martedì 20 marzo 2012

per liberare Teulada e Capo Frasca e ammodernare Quirra

a cura de 
Comitato 

sardo Gettiamo le Basi



Il Pisq e la sindrome di Quirra
È la base militare sperimentale più grande d’Europa, costruita intorno al 1954 ed estesa su circa 13.500 ettari a terra, con una ulteriore superficie che si estende a mare fino a superare l’intera superficie della Sardegna (quasi 29 mila Kmq). Rappresenta la quasi totalità del demanio militare sparso in tutta la penisola. La presenza della base ha inferto un colpo mortale al movimento cooperativistico sorto negli anni ’45-50.
Sindrome di Quirra: l’elevata incidenza di malformazioni, aborti e moria di animali adulti e neonati, insieme alla diffusione di malattie tumorali tra gli allevatori della zona e gli abitanti delle zone circostanzi la base, fece parlare di Sindrome di Quirra, insieme a quella dei Balcani che aveva visto morire numerosi soldati impiegati nelle operazioni militari. La relazione di due veterinari mostra come il 65% del personale che lavora nel raggio di 2,7 km dalla base, risulta colpito da gravi malattie tumorali. Tra il 2009-2010 si evidenzia un incremento di neoplasie tumorali tra gli allevatori della zona, fino alla morte di un pastore 24enne il 10 luglio 2010.
Sulle cause ha lavorato la ricercatrice Antonietta Morena Gatti, direttrice del laboratorio di biomateriali dell’Università di Modena:
«Con il super microscopio elettronico ho trovato polveri sottilissime di metalli nelle foglie di lentischio prelevato a Quirra e nelle scarpe che avevo adoperato durante un sopralluogo nella base, e poi nei linfonodi, nel fegato, nei reni, nello sperma dei soldati e dei civili malati. Le stesse che avevo scoperto nei tessuti dei militari reduci della missioni nell’ex Jugoslavia. Nanoparticelle che per forma e dimensione possono essere causate solo da combustioni a certe temperature e da esplosioni: ci sono metalli combinati tra loro che non esistono sui libri».
Le nano particelle di materiali esplodenti e di metalli, quindi, insieme alla presenza di un campo magnetico elevato (frutto delle attività dei radar militari) tra le principali cause delle neoplasie al sistema emofiliaco.

progetto-appello Scanu 
 Condivisibile, previi imprescindibili chiarimenti, la parte su Teulada, Capo Frasca .


Irricevibile la parte sul poligono della morte Salto di Quirra.

Fallimentare come tutto-unico indivisibile.

Il progetto ripropone, con alcuni aggiornamenti di dettaglio, quello messo a punto nel 2005 dall’allora governatore della Sardegna. Ebbe un “successo” parziale. Come era facilmente prevedibile, i ministri (Martino del PDL, Parisi dei DS) accettarono esclusivamente la parte del baratto che dava l’assenso della Sardegna ai giochi di morte a Quirra. Non si scorgono segnali che possano far pensare che questa volta andrà diversamente, quindi, facendo tesoro dell’esperienza scindiamo le due parti  della proposta Scanu. Entriamo nel merito.

1   Premessa: l’esigenza della bonifica prevale sull’esigenza della smilitarizzazione, ha la priorità.  
La Sardegna ha visto sempre gli avvoltoi prendere il largo lasciando lo scempio ambientale, veleni impercettibili e montagne di rifiuti nocivi e pericolosi (La Maddalena, Furtei, Porto Torres, solo per citare alcuni casi oggi alla ribalta). Elucubrare progetti di riconversione in un’area contaminata è criminale. Una zona avvelenata, satura di ordigni bellici esplosi e inesplosi può essere usata solo come centrale nucleare e sarcofago delle scorie radioattive, intramontabile progetto governativo, al momento solo accantonato.
I regolamenti Nato impongono la bonifica subito dopo ogni esercitazione, in Sardegna non sono mai stati applicati, la bonifica non è mai stata fatta. Lo studio del CNR – commissionato nel 2005 dal ministro della Difesa -  attinente solo una porzione del mare militarizzato di Teulada ha calcolato in 30 anni il tempo necessario solo per rimuovere la ferraglia bellica, ovviamente a poligono spento. La stima è in linea con le stime standard dei centri studi delle Forze Armate Usa. Il costo dell’operazione è logicamente stellare.
Come si prevede di rintracciare ed eliminare i contaminanti invisibili (nano particelle, radiazioni ionizzanti, torio, uranio ecc.), i più pericolosi?
Come si pensa di costringere lo Stato ad osservare l’obbligo di bonifica? L’infinita vertenza entrate mostra bene l’arduità dell’impresa. Nella finanziaria 2007, grazie soprattutto all’impegno dell’allora senatore Bulgarelli, si strappò lo stanziamento di 25 milioni per tre anni, una goccia, ma il governo successivo (2008, Berlusconi) dirottò anche la goccia su altre “priorità”. Proposta per ottenere un minimo di garanzie: accendere una forte ipoteca su palazzo Chigi, Quirinale e via elencando e , soprattutto, sul patrimonio personale di  tutti gli eletti in Parlamento.
Si pensa forse di scaricare sulla vittima Sardegna i costi astronomici della decontaminazione?

2    Poligono della morte Salto di Quirra (Pisq )
Il progetto di ristrutturazione della struttura, ripristino della pacifica convivenza e ritorno all’idilliaco “su connottu” si regge su una premessa bislacca: i risultati del recente monitoraggio 2008-11 “ hanno mostrato la sussistenza di reali impatti negativi sulle aree ad alta intensità militare e zone adiacenti accanto ad ampie porzioni di territorio che non sembrerebbero interessate da significative contaminazioni”. 
La frase astrusa è un gioco di sottili ambiguità ed equilibrismi linguistici, la sentiamo martellare da un anno dai cosiddetti superesperti promossi consulenti del senatore e della terza Commissione Parlamentare d’Inchiesta. Tentiamo di tradurla in linguaggio accessibile e analizziamo:
  Superficie esaminata: 500 ettari sui 13.000 a terra, 133 sui 2.840.000 a mare.
La mini frazione di poligono esaminata (aree ad alta intensità militare e zone adiacenti) è risultata inquinata(sussistenza di reali impatti negativi), dunque, deducono “i nostri”, le aree non esaminate -gli altri 12.500 hm a terra più i milioni di ettari a mare– sono pulite (non sembrerebbero interessate da significative contaminazioni), dunque, si da il via immediato agli ammodernamenti funzionali agli interessi dell’onnipotente apparato industriale - militare con una spruzzatina di necessaria “ricerca scientifica”. La logica del ragionamento ci sfugge, appare folle. Ci sono o ci fanno o pensano di prenderci? Qual è l’ipotesi peggiore?
“Porzioni di territorio che non sembrerebbero interessate da significative contaminazioni ”, cioè quasi certamente incontaminate.
1  Comprendono la zona di Is Pibiris e quella a mare dove la procura di Lanusei ha scoperto le megadiscariche di materiale nocivo e pericoloso, perfino un missile inesploso carico di tritolo. Gli ettari 500 + 133 controllati sono stati scelti dal controllato, Forze Armate e ministri della Difesa (l’indicazione dei Comuni è stata confinata alle zone fuori poligono). E’ “comprensibile” che il controllato abbia evitato i controlli nei punti con qualche “problemuccio”. Incomprensibile, invece, l’ostinazione dei “nostri” a non mettere in discussione le loro stravaganti certezze.
2 Comprendono la frazione di Quirra dove si registra il maggiore numero di leucemie e linfomi, persino tra persone che non  frequentano le “aree ad alta intensità militare” esaminate. Come si spiega? Dobbiamo puntare i sospetti sugli Ufo cattivi o pensare al castigo divino? O dobbiamo pensare che qualcuno intenda prenderci per mentecatti?
Confidiamo nella disponibilità del senatore per risolvere gli arcani.

2   Teulada- Capo Frasca  
E’ ineludibile l’esigenza che la Sardegna si riappropri della sua terra e del suo mare, puliti e incontaminati come lo erano prima di essere sottoposti a schiavitù militare. E’ improcrastinabile ripristinare la legalità, l’osservanza da parte del ministero della Difesa (dunque del governo) dell’obbligo di legge di provvedere all’equa redistribuzione sul territorio nazionale dei gravami militari concentrati al 60% in Sardegna. L’iter è imposto dalle norme vigenti fin dal 1990. Finora tutti i ministri, tutti i governi hanno evaso l’obbligo.
 Il progetto Scanu, con divisibilissimo nell’obiettivo finale, si regge, anche in questo caso, su una base traballante, la stessa del 2005, che consiste nella valutazione, meramente soggettiva, di Capo Teulada e Capo Frasca come inutili residuati della guerra fredda. La controparte, invece (Stati Maggiori, ministri) considera CapoTeulada “uno dei due gioielli della Corona” (l’altro è il Salto di Quirra) in linea con la stima dei centri studi delle forze armate Usa che lo annoverano tra i tre poligoni di eccellenza a livello planetario. Impostare la contrattazione su un diamante sostenendo che è un fondo di bottiglia è mera perdita di tempo o fumo negli occhi per elettori sprovveduti.  

Conclusione 
Se non si vuole scadere nel proclama senza gambe, o peggio, funzionale a depistare l’attenzione popolare su miraggi per mettere al riparo il poligono della morte Salto di Quirra, il progetto-appello non può essere un tutto unico che di fatto si configura come una sorta di baratto autolesionista. Su questo Gettiamo le Basi conferma la valutazione del progetto “originale” del 2005: “politicamente fallimentare, tecnicamente irrazionale e moralmente ripugnante”.
L’obiettivo di liberazione di Capo Teulada e Capo Frasca è nostro da sempre e della stragrande maggioranza del popolo sardo. E’ altamente positivo che sia anche l’obiettivo delle Istituzioni che ci rappresentano. Merita di essere approfondito con serietà individuando strade percorribili, tappe necessarie e strumenti efficaci.

Comitato sardo Gettiamo le Basi tel 3467059885
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lunedì 19 marzo 2012

I predatori dell'oceano




PAOLA DESAI    il manifesto
2012.03.16
 

Altroché pirateria: è un saccheggio in grande stile quello che si consuma lungo le coste dell'Africa occidentale. Un affare nell'ordine di grandezza del miliardo e mezzo di dollari l'anno. È la pesca illegale: l'oceano di fronte all'Africa occidentale è uno dei più pescosi del pianeta, con grandi riserve di cernie, dentici, sardine, maccarelli, gamberi. Ma proprio per questo è anche zona di incursione per intere flotte di enormi pescherecci stranieri che fanno razzia, pescando anche in zone protette, nel mare sottocosta riservato alla pesca artigianale, magari con reti a maglie più piccole di quanto prescritto e comunque senza licenze. Una pesca selvaggia, possibile un po' grazie alla corruzione di cui si accompagna, un po' perché i paesi che ne sono vittima, dalla Costa d'Avorio alla Sierra Leone, Mali e altri, non hanno il personale e gli equipaggiamenti per fermare i pescherecci abusivi. Tanto che un alto funzionario della Fao, David Doulman, ieri dichiarava all'agenzia Reuters che «la pesca illegale in Africa occidentale è fondalmentalmente fuori controllo».

Un'organizzazione ambientalista londinese, la Environmental Justice Foundation, in uno studio ha cercato di descrivere questo saccheggio. Gran parte della pesca illegale è condotta da grandi pescherecci battenti bandiera cinese, sudcoreana o di paesi europei, spiega (li definisce Iuu, illegal, unreported, unregulated - illegali, non segnalati e privi di licenze). Pesce proveniente dall'Africa occidentale è stato visto ad esempio nei mercati di Londra, in scatole «con il logo della Cnfc, azienda statale cinese proprietaria di numerosi pescherecci Iuu che operano nel golfo di Guinea». L'Unione europea fa sapere che sta studiando un sistema di certificazioni per impedire che roba pescata illegalmente finisca sul mercato. 

Lo studio spiega come il pesce preso illegalmente sottocosta (zona riservata alla pesca locale) viene poi travasato in altomare su altri pescherecci con magazzini frigoriferi, spesso cinesi o europei, che poi lo rivenderanno come se l'avessero pescato in altomare. È un giro d'affari notevole: gli Stati uniti e l'Unione europea stimano che la pesca illegale ammonti ogni anno al valore di 23 miliardi di dollari in tutto il mondo. E la proporzione più alta di questa pesca illegale, il 37 per cento, avviene proprio nel mare dell'Africa occidentale.
I paesi coinvolti non riescono a fermare questo saccheggio in parte per la mancanza di mezzi: poche motovedette e poco personale per intercettare le flotte illegali. In parte perché le norme non sono adeguate, le multe ridicole. Peggio ancora, per la corruzione: si parla di pescherecci che si comprano l'impunità "oliando" autorità doganali e di sicurezza con tangenti di solito di qualche migliaio di dollari.

I pescatori locali sono i più direttamente danneggiati, perché i grandi pescherecci drenano il meglio: e considerato che la pesca rappresenta circa un quarto dell'occupazione in Africa occidentale, secondo la Fao, è chiaro che le incursioni di pescherecci illegali sono la causa diretta dell'impoverimento delle popolazioni costiene dalla Mauritania in giù. A volte i pescatori locali diventano parte dell'impresa illegale: con le loro barche più piccole fanno da tramite in zone troppo vicine alla costa per entrarvi con i grandi pescherecci. La Reuters cita il caso di pescatori senegalesi con le loro piroghe: escono dal porto di St. Louis, vengono issati a bordo da un peschereccio sudcoreano e portato per migliaia di chilometri, fino ai terreni di pesca del Gabon: la mattina sono calati in mare, pescano sottocosta, la sera tornano a bordo e ricevono un prezzo scontato per il loro pescato. Inutile biasimarli, in fondo sono l'ultima pedina di un gigantesco affare illegale.

sabato 17 marzo 2012

"Le basi militari affossano l'economia" in Sardinya

"Le basi militari affossano l'economia" Lo dimostra uno studio sul caso TeuladaUN'ESERCITAZIONE NEL POLIGONO DI TEULADA
Carta Paolo l'unione sarda
"I poligoni hanno impedito di puntare per lo sviluppo su industria turistica, agricoltura e allevamenti"


Il reddito pro capite dei centri attorno ai poligoni è inferiore alla media, con un'unica eccezione: Perdasdefogu. Teulada è l'unico paese costiero della Sardegna che dal 1950 a oggi ha perso circa tremila abitanti. E dove un giovane su tre è disoccupato.




Bustianu Cumpostu leader di Sardigna Natzione INDIPENDENTZIA al Parlamento Europeo denuncia le servitù militari italiane imposte alla Sardegna con tutte le conseguenze del danno biologico e pericolo sui 35000 ettari del suo territorio soggetto ai bombardamenti della NATO, La CIA descrive la Sardegna come una portaerei ,  aventi un popolo incapaci di organizzarsi in movimenti organizzati per opporsi efficacemente alle basi militari, e spiega che i politici sardi  si son potuti comprare con poco mangime. 


Si chiede che la comunità Europea condanni l'Italia al risarcimento del popolo sardo e imponga  allo stato italiano di rimuovere dalla Sardegna le servitù militari e si costruisca le basi per dare lavoro vero, non inquinato o in contrasto con  la cultura   agropastorale e turistica della terra Sarda.










 Lo dimostra uno studio pubblicato da due ex sacerdoti, Guido Floris e Angelo Zedda, che tracciano un parallelo tra quando è accaduto nel Basso Sulcis e ciò che si è verificato nello stesso arco di tempo in una realtà che sessant'anni fa era analoga, quella di Villasimius.


 Secondo un altro lavoro effettuato da Fernando Codonesu, fisico esperto della commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito del Senato, i paesi che ospitano i poligoni hanno un reddito pro capite inferiore del 10 al 35 per cento rispetto agli altri paesi della Provincia di appartenenza.


Unica eccezione, Perdasdefogu, dove effettivamente il poligono ha creato economia, tra affitti di case, attività commerciali e servizi.


1969 PRATOBELLO SI RIBELLO' AL GRANDE INGANNO


A distanza di sessant'anni il ricordo della nascita del poligono di Teulada è rimasto indelebile negli anziani di Teulada. "Furono sradicati dalle loro case, dalle loro terre, per un pugno di soldi che spesso in parte finirono nelle mani di mediatori senza scrupoli che si fecero avanti con la scusa i aiutare gli analfabeti a leggere e le carte bollate arrivate dal Ministero  della Difesa (Italiota)", spiegano Guido Floris e Angelo Zedda due ex sacerdoti, che hanno studiato a fondo il tema delle servitù militari in Sardinya.


 IL RICATTO. In realtà nelle stanze del Comando militare di via Torino a Cagliari e negli uffici del Ministero (Italiota) a Roma esistono  i documenti che compravendita di quei terreni acquisiti per realizzare l'area addestrativa. Zona utilizzata poi negli anni da tutte le forze armate della NATO, comprese le navi USA che hanno cannoneggiato e cancellato a colpi di bombe  un isolotto e compromesso la cosidetta penisola di Capo Teulada,  oggi impossibile da bonificare secondo gli esperti del CNR. "E' vero .dice Ledda- ma si tratta di un discorso molto più semplice: prendere o lasciare . Incassare i quattro spiccioli o subire l'esproprio per pubblica utilità. i carabinieri vennero con le camionette per prelevare persone e povere cose e trasferirli  fuori dai terreni acquisiti per realizzare la base militare. alcuni agricoltori e allevatori teuladini , senza nessun'altra possibilità , si stabilirono  ai margini del poligono di tiro. Abbiamo raccolto le lore testimonianze".


L'INGANNO. Secondo i due ex preti, ci fu un altro grande inganno a Teulada : " Si blandì la popolazione con il miraggio del benessere che avrebbe portato la base. Ma solo in un primo periodo ufficiali e sottufficiali presero casa in affitto in paese e alimentarono gli incassi delle attività. Però presto dentro il poligono sorse un villaggio praticamente autosufficiente grazie all'apertura degli spacci. Forse trassero beneficio dalla base solo alcune pizzerie di Sant'Anna Arresi, grazie ai militari di leva in libera uscita. Ma sicuramente tutti i dati confermano che il poligono ha spopolato Teulada, al contrario di quanto è avvenuto nello stesso periodo a Pula o Villasimius per restare nella Provincia di Cagliari  e dove si è potuto programmare uno sviluppo imperniato sull'idustria delle vacanze".


LA RIVOLTA. La gente del Basso Sulcis e di Quirra non ebbe nel 1950 la stessa forza dimostrata a PRATOBELLO , nel 1969, quando la popolazione di Orgosolo si oppose alla nascita del poligono militare. Fu una rivolta pacifica, stile rivoluzione dei garofani in Portogallo: in prima fila le donne , poi i bambini , quindi i giovani  e gli anziani. Un evento celebrato anche da  diversi murales presenti oggi nel paese barbaricino, che vinse la battaglia per  Su Logu. Ma anche la gente di Tertenia si oppose alla cessione delle terre per la nascita del poligono di Perdasdefogu, che a quel punto fu spostato a sud, verso Villaputzu.

"Teulada è l'unico paese costiero sardo che dal 1950 ha perso tremila abitanti" 





L'inquinamento militare in zone di non-guerra 

venerdì 16 marzo 2012

Salvataggio della Grecia? O degli speculatori?


14 Marzo 2012
Olivier Chantry
http://www.cadtm.org/
de Sa Defenza


 Oltre l'85% dei creditori privati ​​(banche, assicurazioni, fondi pensione ...) ha accettato Giovedi notte di partecipare alla ristrutturazione del debito greco cancellando 107 miliardi di euro. Sulla carta, questi creditori di rinunciare e il 53,5% di quello che dovrebbe Grecia. Ma contrariamente alle apparenze, l'unica preoccupazione di questo piano è di nuovo salvataggio speculatori finanziari banche private che fanno parte greca ed europea (soprattutto francese e tedesco).


 Infatti, i creditori e il governo greco hanno implementato una struttura complessa: i creditori privati ​​per scambiare i loro titoli greci contro nuove azioni per un valore di meno. In questo modo, un legame scambiato per un importo iniziale di 100 euro, i creditori riceveranno un nuovo titolo vale 46,5 euro. Creditori privati ​​scambiano titoli che avevano acquistato sul mercato secondario a meno di 40 euro, contro il nuovo garantito dalla Troika e ricevono immediatamente l'equivalente del 15% di questi debiti in denaro | 1 |.


 Ma le banche non sono solo vincono attraverso questo scambio. Sono per lo più protetti dal default della Grecia dato come annunciato. In questo caso, le banche sarebbero state tenute a segnalare i loro titoli bilanci dei greci al loro valore di mercato. Data  nel rispetto delle norme per la rilevazione e valutazione degli strumenti finanziari in vigore nella UE | 2 | Le banche possono segnalare questi titoli di debito al loro valore di emissione. I bilanci pieni di attività finanziarie speculative che si deprezza, le banche hanno trovato un libro speculando corteo verso il basso il debito. L'obiettivo principale era quello di poter comprare a meno di 40 euro l'acquisto del debito dichiarano a 100 euro nei loro bilanci. Hanno gonfiato e legalmente i loro bilanci. Tra l'altro hanno comprato il debito il cui rendimento è salito a oltre il 20% (per 100 euro investiti, gli interessi sono più di 20 euro all'anno). Infine, grazie ai mercati degli strumenti finanziari derivati ​​sono scommesse su calo dei prezzi di questi debiti e di generare maggiori profitti o perdite simili a possibili che possono avere in questo gioco di acquisto e di rivendita al ribasso mercato secondario dei titoli di debito. Dopo tante speculazioni fino al 2010 e più sul debito mercato greco (vedi tabella sotto) le banche hanno smesso le loro operazioni e poi amplificato questo gioco sui mercati secondari del debito di altri paesi, classificati dalle agenzie di rischio notazioni.





























In caso di mancato pagamento del debito di greco sul mercato secondario era vicino a 0 euro anziché gli attuali 20 o 30 euro. Ancora peggio, le banche non sarebbe più stato in grado di riportare questi debiti alla loro emissione! Per fare questo, fino ad ora, hanno solo affermano di voler mantenere i titoli di debito a scadenza.
Tuttavia, come precisa lo IAS 39, per le attività finanziarie che essere classificato come "posseduto sino a scadenza" dovrebbe ovviamente sono "rimborsabile". 


E in caso di default incontrollata, è tutto il debito greco, che sarebbe quindi da considerarsi non rimborsabili. Le banche e altri investitori finanziari che hanno giocato con la Grecia ha rischiato di perdere tutto. Era quindi logico che il consenso per sgonfiare loro un po 'di equilibrio. Ma ricordate che non hanno alla fine perso un centesimo. Al contrario, hanno vinto attraverso lo scambio di azioni a 46,5 euro che avevano acquistato meno di 40 euro. Questo è il popolo greco che pagano il prezzo. Così, per 107 miliardi di riduzione, Troika annuncia nuovo prestito di 130 miliardi a condizione che l'importo viene utilizzato per pagare il debito, le banche di sostegno e di precipitare la popolazione in povertà ... Banche e altri speculatori sono stati salvati! Per ora ...

mercoledì 14 marzo 2012

Intervista a Eric Toussaint: "Nell'Unione Europea una terapia dello shock come in America Latina negli anni ’80-‘90"



Tradotto da  Andrea Grillo





Eric Toussaint, dottore in scienze politiche e presidente del Comitato per l’Annullamento del Debito del Terzo Mondo (CADTM), è membro della Commissione di Audit integrale del credito pubblico dell’Ecuador (CAIC) le cui conclusioni hanno portato alla sospensione del pagamento di una parte del debito ecuadoriano. Secondo lui, la Grecia deve sospendere il pagamento del debito e deve ribellarsi contro la Troika composta dalla Banca Centrale Europea, il FMI e la Commissione Europea, perché in caso contrario affonderebbe in una recessione permanente.

Come descriverebbe lei il momento che attraversano alcuni Paesi dell’Unione Europea come la Grecia che hanno enormi debiti pubblici?
Si può paragonare la loro situazione con quella dell’America Latina durante la seconda metà degli anni ’80.
Per quali ragioni?
L’esplosione della crisi del debito in America Latina ha avuto luogo nel 1982. La crisi bancaria privata è scoppiata negli Stati Uniti e in Europa nel 2007-2008 e si è trasformata a partire dal 2010 in una crisi del debito sovrano dovuta principalmente alla socializzazione delle perdite delle banche private e alla riduzione delle entrate fiscali provocata dalla crisi. Nel caso europeo, così come in quello latinoamericano, vari anni dopo lo scoppio della crisi, ci troviamo in una situazione in cui i creditori privati e i loro rappresentanti si riuniscono per imporre le condizioni a tutti i governi. Fanno pressioni su di loro perché attuino politiche drastiche di aggiustamento che si concretizzano in una riduzione della spesa pubblica e una riduzione del potere d’acquisto della popolazione. Ciò porta queste economie a uno stato di recessione permanente.
Però anche nei momenti peggiori l’America Latina non ha mai raggiunto il livello di debito che attualmente ha la maggioranza dei Paesi della zona euro, che supera il 100 % del PIL.
Il livello del debito europeo è impressionante. Nel caso della Grecia si tratta del 160% del PIL, e diversi paesi dell’Unione Europea hanno un debito che raggiunge o supera il 100% della loro produzione. È chiaro che ci sono delle differenze tra le due crisi, ma nella comparazione che faccio il livello di indebitamento non è un aspetto fondamentale.
Vuol dire che la sua comparazione si accentra sulle conseguenze politiche di queste due crisi?
È naturale. Quando paragono l’Europa attuale con l’America Latina della seconda metà degli anni ottanta, voglio dire che i creditori nel caso dell’Europa, ossia le banche europee e la Troika (FMI, BCE e CE) esigono dalla Grecia misure molto simili a quelle del Piano Brady, che colpì l’America Latina alla fine degli anni ’80.
Potrebbe spiegarlo più dettagliatamente?
Alla fine degli anni ’80 i creditori dell’America Latina -Banca Mondiale, FMI, Club di Parigi, il Tesoro USA e il Club di Londra per i banchieri- riuscirono ad imporre la loro agenda e le loro condizioni. I creditori privati trasferirono una parte dei loro crediti alle istituzioni multilaterali, e agli Stati tramite la titolarizzazione, cioè trasformando crediti bancari in titoli. Un’altra parte dei crediti bancari subì una riduzione e fu trasformata in nuovi titoli con un tasso d’interesse fisso. Il Piano Brady ebbe un ruolo importante sia nella difesa dei banchieri che nell’imposizione dell’austerità permanente. Il piano di salvataggio della Grecia è molto simile: si riduce lo stock dei debiti, ci sarà un interscambio di titoli con le banche europee rimpiazzandoli, come nel Piano Brady, con nuovi titoli. Le banche private riducono in questo modo i loro crediti con la Grecia (o Portogallo, Irlanda…) come lo avevano fatto con l’America Latina. Progressivamente e in modo massiccio, i creditori pubblici si predispongono ad esercitare un’enorme pressione per far sì che il rimborso dei nuovi titoli che possiedono le banche sia effettuato interamente. In questo modo la totalità dei fondi prestati alla Grecia andrà al pagamento dei debiti. Allo stesso tempo, questi creditori pubblici (la Troika) esigono un’austerità permanente in termini di spesa sociale dello Stato, di privatizzazioni massicce, di una regressione in materia di diritti economici e sociali mai vista in 65 anni (ossia, dalla fine della seconda guerra mondiale) e un abbandono sostanziale della sovranità da arte dei Paesi che hanno la disgrazia di aver bisogno di credito. In America Latina, questo periodo è stato definito «la lunga notte neoliberista».
I creditori inoltre obbligarono i Paesi dell’America Latina a ridurre i salari, le pensioni, la spesa sociale e a piegarsi religiosamente al pagamento del debito.
E questa è la ragione per cui dico che siamo nella stessa situazione. In Europa il problema non colpisce ancora tutti i Paesi, ma i più deboli come Grecia, Portogallo, Irlanda, Italia, Spagna, Ungheria, Romania, le repubbliche baltiche e la Bulgaria. Tuttavia in questi Paesi messi insieme vivono circa 170 milioni di persone su una popolazione totale dell’Unione Europea di circa 500 milioni. La maggior parte degli altri Paesi europei applica a un livello più basso politiche sociali estremamente conservatrici: Regno Unito (62 milioni di abitanti), Germania (82 milioni di abitanti), Belgio (10 milioni di abitanti), Francia (65 milioni di abitanti)…
La conseguenza politica della crisi del debito in America Latina fu la creazione dello Stato neoliberista. L’Europa sta andando nella stessa direzione?
Non è una novità. Le politiche neoliberiste vengono attuate in Europa già da trent’anni. È evidente che la risposta alla crisi del FMI, dei governi che rappresentano le classi dominanti, delle grandi banche e delle grandi imprese industriali consiste nell’attuazione di una terapia dello shock come quella descritta da Naomi Klein. Il suo obiettivo è quello di completare il progetto neoliberista intrapreso da Margaret Thatcher nel 1979-1980 in Gran Bretagna e che progressivamente si è esteso all’Europa durante gli anni ottanta. Per i Paesi dell’Europa centrale e dell’Est, ex membri del blocco sovietico, si tratta della seconda terapia dello shock in 25 anni.
Ma in Europa continua ad esistere lo Stato sociale.
Come ho appena detto, i governi hanno cominciato un lavoro di distruzione del Patto sociale e delle conquiste popolari del periodo 1945-1980. È ciò che ha iniziato Margaret Thatcher. Dopo la seconda guerra mondiale, per trenta-trentacinque anni, i popoli d’Europa avevano accumulato conquiste e avevano ottenuto uno Stato sociale, con un sistema di protezione sociale molto solido: contratti collettivi, diritti del lavoro, ecc. che proteggeva i lavoratori e riduceva in modo significativo il lavoro precario. La Thatcher volle distruggere tutto questo ma dopo trent’anni di politiche neoliberiste in Europa, questo lavoro non è stato portato a termine, cosicché ne rimangono ancora dei resti.
E la crisi del debito è l’opportunità di consolidare quello che aveva iniziato la Thatcher.
La crisi permette una terapia dello shock come quella realizzata dai creditori e dalle classi dominanti in America Latina negli anni ’80 e ‘90.
In Perù è stata attuata nell’agosto del 1990.
Abbiamo assistito allo sviluppo di una fase che comprende una nuova ondata di privatizzazioni delle imprese pubbliche. In Europa verranno privatizzate le imprese pubbliche che ancora rimangono.


Eurozona, di Paolo Lombardi

Verrà applicata in Europa la stessa dottrina della sicurezza che fu attuata in America Latina, dove i sindacati venivano definiti terroristi?
È evidente che l’autoritarismo nel modo di esercitare il potere sta aumentando in Europa. Durante questi ultimi anni sono già entrate in vigore leggi che criminalizzano i movimenti sociali, leggi antiterrorismo. La repressione aumenta ma non assume la forma dell’eliminazione fisica degli attivisti come nei peggiori momenti in America Latina, alla fine degli anni ’70 e al principio degli anni ‘80. Ciò nonostante, la situazione europea somiglia a quella dei Paesi latinoamericani. Dopo le sanguinose dittature (Argentina, Cile, Uruguay, Brasile, dagli anni ’70 all’inizio degli anni ’80) si insediarono regimi di transizione (Cile, Brasile) o democrazie che attuarono una politica neoliberista molto dura. In Europa viviamo un periodo di marginalizzazione del potere legislativo, di instaurazione di governi tecnici (come in Italia), di abbandono del dialogo sociale combinato con i tentativi di restrizione del diritto di sciopero, alla limitazione dei picchetti formati dagli scioperanti per bloccare l’entrata delle fabbriche, di repressione delle manifestazioni.
Come reagiscono i parlamenti nazionali di fronte a questo pacchetto di misure?
I parlamenti europei sono marginalizzati dato che la Troika manda il seguente avvertimento ai governi: «Se volete crediti, è necessario che mettiate in atto misure di aggiustamento e non c’è tempo per deliberazioni in parlamento». Alcuni piani si devono adottare nello spazio di pochi giorni, anche di 24 ore.
Come abbiamo visto in Grecia.
È ciò che è appena successo in Grecia. La Troika ha preteso un piano. Alla fine si è ottenuta l’approvazione da parte del parlamento greco, la notte di domenica 12 febbraio. Ma il giorno dopo il commisario europeo per gli Affari Economici ha annunciato che mancavano 325 milioni di euro di tagli supplementari e ha concesso 48 ore di tempo al governo greco. Questo dimostra che il parlamento greco non ha alcun potere decisionale e che il governo è tutelato dalla Troika.
Questo ha dato luogo a una gigantesca manifestazione.
Ma non soltanto in Grecia, ci sono grandi manifestazioni anche in Portogallo, Spagna, Francia, Italia, al momento con una minore intensità, ma che si rafforzeranno. Inoltre ci sono mobilitazioni in numerosi Paesi d’Europa, inclusa la Gran Bretagna. In Belgio, abbiamo avuto nel gennaio 2012 il primo sciopero generale in 18 anni. Lo sciopero ha paralizzato l’economia belga e i trasporti per 24 ore.
Cosa deve fare la Grecia per uscire dal problema?
La Grecia deve smetterla di sottomettersi agli ordini della Troika e sospendere unilateralmente il pagamento del suo debito per obbligare i creditori a negoziare a condizioni per loro sfavorevoli. Se la Grecia sospende il pagamento come ha fatto l’Ecuador nel novembre 2008, tutti i possessori di buoni li venderanno al 30% (o meno) del loro valore nominale. Questo metterà in difficoltà i possessori di titoli, cosa che darà più forza al governo greco [per imporre le sue condizioni], anche in una situazione così difficile.
L’Ecuador sospese il pagamento dei suoi titoli nel novembre 2008 dopo un processo di audit, ma non si trovava nella stessa situazione della Grecia. L’Argentina sospese il pagamento nel 2001 in una situazione simile a quella greca.
Il paragone è più indovinato con l’Argentina che non aveva liquidità per pagare. Sospese il pagamento e non lo riprese per tre anni (dal dicembre 2001 al marzo 2005) per quanto riguarda i mercati finanziari e finora rispetto al Club di Parigi (ossia più di 10 anni). Così facendo, l’Argentina riuscì a ricominciare la crescita economica e impose ai creditori una rinegoziazione del debito con un taglio del 60%.
Questo ebbe come conseguenza l’esclusione dell’Argentina dai mercati finanziari, che prosegue.
È vero, anche se l’Argentina pur esclusa dai mercati finanziari da 10 anni e non pagando nulla al Club di Parigi, da 10 anni ha anche una crescita annuale media dell’8%. Questo dimostra che un Paese può avere fonti alternative di finanziamento rispetto ai mercati finanziari. Neanche l’Ecuador emette nuovi titoli sui mercati ed ha avuto una crescita del 6% en 2011, mentre la Grecia ha sofferto un calo del 7% del suo prodotto interno lordo.
Ma l’Ecuador si sta endebitando con la Cina a tassi d’interesse molto alti.
È vero. È necessario trovare il modo di mantenere la sovranità rispetto a queste nuove fonti di finanziamento. È per questo che bisogna accelerare l’avvio della Banca del Sud.
Torniamo alla Grecia: gran parte degli analisti, lei compreso, sostiene che gran parte del debito greco è illegittimo.
Naturalmente.
Ma soltanto un audit può dimostrarlo.
Una parte del movimento sociale europeo ha imparato la lezione dell’esperienza latinoamericana. Abbiamo fatto la proposta di un audit dei cittadini sul debito che ha avuto un’eco enorme. Ci sono audit dei cittadini in corso o sul punto di iniziare in 7 Paesi europei (Grecia, Francia, Portogallo, Spagna, Irlanda, Italia e Belgio) e senza l’appoggio dei governi.
Lei crede che questo sfocerà, soprattutto nel caso greco, in un audit ufficiale?
Vedremo. questo implica un cambiamento di governo, cioè ci sarebbe bisogno che il movimento sociale fosse abbastanza forte da farla finita con le soluzioni governative favorevoli ai creditori e arrivare a un governo alternativo.
Però manca molto per arrivare a cambiare l’orientamento dei governi europei, come quello della Grecia.
Effettivamente siamo in una crisi che può durare 10 o 15 anni. Siamo soltanto nella prima fase della resistenza. Sarà durissima. Con urgenza, i movimenti sociali devono riuscire ad esprimere nei fatti una solidarietà attiva con il popolo greco e creare una piattaforma comune europea di resistenza all’austerità con l’obiettivo di ottenere l’annullamento dei debiti illegittimi.



Per concessione di Senza Soste
Fonte: http://www.cadtm.org/Eric-Toussaint-Union-Europea-Una

lunedì 12 marzo 2012

MANOVRA SALVA ITALIA MOLTO RIGORE POCA EQUITA’ E ZERO CRESCITA: QUALI PROSPETTIVE?






Venerdì 9 Marzo 2012  è una mattina assolata e fresca, siamo a Cagliari al’Hotel Quadrifoglio; la CSS (Confederazione Sindacale Sarda) il FAILP CISAL PT CSS, E FONDAZIONE SARDINIA; 

apre il Convegno il segretario regionale Mario Abis, introduce Dr Giacomo Meloni segretario nazionale della CSS.


Le relazioni sono tenute dal Prof. Beniamino Moro, ecnomista Università di Cagliari e Dr Salvatore Cubeddu sociologo Fondazione Sardinia.



Giacomo Meloni introduce il convegno esponendo quanto viene richiesto dalla troika BCE EU, TRILATERAL, (Merkel): si chiede al parlamento di modificare la costituzione per introdurvi il pareggio di bilancio; a questo proposito giunge logica la domanda cos’è la democrazia,  la sovranità nazionale,  è giusto sacrificare questi valori sull’altare dell’economia e della finanza?
Il Dr Moro espone l’andamento del PIL in questi ultimi tre anni, la crisi finanziaria USA (2007/08) si è trasformata in crisi economica e dopo circa una anno si è trasferita in EU si è trasformata in crisi economica, si è acuita al crisi con i debiti sovrani, la Grecia ha funto da detonatore , ma, potranno seguire Portogallo, (Islanda), Irlanda, Spagna e Italia.



Tremonti garantì che che i conti italiani erano a posto, ma non così si rivelò. 
Deficit PIL 5%
Debito PIL 120% 
Problema unità Europea 
Il Prof ci dà  lezione di economia ,ci spiega lo spread (differenza rendimento dei titoli pubblici) e ci fa riflettere sull’attuale differenza tra i titoli pubblici italiani e tedeschi; oggi di aggirano attorno al 3% , la soglia psicologica è del 7%. Si complimenta con il governo Monti per la capacità avuta nel far scendere lo spread. 



Ci fa vedere delle slide e ci spiega i progressi fatti da Monti dalla fine del governo Berlusconi fino a oggi.
Nonostante il programma di Monti sia lacrime e sangue , con molto rigore e poca equità ci dice che sia la sola strada praticabile per uscire dalla crisi.
Ci racconta che introdurre in costituzione il pareggio di bilancio non è etico, ma non vi è altra strada per mettere ordine ai conti pubblici.
La sovranità è in deficit con un’operazione non flessibile come il pareggio di bilancio, ma è necessaria per limitare la incontenibilità della spesa pubblica.
Assicura che le spese fatte dalla  regioni sono molto peggiori e disastrose  della spesa pubblica nazionale.
Ci dice che le liberalizzazioni fatte da Monti sono delle banalità se paragonate a quelle fatte da Bersani, ma sono comunque necessarie.
Il discorso del Prof si allarga a stringe a secondo dei bisogni del suo uditorio, una mattina intensa,  piena di concetti economici che inducono a riflessioni politiche gli astanti.
 E dai discorsi economici passiamo alla sociologia ed alle riflessione che ci induce a fare il Dr Cubeddu.
E’ questo un modello economico accettabile e legittimo, un sistema basato sulle ineguaglianze?
E’ morale fare il banchiere?
La forza del capitalismo è la distruzione del comunismo, ma ora che non esiste più, è giusto che questo sistema basato sull’accumulo di capitali continui ad esistere?
Governo e Bankitalia costringono le persone lavoratrici a lavorare di più, aumentando il tempo dedicato al lavoro, inoltre con le loro costrizioni economiche impongono alle persone di accettare qualsiasi lavoro gli si proponga, riportando la società agli anni cinquanta in quanto a diritti.
Ma l’obiettivo “loro”, è mettere in discussione la Democrazia, inteso come valore di parità e di accettabilità del sociale.
Si sviluppa la contraddizione tra gli interessi dello stato centrale e i bisogni della nazione sarda.
I trasporti tra Sardegna e continente , la continuità territoriale, devono essere sostenuti come istanza giusta  e pretesi dallo stato centrale, affinchè ci siano i collegamenti a costi politici.
Gli investimenti pubblici devono essere impostati dallo stato.
Rivendicazioni solo pretamente finanziarie senza progettualità non rende onore alla nostra voglia di indipendenza politica ed economica.
E’ superato il rivendicazionismo esibizionista dei politici sardi che puntano esclusivamente ad un obiettivo elettorale.
La trattativa con lo stato centrale non porta a nulla perchè il loro debito con la nostra terra è per loro stessi non possibile da realizzare, a motivo del default che aleggia sullo stato centrale italico.
Riattualizzare il fattore Autonomia in visione di indipendenza gestionale della cosa pubblica e inventiva nel creare lavoro e opere per far crescere l’attivo del bilancio sardo a favore del nostro popolo.
La classe politica  Sarda  attuale non è adeguata a dare le giuste risposte ai problemi nazionali sardi, manca della spinta propulsiva creativa e di elaborazione concettuale politica  per raggiungere i valori di indipendenza politica economica e finanziaria.
La consapevolezza espressa oggi dalle moltitudini sarde è alta e si esprime anche con la proposta dell’Assemblea Costituente espressa dal basso.
Rifondare altra Repubblica, per rispondere alle esigenze, finora eluse da questa classe politica non più al passo, dei tempi.

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domenica 11 marzo 2012

Gaza l'escalation militare: prova generale per l'attacco all'Iran


Gaza l'escalation militare: prova generale per la guerra contro l'Iran
Netanyahu intensifica la situazione di prova militare di Gaza: una prova generale per la guerra contro l'Iran, e un "premio di consolazione" per non essere a esso ancora in guerra.


All'inizio della settimana, il Primo Ministro Binyamin Netanyahu ha fallito nel suo tentativo di ottenere l'autorizzazione americana per un attacco  contro l'Iran, cosa che potrebbe generare premi in petrolio e rovesciare l'economia mondiale. 


Alla fine della stessa settimana, si sta mettendo il confine nella Striscia di Gaza il fuoco con un atto di "liquidazione", che era certo per far precipitare una raffica di razzi contro le comunità del sud di Israele e hanno il loro accalcarsi i bambini in rifugi antiaerei  il Purim per la vacanza. 


Gli attentati e le uccisioni nel vedere della Striscia di Gaza è come una prova generale e test di sistemi di armi verso la grande guerra a venire - e un "premio di consolazione" per non aver ancora ottenuto l'autorizzazione USA. 


Nelle ultime settimane, c'erano molte indicazioni di una distanza crescente tra Hamas e l'Iran, e la riluttanza dei leader di Hamas a partecipare a una guerra tra Israele e Iran, in caso dovesse scoppiare. 


Una leadership responsabile israeliano dovrebbe  cercare di approfondire questa lacuna, e quindi fare tutto quanto in suo potere per mantenere la calma al confine con Gaza. 


Ma una leadership responsabile non è esattamente il termine giusto per descrivere il governo attuale di Israele. 

Contatto: Adam Keller, portavoce di Gush Shalom 054-2340749

110 RAZZI - 14 MORTI - 25 FERITI
A GAZA OGGI C'E' DI NUOVO L'INFERNO


ANCHE ILARION CAPUCCI CON LA GMJ

Un grande passo avanti
SI E' COSTITUITO IL COMITATO INTERNAZIONALE DEI GARANTI DELLA GMJ
Musulmani, cristiani ed ebrei in difesa di Gerusalemme

Sotto l'appello e la lista completa dei membri dell'Advisory Board

«Noi, l'Advisory Board della marcia Globale per Gerusalemme, siamo allarmati e profondamente turbati dalla continua repressione dei palestinesi a Gerusalemme e dai tentativi deliberati e sistematici per espellere e ridurre la popolazione cristiana e musulmana palestinese della città, ciò come parte della cosiddetta politica di "ebraicizzazione", del resto applicata in ogni parte della Palestina storica. 
Questa politica è incompatibile con tutte le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite su Gerusalemme e contrarie ai più elementari principi del diritto internazionale. Il suo scopo è chiaramente alla pulizia etnica di Gerusalemme della sua popolazione non ebraica, trasformando un simbolo, una volta orgoglioso di tolleranza internazionale e diversità religiosa e culturale, in un enclave di esclusione e razzista. 

Gerusalemme è il nostro patrimonio comune universale. E’ il centro della spiritualità ed ha significato ideologico per tutte le religioni monoteiste, è uno simbolo di emancipazione e di speranza per gli oppressi. Questa città storica è venerata in tutto il mondo come patrimonio spirituale di tutta l'umanità, è stata un simbolo di unità e di uguaglianza, con un messaggio di amore, misericordia e compassione. 


Tuttavia, il mondo intero sta assistendo alla minaccia della sovranità, della santità e inviolabilità di Gerusalemme. Il piano non è solo di distruggere la presenza musulmana e cristiana, ma anche quello di cambiare e smantellare la struttura sociale di Gerusalemme, cancellando l’identità indigena araba e quindi il carattere della città. 

I popoli del mondo si sono quindi fatti carico della battaglia per evitare questo abominio, mobilitando se stessi in ogni parte del pianeta, in rappresentanza degli ambienti religiosi, umanitari e culturali, promuovendo la Marcia Globale per Gerusalemme (GMJ), una marcia volta a salvaguardare che la città della pace non diventi un deserto di intolleranza. Abbiamo quindi deciso di offrire i nostri nomi affinché uomini e donne da tutti i paesi e continenti di tutto il mondo convergano, in una marcia pacifica, su Gerusalemme, e verso i punti più vicini in cui sarà possibile spingere la Marcia, sia dall'interno della Palestina che ai confini con la Giordania, Egitto, Siria e Libano. 

Sosteniamo quindi questo sforzo, e chiediamo all'umanità intera di sostenerlo, solennemente garantendo che tutti i partecipanti alla Marcia mondiale per Gerusalemme si impegneranno ad accettare i seguenti punti: 

1. Noi affermiamo l'importanza di Gerusalemme politicamente, culturalmente e religiosamente per popolo palestinese e l'umanità nel suo complesso. Chiamiamo alla tutela dei Luoghi Santi e tutti i siti archeologici e consideriamo tutti gli sforzi fatti per cambiare la sua identità araba e culturale come un crimine contro l'umanità. Ci appelliamo a tutte le istituzioni internazionali affinché facciamo il loro dovere verso la città. 

2. La difesa di Gerusalemme e la sua liberazione sono un dovere di tutti i popoli liberi del mondo e chiediamo a tutte le istituzioni, le organizzazioni e gli individui di farsene carico. 

3. Noi condanniamo la campagna sionista di pulizia etnica a Gerusalemme e nel resto della Palestina incluse le politiche in corso destinate a cambiare la situazione demografica e geografica della città finalizzate alla sua ebraicizzazione. Condanniamo inoltre il proseguimento, da parte delle forze di occupazione sioniste, della costruzione del muro dell'apartheid che mira a espropriare sempre più terre palestinesi e convertire i territori occupati in alcuni cantoni isolati gli uni dagli altri. 

4. Noi sosteniamo il diritto del popolo palestinese all'autodeterminazione, per liberare la loro terra e per vivere in libertà e di dignità, come tutte gli altri esseri umani del mondo. 

5. Sosteniamo i diritti non negoziabili e inalienabili del popolo palestinese, comprese le loro famiglie, di tornare alle loro case e alle terre da cui sono stati sradicati. 

6. Noi respingiamo tutte le leggi razziste che distinguono le persone sulla base dell'etnia o della religione e ne chiediamo la cancellazione e la penalizzazione. 

7. La marcia Globale per Gerusalemme non rappresenta alcuna fazione o partito politico, chiediamo piuttosto la partecipazione di tutte le forze sociali, le fazioni politiche e le ideologie. 

8. La marcia Globale per Gerusalemme è un movimento globale pacifico, che non usa la violenza per raggiungere i suoi obiettivi». 

7 marzo 2012

Lista (parziale) dei membri dell'Advisory Board
1. Shaikh Dr. Abdul Ghani al-Tamimi, poet and preacher; chairman of the Palestine Scholars Abroad
2. Abdullatif Arabiyyat, Former Speaker of the Jordanian Parliament 
3. Swami Agnivesh, Founder, Bonded Labour Liberation Front and World Council of Arya Samaj, former member of the Indian parliament and former chairperson of the UN Voluntary Trust Fund on Contemporary Forms of Slavery 
4. Ahmad Obeidat, Former Jordanian Prime Minister & Head of the National Front for Reform 
5. Dr. Ahmed Mohammed attia Bahar, Vice President, Palestinian Legislative Council 
6. Tan Sri Anthony Francis Fernandes, Malaysian entrepreneur; founder and CEO, Air Asia 
7. Dr. Anton Shuhaiber, Gaza Christian Association, Palestine. 
8. Arnold Hottinger, Swiss journalist and publicist; former Middle East correspondent for the Neue Zürcher Zeitung. 
9. H.E. Atallah Hanna, Archbishop of Sebastia, Patriarchate of Jerusalem, Palestine. 
10. Bouguerra Soltani, Algerian Government Minister and party leader for the Movement of the Society for Peace 
11. Dr. Cornel West, Professor of African American studies. Princeton University; philosopher, writer and civil rights activist, US.
12. Datuk Yasmin Yusoff, Malaysian actress and television host 
13. David Hartsough, Director, Peaceworkers, San Francisco, US. 
14. Archbishop Desmond Tutu, Nobel Peace Laureate, South Africa. 
15. HE Dr. Dzukelly Ahmad, member of the Malaysian parliament 
16. Evelyn Hecht-Galinski, Jewish German author, activist and publicist 
17. Dr. Francis Boyle, Professor of International Law, University of Illinois, US. 
18. Dr. Franco Cavalli, oncologist and former leader of the Swiss Social Democrat Party  parliamentary group 
19. George Galloway, former Member of British Parliament and Founder of Viva Palestina 20. Dr. Ghada Karmi, Writer and Co-Director, Centre for Palestine Studies, University of Exeter, UK 
21. Gretta Duisenberg, Founder and Chair, "Stop the Occupation" (Netherlands), Free Gaza Movement Board Member 
22. Dr. Hammam Said, Head of the Jordanian Consultative Council of the Muslim Brothers 23. Hilarion Capucci, Archbishop of Caesarea, Greek Melkite Church, Palestine. 
24. Ibrahim Nasrallah, Jordanian-Palestinian Poet & Novelist 
25. Dr. Jeremiah Wright, Pastor Emeritus, Trinity United Church of Christ, Chicago, Illinois, USA 
26. Prof. Judith Butler, writer and philosopher, University of California, Berkeley, US 
27. Laith Shubeilat, Former Jordanian Parliamentarian 
28. Lalita Ramdas, Chair, Greenpeace International, India. 
29. Admiral Laxminarayan Ramdas, Magsaysay Peace Award Recipient and anti- nuclear advocate, India 
30. Dr. Leo Gabriel, Austrian socioanthropologist, journalist and documentary filmmaker; member, World Social Forum International Council 
31. Fr. Louis Vitale, Order of Franciscan Monks; Pace e Bene; nonviolent resistor, US 
32. Rabbi Lynn Gottlieb, American rabbi in the Jewish Renewal Movement 
33. Tun Dr. Mahathir Mohammed, former Prime Minister of Malaysia 
34. Mairead McGuire, Nobel Peace Laureate, North Ireland 
35. Marzuki Alie, Speaker, Indonesian House of Representatives 
36. Marwah Daud Ibrahim, Indonesian feminist, writer and Member of Parliament 
37. Medha Patkar, Leader, National Alliance of People's Movements; Recipient, Right Livelihood Award, Goldman Environment Prize & Amnesty International Human Rights Defenders Award, India 
38. Dr. Mustafa Barghouti, Secretary General, Palestinian National Initiative and President, Union of Palestinian Medical Relief Committees 
39. Neta Golan, Co-Founder, International Solidarity Movement, Canada. 
40. Dr. Norman Paech, former Member of the German Parliament; professor of law, emeritus, University of Hamburg 
41. Sheikh Raed Salah, President of the Islamic movement within the historical Palestine- 1948 Ceasefire Line 
42. Justice Rajinder Sachar, Former Chief Justice, Delhi High Court, Member, UN Sub-Commission on Prevention of Discrimination and Protection of Minorities. Senior Advisor & Counsel,People's Union for Civil Liberties, India. 
43. Ronnie Kasrils, South African national liberation leader and former cabinet minister 
44. Seema Mustafa, Syndicated columnist & former political editor, Asian Age. India
45. Prof Siddique Hassan, Director, Vision 2016 and Assistant Amir of the Jamat-e- Islami, India
46. Subhi Ghosheh, Chairman, Jordanian Beitul-Maqdes Forum 
47. Syeda Hameed, Columnist, The Indian Express, and Member, Indian National Planning Commission 
48. HE Tony Pua Kiam Wee, member of the Malaysian parliament 
49. Tujan Faysal, First elected woman Jordanian Parliamentarian 
50. Admiral Vishnu Bhagwat, Former Chief of the Naval Staff of India 
51. Mrs. Wardina Safiyyah, Malaysian actress and television host 
52. Dr. Yacoub Zaiadeen, Former Jerusalem Representative to the Jordanian parliament 
53. Sheikh Yousuf Jumaa, former Palestinian Minister of Awqaf and Religious Affairs;  former preacher of Al-Aqsa Mosque 
54. Dr. Zakaria Agha, M.D., member, Palestine Liberation Organization Executive Committee; former chair, Gaza Strip Medical Association 
55. Dr. Zeenat Shaukat Ali, Author; Vice Chairman and Founder Trustee of SAGE  Foundation; Professor of Islamic Studies, St. Xavier's College, Mumbai, India. 




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