venerdì 11 gennaio 2013

Indipendentiste curde assassinate dai servizi segreti turchi.


Lacrime amare sgorgano dal viso del popolo Kurdo, tre donne tre militanti della libertà della terra kurda son state assassinate, estenuanti lavoratrici per l'indipendenza del Kurdistan gli rendiamo onore affinchè la loro lotta non sia vana sosteniamo le loro idee di LIBERTA'!
SA DEFENZA

Grazie a chi, come Mario Carboni,  ha la giusta sensibilità di ricordarci e toccare la nostra coscienza,  da buon rammemoratore sprona i nostri doveri di solidarietà verso i nostri fratelli e amici indipendentisti del Kurdistan, non dimentichiamo mai che siamo uomini e donne impegnati per la libertà del nostro paese, la Sardinya, e dobbiamo rendere onore ai caduti kurdi sotto il fuoco assassino, nemico della libertà!

Mario Carboni indipendentista
Indipendentiste curde assassinate dai servizi segreti turchi.
Sabine Cansiz, fondatrice del PKK Fidan Cogan del Parlamento curdo in esilio
Keyla Soylemez giovane militante.

Uccise concolpi di pistola col silenziatore nella sede del PKK a Parigi.

Militanti di una lotta storica per l'indipendenza del popolo curdo, represso e negato da turchi, siriani, irakeni, solo adesso godono di una precaria autonomia nel Kurdistan irakeno. 

Il nemico più feroce è sempre stato lo stato turco ed oggi il regime islamico che lo governa. Giusto il rifiuto alla Turchia nell'Unione europea, per molti motivi e sopratutto per la negazione violenta oltre ogni limite dell'autodecisione dei curdi e per la sostanziale ademocrazia del regime.



Vergognoso il silenzio della sinistra italiana, della supersinistra e dei pacifisti di ogni tipo sulla sofferenza dei curdi, sulle loro lotte e in questo caso su un orribile omicidio politico di tre donne colpevoli di essere emancipate e di lottare per la loro libertà e quella del loro popolo. 
Dove sono le manifestazioni? 
I post in facebook? 
I blog? 
I comitati e le iniziative contro il turchi ed il loro regime liberticida?
La difesa delle donne in questo classico femminicidio politico?
Anche i neoindipendentisti sardi..in silenzio.
Quanto è viscido operare in politica con due pesi e due misure!
Onore alle tre vittime..









Luigi Barnaba Frigoli
www.unionesarda.it
Un'esecuzione in piena regola. È quella con cui, nella notte tra ieri e mercoledì sono state freddate tre donne all'interno di un edificio di Rue Lafayette, nel centro di Parigi.

A rinvenire i corpi, alcuni amici, presentatisi sul posto dopo essersi insospettiti per una serie di telefonate senza risposta.
A intricare ancor di più la matassa, l'identità delle tre vittime: si tratta di Sakine Cansiz, cofondatrice del Pkk (il Partito comunista curdo in lotta da decenni contro la Turchia per ottenere l'indipendenza), di Fidan Dogan, rappresentante del Congresso nazionale del Kurdistan, con base a Bruxelles, e della giovane attivista Leyla Soylemez. 


Tutte e tre freddate con un colpo alla testa, proprio nei locali che ospitano la sede del Pkk nella capitale francese, dove non sono stati trovati segni di effrazione. Anzi, i primi rilievi farebbero supporre che siano state proprio le tre donne a rispondere al citofono e ad aprire la porta al loro aguzzino, anche se non è escluso che ad agire siano state più persone. 


Sul triplice omicidio le autorità transalpine hanno immediatamente aperto un'inchiesta. Ma per molti la pista da seguire sarebbe chiara: quella delle trattative dirette tra il governo di Ankara e il leader curdo Abdullah Ocalan, in carcere sull'isola di Imrali dal 1999 in condizione di totale isolamento. 


Ne sono convinti i rappresentanti del Pkk residenti sul suolo francese, che ieri mattina hanno affollato a centinaia Rue Lafayette, scandendo slogan contro il nemico turco e in particolare contro il presidente Recep Tayyp Erdogan, definito a più riprese assassino, e a favore della liberazione di Ocalan, prima di dare il via a un corteo all'insegna della rabbia e del cordoglio. 


«È un crimine di Stato o in ogni caso un crimine politico», ha dichiarato Edhart Leon, responsabile della Federazione delle Associazioni Curde di Francia, mentre il presidente francese François Hollande ha parlato senza mezzi termini di «crimine orrendo». 


Dal canto proprio, la Turchia, tramite il portavoce dell'esecutivo, ha condannato l'uccisione delle tre attiviste, senza però rasserenare gli animi della comunità del Kurdistan, che, anzi, tramite il tam tam su internet, ha invitato «tutti i curdi e gli amici del popolo curdo» alla mobilitazione.

mercoledì 9 gennaio 2013

Sardinya nucleare: Quirra? Discarica abusiva


LANUSEI. Scintille di fronte al gup: studi medici per contestare le accuse
www.unionesarda.it
si.l.)

Quirra? Discarica abusiva




I difensori: «Torio pericoloso solo se iniettato»

La Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito "non ha acquisito alcun elemento" circa la presenza di tracce del metallo nelle aree dei poligoni di tiro.
La Commissione non ha elementi per mettere in dubbio quanto dichiarato dal ministero della Difesa, che sostiene di non aver mai usato, posseduto o stoccato in Italia munizionamenti all'uranio impoverito. E dunque è impossibile asserire o escludere con certezza la sussistenza di un nesso causale tra l'esposizione all'uranio impoverito e l'insorgere di patologie tumorali. Sono le conclusioni cui è giunta la Commissione del Senato e che sono state illustrate dal presidente, Giorgio Rosario Costa.


LE REAZIONI - "Dopo la terza commissione di inchiesta nessuna risposta è arrivata ai familiari degli oltre 200 morti e degli oltre 2500 militari italiani (dati assolutamente parziali) malati per possibile contaminazione da uranio impoverito". Lo afferma il legale dell'Associazione Vittime Uranio, Bruno Ciarmoli, commentando la relazione finale dell'organismo parlamentare. "I risultati finali dell'ultima commissione - continua l'avvocato - sono assolutamente deludenti, non è stata fatta nessuna chiarezza su: malformazioni alla nascita, mancata adozione di misure di protezione per il personale italiano, ragion per cui la Difesa è stata condannata più volte a risarcimenti talvolta milionari in sede civile, errori nella concessione dei benefici previsti dalla legge, che hanno portato a un vero e proprio caos".


Secondo Ciarmoli "i risultati sulle indagini nei poligoni, quello di Salto di Quirra in Sardegna su tutti, appaiono infine in contrasto con quanto sta emergendo dall'inchiesta della procura di Lanusei che ha riscontrato tracce di torio (ben più pericoloso dell'uranio) nei cadaveri di pastori ed ex militari venuti in contatto con il poligono. Insomma, non ci resta che continuare a fare affidamento alla magistratura".


Il poligono non è inquinato, è il pm che lo disegna così. Per questo sarebbe stato più opportuno un processo per discarica abusiva, non certo per disastro ambientale. E il torio? «Pericoloso solo se iniettato, non se inalato o ingerito». Con questi e altri argomenti i difensori degli indagati per i veleni di Quirra hanno contestato l'impianto accusatorio del pm Domenico Fiordalisi. Ieri di fronte al gup Nicola Clivio è stato il turno di Leonardo Filippi e Andrea Chelo, difensori di Pierluigi Cocco, medico al poligono, sotto accusa per avere, secondo il pm: “eliminato il test di piombo ematico dalle analisi dei militari e non aver prescritto loro le misure precauzionali di base”. 

LE TESI 
Filippi e Chelo hanno fatto riferimento ad una vasta letteratura medica, citando due diversi studi dell' Institute for cancer research sulla relazione di alcuni elementi chimici con incidenza delle patologie tumorali. Studi dal quale emergerebbe la non pericolosità del torio, la cui presenza sulle terre del poligono è uno dei capisaldi dell'accusa. Elementi utili a minare il reato di disastro ambientale, sul sentiero tracciato da tutti i legali dei venti indagati che uno dopo l'altro hanno disseminato di dubbi le radici dell'inchiesta. Quella sul poligono delle esplosioni, delle morti per tumore, sulle presunte responsabilità, sui silenzi Nato. Veleni venuti a galla dopo anni di segreti.


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SENZA POTERE 
In aula ha parlato anche Stefano Oliva, legale di Vincenzo Mauro, membro della commissione del Ministero della Difesa, che ha anche lui insistito sulla non configurabilità del reato di disastro ambientale prima di disegnare la posizione del suo assistito nell'ambito della commissione difesa come non in grado di influenzarne le decisioni.

ULTIMA UDIENZA 
Si tornerà in aula il prossimo 17 gennaio per la conclusione delle arringhe dei difensori. Prenderà la parola Francesco Caput, avvocato dello Stato e difensore di dieci indagati, i militari che si sono avvicendati al comando delle base. A quel punto il gup Nicola Clivio concederà due settimane per permettere agli uffici di permettere agli uffici di disporre la trascrizione dei verbali, che verranno messi a disposizione del pm. Quindi fisserà l'udienza per le eventuali repliche. 

I TEMPI 
L'intento è quello di chiudere l'udienza preliminare entro febbraio, quando si conoscerà il destino degli indagati Fabio Molteni, Alessio Cecchetti, Roberto Quattrociocchi, Valter Mauloni, Carlo Landi, Paolo Ricci, Gianfranco Fois, Fulvio Francesco Ragazzon, Giuseppe Di Donato, Vittorio Sabbatini, Vincenzo Mauro, Francesco Riccobono, Giuseppe Protano, Fabio Baroni, Antonello Luigi Di Lella, Gilberto Nobile, Gabriella Fasciani, Pierluigi Cocco, Walter Mura, Walter Carta. 

.:: I poligoni di Deci ::.
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STORIA DE SARDINYA: La rivolta contro il Re in una Sardegna oppressa dalla fame


Est berus ca est passau meda tempus de s'aregodu, ma est de imporu mannu ndi chistionai et arrexonai de is patriotas de Palabanda

Sa Defenza


La rivolta contro il Re in una Sardegna oppressa dalla fame

Nel 1812 un gruppo di borghesi cagliaritani già protagonisti della “Sarda Rivoluzione” cercano di cacciare i piemontesi
di Luciano Marroculanuovasardegna
Palabanda è una valletta che si allunga sotto il fianco occidentale di Castello, laddove Stampace, prima di aprirsi verso la campagna, si attarda in un succedersi di orti e frutteti, punteggiati da capanni per attrezzi, alcuni dei quali negli ultimi tempi -siamo nel 1812- hanno l'aria di moderne case di villeggiatura. Ad arricchire lo spirito del luogo le rovine dell'Anfteatro, testimone di un'antica grandezza. Ci sono poi, in abbondanza, pozzi e cisterne ciò che consentirà più tardi la nascita proprio a Palabanda dell'Orto botanico cagliaritano.
Nonostante i suoi orti, le sue verzure e quel suo essere quasi campagna, Palabanda è parte integrante di Stampace, il quartiere che sorge ai piedi di Castello, dalla parte del bastione di Santa Croce. Da Castello, scendere a Stampace è questione di un attimo. Eppure passata la Porta Reale, che mette in comunicazione i due quartieri, si ha l'impressione di entrare in un mondo a parte. Stampace è nata nel XII secolo, al momento della prima fortificazione di Castello, raccogliendo artigiani e capimastri pisani. Poi è stato popolato da sardi. Gli stampacini del primo Ottocento, così come i loro antenati, hanno fama di spiriti liberi. Da Stampace è partito il 28 aprile 1794 lo "scommiato" dei piemontesi, la loro cacciata in altre parole.
Abbiamo capito che Palabanda è un luogo magico: non più città non ancora campagna, rovine, case di vacanza, il tutto a un tiro di schioppo dal centro di Cagliari. Viene in mente Gesù che, volendo meditare nel deserto, trova il deserto della Giudea appena fuori da Gerusalemme. Palabanda, mettiamola così, è un posto per meditare, e i "congiurati" hanno questo vizio: gli piace meditare in gruppo. Lo fanno nella casa di Salvatore Caddeddu. "All'ombra di due cipressi -scriverà più tardi il canonco Spano- seduti tutti, solevano biasimare gli atti del Governo e quindi meditavano di farlo crollare." Forse, la "congiura" è soprattutto questo, ragionare in gruppo su come far crollare il Governo.
Il capo è Salvatore Cadeddu, un avvocato sessantenne, che nella 'Sarda Rivoluzione' del 1793-96 ha avuto un ruolo di primo piano. Per capire cosa sa essere la nascente borghesia cagliaritana, di cui Cadeddu fa parte, si può partire dalla sua famiglia. Luigi e Gaetano, i figli più grandi, sono rispettivamente delegato di giustizia e avvocato: parteciperanno alla congiura. Il fratello di Salvatore Cadeddu, Giovanni, è il tesoriere dell'Università di Cagliari. Partita la repressione, sarà tra gli arrestati. Rimarrà fuori dalla congiura il terzo dei figli di Salvatore, Efisio, al quale i precedenti familiari non impediranno di diventare presidente del Tribunale di Cagliari. Ci sono poi preti e artigani. Tra questi ultimi, Raimondo Sorgia e Giovanni Putzolu. Arrestati, verranno anche loro impiccati. Il pescatore Ignazio Fanni, subirà una condanna a morte in contumacia. Il panettiere Giacomo Floris morirà in carcere.
Quella che autorità politiche e magistrati chiameranno "congiura di Palabanda" altro non è che un progetto di ripetere, a diciotto anni di distanza, lo "scommiato" dei piemontesi. Allora gli stampacini poggiarono lunghe scale sulle mura del Balice ed entrarono a Castello, arrivando sino al palazzo del viceré. Questa volta i cospiratori contano sulla complicità di chi nella notte tra il 30 e il 31 ottobre aprirà loro la porta di Sant'Agostino, che conduce a Marina, da dove poi saliranno a Castello. Tra i loro obiettivi, sembra esserci quello di arrestare Giacomo Pes di Villamarina, che si è segnalato per la burocratica ferocia con cui, prima da comandante della Piazza di Sassari poi da Generale delle Armi del Regno, ha represso ogni forma, anche puramente teorica, di opposizione. Insomma il progetto prevede un'insurrezione in piena regola, accesa da una agguerrita avanguardia.
Quali che siano le intenzioni e i piani dei congiurati, le cose vanno storte, come in un modo o nell'altro capita quasi sempre alle rivoluzioni. E' la sera del 30 di ottobre 1812 e un'ottantina di persone si ritrovano tra Marina e Stampace, nel terreno di uno dei cospiratori, Giacomo Floris. E' lui stesso a lasciare il gruppo per raggiungere i compagni che, nel frattempo, dovrebbero essersi radunati a Marina. Per strada viene fermato da un gruppo di soldati che gli chiedono cosa faccia a quell'ora per strada. Lui farfuglia qualcosa e viene lasciato andare, ma si è fatto l'idea che le autorità sanno tutto. Torna indietro e "contrordine compagni", la rivoluzione è sospesa.
La repressione impiega qualche giorno a mettersi in moto. I primi arresti sono quelli di Giovanni Putzolu, Giacomo Floris, Raimondo Sorgia, che già conosciamo. Giovanni Cadeddu, fratello del capo della rivolta, e il figlio di quest'ultimo Luigi vengono arrestati in dicembre. Quanto a Salvatore Cadeddu, tentenna ma poi decide di rifugiarsi in una sua proprietà lungo la costa sulcitana. Quando Villamarina lo scova e lo fa venire a prendere sono passati sette mesi dal fallito colpo di mano e la macchina della repressione è già in moto. E' la Reale Udienza a istruire il processo. Otto le condanne a morte, di cui tre eseguite e cinque in contumacia. Due le condanne all'ergastolo. Salvatore Cadeddu è impiccato il 2 di settembre 1813, il suo verrà bruciato e le sue ceneri verranno sparse al vento.

martedì 8 gennaio 2013

Sardinya: Eletziones italianas? Sardigna no est Italia!






  • Eletziones italianas? Sardigna no est Italia!
    Eletziones italianas? Sardigna no est Italia!


    Ci risiamo, l’Italia puntualmente si ricorda della sua colonia d’oltremare per la campagna elettorale e invade le nostre città con cartelloni pubblicitari infarciti di frasi rituali e marchi tricolore.

    Che deve fare l’indipendentismo davanti alla  messa in scena delle elezioni italiane? Qual’è il compito della sinistra indipendentista?
    Partiamo da un punto fermo. Nelle campagne, nelle città, nei paesi, nelle officine e nei posti di lavoro i Sardi si sentono offesi e raggirati, sempre più distanti da uno Stato che li salassa di tasse ma non garantisce neppure quella soglia minima di servizi che servono ad una società per definirsi civile. Non parliamo del lavoro. La linea economica decisa in Italia per la Sardigna è stata finora disastrosa. Si è scelto di smantellare i nostri settori produttivi e la nostra economia per lanciare progetti che hanno arricchito chiunque tranne i lavoratori sardi.

    Riteniamo che sia necessario lavorare sul distacco e sullo scollamento fra Popolo Sardo e Stato italiano lanciando una campagna per un astensionismo di massa. Dobbiamo far capire ai cittadini e ai lavoratori sardi che ogni voto dato a chi si presenta alle elezioni italiane è un credito attribuito a chi ha letteralmente portato al collasso il nostro Paese, facendolo piombare in uno dei periodi più bui della nostra storia.

    Dobbiamo delegittimare ogni sorriso e ogni promessa elettorale di chiunque, perché anche se disponessimo di uno o due parlamentari sardi onesti o anche indipendentisti, questi non potrebbero fare nulla contro il sistema coloniale che stritola la nostra gente e la nostra economia. È inutile illudere la nostra gente andandogli a raccontare la frottola secondo cui le cose si possono migliorare a Roma. È molto più utile invece dare dignità di protesta civile al non voto dei cittadini sardi offrendo loro una prospettiva che finalmente sentano come propria e non calata dall’alto.

    Dobbiamo far comprendere ai lavoratori e ai cittadini di Sardigna che ogni scheda elettorale imbucata nelle urne è un voto all’Italia, al suo sistema di rapina fiscale, al saccheggio delle infrastrutture e alla chiusura dei servizi minimi e vitali, alla chiusura delle attività produttive industriali e manifatturiere. Ogni voto all’Italia e ai suoi intermediari equivale al sicuro fallimento di un’azienda agricola, all’emigrazione di un giovane, all’ennesima croce sulla Sassari-Olbia, ad un tumore nel Sulcis, alla chiusura di un presidio medico e di un ufficio postale periferico.

    A nostro avviso gli indipendentisti coerenti devono prendere una posizione chiara per l’astensione alle elezioni italiane. Dobbiamo tracciare un solco netto fra chi crede che sia possibile una riconciliazione della Sardigna con lo Stato italiano e chi invece sostiene che i Sardi si debbano liberare definitivamente dalle pesanti ingerenze e imposizioni che hanno portato allo sfacelo la nostra comunità.

    Come sinistra indipendentista rivolgiamo l’invito a tutti gli indipendentisti per organizzare una campagna seria e capillare per una astensione pubblica e dichiarata. Il nostro scopo non è assolutamente antipolitico, al contrario noi vogliamo consolidare la sfiducia verso lo Stato italiano per poi raccogliere le migliori energie e fare fronte comune qui in Sardigna dove gli indipendentisti possono aspirare a governare realmente. Dobbiamo far passare il concetto che soltanto conquistando uno dopo l’altro tutti i nostri paesi e città e finalmente strappando il governo regionale dalle grinfie dei burattini coloniali sarà possibile cambiare le cose e agire da una posizione di forza.
    Soltanto così i Sardi potranno finalmente iniziare a negoziare con l’Italia una gestione sovrana delle ricchezze e delle risorse, soltanto in tal modo i Sardi non saranno più un bacino di voti ma un popolo degno di dignità e rispetto!

    I nostri antenati si preoccupavano di cacciare gli invasori per vivere liberi, non di trovare un modo per avere una poltrona nel Senato di Roma. Dopo 2000 anni noi siamo forse da meno? 

    Dimostriamo di essere degni discendenti di gente libera!! 

    lunedì 7 gennaio 2013

    “Siamo gli stessi di 500 anni fa, di 44 anni fa, di 30 anni fa, di 20 anni fa, di solo qualche giorno faˮ


    “Siamo gli stessi di 500 anni fa, di 44 anni fa, di 30 anni fa, di 20 anni fa, di solo qualche giorno faˮ

    Ejército zapatista de liberación nacional EZLN 




    Comunicato del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno – Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
    Messico
    30 dicembre 2012

    Al popolo del Messico:
    Ai popoli e ai governi del mondo:
    Fratelli e Sorelle: Compagni e Compagne:
    Lo scorso 21 di Dicembre del 2012, alle prime ore del mattino, decine di migliaia di Indigeni Zapatisti si sono mobilitati e hanno occupato, pacificamente e in silenzio, le sedi di 5 municipi dello Stato Messicano Sudorientale del Chiapas.
    Nelle città di Palenque, Altamirano, Las Margaritas, Ocosingo e San Cristòbal de Las Casas, li abbiamo osservati e ci siamo osservati tra di noi in silenzio.
    Non è il nostro un messaggio di rassegnazione.
    Non è di guerra, né di morte e distruzione.
    Il nostro messaggio è di lotta e resistenza.
    Dopo il colpo di stato mediatico organizzato all’interno e dal potere esecutivo federale che ne ha svelato tutta la mal celata ignoranza e l’ha dissimulata in maniera peggiore, ci siamo presentati per farvi sapere che se loro non se ne sono mai andati, noi tanto meno. Sei anni fa, una parte della classe politica e intellettuale cominciò a cercare un responsabile della sua propria sconfitta. A quel tempo noi stavamo lottando, nelle città e nelle comunità, per chiedere Giustizia rispetto alla strage di Atenco, che non andava molto di moda.
    In quei giorni, prima ci calunniarono e poi volevano zittirci.
    Così incapaci e disonesti da non vedere che in essi stessi risiedeva e risiede la causa della loro rovina, pretendevano di farci sparire con la menzogna e il silenzio complice.

    Sei anni dopo, due cose sono chiare:
    Loro non hanno bisogno di noi per fallire.
    Noi non abbiamo bisogno di loro per sopravvivere.
    Noi non siamo mai morti, anche se loro si sono impegnati a far credere ai media di ogni tipo che lo eravamo, noi siamo risorti come Indigeni Zapatisti che sempre siamo stati e sempre saremo.
    In questi anni abbiamo potenziato e migliorato in maniera significativa le nostre condizioni di vita. Il nostro livello di vita è superiore a quello delle comunità indigene affini al governo di turno, le quali ricevono solo l’elemosina e sperperano quei soldi in alcool e articoli inutili .Le nostre abitazioni migliorano senza per questo intaccare la natura ed imponendole, quindi, un percorso che le è sconosciuto.

    Nei nostri villaggi, la terra che prima era utile solo a ingrassare il bestiame degli allevatori e dei proprietari terrieri, ora produce mais, fagioli e verdure che splendono sulle nostre tavole. Il nostro lavoro ci dona la doppia soddisfazione di provvedere al necessario per farci vivere onestamente e di contribuire alla crescita collettiva delle nostre comunità. I nostri figli e le nostre figlie vanno ad una scuola che le insegna la oro propria storia, quella della loro patria e del mondo, come insegna le scienze e le tecniche necessarie per accrescere il proprio sapere senza smettere di essere indigeni.
    Le donne indigene zapatiste non sono vendute come mercanzia. Gli Indigeni affiliate al PRI vanno nei nostri ospedali, cliniche e laboratori perché quelli del governo non hanno medicine né strumentazioni né dottori né personale qualificato.
    La nostra cultura prospera, non per l’isolamento ma per l’arricchimento dovuto al contatto con le culture degli altri popoli del Messico e del mondo.
    Governiamo e ci governiamo autonomamente, cercando sempre il confronto prima dello scontro.
    Tutto questo è stato raggiunto non solo senza il governo, la classe politica e i media che li appoggiavano, ma anche resistendo ai loro attacchi di ogni tipo.
    Abbiamo dimostrato ancora una volta che siamo ciò che siamo.
    Con il nostro silenzio abbiamo affermato la nostra presenza.

    Juan Kalvellido

    Ora con la nostra parola annunciamo che:

    PRIMO: Riaffermeremo e consolideremo la nostra appartenenza al Congresso Nazionale Indigeno, spazio d’incontro con i popoli originari del nostro paese.

    SECONDO
    : Riprenderemo il contatto con i nostri compagni e compagne, nel Messico e nel mondo, che aderiscono a la “Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona”.

    TERZO
    : Proveremo a stabilire i collegamenti necessari con i movimenti sociali che sono nati e nasceranno , non certo per dirigerli e soppiantarli, ma più che altro per imparare da loro, dalla loro storia, dal loro cammino e dalle loro mete.
    Per questo abbiamo raggiunto l’appoggio di individui e gruppi da differenti parti del Messico, che si sono costituiti come squadre di sostegno delle commissioni Sesta e Internazionale del EZLN, in modo che operino come cinghie di trasmissione tra le Basi di appoggio zapatista e gli individui, gruppo e collettivi aderenti alla Sesta Dichiarazione, in Messico e nel mondo, che ancora conservano viva la loro convinzione e il loro impegno per la costruzione di una alternativa di sinistra dal basso.

    QUARTO
    : Continuerà la nostra distanza critica rispetto alla classe politica messicana che, nella sua totalità, che non ha fatto altro che arricchirsi sfruttando le necessità e le speranze della gente umile e povera.

    QUINTO
    : Nei confronti dei malgoverni federali, statali e municipali, esecutivi e giudiziari, e dei media che li assecondano, affermiamo quanto segue:
    I malgoverni di qualsiasi appartenenza politica, senza nessuna eccezione, hanno fatto il possibile per distruggerci, comprarci, farci arrendere. PRI, PAN, PRD, PVEM, PT, CC e il futuro partito del RN, ci hanno attaccato militarmente, politicamente, socialmente e ideologicamente.
    I grandi mezzi di comunicazione hanno cercato di farci sparire, prima con la calunnia servile e opportunista, poi con il subdolo e complice silenzio.
    Hanno servito e si sono nutriti dei soldi di coloro che ormai non sono più al potere. E chi ora li ha sostituiti non durerà più dei sui predecessori.
    Come è risultato evidente il 21 di Dicembre del 2012: tutti questi hanno fallito.

    Resta quindi al governo federale, esecutivo, legislativo e giudiziario, il compito di decidere se insistere con la politica contrainsurgente che non ha ottenuto altro che una debole simulazione goffamente supportata dal controllo dei media, oppure potrebbe riconoscere e portare a termine il suo impegno elevando al rango costituzionale i diritti e la cultura degli indigeni, come stabiliscono gli “Accordi di San Andrés”, firmati dal governo federale nel 1996, che vedeva a capo lo stesso partito (PRI) ora al governo.
    Al governo statale del Chiapas non resta che decidere se continuare con la disonesta e rovinosa strategia del governo precedente, che oltre ad essere corrotto e menzognero, si appropriò del denaro del popolo del Chiapas per arricchire se stesso e i suoi complici, e si dedicò alla vergognosa “compra” delle voci e delle penne dei mezzi di comunicazione, mentre abbandonava il popolo del Chiapas nella miseria, e al tempo stesso faceva uso della polizia e dei paramilitari per cercare di frenare l’avanzamento organizzativo delle comunità zapatiste; o, invece, con verità e giustizia, accetti e rispetti la nostra esistenza e si convinca dell’idea che sta prosperando una nuova forma di vita sociale nel territorio zapatista, Chiapas, Messico. Successo che attrae l’attenzione di persone oneste in tutto il pianeta.
    Ai governi municipali non spetta che decidere se continuare a credere alle menzogne delle organizzazioni antizapatiste o pretedendosi “zapatiste” che in questo modo vi estorcono moneta allo scopo di aggredire le nostre comunità, o invece, usare quei soldi per migliorare le condizioni di vita dei cittadini.

    Al popolo del Messico che si organizza in forme di lotta elettorale e resiste, non resta che decidere se continuare a vederci come nemici o rivali sui quali scaricare la sua frustrazione per gli inganni e le aggressioni che, alla fine, tutti soffriamo, e nella sua lotta per il potere continuare ad allearsi con i nostri persecutori, o invece, riconoscere finalmente in noi un’altra forma di fare politica.

    SESTO: Nei prossimi giorni l’EZLN, attraverso le sue commissioni Sesta e Internazionale, porterà alla conoscenza una serie di iniziative, di carattere civile e pacifico, con lo scopo di continuare a camminare insieme agli altri popoli originari del Messico e di tutto il continente, e nello stesso tempo, insieme a tutti coloro che, nel Messico e nel mondo intero, resistono e lottano dal basso e a sinistra.

    Fratelli e sorelle:
    Compagni e Compagne:
    In passato abbiamo avuto la fortuna di una attenzione nobile ed onesta di diversi mezzi di comunicazione. Li ringraziamo quindi. Ma tutti questo fu annullato dalla loro attitudine successiva.
    Coloro che avevano scommesso sul fatto che noi esistevamo solo mediaticamente e che, circondati dal silenzio e dalle menzogne, saremmo scomparsi, si sbagliavano.
    Quando non c’erano videocamere, microfoni, penne, orecchie e sguardi, noi esistevamo.
    Quando ci calunniavano, noi esistevamo.
    Quando ci zittirono, noi esistevamo.
    E qui stiamo, vivendo.

    Il nostro cammino, come si può ben vedere, non dipende dall’impatto mediatico, ma piuttosto dalla comprensione del mondo e delle parti che lo compongono, dalla saggezza indigena che guida i nostri passi, dalla incrollabile scelta donataci dalla dignità di stare in basso e a sinistra.
    A partire da oggi, la nostra parola sarà selettiva rispetto al destinatario e, salvo rare occasioni, potrà essere compresa solo da chi cammina e ha camminato con noi, senza arrendersi alle mode mediatiche e congiunturali.

    Qui, con non pochi errori e molte difficoltà, un altro modo di fare politica è già realtà.
    Pochi, molto pochi, avranno il privilegio di conoscerla e di apprendere direttamente da questa realtà.
    19 anni fa li sorprendemmo prendendoci con i fuoco e il sangue le loro città. Oggi lo abbiamo fatto di nuovo, ma senza armi, senza morte, senza distruzione..
    Ci differenziamo così da coloro i quali, durante i loro governi, hanno distribuito e distribuiscono la morte al loro popolo.

    Siamo gli stessi di 500 anni fa, di 44 anni fa, di 30 anni fa, di 20 anni fa, di solo qualche giorno fa.
    Siamo gli zapatisti, i più piccoli, quelli che vivono, lottano e muoiono nell’ultimo angolo della patria, quelli che non esitano, quelli che non si vendono, quelli che non si arrendono.

    Fratelli e sorelle:
    Compagni e Compagne
    Siamo L@S ZAPATISTAS, a voi il nostro abbraccio.

    DEMOCRAZIA!
    LIBERTÀ !
    GIUSTIZIA!
    Dalle montagne del Sudest messicano,
    Il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno – Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale,
    Sottocomandante insorto Marcos,
    Messico,  Dicembre 2012 – Gennaio 2013



    Per concessione di Enlace zapatista
    Fonte: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2012/12/30/el-ezln-anuncia-sus-pasos-siguientes-comunicado-del-30-de-diciembre-del-2012/

    venerdì 4 gennaio 2013

    IL MANIFESTO PER IL CONTANTE LIBERO


    IL MANIFESTO PER IL CONTANTE LIBERO

    «Fino a che non diventeranno coscienti del loro potere, non saranno mai capaci di ribellarsi, e fino a che non si saranno liberati, non diventeranno mai coscienti del loro potere».
    (George Orwell, 1984)

    Il Manifesto per il Contante Libero 
    (versione short:
     i 10 Punti per Il Contante Libero)
    La tecnologia come mezzo di controllo sociale per imporre, attraverso una continua induzione di paure ed ansie, moduli di pensiero e comportamenti umani totalmente spersonalizzati, asserviti e ideologizzati. Obbiettivo finale: annichilire qualsiasi sentire, agire e pensare che possa essere veramente alternativo e concorrente. In sintesi, annichilire la libertà.
    Questo è il pericolo su cui ci ammonisce il celebre romanzo 1984 di George Orwell. Ciò nondimeno, in questi anni di crisi tale pericolo non è lontano da un suo pieno concretizzarsi. Buona parte della società civile e dell’opinione pubblica sembra non voler vedere questo mostro che cresce; lentamente e apaticamente essa sta lasciando la propria libertà nelle mani di un’entità manipolatrice dai tratti allo stesso tempo oligarchici e collettivistici.
    Se vogliamo difendere la libertà (la nostra libertà) dobbiamo innanzitutto scrollarci di dosso l’apatia e prendere coscienza del nostro potere. Per far questo è necessario “educarci alla libertà” processo che in primo luogo implica il comprendere e il saper confutare rigorosamente la logica antirazionale propugnata dai nemici della libertà.
    E’ nel suddetto contesto che va inserita “la battaglia per la difesa dell’utilizzo del denaro contante”. Una battaglia la cui finalità, pertanto, non consiste nel rivendicare la supremazia in termini assoluti di uno strumento di pagamento su un altro (banconote versus mezzi elettronici), bensì nel riaffermare il diritto delle persone di scegliere liberamente il modo che ritengono migliore di portare a termine i loro scambi economici.
    Come tutti sanno nel nostro Paese la soglia al di sotto della quale è possibile utilizzare denaro contante per effettuare pagamenti tra privati o privati e società od amministrazioni non bancarie è stata recentemente abbassata fino all’attuale limite di 1000€ .
    Nonostante ciò,  qualcuno non ancora sazio di prescrivere restrizioni alle libertà individuali continua a richiedere l’implementazione di ulteriori“stratagemmi” per disincentivare e ridurre ancor di più gli spazi d’uso del contante, con l’intento più o meno esplicito e consapevole di giungere in un futuro alla totale, o pressoché totale, soppressione di questa modalità di pagamento, affermando contemporaneamente il dominio artificiale della moneta elettronica.
    A supporto della bontà della loro tesi, i promotori ed i sostenitori della cosiddetta lotta al contante adducono il fatto che tutto ciò sia pensato e studiato al fine di ottenere gradi maggiori di benessere generale, equità, progresso, giustizia sociale.
    La verità, tuttavia, è assolutamente un’altra: la lotta contro l’utilizzo del denaro contante non annovera alcuno scopo nobile e le argomentazioni a suo sostegno sono pure mistificazioni della realtà oggettiva. L’unico vero obbiettivo di questa crociata consiste nel proteggere e consolidare il potere, le prebende e l’influenza di quella variegata casta di soggetti improduttivi che vivono e prosperano soltanto a scapito del lavoro altrui.
    Con il pretesto di perseguire buoni propositi si vuole soltanto fare razzia dei diritti naturali dei più inermi.
    La lotta al contante in quanto strumento fondamentale per combattere l’evasione fiscale.
    Questa è l’argomentazione principale che viene usata da chi si prodiga per avere una società senza contante. Ad una prima analisi questa giustificazione sembrerebbe inattaccabile; tuttavia, mediante una disamina più attenta e approfondita si scopre che il grosso dell’evasione fiscale non ruota affatto attorno l’utilizzo del denaro contante, ma riguarda invece transazioni decisamente più sofisticate.
    fenomeni evasivi/elusivi numericamente più rilevanti, quali l’occultamento di ricavi e compensi o l’indebita deduzione dei costi, vengono, infatti, messi in atto con l’impiego di strutture e comportamenti fittizi che prescindono dall’uso del contante e dall’obbligo di avvalersi del canale bancario per rendere le operazioni tracciabili.
    Diffondere l’idea che la maniera più efficace per contrastare l’evasione fiscale risieda nella lotta al contante significa, dunque, pubblicizzare volutamente un erroneo convincimento. L’evasione si combatte mettendo a punto un quadro normativo stabile e facilmente comprensibile, tagliando il numero degli adempimenti, instaurando un rapporto di fiducia tra il Fisco e il contribuente e riducendo in maniera sistematica e ragionevole la pressione fiscale tramite un preventivo calo della spesa e dell’inefficienza pubblica.
    A fronte delle sopraccitate misure, l’eliminazione del contante non serve praticamente a nulla se non a privare milioni di cittadini (il popolo minuto) dell’unico formidabile strumento di “dissenso di massa” che essi possono avere a loro disposizione per non essere sopraffatti da inique regole e politiche fiscali.
    La lotta al contante non incide direttamente sulla libertà e le abitudini delle persone.
    Affermazione semplicemente senza senso. Restringendo le possibilità per gli agenti economici di scegliere come metodo di pagamento ciò che essi considerano più adeguato, si va ad incidere per forza di cose direttamente sulla libertà e le abitudini delle persone.
    Contante strumento scomodo ed obsoleto.
    L’esperienza sostiene l’esatto contrario. Nella quotidianità solamente l’impiego del contante permette ad alcune transazioni di essere portate a termine in maniera celere e quindi proficua. Di conseguenza, eliminando o riducendo ancor più drasticamente questa modalità di pagamento, si introdurranno necessariamente in più parti del sistema economico rimarchevoli inefficienze che, in ultima analisi, avranno il demerito di rendere maggiormente complicata la vita delle persone.
    La lotta al contante è decisiva anche nella lotta ai furti e alle rapine.
    «Chi è pronto a dar via le proprie libertà fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza non merita né la libertà né la sicurezza».
    Basterebbe citare questo famoso aforisma di Benjamin Franklin, uno dei Padri Fondatori degli Stati Uniti d’America, per dimostrare l’illegittima sussistenza di questo assunto. Ma, poiché è necessario essere veritieri fino in fondo, si deve anche constatare come l’eliminazione del contante non rappresenti sicuramente la panacea contro furti e rapine. Clonazione di bancomat e di carte di credito, manipolazione di conti bancari, furto d’identità o anche le incresciose aggressioni alle abitazioni dei cittadini sono tutti esempi di fenomeni criminali sui quali la lotta al contante non può avere di certo un’incidenza decisiva.
    La lotta al contante è una vera e propria battaglia di civiltà.
    Alcuni si spingono a definire addirittura la lotta al contante come una  vera e propria battaglia di civiltà, dando sostanzialmente origine ad una nuova forma di polilogismo (Il polilogismo è la dottrina che nega l’uniformità della struttura logica della mente umana): da una parte c’è chi ripudiando l’utilizzo del denaro contante ha sposato la cultura della legalità, dall’altra parte c’è chi non ripudiando tale utilizzo ha deciso di porsi, almeno teoricamente, al di fuori di questa cultura.
    Questa presa di posizione è soltanto un grezzo espediente per evitare qualsiasi confronto approfondito, critica o discussione sul merito. Trattasi di falso razionalismo utile a nascondere l’irragionevolezza e l’illogicità di una tesi. Non avendo a proprio sostegno argomentazioni davvero valide, l’esercito della lotta al contante sposta la sua lotta sul terreno della pura ideologia allontanandosi così in maniera intenzionale dalla realtà delle cose.
    Dinanzi ad un atteggiamento del genere si può comprendere appieno la posizione di chi ostinatamente porta avanti la crociata contro il contante: trovandosi nell’impossibilità di avere l’avallo della verità scientifica, tenta scorrettamente di plagiare la mente dei propri interlocutori
    «Chi cerca di realizzare il paradiso in terra, sta in effetti preparando per gli altri un molto rispettabile inferno»
    (Paul Claudel)
    “Eliminare il contante rappresenterebbe un atto di spoliazione dei nostri diritti alla libertà”.
    La progressiva eliminazione del contante e la simultanea imposizione dall’alto della moneta elettronica alimenta il potere arbitrario e discrezionale delle élites politiche e finanziarie. Il costante consolidamento di questo potere è da ritenersi estremamente pericoloso poiché sottende, in conclusione, l’indotta accettazione di una società dalle caratteristiche distopiche dove l’uomo non è concepito come fine, bensì come mero mezzo.
    Per impedire tutto ciò bisogna iniziare a far sentire il nostro grido di disapprovazione.



    10 PUNTI PER IL CONTANTE LIBERO

    «Fino a che non diventeranno coscienti del loro potere, non saranno mai capaci di ribellarsi, e fino a che non si saranno liberati, non diventeranno mai coscienti del loro potere».
    (George Orwell, 1984)
    10 Punti per Il Contante Libero (Il Manifesto in versione Short)
    1- Eliminare o limitare il CONTANTE è un grave atto contro la libertà dei cittadini.
    2- Eliminare o limitare il CONTANTE significa affidarsi a canali elettronici tenuti sotto controllo da poche entità che avrebbero in mano il monopolio dei mezzi di transazione finanziaria. La Moneta Elettronica è lecita ed utile ma deve rimanere una Libera Scelta.
    3-Eliminare o limitare il CONTANTE è un “regalo” alle Banche ed alla Finanza che guadagnano su tutti i pagamenti, salvo quelli in contanti.
    4- Eliminare o limitare il CONTANTE significa colpire un MEZZO di pagamento semplice, efficace, poco costoso e uguale per tutti.
    Affidarsi ai canali elettronici significa altresì dover sottostare al pagamento di commissioni ad ogni atto di pagamento. 100 euro in contanti dopo 100 passaggi di mano sono sempre 100 euro. 100 euro elettronici dopo 100 passaggi sono diventati 45 euro. 55 euro sono “svaniti” per finire in mano a Banche&affini.
    5- Eliminare o limitare il CONTANTE significa perdere la proprietà diretta e MATERIALE dei propri risparmi che diventano virtuali, sotto la tutela ed il controllo di terzi. E’ pertanto possibile, con un semplice click, impedirci di accedere alla nostra liquidità o di prelevare i nostri risparmi, che appartengono solo a noi ed a nessun altro. In tempi di Grande Crisi e di rischio Default questo punto è quanto mai vitale ed importante.
    6-  Eliminare o limitare il CONTANTE significa infliggere un durissimo colpo al nostro diritto alla PRIVACY.
    “L’occhio di una telecamera” ci spierebbe 24 ore su 24, rendendoci soggetti non solo ad un controllo pervasivo ma anche arbitrario, in balia alle imprevedibili evoluzioni socio-politiche della Storia. Immaginate se un domani questo potere finisse in mano ad un novello Hitler o Stalin, o peggio, ad un banchiere.
    7-  Eliminare o limitare il CONTANTE è contro la natura dell’uomo: otterrai solo un fiorente mercato nero.
    8- Eliminare o limitare il CONTANTE come misura di Lotta all’Evasione è un’assurdità che nasconde i veri scopi dei promotori di questa “crociata”: il contante è un MEZZO ad ampia diffusione che solo marginalmente viene usato in modo illegale. La vera evasione passa attraverso ben altri canali, quasi tutti elettronici e sotto il controllo delle banche.
    9- Invertendo lo slogan delle lobbies che vogliono eliminare il contante, possiamo affermare che “La difesa del contante è una vera e propria battaglia di civiltà” (e di libertà).
    10- PER IMPEDIRE CHE AVVENGA L’ELIMINAZIONE DEL CONTANTE bisogna diffondere le nostre critiche razionali e far sentire il nostro grido di protesta e disapprovazione.
    Tutti dobbiamo sentirci coinvolti e partecipare.

    IL GRANDE SPONSOR DELLA LOTTA AL CONTANTE (INDOVINATE CHI CI GUADAGNA?)

    di , pubblicato il 26 dicembre 2012, alle ore 11:10
    Domanda facile, il passaggio alla moneta elettronica ha un solo grande vincitore: le banche.
    Non credo possano esserci dubbi sulla questione, ciò che è meno noto è quanto sia la ricchezza che ci verrebbe espropriata se la libera circolazione e l’utilizzo del contante venisse vietata per legge o ulteriormente compressa.
    Prendiamo alcuni dati di partenza:
    1) 100€ 
    … trasformati in impulsi digitali.
    2) Le commissioni “normali” che ciascun negoziante paga al sistema bancario per l’utilizzo di un POS, la macchinetta che legge i bancomat e le carte di credito. Prendiamo ad esempio il Banco Posta (il negoziante poi ve le ribalterà sul prezzo del bene acquistato, non esistono pasti gratis.):
    facciamo una media di 0,8% per transazione.
    Cosa succede ai nostri 100€ dopo 100 transazioni?
    N. Passaggi ad un POSCosa Rimane di 100€Commissione
    Bancaria %
    Commissione
    Bancaria in Valore Assoluto
    Note
     start100€0,8%0,8€Si parte con i nostri 100€
    199,2€0,8%0,794€al primo passaggio diventano 99,2€.  80c sono andati  alla banca
    298,406€0,8%0,787€al secondo  passaggio diventano 98,406€.  78,7c vanno alla banca
    ….…..….…..etc etc
    10044,79€0,8%0,358€Al 100esimo passaggio i 100€ sono diventati 44,79, le banche si sono prese 55,21€ sui 100€ iniziali
    Bene signore e signori, eccovi calati nel magico mondo della lotta al contante per distruggere l’evasione fiscale e le mafie.
    Dopo solo 100 passaggi ad un POS le banche hanno requisito all’economia il 55,21% della ricchezza iniziale immessa nel sistema per transazioni attravereso i POS.
    Le Mafie continueranno serenamente ad accettare contante e a depositarlo oltre confine (diciamo che la misura di lotta al contante ha anche un aspetto educativo per la mala), l’11% di evasione fiscale legata al contante continuerà ad accettare contante e a depositarlo oltre confine oppure lo spenderà nel fiorente mercato nero che, vi posso assicurare, fiorirà in ogni angolo di strada.
    L’89% di evasione ed elusione fiscale, non verrà toccato anche perché il “grosso” proviene da attività proprie del sistema bancario, vi voglio ricordare che il fu ministro Passera èindagato per una faccenda di evasione fiscale miliardaria (in €) che coinvolge Banca Intesa.
    La scellerata forza politica che propone l’abolizione del contante, non è stupida, è collusa con il sistema finanziario, tenetelo bene a mente.
    Tenetevi liberi per il 3 di Gennaio, anzi fateVi un favore, preparate le vostre mailing list, c’è un lavoro da fare.


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