecchio continente. Dai gruppi anti frack irlandesi ci informano che paesi come l’Olanda, il Belgio, Inghilterra, Scozia, Irlanda, Austria, Germania, Danimarca, Francia, Spagna, Portogallo, Polonia, Bulgaria, Lituania, Ucraina, Romania, Croazia, Bosnia, Serbia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Svizzera e Italia, sono tutti interessati da potenziali giacimenti di shale gas (gas da scisto) con una buona fetta di territori di paesi dell’Est Europa, Mare del Nord, Benelux, Germania, Inghilterra e Scozia da potenziali giacimenti di tight gas (gas da sabbie compatte).
È quanto emerge da una prima lettura di una mappa del magazine americano “Drilling Contractor” che indica le aree potenzialmente sfruttabili che si aggiungono ai giacimenti attivi di shale gas di Polonia, Germania, Austria, Olanda, Inghilterra e Danimarca. L’Italia è interessata da tali programmi per lo sfruttamento di shale gas con una vasta area di giacimenti ricadenti nella pianura padana nelle regioni come l’Emilia Romagna, il Veneto, la Lombardia, il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia. Seppur allo stato attuale non risultano ricerche attive di shale gas sul territorio italiano, restano comunque le intenzioni dell’Ad di Eni, Paolo Scaroni e del Premier Enrico Letta che recentemente hanno dichiarato di voler puntare sui programmi di shale gas anche in Italia.

La gravità degli emendamenti alla nuova direttiva sulla Valutazione d'impatto ambientale (VIA) si comprende  delle modifiche apportate alla direttiva sull'impatto ambientale vedi articolo sotto:


L’approvazione degli emendamenti 31 e 79 sull’estrazione di shale gas e sullo sviluppo dei programmi esplorativi di idrocarburi non convenzionali in Europa -nell’ambito della modifica della Direttiva 2011/92/UE sulla Valutazione d’impatto ambientale (Via)- ci restituisce un Parlamento europeo possibilista sull’esplorazione e sullo sfruttamento di gas non convenzionale nel Vecchio Continente. 



Perché, se da un lato le modifiche apportate alla Direttiva 2011/92/UE rappresentano un’importante introduzione normativa di monitoraggio, controllo e verifica degli impatti ambientali per questa tipologia di sviluppo minerario, dall’altro si sottolinea l’orientamento alla valutazione e non al divieto. 
Si è verificato così uno scollamento tra le politiche energetiche dell’Europa e le richieste avanzate, negli ultimi anni, dai principali gruppi “No Fracking” europei, che spingono per una definitiva messa al bando della fratturazione idraulica (tecnica utilizzata per l’estrazione di idrocarburi non convenzionali). 



Ricordiamo che a settembre -in occasione del primo slittamento dell’approvazione degli emendamenti 31 e 79- numerose associazioni e comitati hanno fatto sentire la loro voce. 
Compresi i promotori italiani della Campagna nazionale “No Fracking” (http://www.nofracking.itche, con una missiva indirizzata a tutti gli eurodeputati, hanno richiesto che l’obbligo di assoggettare a valutazione d’impatto ambientale i progetti di idrocarburi non convenzionali dovesse essere sancito già dalla fase di presentazione dell’istanza da parte delle compagnie petrolifere e non solo a metà dell’iter procedurale, ovvero dalla perforazione del pozzo esplorativo -che nella modifica della Direttiva 2011/92/UE viene definita “esplorazione”- all’estrazione. 
Lo stesso vale per l’obbligatorietà -sempre in sede di presentazione dell’istanza- di allegare lo studio preliminare dello stato dell’acqua, dell’aria e del suolo ante operam. Sullo sfondo l’obiettivo principale resta quello di arrivare a una legge nazionale contro il fracking, alla richiesta di trasparenza e pubblicazione dei piani ingegneristici delle compagnie petrolifere, oggi secretati, ed alla definizione, con legge, delle aree marine e terrestri da tutelare.

Il rischio europeo. In Europa le riserve di gas non convenzionale sarebbero pari a 15mila miliardi di metri cubi di cui 2 mila miliardi stimati solo in Polonia. Oltre 760 miliardi da estrarre nell'immediato. Un potenziale di shale gas e tight gas che interesserebbe quasi tutti  i Paesi dell’Unione. È quanto emerge da una prima lettura di una mappa diffusa dal magazine americano “Drilling Contractor”. 
Per l’Italia è evidenziata una vasta area di giacimenti ricadenti nella Pianura Padana, in regioni come l’Emilia-Romagna, il Veneto, la Lombardia, il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia.
Un quadro, questo, che giustifica l’accesa discussione in atto proprio tra gli Stati membri dell'Ue, che dovrebbero applicare la Direttiva così modificata quando questa diverrà legge. 
Bulgaria e Lussemburgo sono contrari al fracking. La Francia ha deciso di vietare il fracking con una legge del 13 luglio 2011, sulla quale però il Consiglio costituzionale dovrebbe pronunciarsi domani  (11 ottobre, ndr) su una sua presunta incostituzionalità. E proprio questa decisione -molto attesa non solo Oltralpe- potrebbe cambiare le carte in tavola. L’intervento del Consiglio costituzionale è stato richiesto dalla società Schuepbach Energy, secondo la quale “l’annullamento dei permessi di esplorazione è frutto di un’applicazione troppo rigorosa del principio di precauzione”

Principio di Precauzione, più che legittimo, sulla quale si fondano proprio le ultime modifiche della Direttiva 2011/92/UE. In Svizzera, Gran Bretagna, Olanda, Austria e Svezia, invece, i progetti sono stati sospesi. In Germania, Romania, Irlanda, Repubblica Ceca e Danimarca si parla di moratoria. 

In Italia, infine, in un clima di quasi totale disinteresse, il 18 settembre -su proposta del deputato di Sel, Filiberto Zaratti- la Commissione ambiente della Camera ha approvato una risoluzione “che esclude da subito ogni attività legata al fracking, cioè l’estrazione d’idrocarburi attraverso la fratturazione idraulica del sottosuolo”. 
Un impegno per il Governo, al quale dovrebbero seguire i fatti. Anche se in merito al fracking le grandi associazioni ambientaliste come le reti di movimenti italiani continuano a sostenere che nel nostro Paese non c’è il rischio di trivellazioni con fratturazione idraulica, per lo sfruttamento di shale gas. E perciò non serve una legge nazionale, non impugnabile, che ne sancisca concretamente il divieto.





Videomessaggio ZONA FRANCA Presidente della RAS Ugo Cappellacci

Ogni commento è superfluo ora come ora,  perché dobbiamo aspettare il risultato della risposta che darà il Parlamento italiota...

La nostra speranza è che la ZF non sia luogo di scorribande di aziende poco serie che la usino per fini poco edificanti come lo sfruttamento dei lavoratori sardi a solo esclusivo scopo del profitto, senza dare diritti o stipendi adeguati, ma il nostro auspicio è il contrario di quanto suddetto,  che serva a rilanciare un'economia locale de su "connotu" che dia speranza ai giovani di non dover più migrare , e restare per dare alla nostra terra nuove opportunità per edificare la socialità allargare la cultura , l'ospitalità, formare  famiglie e libertà de chistionai in limba...

Chi vivrà vedrà.

Sa Defenza



martedì 15 ottobre 2013

Fronte unidu indipendentista, elezioni, indipendentzia, idealità.. liberazione natzionale.. cali est sa via?

Fronte unidu indipendentista, elezioni, indipendentzia,  idealità.. liberazione natzionale.. cali est sa via?

Vàturu Erriu Onnis Sayli
«Noi ci illudiamo continuamente che l’oggetto voluto possa porre fine alla nostra volontà. Invece, l’oggetto voluto assume, appena conseguito, un’altra forma e sotto di essa si ripresenta. Esso è il vero demonio che sempre sotto nuove forme ci stuzzica».  ARTHUR SCHOPENHAUER


Su Fronte Unidu Indipendentista.

Nasce la necessità generale di una convergenza delle forze indipendentiste, A-manca pro s'indipendentzia si fa avanti e convoca l'assemblea di Ghilarza di settembre, il tema è l'unità dei movimenti e delle soggettività indipendentiste in vista delle prossime elezioni regionali per la RAS del 2014. 

La domenica mattina, dell'otto settembre 2013, presso la cittadina sarda di Ghilarza, Bilartzi in sardo, si apre l'assemblea rivolta e aperta a tutto il mondo indipendentista; l'intento e la speranza sono di trovare la più grande e aperta disponibilità e adesione dei movimenti, partiti, soggettività sociali,  liberi pensatori e intellettuali indipendentisti sardi, disposti ad  iniziare un percorso di confronto e dibattito per una convergenza politica atta alla formazione e presentazione di una lista elettorale unitaria rispettosa delle visioni e idee delle multi-soggettività presenti.

Nel dibattito anche se molto partecipato e numeroso, di organizzazioni presenti poche e di modesta grandezza, non ci sono, dunque, tutte le realtà politiche sperate della galassia indipendentista, come invece  era nelle intenzioni dei convocanti. 
Dopo previo dibattito*, nasce l'esigenza di dare al nascente fronte un obiettivo che va oltre l'imminente  scopo elettorale;  si fanno le votazioni sui regolamenti e sui punti trattati , e sull'organizzazione del nascente Fronte,  nella sintesi  dice:
 *L'assemblea ritiene necessario costruire un fronte indipendentista per le elezioni del 2014 aperto a tutte quelle forze indipendentiste che si riconoscono nel progetto, che va oltre le elezioni,  progetto di liberazione nazionale e sociale; ogni sensibilità verrà rispettata.
assemblea ad Assemini  CA
A distanza di un mese, nelle varie province sarde si sono svolte le assemblee territoriali, come da copione; 
In provincia di Cagliari si è tenuta ad Assemini, la partecipazione ha visto una ventina o poco più di persone che hanno assistito al dibattito, mentre gli aderenti erano quindici.

Negli interventi che possiamo dire di ordine generale, ci sono punti di vista che hanno espresso visioni e intenti comuni i punti votati dalla maggioranza, mentre ci sono questioni che aprono grandi differenze e disomogeneità politiche che  evidenziano letture e proposte radicalmente diverse , per esempio sull'intervento e sul sostegno da darsi nella crisi strutturale generale del mondo del lavoro e sulle soluzioni da adottare. 

Sulla questione industriale, si dipanano punti di vista molto diversi che se non vogliamo definirli opposti sono certamente molto distanti;
personalmente penso che in Sardinya sia ora di farla finita con l'epoca della industria completamente estranea alla cultura del territorio asservita a dogmi di funzionalità coloniale di occupazione del territorio e di cancellazione delle specificità intellettuali  delle conoscenze esistenti dei lavori tradizionali, sono inaccettabili progetti industriali come le cattedrali nel deserto di nostra conoscenza che generano depauperamento dei valori sociali, la distruzione ambientale, lo stravolgimento culturale e le tradizioni sarde. 

Un altro punto che mi dà notevole fastidio è la questione "democrazia", ovvero la pratica della delega previo voto segreto; 
perché così non si rispettano le molteplici situazioni e soggettività espresse nel territorio, vuoi per mancanza di strutturazione  o di leggerezza partecipativa , si va a premiare elettivamente con i delegati, chi ha una struttura di tipo chiuso come un partito. 

Sono per un indipendentismo libertario, aperto , flessibile, leggero e non sudditante a dei vertici di qualsivoglia idea politica sia;
dico questo perché il Fronte Unidu Indipendentista non si è dato solo una intenzionalità elettoralistica , per cui sarebbe superfluo ragionare più a fondo nello sviluppare una condotta di fine, si, se fosse appunto solo elettorale nulla ci sarebbe da dire;
ma proprio perché di più lunga durata e con obiettivo di liberazione nazionale, mi permetto di fare questo intervengo e dico quanto penso sulla prospettiva che va oltre l'evento 2014. 

L'impressione che ho avuto domenica , confesso, non mi è piaciuta,  ripensando ai propositi espressi a Ghilarza su democrazia, inclusione di tutte le soggettività ecc, mi pare che esse vanno a collidere con quanto ho detto sopra, ovvero  che quanto ne viene fuori sono ripetizioni di schemi politici e organizzativi che si dimostrano aperti solo in apparenza; il metodo è fatto in modo da far vincere o prevalere soggetti già pre-strutturati per l'occasione o chi ha già struttura partitica collaudata ed in un certo senso piramidale verticista, nulla a che vedere con le soggettività sparse spontanee ed autorganizzate diffuse sul territorio che restano senza relatori ne rappresentanti, il contrario della cosidetta "democrazia" diretta. 

Autorganizzazione, orizzontalità.. indipendentismo e idealità,  è liberazione soggettiva.

Non mi riconosco in un apparato di tipo "centralista democratico" di antica memoria staliniana, verticista piramidale, con apparati referenti ad un "capo supremo", sebbene con deleghe.
Sono per l'autorganizzazione, orizzontale, che predilige le assemblee aperte e a voto palese, via via che si pongano le problematiche da affrontare e risolvere , credo nell'agorà in un indipendentismo che generi indipendenza personale intellettuale, un uomo libero nel vero senso della parola, libertà non solo di natura geopolitica, ma che sia strumento di chiarezza di critica aperta di flessibilità ideale, libertaria, senza dogmi, dei o santoni,  da seguire fideisticamente o a cui sottostare, tipo: " nel nome della democrazia" oppure SACRIFICI perché " l'Europa ce lo chiede", che nascondono oscene parti di servilismo e di privilegi doverosi, ecc.

auto-organizzazione o organizzazione comunista? ..... I due termini, infatti, non sono in opposizione tra loro, ma dialetticamente connessi; o meglio: possono esserlo e lo sono, a misura che l’auto-organizzazione sia veramente tale, nata e costruita alla base, da e per coloro che vi partecipano collettivamente, ed a misura che l’organizzazione politica che si definisce comunista lo sia veramente nella sua fisionomia "separata", ma dentro il movimento stesso, cui si rivolge per dirigerlo e di cui è parte.     L'auto-organizzazione compare spontaneamente e i suoi effetti sono più stabili ed efficienti sulla struttura e sul comportamento dei sistemi aperti. Questo genere di sistemi è tipicamente lontano dall'equilibrio termodinamico e tende a scambiare energia, materia o informazione con l'ambiente esterno. Un sistema auto-organizzato muta la sua struttura fondamentale in funzione della sua esperienza e del suo ambiente. Tutte le entità che prendono parte all'interazione (componenti del sistema, agenti) agiscono in base a semplici regole e tendono a creare ordine dal caos senza possedere una visione dello sviluppo globale.
Libertarismo, dal francese libertaire, è un termine che indica un'ideologia che si basa sulla libertà come valore fondamentale, anteponendo la difesa della stessa ad ogni autorità o legge, ed è quindi sinonimo di anarchismo. Il libertarismo mira cioè ad una forte limitazione o ad una eliminazione del potere dello Stato e alla massimizzazione della libertà individuale e politica. 

Ritengo che l'indipendentista ha diritto  ad essere libero; che sia  uomo o donna ha diritto ad essere persona completamente libero/a nell'azione  nel pensiero , nell'intimità spirituale,  nelle scelte personali di qualsiasi livello o cosa che esse siano, non possono essere assoggettabile ad alcun dovere sovrastante, nel rispetto dell'umanesimo, della persona e del bene comune.

L'indipendentismo è il fenomeno politico caratterizzato dal rivendicare l'indipendenza di un territorio dalla sovranità di uno Stato; spesso,in senso spregiativo, si usa anche il termine separatismo o secessionismo.
Un fenomeno pur analogo ma da ritenere distinto, in quanto meno radicale negli scopi e in genere fondato su considerazioni di diversa natura, è l'autonomismo, che si prefigge come scopo l'ottenimento di maggiori poteri nell'amministrazione di una località che rimane comunque sottoposta alla sovranità dello Stato.
È da notare che i fenomeni di indipendentismo spesso si basano sulla rivendicazione del principio di autodeterminazione dei popoli, così com'è riconosciuto nel Diritto Internazionale, e fondano la legittimità di simili rivendicazioni sulla storicità di una passata indipendenza del territorio medesimo e sulla specificità culturale del popolo che lo abita. Spesso si fa ricorso al principio e all'idea dello stato-nazione, rivendicando uno Stato sovrano a una diversa nazionalità del popolo che abita un territorio appartenente a uno Stato che lo contiene. Su Partidu Sardu Indipendentista Sotzialista Libertariu  
Il malcontento provocato dalla linea politica autonomista, preferita a quella indipendentista emersa nel Congresso di Porto Torres del 1980, determinò l'uscita di numerosi dirigenti e militanti della base sardista che unendosi al nucleo storico di Su Populu Sardu e ai movimenti della sinistra extraparlamentare sarda e antagonista diedero vita intorno al 1984 al Partidu Sardu Indipendentista Sotzialista Libertariu, primo nucleo storico dell'attuale movimento indipendentista.

Globalizzazione Europa euro e liberismo, debito e territorio, idee e programmi economia e visione globale

La globalizzazione è un asservimento costruito e fondato sull'ideologia liberista per aumentare la ricchezza dei pochi a discapito del 99%, le élite private dei ricchi della terra è quell'1% che esprime  tramite tutte le istituzioni fondate allo scopo: FMI, BANCA REGOLAMENTI INTERNAZIONALI, WTO, BILDEBERG, TRILATERAL.. che stride con gli interessi dei popoli.

La globalizzazione sta realizzando una nuova forma di dominio imperiale nella quale il grande capitale multinazionale, attraverso il mercato, priva di sovranità e di autonomia politica le organizzazioni locali, i sindacati, i partiti e le istituzioni deliberative.... 
Non esiste l'economia , ma esiste l'economia politica , ovvero esistono le scelte che si possono fare, e le scelte fatte, ed esse non  vanno bene a tutti in quanto l'interesse d'esse o serve all'uno o serve all'altro; 
il bene comune negli interessi comuni a tutti non può coesistere , molti interessi sono contrapposti, di fronte a interessi contrapposti non ha senso fare interessi di tutti ma si sceglie politicamente;  
non c'è interesse comune tra il 99% e l'1% poiché la maggioranza della popolazione (99%) in questi anni di sfrenato liberismo si è estremamente impoverito mentre il restante 1% si è ulteriormente arricchito, questo dimostra che gli interessi sono contrapposti;perciò chiedere all'1% ricco che nulla ha a che vedere con gli interessi del 99% di parlare di bene comune è inutile oltre che stupido pensare che ciò sia possibile farlo,  l'1% il suo bene comune lo fa già, siamo noi che facciamo il loro bene anziché il nostro.
Bisogna fare una scelta di campo, la politica è obbligata a scegliere e le scelte politiche devono decidere a chi dare vantaggi e a chi penalizzare , se noi scegliamo l'interesse del 99%, che rappresenta la maggioranza della popolazione,  va a discapito degli interessi dell'1%;
chi è questo 1%?  esso è l'espressione delle élite creditizie finanziarie , che sono i trust finanziarizzati che le grosse imprese multinazionali  collegate ai colossi bancari si fondono in un unico trust  finanziario, mercantile, e industriale;  essi sono i super-ricchi..
A cosa dobbiamo questa assurdità?
Al vuoto di pensiero e che in questi anni ha portato all'espansione del pensiero liberista che  asserve solo l'1% , a motivo di questo vuoto di pensiero si è imposto il pensiero liberista  ed ha comportato l'acquisizione del pensiero unico, da cui difficile è uscirne, se non vi è un impegno serio da parte dei partiti e dei politici nel voler elaborare e aprire una nuova visione politico economica e sociale.
L'Europa oggi, è l'espressione degli interessi delle oligarchie e degli interessi finanziari bancari e delle multinazionali a danno dei popoli tutti, e le politiche di austerity che portano al continuo impoverimento sono una strada mortale per tutti i popoli assoggettati , di conseguenza penso si debba uscire da questa autorità sovranazionale che impone queste politiche economiche ai popoli e sostiene le caste dominanti;   Fabio mi ribadisce che L'europa  sta nell'idealità socialista, si certamente , ma non possiamo chiudere gli occhi alla realtà per dirla come piace  a Sara ed essere PRAGMATICI.
Vedete come si sta muovendo la Germania e cosa pensa di fare verso chi non accetta la "Demcrazia europea" (leggi euro)
 La Germania si sta interrogando se la sua potenza (ed impegno) militare sia adeguata a quella economica, anche se limitatamente ad una veste europea (e notasi, a lanciare questo messaggio è stato niente meno che il Presidente della Repubblica tedesco, J. Gauckt 
Tagesspiegel espresse pubblicamente l’ipotesi proprio di un intervento militare in Grecia al fine di fare quello che si è paventato sopra, ossia sostenere un governo pro- Euro (riferimento viii; la ragione dell’intervento nell’articolo citato era la necessità di mantenere integra la democrazia in tale Paese, ma i risultati non cambiano). O che dire del commento del Frankfurter Allgemeine Zeitung (riferimento viii) sulla possibilità di un intervento in Grecia in quanto incapace di proteggere i i suoi confini europei da ondate di migranti, forse questa versione vi suona più famigliare… 
Mi chiedo come si fa ad essere ciechi e non vedere davanti a noi lo scempio che questa Europa di rapina ha messo in atto,  che sta radendo al suolo con grandi sofferenze interi popoli (Grecia), lavoratori, famiglie e aziende ridotte al lastrico, in nome dell'austerity tedesca, che altro non fa che l'interesse nazionale Germanico?
Dove vivete per non vedere questo dramma?


La Germania in particolare, che stigmatizza l’importanza e l’inevitabilità dell’austerity oltre a suggerire la conseguente necessità – e questa è la vera novità – di aggredire i capitali privati al fine di abbattere il debito nazionaleQuesti sono ingredienti che porteranno inevitabilmente ad una forma di tassazione coercitiva dei capitali mirata ad intaccare direttamente o indirettamente il risparmio privato (ossia, colpendo proprio l’asset dove l’Italia è più ricca, vedasi il grafico successivo).A German wealth tax- Umfairteilung - The Economist


L'economista Piga dice: l’euro così com’è molte cose non vadano nessuno ormai lo contesta. Il dibattito si sposta su come riformare la moneta unica o come abbandonarla.  
Bertelsmann Stiftung, eminente think tank tedesco, relativamente ai supposti effetti legati ad un’uscita selettiva dall’euro. Il documento si intitola “Economic impact of Southern European member states exiting the eurozone”, del Giugno 2012. Secondo l’autore, tale documento non ha avuto l’eco che meritava, soprattutto in relazione ai contenuti espressi, che si ritiene molto “forzati” per quanto riguarda il coinvolgimento dell’Italia, oltre che per le conseguenze di una interpretazione acritica  dei risultati proposti. Tale documento va letto congiuntamente con il più conosciuto “twin paper” della stessa fonte del Gennaio 2013, in cui si dà conto di come il vantaggio competitivo accumulato dalla Germania negli ultimi 12/13 anni sia ascrivibile in buona parte – sebbene non completamente – all’adozione della moneta unica (“How Germany Benefits from the Euro in Economic Terms”).  
In armonia con il pensiero tedesco di prelevare almeno il 15% dei depositi dei correntisti italioti si esprime in tal senso anche il FMI:
Nonostante siano anni che cerco di avvisare i miei lettori e\o i clienti del mio studio di consulenza circa il rischio di un prelievo forzoso sui conti correnti, in Italia come nel resto d'Europa, ecco che la conferma di questa profezia viene adesso confermata anche dallo stesso Fondo Monetario Internazionale (FMI).
Nel recente report semestrale "Monitor delle finanze pubbliche" i diabolici economisti del FMI, allo scopo di rimediare alla crisi dei debiti sovrani, hanno esposto la "geniale" idea di imporre un prelievo forzoso del 10% sui conti correnti di 15 paesi dell’area euro (Italia compresa). 
In realtà. la proposta avanzata dal FMI era diventata un facile pronostico già in tempi non sospetti, l'intervista che segue all'economista francese J. Sapir ne è un'evidenza da non sottovalutare:
Jacques Sapir D – Professore, Lei è stato tra i primi economisti europei ed evidenziare i danni provocati dall’euro ed a chiedere la sua fine. In una delle ultime analisi ha scritto che si tratta di una sorte inevitabile. Secondo Lei, quanto tempo ancora ci vorrà e da quale paese potrà partire l’iniziativa?
R – A questo punto bisogna distinguere due problematiche. La prima riguarda l’analisi della situazione economica che l’euro ha creato e delle sue conseguenze. Da ormai quasi tredici anni osserviamo che l’euro non solo non ha prodotto le convergenze macroeconomiche sperate, ma ha invece accentuato le divergenze. 
L’ho detto a più riprese, e ormai questa mia posizione riscuote consenso tra gli economisti. Constatiamo anche che l’euro rappresenta un enorme freno per la crescita nella maggior parte dei paesi che l’hanno adottato, ad eccezione, ovviamente, della Germania. Per finire, si osserva che l’euro fa aumentare i deficit, tanto interni quanto esteri, e che porta verso un debito sempre più grande dei paesi che sono entrati nell’Unione economica e monetaria. Tutto questo è abbondantemente documentato da numerosi autori. 
Siccome l’euro può funzionare solo in una spirale di impoverimento per la maggior parte dei paesi, ne deduco che è destinato a fallire.(...) Al momento, la situazione resta stabile grazie alla Banca Centrale Europea. Ma la credibilità di quest’ultima sta nel fatto che non è stata messa alla prova. Prima o poi i mercati testeranno la risoluzione della Bce, e allora Mario Draghi si ritroverà fortemente in difficoltà. 
Queste condizioni potranno anche provenire dalle tensioni politiche crescenti che l’Euro genera sia tra i paesi membri dell’UME, sia all’interno degli stessi, dove le forze anti-europeiste prendono sempre più peso.Queste tensioni potranno ad un certo punto mettere gli attori politici di fronte alla necessità di dissolvere la zona euro o di uscire dalla moneta unica.(...) 
D - Secondo Lei quanta responsabilità hanno i partiti socialisti europei rispetto all’attuale crisi e da quali forze politiche ritiene possibile un cambiamento? La responsabilità dei partiti socialisti europei è schiacciante. E’ prima di tutto diretta: questi partiti si sono arresi senza condizione davanti alle esigenze della finanza e del capitale; hanno imposto delle politiche di austerità inaudite alle popolazioni e sono di conseguenza fortemente responsabili della stagnazione economica che viviamo. 
R - Ma resiste anche una responsabilità indiretta. Nel pretendere che non esistono altre soluzioni oltre l’austerità, nel proclamare il dogma dell’euro ed ipotizzando scenari catastrofici nel caso di un’uscita, tali partiti socialisti hanno costruito un discorso politico che blocca la situazione ed è parte integrante della crisi. Ragion per cui non si potrà uscire dalla crisi se non attraverso la distruzione di questi partiti, la loro implosione, e delle ricomposizioni politiche importanti. E’ quello che stiamo assistendo in Francia ed in Grecia. 
 Invece di pensare di uscire da questa Europa di usurai e malfattori, con ciò che ne consegue per chi esce chi rimane , si fa una politica dello struzzo e si nasconde sotto il tappetino l'evidente incapacità come denuncia l'economista Gustavo Piga:
La manipolazione dei dati del governo italiota, complice della padrona Merkel e dell'austerity, per nascondere le verità evidenti al popolo che la cosa giusta da fare è cambiare i regolamenti dell'europa liberista oppure  di prendere la decisione giusta: l'uscita dall'euro; Nessun Governo Italiota ha mai osato fare quanto si accinge a fare il Ministro  Saccomanni: non solo trucca il PIL, ma contemporaneamente sgonfia le spese per interessi. Dell’1% del PIL, 16 miliardi, una cifra colossale, una bugia incredibile fatta per evitare che impietosamente i conti pubblici raccontassero la vera sconfitta di questo esecutivo: la sua incapacità di saper fare politica economica.
 Dati macroeconomici sull'Italia:
- Debito Pubblico: 2.075 miliardi di euro- Prodotto Interno Lordo: -1,8% (variazione acquisita 2013).- Rapporto Debito/Pil: 130,40% (previsioni MEF per il 2013).- Rapporto Deficit/Pil: 2,9% (previsioni MEF per il 2013).- Disoccupazione: 12%.- Disoccupazione giovanile: 39,5%.- Interessi pagati sul debito pubblico: circa 100 miliardi l'anno
Contributi per la stabilità delle economie nell’Eurozona versati dall’Italia:
- circa 10 miliardi per prestiti bilaterali (effettuati dall'Italia direttamente alla Grecia); - 32 miliardi nei confronti dell’EFSF; - 8,6 miliardi per il nuovo organismo ESM.In sostanza, i prestiti e i contributi versati dall’Italia a partire dal 2010 fino al secondo trimestre 2013 ha raggiunto la cifra complessiva quasi 51 miliardi di euro.
Non è più accettabile, a fronte di un mancato cambio di rotta  delle politiche economiche europee che portano all'indebitamento forzoso dovuto ad una moneta estranea, gestita da una banca privata la BCE , in contrapposizione agli interessi e alle economie locali dei popoli europei del euromed, continuare a non tenere conto di un default o di una cancellazione del debito, come era uso anche fare nell'antichità:

IL DEBITO: la storia raccontata da parte dei creditori e ripristinare la verità storica. La cancellazione del debito generalizzata si è verificata più volte nella storia. 
Il regno di Hammurabi, “re” di Babilonia (situata nell’attuale Iraq), iniziò nel 1792 avanti Cristo e durò 42 anni. Quello che la maggior parte dei manuali di storia non dice è che Hammurabi, come altri governanti delle città-Stato della Mesopotamia, proclamò in varie occasioni un annullamento generale dei debiti dei cittadini con i poteri pubblici, i loro alti funzionari e dignitari. Quello che  stato chiamato il Codice di Hammurabi fu scritto probabilmente nel 1762 avanti Cristo. Il suo epilogo proclamava che “il potente non può opprimere il debole, la giustizia deve proteggere la vedova e l’orfano (…) al fine di rendere giustizia agli oppressi”. Grazie alla decifrazione dei numerosi documenti scritti in caratteri cuneiformi, gli storici hanno trovato la traccia incontestabile di quattro annullamenti generali del debito durante il regno di Hammurabi (nel 1792, 1780, 1771 e 1762 A. C.). 


Nel 432 avanti Cristo, Neemia, certamente influenzato dall’antica tradizione mesopotamica, proclama l’annullamento dei debiti degli ebrei indebitati verso i loro ricchi compatrioti. È a quell’epoca che si redige la Torah. La tradizione degli annullamenti  generalizzati del debito farà parte della religione ebraica e dei primi testi del cristianesimo tramite il libro di Levitico che proclama l’obbligo di annullare i debiti ogni sette anni e in ogni giubileo, cioè ogni 50 anni. 
Queste argomentazioni sono  motivo della mia difficoltà di accettare il "centralismo democratico" adottato dentro il Fronte, come la formazione di queste deleghe che servono solo a dare ossigeno ad una società passata e finita che si vuole riproporre nonostante sia già morta; se si vuole riprodurre  gli stessi leit motiv di essa, che sono  ingabbianti e schiavizzanti, io non ci stò.  




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