martedì 11 giugno 2013

DDE SA SCRITURA NURAGICA IN SARDINYA ....A SA LIBERTADE DE SA NATZIONI SARDA!

Gigi Sanna






Ci sono degli stupidi politici e dei sociologi della domenica che dicono che queste poesie , come tutto quello che viene esaltato della Sardegna, sono 'mitopoiesi cioè fabbriche fasulle di miti. 

No, sono il canto 'realistico' della speranza storica di un popolo che non si rassegna a morire. 

Perché vuole ancora far parte della Storia, della grande Storia dell'Umanità. 

Non a rimorchio ma con tutta la sua individualità e specificità. In nessuna regione d'Italia escono fuori questi canti del passato che vuole essere anche il presente. 

Ci sarà un motivo. 

Neppure in Etruria che pure fu annientata da Roma esiste il canto epico e il continuo incitamento ad essere se stessi e a mantenere il sentimento 'nazionale' e cioè di popolo specifico. 

Gli attestati di condivisione (qui e altrove: nei blog e in facebook) per questa poesia, al di là della efficacia di essa in quanto tale, sono una testimonianza che la mitopoiesi è un'invenzione per umiliare l'orgoglio e far perdere definitivamente ogni speranza. 

La speranza di umiliare i 'tiranni minori' ed innalzare i Giganti.


SCRITTURA NURAGICA 

L'ALFABETO NURAGICO AGGIORNAMENTO (al 2011) POCHE LE SORPRESE

http://www.gianfrancopintore.net
di Gigi Sanna

Caro Gianfranco,  ti mando, dietro richiesta di alcuni amici e di alcune persone che mi hanno sollecitato a presentarlo  (soprattutto in seguito all'annuncio della 'definizione' del codice simbolico sardo, presentato con la 'griglia di Sassari),
l'aggiornamento, con alcune brevi considerazioni, dell'alfabeto nuragico. Con la presente tabella (v. fig. 1), alcuni segni si aggiungono a quelli del 2008 (1). Sono i simboli fonetici (i significanti, pittografici e non) che sono emersi in seguito alle scoperte recenti che hanno riguardato non pochi documenti.
Te lo mando anche perché è stato definito e reso noto sia il programma sia il calendario del Terzo Corso di Epigrafia nuragica che avrà inizio in Oristano, presso la Facoltà di Scienze Religiose, il giorno 8 di Marzo. Con le tabelle di questo post i corsisti avranno modo di avere aggiornati in anticipo, con minore spreco di tempo durante le lezioni, propedeutiche e non, quei dati che sono già in loro possesso (tramite gli appunti e le dispense dei due corsi precedenti) ma che risultano, per così dire, un po' invecchiati (come del resto denuncia la stessa attività informativa di questo Blog).


tabella 1
tabella 2
Tabella 2
1. Il requisito dei segni pittografici e dei segni lineari in mix. - Come si potrà vedere la documentazione scritta sarda dell'Età del Bronzo e del I Ferro, anche con gli ultimi grafemi (v. tab. 2), non mostra sorprese rilevanti. L'alfabeto quanto a tipologia non cambia e si rafforza ulteriormente la presenza dei segni consonantici, soprattutto di quelli pittografici, già noti. E si rafforza, soprattutto, una regola o requisito del sistema generale: che a segni schematici linearidevono seguire o precedere, in misura maggiore o minore (non sembrano esserci regole per questo) dei segni pittografici. Sono tutti questi dei simboli grafici che sono già stati abbondantemente registrati nel mix cosiddettoprotocananaico anche se - ripetiamo ancora per l'ennesima volta - i documenti sardi si dimostrano oggi di gran lunga più numerosi. Tanto da essere questi ultimi ormai ad illuminare un certo tipo di scrittura che per ora, a quanto sembra, non ha riscontri, per rinvenimento, se non nella Siria Palestina, nell'Egitto (2) e in Sardegna .
2. Il sistema in mix protocananaico - ugaritico - Un notevole contributo circa l'accrescimento della conoscenza sulla scrittura nuragica hanno fornito i dati del coccio di Sa Serra 'e sa Fruca di Mogoro (fig. 2), frammento di ceramica di un recipiente cultuale già esaminato ed identificato (sia pur parzialmente)  più di trenta anni fa, quanto a tipologia di scrittura, dal prof. Giovanni Pettinato (3). Coccio questo che, tra l'altro, ha confermato i dati di tutte e quattro le tavolette bronzee di Tzricotu di Cabras (4) . Cioè quello del mix non solo di segni protocananaici misti a segni più arcaici di tipologia protosinaitica, ma anche di chiari segni di tipologia ugaritica misti agli altri due (v. ancora fig. 2). I segni ugaritici di Sa Serra 'e sa fruca sono solo tre (un gimel, un lamed e verosimilmente un yod) ma si aggiungono ai non pochi dei documenti di Tzricotu di Cabras  e  Pirosu Su Benatzu (5) che sono, come si sa, complessivamente  in numero di 46 (6), per un totale di 11 segni dell' intero alfabeto (v. tab. 3)

tab 3
Tab. 3                                                                          Fig. 1
fif 4
3. Le lettere più ricorrenti nel codice - Tutte i segni del codice semitico siro - palestinese a 22 lettere, come si vede (tabb. 1 e 2), sono presenti anche nel codice  sardo di ispirazione semitica. Ma quelli  più ricorrenti in esso, come si può facilmente notare, sono il 'aleph, il beth, ilhē il yod, il lamed, il nun, il resh e lo šin. Dato questo che non deve per nulla sorprendere in quanto le suddette consonanti entrano a far parte delle sequenze del lessico formulare più frequente della 'letteratura' religiosa' dei Sardi dell'età del Bronzo finale e del I Ferro: quello studiato e messo in essere dagli scribi sacerdoti  nuragici (7) in omaggio alla divinità 'El Yh.
Essendo pertanto le voci  più ricorrenti del 'nuragico' quelle di NR /NL (luce), 'AB (padre), S'AN (santo), YH/YHH/ YHW/YHWH (il nome del Dio), 'EL/IL/ILI (altro nome del Dio), 'AK (il nome del toro), il sistema registrerà ovviamente i segni (rigorosamente di tipologia semitica) corrispondenti ai suoni consonantici di quelle parole.  E non crediamo che da qui in avanti  il  rapporto di quantità possa cambiare di molto, per quanto si sia notato, nella lettura degli ultimi ed ultimissimi documenti (8), un lessico più vario e in grado di fornire più notizie sulla particolare lingua religiosa usata dagli scribi isolani. D'altro canto già i primi 17 documenti si erano mostrati  assai indicativi circa la maggiore o minore presenza di certi segni rispetto agli altri (9).

4.  Sulla tipologia e sull'orientamento delle lettere del codice protocananaico sardo - Gli ultimi documenti tendono a confermare, definitivamente, che le lettere alfabetiche del codice  nuragico, come si può vedere dalle tabelle 1 - 2 - 3 - 4 e 5, variano per tipologia e per orientamento. Si osservi ad esempio come la lettera 'nun', il pittogramma a 'serpentello', si modifichi a seconda del gusto dello scriba, comparendo ora semplice, con due spire, ora complesso,  con tre  e anche con  quattro spire.
tab 4tab 5
Tabella 4Tabella 5
Il gusto della 'variatio', ovvero della facoltà  di disegnare, mutando a proprio piacimento il significante pittografico che esprime per acrofonia la nasale, risulta chiaro laddove (come ad es. nel caso di Tzricotu di Cabras, di Pallosu di San Vero Milis, di Pitzinnu di Abbasanta e di  Alvu di Pozzomaggiore)  il serpentello, ricorrendo più volte la consonante nella sequenza lessicale, viene tracciato in modi differenti.  Ma ciò è dovuto anche e soprattutto  al fatto che lo scriba deve ottemperare ad uno dei requisiti della scrittura nuragica(10) che è quello di inserire nel testo sia segni pittografici sia lineari schematici.Cioè  simboli in mix. Solo quando il segno si schematizza, come nel caso della Stele di Nora, dove la lettera è ormai di tipologia fissa o standard (cosiddetta 'fenicia'), viene a cessare non solo la libertà della doppia o tripla o quadrupla spira ma anche la libertà dell'orientamento della lettera, con l'ipotetica testa dell'animale posta sulla sinistra e non sulla destra, come talvolta è nel segno pittografico.
Stessa cosa si può dire dell' 'aleph che registra ugualmente una notevolissima libertà di orientamento e di disegno che però vengono a cessare entrambi con i documenti più recenti (X-IX secolo a.C.).  Documenti questi, come il ciondolo di Allai, il coccio di Orani e di nuovo la Stele di Nora, che tendono ad espungere, talvolta sistematicamente, il pittografico; persino quando le lettere mostrano non (solo) un valore consonantico ma chiaramente logografico e cioè quello stesso dell'animale da cui parte l' acrofonia.  Aspetto questo che, se non si tiene ben presente la 'potenzialità' e 'virtualità' dei segni  della scrittura nuragica a rebus (che prosegue, teste la documentazione, anche nei secoli successivi al Mille), rende difficilissima l'interpretazione e la traduzione del documento.

Per esempio nel ciondolo di Allai (fig. 2) il nome 'abd (servo) non deve essere letto, come sembrerebbe a prima vista, comprendendo anche l''aleph finale: perché quest'ultimo ha valore logografico, come suggeriscono gli altri due 'tori' disegnati cripticamente nel ciondolo (11). Quindi non 'abd'a ma 'abd + 'aleph (o 'ak): servo del toro. 'Toro' che nella lettura complessiva va ripetuto tre volte in quanto il 'tre' è il surrogato  numerico del nome della divinità taurina (yh).
fig 3fig 3 bfig 4fig 4 b
Piombetto di Sant'AntiocoNuraghetto di Uras
Si deve aggiungere però che la lettera 'aleph,anche quando diviene del tutto schematica, tende a preservare nel tempo una sua maggiore possibilità di orientamento. Si veda ad es. il piombetto sigillo di S. Antioco (12), documento del VIII -VII secolo a.C., nella faccia B, con la protome taurina schematica capovolta di 180 gradi (v. fig . 3)





5. Le lettere del codice cosiddetto 'pseudogeroglifico di Biblo'. - Non mancano neanche nuove acquisizioni circa il codice  di Biblo (13) che, come sappiamo, ha in Sardegna i suoi più significativi documenti nei sigilli cerimoniali di Tzricotu (14) e nel cosiddetto 'nuraghetto' sigillo di Uras (fig. 4) rinvenuto nel lontano 1957 all'interno di una tomba di Giganti (15). Il documento recente che sembra più registrarlo è la pietra del Nuraghe Pitzinnu di Abbasanta  (v. fig. 5 e la tabella 6). Ma recentissimamente è stato scoperta una scritta, in agro di Domusnovas (fig. 6), di cui in seguito si parlerà, che presenta quattro segni dei quali uno sicuramente dell'alfabeto sillabico (?) gublitico (16).
fig 5afig 5 b
Figura 5
Fig 6
Fig.6.  Il segno 'gublitico 'a palizzata' della pietra di Domusnovas





Note e riferimenti bibliografici

  1. G. Sanna 2009, La Stele di Nora. Il Dio il Dono il Santo. The God, the Gift, the Saint (trad. di Aba Losi), 2.p. 70, tab. 3. idem 2010, All'inizio l'alfabeto nuragico era solo pittografico. Poi.. ; inhttp://gianfrancopintore. blogspot. com (4 marzo 2009); idem, Ecco l'alfabeto nuragico nell'albero della scrittura; in http:// gianfrancopintore. blog. spot. com  (24 Aprile).
  2. B. Sass 1988, The Genesis of the Alphabet and its Development in the Second Millennium B.C. Wiesbaden, pp. 144 -156;  M.G. Amadasi 1998, Sulla formazione e la diffusione dell' alfabeto; in Scritture Mediterranee tra il IX ed il VII secolo a.C. Atti del Seminario (a cura di G. Bagnasco Gianni e Federica Cordano) 23.24 febbraio, pp. 38 -39; E. Attardo 2007, Utilità della paleografia per lo studio,la classificazione e la trascrizione semitiche in scrittura lineare. Parte IScritture del II Millennio a.C.; in Litterae Caelestes. Center for Medieval and Reinassance Studies UC Los Angeles; eScholarship, University of California,  pp. 169 - 180.
  3. G. Sanna 2010, Mettiamo che non sia una simulazione. E non lo è; in http://gianfrancopintore.blog spot. com (15 marzo);  idem 2011, Yhwh e la scrittura nuragica: il 'log' e il recipiente biblico del rito dei Leviti per la purificazione; in http://gianfrancopintore.blogspot. com (25 novembre).
  4. G. Sanna 2004, Sardōa grammata'ag 'ab sa'an yhwh. Il dio unico del popolo nuragico. S'Alvure ed.Oristano, passim. In part. 4. pp. 85 - 179, tabb. 3 - 4 -5 - 6 -7 - 8 - 9 - 10 -11 - 12 -13 - 14 -15 - 16 -17 - 18 - 19 - 20 -21 - 22 -23 - 25 -26.
  5. G. Sanna 2004, cit. 11. 1 pp. 416 - 417 e 6.7 pp. 272 - 275.
  6. Naturalmente in questo computo vanno i 36 cunei complessivi (9x4) notanti la lettera 'gimel' di tutte e quattro le tavolette di Tzricotu.
  7. Per la presenza di essi e per l'ipotesi riguardante il centro di irradiazione della scrittura nell'Isola, v. recentemente G. Sanna 2011, Scrittura nuragica: ecco il sistema. Forse unico nella storia della scrittura; inhttp://gianfrancopintore.blogspot.com  (9 Novembre).
  8. G. Sanna 2011, cit.
  9. G. Sanna 2004, cit. 11. pp. 480 -81 tab. 23.
  10. G. Sanna 2011, cit.
  11. G. Sanna, 2009, cit. 2.2 pp. 61 – 65.
  12. L'oggetto epigrafico si trova attualmente esposto ( Museo Nazionale di Cagliari) nella saletta della mostra 'Parole di Segni' organizzato dalla Sovrintendenza di Cagliari. Esposto male dai curatori della mostra (del reperto, con sconcerto dei visitatori, viene riportata una faccia sola e non tutte e due, essendo l'oggetto opistografo o a doppia faccia scritta), viene letto ancora peggio. Essi infatti riprendono e ripetono pedissequamente una vecchia ipotesi di interpretazione ('interpretazione' si badi e non traduzione!) del Barreca  e cioè ' quanto è vero Ba'al Addir!;  interpretazione, come si sa,  senza fondamento alcuno, per altro respinta subito dall' Amadasi Guzzo (cf. M. G. Amadasi Guzzo 1967, Le iscrizioni fenicie e puniche delle colonie in Occidente, Istituto di Studi del Vicino Oriente, Università di Roma 1967 pp. 123 -124, tav. XLVIII, 41 A e 41 B). Affidandosi esclusivamente all'autorità dello studioso, gli archeologi  responsabili  della mostra non hanno studiato personalmente l'oggetto e  badato neanche essi alla chiara natura funzionale dell'oggetto, che è un sigillo. Come tale esso va letto con le lettere riportate al contrario. Queste  offrono, in entrambe le facce, la stessa  voce 'BR'ASON', il nome cioè di uno scriba o di un capo nuragico del IX -VIII secolo a.C. Quindi nella mostra 'fenicia' curata dalla Sovrintendenza quel sigillo (così come  la Stele di Nora ed altro ancora) non ci sta a fare proprio niente. Non fosse per altro perché il cosiddetto 'fenicio' non usa mai, com'è universalmente noto, le lettere 'agglutinate'. E' il sardo - protocananaico tardo che invece le usa, anche quando quest'ultimo viene, quasi  dappertutto,  sostituito dai caratteri 'fenici' standard (G. Sanna 2004, cit. 6.16. pp. 322 - 328).
  13. M. Dunand, Byblia grammata. Documents et recherches sur le developpement de l'ecritur en Phenicie, Beyrouth 1945;  G. M. Mendenhall, The syllabic Inscriptions from Byblos, American University of Beirut 1985; Sznycer M., Les inscriptions 'pseudo-hieroglyfiques' de Byblos; in E. Acquaro -F. Mazza- S. Ribichini - G. Scandone - P. Xella (a cura di). Biblo. Una città e la sua cultura, CNR Roma 1994, pp. 167 - 178.
  14. G. Sanna 2004, cit. 4. pp. 85 - 179.
  15. G. Sanna 2004, cit,.4, pp. 250 - 255.
  16. 'Segno 'a palizzata' o 'a recinto' (Dunand 1945, cit. fig. 36, Batiments: 6) ritenuto un 'ha -yi -tu (het) dal Mendenhall (1985, cit. 4. p. 19).
Avvertiamo che in questo breve articolo sull'alfabeto e sui segni  non si tratterà ancora di una vera e propria novità nel campo dell'epigrafia (nuragica e non) riguardante alcuni documenti in geroglifico egiziano (soprattutto scarabei) rinvenuti in Sardegna e i loro rapporti con la scrittura nuragica in cosiddetto 'protocananaico' e in cosiddetto 'fenicio' (v. di recente sull'argomento gli interrogativi in A. Losi:Un'oca, il re adorante, la barca, la penna: nel nome del dio nascostohttp://gianfrancopintore.blogspot.com (30 01 2012)

venerdì 7 giugno 2013

Sardinya: A Portoscuso non si può fare il vino, frutta e verdura vietate ai neonati

A Portoscuso non si può fare il vino, frutta e verdura vietate ai neonati.
L'allarme, finora rimasto inascoltato, del Gruppo di intervento giuridico

www.unionesarda.it

I periodici allarmi sui danni causati all'ambiente e alla salute dall'inquinamento industriale e minerario, ancor più da quello sedimentato e ormai dimenticato da decenni, non hanno fin qui sortito adeguate reazioni da parte delle istituzioni pubbliche. Non solo per quel che riguarda gli interventi diretti ma anche e soprattutto per l'assenza di un richiamo stringente agli “inquinatori”, affinché ripristinassero lo stato dei luoghi e rimuovessero l'origine dell'allarme.

L'ALLARME 
Eppure le prese di posizione e gli studi non mancano. Nel gennaio 2012, come ha ricordato nei giorni scorsi Stefano Deliperi del Gruppo di intervento giuridico, la Asl di Carbonia mise nero su bianco un allarme che si fondava su dati forniti dall'Istituto superiore di sanità e dal ministero dell'Ambiente: «Si ritiene necessario informare la popolazione di Portoscuso di fare in modo di differenziare la provenienza dei prodotti ortofrutticoli da consumare per la fascia di età dei bambini compresa dalla nascita ai tre anni. Occorre perciò fare in modo che in questa fascia d'età non siano consumati esclusivamente prodotti ortofrutticoli provenienti dai terreni ubicati nel comune di Portoscuso». Tutto nacque da uno studio condotto tra il 2010 e il 2011, quando i tecnici dell'Istituto superiore di sanità raccolsero campioni di tutto quel che si coltiva tra Portoscuso e Paringianu, nell'ambito di un'indagine sul rischio sanitario dei terreni.

FRUTTA E VERDURA 
Perché è necessario differenziare il consumo di frutta e prodotti dell'orto locali nei bambini più piccoli? Il rischio è sempre quello legato alla presenza di metalli pesanti nel suolo e alla conseguente piombemia (accumulo anomalo di piombo nel sangue). Nei primissimi mesi di vita, secondo quanto riferito allora dai medici, l'organismo assorbe più facilmente eventuali sostanze ed è certamente più sensibile. Nei bambini l'avvelenamento cronico da piombo può causare ritardo mentale, con disordini convulsivi, disturbi comportamentali con aggressività e regressione dello sviluppo. La sintomatologia può regredire spontaneamente se s'interrompe l'esposizione al metallo, ma se il danno avviene negli anni in cui i bambini sono maggiormente ricettivi nessuna interruzione all'esposizione dall'avvelenamento potrà mai far recuperare loro un deficit che si porteranno appresso tutta la vita.
Come ha ricordato sempre Deliperi, in precedenza (nel 2008) già l'università di Cagliari (il dipartimento di sanità pubblica, nella sezione medicina del lavoro) nel corso di una ricerca affermò l'esistenza di deficit cognitivi in un campione di bambini di Portoscuso, dovuto a valori di piombo nel sangue superiori a dieci milligrammi per decilitro.

NIENTE VINO
 Sempre nel 2008 un'indagine realizzata dall'agenzia Arpas rivelò che l'uva coltivata a Portoscuso e Paringianu conteneva tracce di metalli pesanti ben oltre i limiti previsti per i cibi commestibili. I risultati, che arrivarono dopo circa tre mesi di indagine, fecero piombare nello sconforto i viticoltori di quei centri, cha da diverse stagioni agrarie si vedono privati della possibilità di raccogliere i frutti del loro lavoro. Già da anni i sindaci di Portoscuso sono obbligati a emettere ordinanze che vietano la vinificazione dell'uva e ne dispongono il conferimento alla cantina sociale di Sant'Antioco, unico ente abilitato nel territorio a ricevere il prodotto non commerciabile. (a. mur.)

martedì 4 giugno 2013

"LE ZONE FRANCHE NELL'UE - UNO STRUMENTO CONTRO LA RECESSIONE"

"LE ZONE FRANCHE NELL'UE - UNO STRUMENTO CONTRO LA RECESSIONE"" 

DELEGAZIONE DI SARDIGNA NATZIONE INDIPENDENTZIA


Bruxelles 05-06-2013

Un modello di sviluppo imposto alla Sardegna con obiettivi solo politici e non economici ha portato l’economia sarda al disastro e ha consumato una parte rilevante del suo territorio rendendolo quasi improduttivo perchè compromesso da forme di inquinamento permanente.
Al disastro causato dal crollo dell’industria, vere cattedrali di carta velina volute da una concomitanza di interessi economici, politici, sindacali  . 

  • 3200 aziende chiuse negli ultimi 5 anni , 928 nel 2012 nel settore commercio e turismo
  • muoiono 27 ditte al giorno. 
  • 4948 aziende sono all’asta per un valore di 31 mln di euro in seguito a sequestro giudiziario 
  • Pressione fiscale insostenibile che influisce per il 68% sul ricavato contro il 12% dell’Irlanda ed il 34% dell’Inghilterra.
  • Burocrazia ossessiva ed impeditiva  che costringe le aziende a 120 adempimenti all’anno, uno ogni 3 giorni, ha avuto una evoluzione funzionale in grado di condizionare la politica dalla quale dovrebbe invece dipendere.
  • 8 giorni al mese vengono del titolare o di un preposto sono destinati agli adempimenti burocratici
  • 60 giorni per pagare altrimenti equitalia contro i 148 giorni per essere pagati dalle P.A. dove nella sanità si arriva a 308 giorni.
  • Amministrazione pubblica che costa più di 2,7 mld al netto della sanità con un patto di stabilità di 2,8 mld euro con limite di spesa di 2,2 mld, non rimane niente per il sostegno alle imprese.
  • 63% incidenza della spesa pubblica sul Pil contro il 48% in Italia, ogni sardo produce mediamente 19.700 euro di Pil, il 63% pari a 12.400 euro serve a coprire le spese della pubblica amministrazione, con 146 occupati, uno ogni 4 occupati contro uno ogni 6 occupati in Italia..
  • Calo de -13,3% della spesa delle famiglie in 4 anni.
  • Contrazione -5,5% del credito al settore produttivo nel 2012, le banche hanno più interesse ad investire in certificati dello stato che non nel credito alle imprese.
  • 8,2% è il tasso medio pagato su di un prestito a breve termine.
  • -1 ounto di Pil dal 2007 ad oggi
  • 2000 imprese in crisi
  • 32 indice di isolamento della Sardegna secondo solo al 35 di  Menorca contro il 23 di Corsica e pari a 1/5 dell’indice 149 dell’isola di Pasqua: 

E’ evidente che la Sardegna in questo contesto politico, economico, istituzionale non si può salvare e può pagare un prezzo ancora più caro del resto dello stato italiano proprio perchè non ha la possibilità di adottare correttivi propri al di fuori di un sistema politico-economico deciso da altri. 




LA SOVRANITA’ VA OLTRE IL DIRITTO E DIVENTA UNA NECESSITA’

La Sardegna non ha molto tempo per salvarsi dalla miseria, deve adottare delle politiche economiche e sociali nettamente diverse da quelle imposte dallo stato, in grado di salvare le proprie singole aziende e tutta l’azienda Sardegna mettendole nelle condizioni di salvarsi, stare nel mercato, fare sistema e essere produttive utilizzando al meglio, potenzialità, risorse primarie della Sardegna e coprendo i settori dove oggi l’isola importa o è carente nell’offerta.
LA SARDEGNA HA ASSOLUTO BISOGNO DI UNA FISCALITA’ DI VANTAGGIO CHE GLI PERMETTA DI SUPERARE DA SUBITO IL GAP DELLE DISECONOMIE, 20%, E GLI PERMETTA IN SEGUITO DI STARE SUL MERCATO

COSA FARE?
  • L’INDIPENDENZA
Se la Sardegna fosse indipendente, avesse una propria soggettività politica sovrana sulle proprie dinamiche interne e in quota di quelle esterne in compartecipazione, potrebbe creare le condizioni per uscire dal sentiero del disastro.
Il provvedimento che riduce sull’Irap 
alle aziende sarde, adottato dal consiglio regionale della Sardegna è una evidente dimostrazione che solo se si ha sovranità si può decidere. Quel provvedimento, che crea un minimo di fiscalità di vantaggio temporanea, si è potuto adottare perche su quella materia la RAS ha sovranità.
Con l’indipendenza non dovendo fare i conti con gli impedimenti e le usure dello stato italiano, la fiscalità di vantaggio sarebbe fattibile anche rispettando direttive e parametri imposti dalla CEE. 

Se l’Europa fosse quella dei popoli e non quella degli stati-nazione avrebbe il coraggio di liberare le nazioni senza stato, come la Sardegna, dalla gabbia impeditiva degli stati nazione e avrebbe permesso loro la soggettività politica di cui necessitano per poter decidere i propri modelli di sviluppo e le proprie politiche economiche ed energetiche in base alle loro esigenze, alle loro risorse primarie, alle loro congenialità e alla loro cultura. 
L’Europa deve avere il coraggio di portare il problema delle nazioni senza stato fuori dai confini dello stato-nazione impedente ed assimilare il problema ad una vertenza tra stati membri per dare soluzioni politiche a problemi politici. 
Come non ci sono più campi di battaglia per le vertenze tra stati non ce ne devono essere tra stati-nazione e nazioni senza stato. 
Dello strumento Europa ne devono beneficiare anche i popoli e non solo gli stati e le banche.

  • LA ZONA FRANCA 
Non è un’alternativa all’indipendenza ma uno strumento che crea maggiori spazi di sovranità ed opportunità.

E’ UNA RIVENDICAZIONE STORICA
 1896- Zona Franca in srd, da Giuseppe Todde  venne indirizzata  la proposta alla commissione d’inchiesta Pais-Serra .
1918 – Proposta simile da parte di Attilio Deffenu e Umberto Cao
1921 – Egidio Pilia  pubblica l’opuscolo “ L’Autonomia doganale”, sistematizzando e dando gambe concrete alla tradizionale richiesta di Istituti franchi per la Sardegna.
1928 – Paolo Pili – Porto franco di Cagliari
1983 – Indagine conoscitiva sulle Zone franche condotta dalla III Commissione del Consiglio regionale 
1984 – Proposta sardista, con Mario Melis, Presidente della Giunta, 
fece elaborare una Proposta di Zona Franca e modifica dell’art. 12 dello statuto. 
Seguono almeno altre 10 proposte di legge regionali o statali di diversa estrazione politica fino all’ultima presentata dal PSDAZ il 14 maggio 2013 e alle delibere di giunta n. 8/2 DEL 7.2.2013n. 9-7 del 12-02-2013

IL DIRITTO DEI SARDI ALLA ZONA FRANCA
Tenuto conto che è doverosa una distinzione tra Zona Franca Fiscale e Zona Doganale 
  1. ZONE FRANCHE FISCALI . Il Codice doganale europeo distingue nettamente i territori che “non fanno parte del territorio doganale” dalle zone franche doganali. I territori collocati “fuori dal confine doganale”(articolo 3 del Reg. n. 450/2008)trovano il loro riconoscimento, per ragioni storiche o geografiche, all’interno della normativa nazionale ed europea, in tali territori non trova applicazione la normativa in materia doganale e tutte le merci e i servizi sono esenti da IVA
  2. ZONE FRANCHE DOGANALI . Le “zone franche doganali” (articolo 155 del Reg. n. 450/2008), invece, fanno parte a tutti gli effetti del territorio doganale e sono soggette al codice doganale comunitario; a esse vengono riconosciute delle particolari agevolazioni. Infatti, le merci non comunitarie introdotte sono considerate per fictio iuris, ai fini dell’applicazione dei dazi all’importazione e delle altre misure di politica commerciale, come merci non situate nel territorio doganale della Comunità.

Secondo il movimento , che si è sviluppato sulla rivendicazione di Zona Franca Integrale , nella lettera aperta inviata al Presidente Cappellacci, tale diritto è basato sull’ art. 12 della legge costituzionale n. 3\1948, ( che non attribuisce nessuna caratteristica extradonale al territorio ma da la possibilità di istituire punti franche, zone franche doganali),  e sul  dlgs 75\98 ( che è in applicazione dell’art. 12 dello statuto e quindi si riferisce a zone franche solo doganali), senza dubbio quanto previsto dall’art. 12 dello statuto  e normato dal dlgs 75/98 fa riferimento a Zone Franche Doganali e non Fiscali. 
A sostegno della tesi del comitato si cita l'art. 2 e 36 del dpr 43\1973 ( T.U. doganale tutt'ora in vigore)Sono assimilati ai territori  extra-doganali i depositi franchi, i punti franchi e gli altri analoghi istituti, di cui agli articoli 132, 164, 166 e 254 ( valido parchè assimila i punti franchi ai territori extradoganali) ( art. che si è tentato di modificare nel 2002 aggiungendo....” ed il territorio della regione Sardegna compreso nei comuni dotati di porti ed aeroporti, costituito in zona franca». su proposta al senato di P.Mulas e altri)  perche’ si ritiene che il termine zona franca o extra-doganali sia usato come finzione e la finzione di extraterritorialità non comporta l’esclusione del territorio franco dall’ordinamento doganale dello Stato, ma determina che quest’ultimo, sebbene di fatto situato entro il territorio doganale, agli effetti dell’imposizione tributaria è considerato fuori della linea doganale ed è così sottratto al regime doganale ordinario, per essere assoggettato a un regime speciale, il quale sostanzialmente consente di introdurre, depositare e manipolare, trasformare e consumare le merci estere nella zona franca in esenzione da tributi e da formalità doganali”. Cio’ sembra confermato dall’art 3 del Codice doganale comunitario aggiornato (Reg. CE 23/4/2008 n. 450 esplicita il valore della fictio del disposto dell’art. 2 del Dpr 43/73.
Non riguarda la Sardegna invece la cosiddetta clausola di salvaguardia contenuta nel trattato istitutivo della comunità europea (l’articolo 351 del TFUE in vigore) ( che sancisce il rispetto degli obblighi tra stati aderenti, antecedenti al 1° gennaio 1958 ma solo per gli stati mebri)dall' art. 87 ex 92, e dall'art 307 ex 234 del Trattato firmato a Roma il 25 marzo 1957 (Definisce gli aiuti di stato e gli aiuti compatibili per la discrimine positiva di cui sopra) . 
La disposizione  garantisce agli Stati la salvaguardia degli impegni pattizi (diritti e obblighi) sorti precedentemente all’entrata in vigore dello stesso Trattato nel caso di “convenzioni concluse .. tra uno o più Stati membri da una parte e uno o più Stati terzi dall’altra”.  Tale clausola di salvaguardia è stata applicata al “regime speciale” (ossia un autonomo regime giuridico che deroga la normativa nazionale ed europea in materia doganale) di cui gode storicamente il Porto di Trieste (e non per il Comune di Livigno) che trova il proprio fondamento giuridico nell’allegato VIII del Trattato di pace del 1947 che salvaguarda il regime del porto franco di Trieste. 
Non ricorre la salvaguardia nel caso della Sardegna la cui specialità trova il proprio fondamento giuridico nello Statuto speciale (legge costituzionale n. 3 del 1948) che, seppure norma di rango costituzionale, è interna allo Stato italiano e quindi non ha alcun rilievo nell’ordinamento internazionale. Va anche aggiunto che nello Statuto sardo non vengono istituiti i punti franchi, ma l’articolo 12 dispone che “saranno istituiti punti franchi” e che quindi al momento dell’entrata in vigore del Trattato di Roma in Sardegna non erano presenti zone franche.
In quanto alle deliberazioni della giunta regionale n. 9/7 del 12 febbraio 2013 e n. 8/2 del 7 febbraio 2013 risultano anche a mio parere, come dice il consigliere regionale Paolo Maninchedda viziate sotto diversi profili: 
  1. violano la competenza esclusiva dello Stato nella materia doganale( Statuto speciale, art. 12   e quella esclusiva nella materia “rapporti dello Stato con l’Unione europea” (Costituzione, articolo 117, comma secondo, lettera q) ); violano inoltre l’articolo 155 del citato Regolamento (CE) 450/2008 nella parte in cui riserva solo agli Stati membri – non all’UE – la potestà di destinare talune parti del territorio doganale della Comunità a zona franca.
  2. Confondono i “territori non inclusi nel territorio doganale” e le “zone franche doganali”.
c) L’iniziativa per l’”attivazione” delle zone franche sarde, istituite dalla norma di attuazione del 1998 Dlgs 10 marzo 1998, n. 75, nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax ed in altri porti ed aree industriali ad essi funzionalmente collegate o collegabili, e della loro delimitazione è di esclusiva competenza della Regione che la propone al Governo che poi adotta il relativo decreto. La Commissione europea non ha alcuna competenza in merito.
Probabilmente la Giunta della Regione Sardegna dovrebbe valorizzare quanto disposto dall’art.1 della L.R. 10/2008 alla lettera d) che recita: “d) promuovere l’attuazione delle disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 75 (Norma di attuazione dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna concernente l’istituzione delle zone franche) e avviare la procedura per l’istituzione delle zone franche in ciascuno degli ambiti previsti seguendo l’iter secondo le competenze di Regione, Stato e CEE. Si avrebbe comunque delle zone franche parziali e non integrali.
Se l’inerzia politica del sistema del disastro sardo continua a svolgere la sua “funzione” di intermediazione dell’apparato politico-affaristico italiano invece che valorizzare almeno ciò che sicuramente è possibile, portando a termine subito l’istituzione e l’operatività delle zone franche doganali possibili non si potrà neanche godere della norma sopra citata , l'art. 2 e 36 del dpr 43\1973 ( T.U. doganale tutt'ora in vigore)Sono assimilati ai territori  extra-doganali i depositi franchi, i punti franchi e gli altri analoghi istituti, di cui agli articoli 132, 164, 166 e 254.  che sembra consentirebbe di assimilare i punti franchi doganali a zone franche fiscali e quindi riconoscerli come territori extradoganali. 

FISCALITA’ DI VANTAGGIO  (Zona Franca fiscale)
Ribadito che a mio parere il vero obiettivo deve essere l’indipendenza e zona franca non può essere un suo surrogato, più che aprire una vertenza che rischia di assumere caratteri di assistenzialismo preteso, per diritti non riconosciuti e difficili da farsi riconoscere, da uno stato, quello italiano, prossimo alla bancarotta, sia più opportuno ed efficace puntare sulla possibilità di istituire un sistema economico rilevante in grado di progettare una fiscalità di vantaggio adeguata alla situazione sarda in concorrenza con il sistema economico fallimentare italiano, all’interno della normativa europea e aperta anche a tutto il mediterraneo.

La questione fiscalità di vantaggio va esaminata in ambito europeo e in ambito statale.

Nella situazione attuale della Sardegna, qualunque fiscalità di vantaggio che preveda interventi sostitutivi da parte dello stato è CONSIDERATA AIUTO DI STATO dall' art. 87 ex 92, e dall'art 307 ex 234 del Trattato firmato a Roma il 25 marzo 1957 (Definisce gli aiuti di stato e gli aiuti compatibili per la discrimine positiva di cui sopra) . 
Qualsiasi fiscalità di vantaggio va prima negoziata con lo stato e messa nelle condizioni affinché la Comunità Europea autorizzi tale regime fiscale “speciale”.
Gi argomenti a sostegno di un regime fiscale “speciale” per la Sardegna possono basarsi sostanzialmente sull’applicazione di quanto previsto dall’articolo 174 del Trattato di Lisbona e dall' art. 87 ex 92, e dall'art 307 ex 234 del Trattato firmato a Roma il 25 marzo 1957, punto 3 comma a),  nei quali vengono previsti interventi concretti volti a compensare gli elementi di debolezza socio economica di tipo strutturale legati all’insularità.

Un altro fattore che va nella direzione auspicata dalla nostra regione sul quale fare leva nella contrattazione con lo Stato e con l’Unione europea per l’ottenimento una fiscalità di vantaggio è la sentenza della Corte di giustizia del 6 settembre 2006 (cosiddetta Sentenza Azzorre).
CONTESTO GIURIDICO RILEVANTE
Tale sentenza dispone AL COMMA 58,  che un ente regionale o territoriale, nell’esercizio dei poteri sufficientemente autonomi rispetto al potere centrale, può stabilire un’aliquota fiscale inferiore a quella nazionale applicabile unicamente all’interno del territorio di sua competenza” e che “il contesto giuridico rilevante per valutare la selettività di una misura fiscale potrebbe limitarsi all’area geografica interessata dal provvedimento qualora l’ente territoriale, segnatamente in virtù del suo statuto e dei suoi poteri, ricopra un ruolo determinante nella definizione del contesto politico ed economico in cui operano le imprese”;
La Corte di giustizia, nella in questa sentenza, ha ritenuto che i poteri sufficientemente autonomi debbano fare riferimento a un’autorità regionale o territoriale dotata sul piano costituzionale di uno statuto politico e amministrativo distinto da quello del governo centrale e che per l’ammissibilità della misura agevolativa l’Ente deve assumersi le conseguenze politiche ed economiche della misura.

Sul piano STATALE poi a nostro favore depongono le sentenze della Corte costituzionale 
n. 102/2008 e n. 357/2010 che hanno “riconosciuto” alle Regioni a statuto speciale il potere di istituire tributi propri ma anche di incidere sui tributi erariali interamente devoluti o partecipati consentendo la modifica sia della base imponibile che delle aliquote con il solo limite di non incrementare le aliquote massime.
Paradossalmente le regioni a statuto ordinario sono su questo tema “più avanti” della nostra regione. Infatti, la legge 5 maggio 2009, n. 42 in materia di federalismo fiscale, all’articolo 7, e successivamente il decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, attribuisce alle Regioni ordinarie la potestà di aumentare o diminuire l’aliquota dell’addizionale regionale IRPEF nonché di ridurre le aliquote IRAP fino ad azzerarle concedendo la possibilità di disporre deduzioni dalla base imponibile
Per la Sardegna, invece, l’introduzione di una fiscalità agevolata è percorribile attraverso la modifica del titolo III dello Statuto (attraverso una legge ordinaria statale) ovvero con l’inserimento di tale prerogativa nella norma di attuazione dell’articolo 8 dello Statuto ancora in fase di discussione.

PRESUPPOSTI E PRIMI PASSI INDISPENSABILI PER UNA ZONA FRANCA IN SARDEGNA

PER SUPERARE GLI SBARRAMENTI EUROPEI SUGLI AIUTI DI STATO
  • Nel giusto tempo, dare alla Sardegna una soggettività politica indipendente dallo stato italiano.

  • Nell’immediato, far diventare rilevante il contesto politico ed economico in cui operano le imprese sarde,  in modo da poter esercitare dei poteri sufficientemente autonomi rispetto al potere centrale dello stato e non incorrere nella sentenza della Corte Europea sulle Azzorre . 
Per conseguire tale rilevanza occorre, assolutamente ed immediatamente;
  • Istituire l’Agenzia Sarda delle Entrate
  • Istituire un ente di riscossione sardo indipendente da Equitalia.
  • Rendere il sistema economico sardo meno dipendente dalle importazioni, aumentarne la chiusura;
Presupposto  fondamentale  è dunque l’istituzione dell’Agenzia Sarda delle Entrate ;

  • in via breve, pronti ad aprire una vertenza con lo stato, si potrebbe conseguire servendosi della potestà data alla Regione Sardegna da quel “può” contenuto nell’art. 9 dello Statuto Regionale  , “La Regione può affidare agli organi dello Stato l'accertamento e la riscossione dei propri tributi.”  per togliere la funzione allo stato e istituire un propria AGENZIA SARDA DELLE ENTRATE ed un ente di riscossione sardo indipendente da equitalia.

  • in alternativa, ma la strada sarebbe più lunga, si potrebbe approvare la proposta di legge di iniziativa popolare, promossa da Fiocco Verde, che si pone gli stessi obiettivi, istituzione dell’agenzia sarda delle entrate e ente di riscossione sardo.

COSTI DELLA ZONA FRANCA 
Partendo dal fatto che la Sardegna, all’interno dello stato italiano è una regione davvero speciale parchè il regime di compartecipazione entrate-spese  che ne deriva dall’accordo Stato-Regione del 2006 e specialmente dalla modica dell’art. 8 , si assegna come entrate della RAS  i 5/10 imposte successioni e donazioni, i 7/10 irpef, i 9/10 iva, 9/10 accise e altre compartecipazioni minori, di contro si caricano alla RAS  le spese per la SANITA’ (3,2 mld di euro) + CONTINUITA’ TERRITORIALE E TRASPORTO PUBBLICO LOCALE (240 mln di euro) per un totale in percentuale di circa il 70% delle spese totali della RAS.
In questa situazione la Sardegna è quasi uno stato o comunque è ad un passo dalle’essere CONTESTO GIURIDICO ECONOMICO RILEVANTE, così come richiesto dalla UE per poter essere zona franca o di fiscalità di vantaggio.

L’ISTITUZIONE DELLA ZONA FRANCA DI CONSUMO SAREBBE QUASI A TOTALE CARICO DEI SARDI in quanto farebbe mancare, se applicata senza gradualità e anche sul consumo e non solo sulla produzione, causerebbe, un ammontare di mancate entrate, facendo riferimento alle cifre del 2010 di;
IVA  1.8 miliardi
ACCISE 700 milioni
Per un totale di 2,5 mld di euro
e lascerebbe alla regione 
IRPEF 2 miliardi
IRES 600 milioni
IRAP 800 milioni
che per effetto della zona franca dovrebbero crescere di 2,5 mld di euro per pareggiare la defiscalizzazione iva ed accise.
Se il sistema Sardegna fosse chiuso, secondo la teoria economica Keynesiana, supposto una propensione marginale al consumo c = 0,6, supponendo che il consumatore  rimetta in consumi il 60% dei risparmi iva e accise e l’altro 40% venga rimesso in risparmio, si avrebbe un moltiplicatore pari a 2,50 che genererebbe un maggiore PIL di 6.250 mln , e decine di migliaia di nuovi posti di lavoro.
IL SISTEMA SARDEGNA NON E’ CHIUSO e gran parte di quel 60% dei consumi andrebbero ad incrementare il PIL italiano o di altri stati piuttosto che quello sardo.
La Sardegna oggi importa quasi tutto, basti pensale all’agroalimentare dove le importazioni arrivano all’80%. 

Condizione per cogliere i benefici di una zona franca è dunque, Rendere il sistema economico sardo meno dipendente dalle importazioni, aumentarne la chiusura, renderlo autopropulsivo;

Superamento della fase di avvio, che si stima di 5 anni
Non essendo il sistema Sardegna nelle condizioni di chiusura per beneficiare in maniera rilevante dei consumi permessi dalla defiscalizzazione, verrebbero a mancare dalle entrate almeno 1,5 o anche 2 mld di € che metterebbero in crisi i servizi essenziali come la sanità ed i trasporti.
Almeno nella fase di avvio si avrebbe la necessità di attingere ad altri fondi che non sia configurabili come  aiuti di stato.
La Sardegna è nelle condizioni e ne ha diritto, di recuperare 2,7 mld di € all’anno di accise sui prodotti petroliferi che gli vengono sottratte dallo stato con delle leggi statali contrarie agli interessi dei sardi. Essendo una restituzione che spetta per diritto non potranno essere, in alcun modo, qualificati come aiuti di stato.
Il recupero dei 2,7 mld di € si potrebbe da subito ottenere mediante;
  • L’abolizione della legge 22 dicembre 1980, n. 891,  che consente il pagamento differito dell'imposta di fabbricazione e la riscossione delle accise, degli idrocarburi prodotti in Sardegna, fuori dall’isola, Livorno, Latina, Arcola (La Spezia), Ravenna, Cartagena, Barcellona
  • O in maniera più immediata, applicazione per dette accise dell’art 8 dello Statuto che in seguito alla modifica del 2006 recita in maniera chiara e indiscutibile : "nelle entrate spettanti alla Regione sono comprese anche quelle che, sebbene relative a fattispecie tributarie maturate nell'ambito regionale, affluiscono, in attuazione di disposizioni legislative o per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati fuori del territorio della Regione".

OBIETTIVI DELLA ZONA FRANCA

  • Salvare tutte le imprese della Sardegna operanti, favorire l’insediamento di nuove aziende e avviare il superamento del modello industriale del disastro.
  • Fermare lo spopolamento delle zone interne, il cosiddetto “effetto ciambella”.

ZONA FRANCA INTEGRALE MA ARTICOLATA, con forme di fiscalità di vantaggio dosate e finalizzate ai suddetti obiettivi da conseguire.
Una proposta potrebbe essere questa:


FISCALITA’ DI VANTAGGIO FORTE
Per le aziende dell’interno che producono agroalimentare o turismo.
Per tutte le aziende che lavorano sui trasporti interni ed esterni per il trasporto persone e per le merci in uscita .
Per gli operai vittime del fallimento industriale che si costituiscono in azienda.
IRAP  riduzione al 10% per quelle esistenti esenzione 5 anni per le nuove
IRPEF  riduzione al 30% per quelle esistenti esenzione 5 anni per le nuove 
IVA  riduzione con le detrazioni sull’imponibile, o per riduzione di aliquota per ameno 5 punti.
ACCISE riduzioni contingentate e misurate sul tipo di azienda solo su trasporti e energia.

FISCALITA’ DI VANTAGGIO DEBOLE
Per tutte aziende della Sardegna.
IRAP  riduzione al 50% per quelle esistenti e riduzione al 10% per 5 anni per le nuove
IRPEF  riduzione al 50% per quelle esistenti e al 10% per quelle nuove e per 5 anni
 IVA  riduzione con le detrazioni sull’imponibile, o per riduzione di aliquota per ameno 5 punti.
ACCISE riduzioni contingentate e misurate sul tipo di azienda solo su trasporti e energia.

COSTO DELL’INTERVENTO
Si stima, riservandosi un calcolo più approfondito, un costo di  1-1,5  mld di €

VANTAGGI

MAGGIORI ENTRATE
Si stima, dopo il 5° anno in circa 1.5-2 mld €. ANDARE A PAREGGIO CON LE MINORI ENTRATE PER DEFISCALIZZAZIONE

VANTAGGI ECONOMICI
Salverebbe le aziende sarde dalla chiusura e dalla miseria rendendole produttive e concorrenziali, in grado di portare la loro incidenza sull’agroalimentare dal 20% almeno al 60-70% e l’industria turisti in grado di attrarre almeno 20-30 milioni di turisti.

VANTAGGI OCCUPAZIONALI
Da 80 mila a 100 mila nuovi occupati.
Darebbe occupazione stabile a parte degli operai precarizzati o perdenti posto a causa del disastro industriale.

VANTAGGI SOCIALI 
Fermerebbe lo spopolamento delle zone interne e permetterebbe un recupero organico e produttivo del territorio.
Rientro di emigrati e ripopolamento dell’isola.

FONTI DI FINANZIAMENTO PER L’AVVIO che si stima in 5 anni
Recupero dei 2.7 mld € di accise su carburanti, mediante.


lunedì 3 giugno 2013

Sardinya,; Il Silenzio sui bambini avvelenati

Silenzio sui bambini avvelenati

Stefano Deliperi
Eccola, la Sardegna.
E’ l’isola del sole, del mare e delle vacanze, dove si respira aria buona, ricca di iodio. L’isola della buona tavola, dei banditi e dei nuraghi. Magari i trasporti sono costosi e difficili, ma è un paradiso. Questo pensano moltissimi continentali, italiani e stranieri, della nostra Isola, lì nel mezzo del Mediterraneo. Luoghi comuni, ma anche mezze verità.

Però in Sardegna avvengono cose che altrove avrebbero provocato quasi certamente reazioni molto dure e determinate. Qui, invece, il silenzio di quasi tutti.

Nel gennaio 2012 così avvertiva un comunicato stampa dell’Azienda sanitaria locale n. 7 di Carbonia, in seguito all’acquisizione di dati dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero dell’ambiente: “…si ritiene necessario informare la popolazione di Portoscuso di fare in modo di differenziare la provenienza dei prodotti ortofrutticoli da consumare per la fascia di età dei bambini da 0 a 3 anni. Occorre perciò fare in modo che in questa fascia di età non siano consumati esclusivamente prodotti ortofrutticoli provenienti dai terreni ubicati nel Comune di Portoscuso”.

In precedenza, già nel 2008 L’Università di Cagliari (Dipartimento di sanità pubblica, Sezione Medicina del lavoro) nel corso di una ricerca (Plinio Carta, Costantino Flore) affermò chiaramente la sussistenza di deficit cognitivi in un campione di bambini di Portoscuso, dovuto a valori di piombo nel sangue superiori a 10 milligrammi per decilitro. La letteratura medica, infatti, indica un’associazione inversa statisticamente significativa tra concentrazione di piombo ematico e riduzione di quoziente intellettivo, corrispondente a 1.29 punti di QI totale per ogni aumento di 1 µg/dl di piomboemia.

Ma non finisce qui.

I 75 bambini delle scuole elementari e medie di Sarroch (CA) costituenti il campione della ricerca “presentano incrementi significativi di danni e di alterazioni del Dna rispetto al campione di confronto estratto dalle aree di campagna” (Burcei, in Provincia di Cagliari). Questo è uno dei passaggi fondamentali della ricerca svolta da otto ricercatori di assoluta fama internazionale (Marco Peluso, Armelle Munnia, Marcello Ceppi, Roger W. Giese, Dolores Catelan, Franca Rusconi, Roger W.L. Godschalk e Annibale Biggeri) e pubblicata recentemente Sulla prestigiosa rivista internazionale di epidemiologia dell’Università di Oxford “Mutagenesis”.

Risultati altamente preoccupanti (per non dire altro) “in linea con quelli ottenuti da altri studi simili come quelli compiuti alla centrale termica di Taichung in Taiwan e a Pancevo, dove si trova il più grande polo petrolchimico della Serbia”, due fra i siti più conosciuti dagli epidemiologi quali luoghi a rischio di neoplasie e altre malattie provocate dall’inquinamento atmosferico.

Qualche reazione almeno “vivace”? Neanche per sbaglio.
Qualche flebile voce del Presidente della Regione Ugo Cappellacci o del sempre ciarliero on. Mauro Pili?

Una parola di commento da parte di qualche feudatario elettorale delle zone interessate, l’on. Giorgio Oppi, la Presidente del Consiglio regionale Claudia Lombardo o il sen. Antonello Cabras, per esempio?

Uno straccio di considerazione da parte di Paolo Fadda, guarda caso Sottosegretario alla salute e unico sardo nel Governo Letta?

Nulla. Almeno un comunicato stampa di un qualche sindacalista, una lettera di protesta di un qualsiasi genitore sulcitano?

Niente.

Hanno preso posizione solo la consigliere regionale Claudia Zuncheddu, che da anni in varie sedi affronta il grave problema, e alcuni senatori del Movimento 5 Stelle con un’interrogazione parlamentare un po’ dispersiva.

Che società è quella che permette silente l’avvelenamento dei propri bambini?
Rispetto ai deficit cognitivi  e alle alterazioni del d.n.a. infantili è quasi un “sollievo” la semplice maggiore incidenza di tumori, leucemie e mortalità degli adulti determinati dall’inquinamento industriale.

Per esempio, a Porto Torres, fra i lavoratori dell’area industriale, “sia per gli uomini sia per le donne sono presenti eccessi per il tumore del fegato … e la leucemia mieloide”, mentre nella popolazione residente dei Comuni interessati dall’area industriale “sono stati osservati eccessi di mortalità per tutte le cause, le malattie dell’apparato digerente, i tumori maligni e il tumore del fegato”, inoltre “si trovano eccessi significativi per tumore del fegato, tumore polmonare e tumore della prostata.

Infine, dal Registro tumori sassarese, si riscontrano “sia negli uomini sia nelle donne, aumenti per tutti i tumori maligni e tumore del colon, fegato e polmone” (Rapporto S.E.N.T.I.E.R.I. – studio epidemiologico, Ministero della salute, aree industriali di Porto Torres, 2012).

Non è un caso che in Sardegna – nella mitica isola del sole, del mare e delle vacanze – vi sia la maggiore estensione nazionale di siti contaminati: complessivamente 447.144 ettari rientrano nei due siti di interesse nazionale (S.I.N.) per le bonifiche ambientali del Sulcis-Iglesiente-Guspinese (D.M. n. 468/2001) e di Sassari-Porto Torres (L.n. 179/2002). Recentemente (31 gennaio 2013) è stato riclassificato quale sito di interesse regionale (S.I.R.) l’Arcipelago della Maddalena (O.P.C.M. 19 novembre 2008). Evitiamo noi sardi una volta tanto vittimismo e ignavia, è necessario realizzare bonifiche ambientali, riconversioni economico-sociali e anche almeno un po’ di giustizia.
Con un impegno in prima persona.

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